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jueves, 31 de agosto de 2023

Vita da pulp - La lady e lo scrittore

Fotografia di Alfredo Martinelli, Torre Crawford 2022

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Senza alcun dubbio, uno dei miei libri che molti ricordano è quello che scrissi nel 1997 sul caso Diana Spencer e che è a oggi il mio romanzo di maggior successo. Non so quanto abbia totalizzato fra tutte le edizioni e con i vari titoli con cui è stato pubblicato (le elenco tra qualche riga, per chiarire le idee ai bibliofili), ma una stima ragionevole è sulle centomila copie vendute.
Non poco per un libro dalla storia travagliata di cui - data la ricostruzione che dimostrava la plausibilità assoluta di un complotto nella morte di Lady Diana - quasi non si poteva parlare quando uscì nella versione "breve" il 31 ottobre 1997, solo due mesi dopo i fatti. Un dettaglio clamoroso: nel settembre '97 era trapelato che lo stavo scrivendo e fui invitato a parlare della mia teoria in un programma di Corrado Augias, ma la mia partecipazione fu cancellata dall'alto all'ultimo momento; Augias però avrebbe citato sempre il mio libro nei suoi programmi sulla vicenda. Altrettanto paradossale è il fatto che, quando se ne poteva parlare e venivo invitato in televisione - per esempio su Canale 5 nel 2013, lasciando di sasso con le mie rivelazioni la conduttrice Federica Panicucci - il romanzo era irreperibile in commercio.
Ma ogni anno il 31 agosto 1997 riemergono sulle reti sociali le copertine delle (mi pare) otto edizioni diverse, anche se io raccomando di recuperare l'ultima, quella del 2021 edita da Oakmond, che sotto il titolo Ladykill riunisce la prefazione originale di Andrea G. Pinketts della prima e seconda edizione "breve" (Morte accidentale di una lady, Il Minotauro, 1997), il testo "esteso" del 2005 (pubblicato come Morte accidentale di una lady da Alacran, poi come allegato dalla rivista Tonic, poi da Mondadori in edicola nel 2007, quindi come Complotto! allegato al settimanale Oggi, infine nel 2017 da Damster come Ladykill-Morte accidentale di una Lady). L'edizione ora in commercio è dunque quella più completa.

Non è solo il primo romanzo con il personaggio di Carlo Medina, all'epoca già protagonista di tre racconti lunghi sugli speciali de "Il Giallo Mondadori", ma è anche il primo del più ampio ciclo del "Kverse" (che, per intenderci, include la serie Nightshade) in cui di continuo indago, attraverso la fiction, su eventi reali della cronaca internazionale. Non si tratta di complottismo gratuito, ma ogni volta che noto qualche discrepanza tra una "versione ufficiale" (o, più spesso, una narrativa di propaganda) e la realtà, ci scrivo sopra un romanzo.
Il fatto che a volte nei miei libri io arrivi ad anticipare eventi che poi si verificano sul serio significa che le mie analisi non sono affatto campate in aria. Del resto nel 2010 ho pubblicato un volume di saggistica intitolato Le grandi spie, di cui ebbi modo di discutere in televisione (stavolta senza divieti dall'alto) con Corrado Augias, il quale apprezzò tanto le mie pesanti critiche all'operato in certe epoche dei servizi segreti americani, quanto la mia denuncia di cio che era già visibile delle manovre dell'imperialismo russo di cui vediamo le conseguenze oggi.
Infatti nei miei romanzi dal 2016 in poi ho rivelato - pur senza fare nomi - le modalità delle interferenze di Mosca in Europa e Stati Uniti, da episodi drammatici ma quasi ignoti (la crisi dei migranti provocata dalla Bielorussia) ad altri molto più clamorosi come l'invasione dell'Ucraina. Le mie denunce non sono basate su banali questioni ideologiche, per cui "gli amerikani" o i "russki" sarebbero sempre cattivi a priori. Vi invito però a meditare su un dettaglio: negli USA l'amministrazione cambia anche in modo radicale con le elezioni ogni quattro od otto anni, dato che un presidente per legge non può sostenere più di due mandati; in Russia a comandare è sempre lo stesso uomo dal 1999 e, grazie alle nuove leggi da lui introdotte di recente, potrà restare in carica a vita.

Ma, tornando a Lady Diana, il romanzo Ladykill (titolo scelto da Alan D. Altieri per la riedizione mondadoriana del 2007) nacque proprio per un senso di ribellione alla versione imposta a forza dai media, in cui si notavano incoerenze che però sfuggivano al pubblico. Non ero mai stato particolarmente affezionato alla "principessa del popolo" ma, dopo una mia recente inchiesta giornalistica sulla Strategia della Tensione, ero indignato dagli aspetti su cui anche questa volta si taceva persino in Italia.
Nel 2013, durante un'indagine su un'altra vicenda, venne alla luce un'ipotesi che coincideva con la mia, ma dato che puntava a elementi di servizi segreti e forze speciali del Regno Unito, l'inchiesta si arenò. Forse perché infondata, oppure perché quando si toccano certi ambienti, come avvenuto per Piazza Fontana e le altre stragi italiane, non si può mai arrivare sino in fondo. Il mio romanzo, ben lungi dallo speculare sulla morte di tre persone come fecero molti altri, era un tentativo di controinformazione il cui significato andava ben oltre il singolo "caso Diana Spencer" per indicare una metodologia che si vede applicata ancora oggi in molte altre vicende. La versione originale fu breve, un po' perché ero alle mie esperienze iniziali come autore di romanzi, un po' perché volevo essere il primo al mondo a esporla, come infatti fu. Nel 2005 ci rimisi mano, curando maggiormente le sottotrame, senza però toccare quella principale che riguardava l'ipotetico "complotto".
Il successo del mio libro, nonostante i boicottaggi iniziali, dimostra che è possibile coniugare intrattenimento intelligente, narrativa "pulp" (ma, come dico spesso, nel senso originario del termine) e indagine sulla realtà. Beninteso, in molti casi da un bestseller a guadagnare più che l'autore sono gli editori, benché a volte non ne siano capaci nemmeno loro. Quindi Ladykill non mi fece diventare ricco, si limitò solo ad aumentare la mia autostima.

Continua...

(Ci vediamo a San Nicola Arcella, Cosenza, 1-2-3 settembre 2023, alla quarta edizione del Festival Torre Crawford)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Per Delos Digital cura la collana in ebook Spy Game.

jueves, 24 de agosto de 2023

Vita da pulp - Ricordi e disaccordi

 

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Il difetto principale di tutti i social network è che ci esprimono opinioni anche persone che riuscirebbero a fare danni pure scrivendo la lista della spesa. Non vale solo per i social network: tempo fa una persona che lavora in tutt'altro settore mi diceva che qualcuno stava pensando di creare uno spazio online di recensioni pubbliche sui membri della sua categoria. Era molto preoccupata, perché ciò significherebbe consentire a persone non solo incompetenti in materia, ma a volte motivate da gelosie, antipatie o persino vendette personali, di esprimere un giudizio visibile a tutti.
Se qualcuno - per ignoranza o cattive intenzioni - scrive in pubblico "il lavoro del sig. X fa schifo" anche se non è vero, ma nessuno nello stesso spazio scrive il contrario, chiunque cerchi online una recensione sul lavoro del sig. X trova solo quella... ed è esposto a un unico giudizio non verificabile e potenzialmente falso. Per quell'unico giudizio, il sig. X potrebbe essere costretto a chiudere l'attività per sempre. Credo del resto che già da parecchi anni in siti di recensioni su locali, bar e ristoranti siano in atto guerre segrete a base di fake news spacciate per recensioni.
Ci sono invece settori in cui le recensioni da sempre sono uno strumento importante e consolidato. Una quarantina di anni fa seguivo una rivista di cinema, tenendo d'occhio i giudizi su thriller e film d'azione, espressi mediante emoticon (anche se all'epoca ancora non si chiamavano così). Quando vedevo una faccina triste su una recensione, se non potevo andare al cinema quantomeno noleggiavo il film appena usciva in VHS... e ne ero sempre soddisfatto. Poteva significare a) che chi lo aveva recensito non era competente sul "genere" cui apparteneva il film b) che il film veniva stroncato a priori per pregiudizi ideologici. Oggi mi capita di vedere stroncare certi film prima che escano o addirittura quando ancora sono in fase di ripresa o di montaggio, perché qualcuno ha deciso a priori che quella pellicola deve essere boicottata, che si tratti di una produzione straniera o italiana.

Per i libri esiste un altro espediente efficace al fine di boicottare sia le opere, sia gli autori. Basta non parlarne per minimizzarne l'interesse e in qualche caso persino occultarne il successo. A lungo termine funziona e ha il vantaggio di rovinare la carriera dell'autore e, in qualche caso, portarlo al suicidio.
Con opere di questo genere, specie quando si tratta di dichiarato intrattenimento, le uniche recensioni sono a volte quelle dei lettori, che si basano sul proprio gusto personale. Spesso sono causa di grandi soddisfazioni. Di recente sulla rivista specializzata Writers Magazine Italia un articolo-intervista a proposito dei miei romanzi su Diabolik & Eva Kant cominciava definendomi "un maestro" (grazie, Giulia!); nelle ultime settimane, a proposito del mio noir Black Zero, un lettore mi ha scritto che dopo averlo letto ha prenotato il viaggio di nozze nel luogo in cui è ambientato e un altro lo ha definito "un piccolo gioiello", cogliendone parecchie sfumature; giusto ieri in un commento su Facebook un lettore competente in materia di spy story mi ha gratificato della seguente frase: "Lei, sotto molti aspetti, è l'erede di De Villiers", ossia (come ho già spiegato in questa rubrica) dell'autore di spionaggio di maggior successo nel mondo, celebre per la sua capacità di costruire romanzi su fatti e situazioni reali; che è proprio quanto cerco di fare io da oltre venticinque anni.
Ma la "recensione" più visibile - in quanto per diverse settimane unica per quel titolo - sulla mia ultima uscita da Segretissimo in edicola e ebook sotto il nome François Torrent era una stroncatura su Amazon, che bollava il libro come "lento, confusionario, poco avvincente". Mi rendo conto che chi non segua non dico la narrativa di spionaggio ma almeno le notizie più clamorose di cronaca internazionale possa trovare difficile un romanzo come Vodka Gang, in cui si parla dell'operato di servizi segreti e si cerca di fare luce su fatti realmente accaduti; più che legittimo. Ma sarebbe come se io cercassi di recensire una partita di tennis, sport su cui confesso la mia grossolana ignoranza, mi annoiassi e nel dubbio me la cavassi con una stroncatura generica. Però, se mi dicono che il mio quasi-conterraneo Rafa Nadal è un grande tennista, mi fido.

C'è un'altra funzione di un noto social network che trovo invece molto interessante: quella dei "ricordi" di Facebook, ovvero la riproposta all'utente di suoi post "emessi" nella stessa data negli anni precedenti. Per esempio, di otto anni fa, leggo: "E finalmente, dopo due anni di attesa, idee e appunti, mi metto a scrivere un romanzo nell'esatta ambientazione in cui si svolge". Vuol dire che il 24 agosto 2015 è la data in cui, a un tavolino di "El Ultimo Paraíso" (che quest'anno ha cambiato gestione e si chiama ora "Karibú-El Ultimo Paraíso"), cominciavo a scrivere Black and Blue, secondo volume della trilogia di Black: uscì l'anno dopo e sarà ripubblicato nell'estate 2024 da Oakmond Publishing nella collezione a me dedicata.
Da dieci anni fa leggo invece: "Ian Fleming, nel suo rifugio a Oracabessa, si alzava presto nel silenzio per nuotare, poi lavorava 2 ore al suo romanzo e passava il resto del giorno a divertirsi. K, nel suo rifugio a Torrenova, si alza quando l'ultimo ubriaco della notte va a dormire, guarda il mare, poi lavora 15 ore alla traduzione. (Ovvero: prima di voler fare lo scrittore, abbi cura di nascere in una famiglia di banchieri.)" In effetti nel 2013 passai oltre un mese in "clausura lavorativa" a tradurre il bellissimo romanzo NOS4A2 di Joe Hill, edito da Sperling & Kupfer. Quest'anno invece, qui, ho lavorato e lavoro, con gli stessi orari, su due romanzi: la nuova avventura di Sickrose, dal titolo Bandida, che esce a inizio novembre in edicola e ebook da Segretissimo Mondadori, sempre a firma François Torrent; e un altro libro di cui non posso ancora rivelare nulla, ma la cui pubblicazione è prevista a fine ottobre.
E infine, oltre alle fotografie di un viaggio a Granada nel 2019, dai "ricordi" ne emerge una del 2013, risalente in realtà ad alcune settimane prima, in cui Alan D. Altieri e io parliamo di Segretissimo a una serata Borderfiction all'Admiral di Milano. Dopotutto qualcosa di buono, su Internet, si trova.

Continua...

(Immagine: Alan D. Altieri e A. C. Cappi in una foto di Gaxian Giovanni Bozzo)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Per Delos Digital cura la collana in ebook Spy Game.

jueves, 10 de agosto de 2023

Vita da pulp - Gruppo di famiglia in un inferno


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Qualche giorno fa, in un post sui miei cinquant'anni di frequentazione della Spagna, ricordavo il giorno in cui passai vicino a una delle ultime bombe dell'ETA poco prima che esplodesse, uccidendo due agenti della Guardia Civil. Fu a Maiorca, il 30 luglio 2009; poi, in agosto, ci furono altre bombe sull'isola, quasi tutte disinnescate per tempo, ma forse quella parte fu una riuscita operazione di marketing per boicottare il turismo: le spiagge solitamente affollate divennero deserte. Lo stesso scenario che avrei ritrovato nell'estate 2020, in tempi di pandemia.
Restiamo a quell'anno, il 2020, tornando indietro di qualche mese. Trascorsi il periodo di lockdown a Milano, non a casa mia ma poco lontano, condividendo la clausura con un'altra persona. La mia vita non cambiò molto. Stavo scrivendo un romanzo di Martin Mystère, quindi sarei stato ugualmente in quella che chiamo "clasura lavorativa".
Dal momento che mentre lavoro fumo sigari, mi era stato concesso di trasformare in ufficio un bagno di servizio, con il computer posizionato sul lavabo. Quando il clima lo consentiva, mi piazzavo su un balconcino, seduto su uno sgabello, con il pc sul parapetto. Da dove mi trovavo, vedevo le persone che entravano e uscivano dalla palazzina per portare a spasso il cane o fare "attività motoria". Ricordo un signore che usciva parlando con il cane e ricompariva dopo un paio d'ore, sempre parlando con il cane; mi chiedevo se la conversazione fosse durata per tutto il tempo. Dev'essere per questo che una volta, al momento di rientrare dal portoncino, l'animale tentò la fuga: forse cercava solo un po' di silenzio.

Nell'altra categoria, il più assiduo era un signore robusto, stempiato, suila cinquantina, che battezzai mentalmente "Terminator". Non perché assomigliasse a Schwarzenegger, ma perché mi ricordava il finale del film omonimo, quando il cyborg - benché semidistrutto - continua ad avanzare lento e implacabile verso il suo obiettivo. Quest'uomo procedeva a passettini corti e lenti e con lo sguardo fisso. Non stava via a lungo. Immaginai che soffrisse di qualche disturbo e avesse particolare necessità di fare attività motoria. Il 25 aprile lo vidi eccezionalmente uscire senza mascherina, forse perché era il Giorno della Liberazione e per una volta se n'era liberato.
Finito il lockdown, mi capitava di vederlo spesso: continuava la sua "attività motoria" agli stessi orari anche dopo e supponevo che non lavorasse. Lo incrociavo per strada o lo superavo con il mio passo di marcia "da milanese". Lo vedevo fumare sigarette mentre camminava e mi veniva da pensare che in casa non gli fosse consentito di farlo. Ormai ci conoscevamo di vista e ci salutavamo. Se aveva problemi di deambulazione, non ne aveva di linguaggio e rispondeva sempre con un cordiale "Buongiorno" e un sorriso. Mi stava diventando simpatico.
La persona con cui avevo diviso la clausura mi raccontò di averlo visto accompagnare la madre all'assemblea condominiale: una donna anziana, ma energica. Troppo energica: in un paio di occasioni, quando tutto sembrava concordato, la signora prendeva la parola e cominciava a urlare, dimostrando di non avere capito niente di quanto era stato detto. Sbraitava a lungo, con il figlio che invano cercava sommessamente di invitarla a calmarsi, ma lei pensava di avere ragione e che questo l'autorizzasse a diventare aggressiva.
Inquadrai i personaggi in un cliché: il figlio convivente e succube di una madre prepotente e arrogante, che ritiene se stessa infallibile e tutti gli altri, invece, esseri inferiori che dovrebbero fare solo quello che dice lei. Persone simili, di ogni sesso ed età, sono emerse in questi ultimi anni grazie ai social network, tanto da far pensare che si siano moltiplicate; ma forse sono semplicemente diventate più visibili. Chi non usa le reti sociali ricorre alle assemblee condominiali o perseguita chi le sta vicino. Una mia nonna era così e in oltre novant'anni è riuscita a rovinare la vita a tre generazioni della mia famiglia.

Torniamo al presente. o meglio, a ieri. Sono a Maiorca, mi alzo alle quattro e trenta del mattino, mi accendo il primo sigaro della giornata e mi metto alla mia postazione di lavoro per scrivere. Dopo le cinque vedo arrivare un messaggio da Milano, dalla persona con cui ho diviso il lockdown. La polizia è entrata nella palazzina perché - dicono gli agenti sulle scale - "il signor Riccardo del quarto piano è in difficoltà". Mentre sono al computer, di messaggio in messaggio seguo in cronaca diretta quanto sta succededo a Milano. Si sente abbattere una porta. Più tardi gli agenti tornano a chiedere se ci sono scale esterne (non ce ne sono). È evidente che stanno cercando qualcuno. Poi arrivano i pompieri, che distendono un telo in uno dei giardini sotto la palazzina. Una voce: "È qua!". Si sente un tonfo. Un'altra voce: "Si è lanciato." Indovinate chi penso che sia. Il soprannome che gli ho dato si rivelerà purtroppo più azzeccato di quanto pensassi.
Sul posto arrivano i cronisti e non molto più tardi apprendo dai giornali online qualche dettaglio in più: la madre ottantaseienne è stata trovata nel letto, vittima di una o più coltellate alla gola. Poco prima delle cinque il figlio ha chiamato la polizia, minacciando il suicidio ma tacendo della madre. Tuttavia, quando gli agenti sono arrivati, è salito in mansarda ed è uscito da una finestra, fuggendo sul cornicione. Mi immagino i suoi passi brevi e lenti sul bordo, al quinto piano. Il telo dei pompieri doveva essere sotto il suo appartamento, ma lui si è spostato, arrivando sul lato della casa che non dà sul cortile, bensì sul parco pubblico adiacente. Non dev'essere caduto in modo accidentale, altrimenti sarebbe precipitato all'interno della casa (per la precisione nel giardino di una famigliola al pianterreno, per fortuna in vacanza); Deve essersi lanciato, perché il suo corpo - per aggiungere orrore all'orrore - si è infisso sulle punte delle inferriate al confine tra la palazzina e il parco.
I giornali online aggiungono dettagli: ex broker, sofferente di disturbi psichici, era stato sottoposto a TSO nel 2018. Si parla del suo interesse per gli UFO e di frequenti denunce di fatti immaginari al commissariato più vicino. Si dice che "la madre lo stava aiutando". De mortuis nihil nisi bonum, ma su questo ultimo punto ho qualche dubbio. Beninteso, dato il mio mestiere, riempio i vuoti di informazione con la mia fantasia, che non è detto che corrisponda alla realtà. Ma, se ripenso al comportamento verbalmente aggressivo della signora in pubblico, posso immaginare come fosse in casa. E cosa volesse dire averci a che fare tutti i giorni. A volte, insegna Agatha Christie, prima di un atto di violenza spaventoso e visibile c'è qualcosa di altrettanto spaventoso ma invisibile. L'uomo che chiamavo Terminator ha ucciso la madre - da ore o, si pensa, addiritura il giorno prima - colpendola alla gola. Forse le sue passeggiate non erano attività motoria, ma intervalli di fuga da un inferno di famiglia. Forse cercava solo il silenzio.

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(Immagine: A. C. Cappi)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Per Delos Digital cura la collana in ebook Spy Game.

domingo, 6 de agosto de 2023

Vita da pulp - I guardiani della memoria


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Questo post, dopo una lunga assenza della rubrica dovuta a mancanza di tempo, era già previsto per un particolare anniversario di cui scrivo più avanti. Ma devo aprirlo registrando la scomparsa, il 28 luglio 2023, di Danila Comastri Montanari, scrittrice nota soprattutto per i suoi romanzi mystery ambientati nell'antica Roma, con il primo dei quali vinse il Premio Alberto Tedeschi de "Il Giallo Mondadori" nel 1990. Da lì ebbe inizio la sua brillante carriera, che non si limitò alle indagini di Publio Aurelio Stazio, ma spaziò in varie epoche e culture, a testimonianza anche delle sue esperienze di viaggiatrice. La conobbi più o meno trent'anni fa, a uno degli appuntamenti settimanali di Andrea G. Pinketts, scoprendo una persona straordinaria, arguta e vitale.
Ebbi poi sulla mia scrivania alcuni suoi racconti, come curatore degli speciali stagionali de "Il Giallo". Quando per vari cambiamenti interni nella redazione mondadoriana notai che non uscivano più suoi romanzi, la scelsi come autrice per "Giallo & Nero" di Hobby & Work (un giorno dovrò raccontare come contribuii a quella collana, visto che non lo sa nessuno). Ho sempre trovato quella di Danila una preziosa presenza intelligente su Facebook ed ebbi l'ultimo contatto con lei nel 2018, quando le chiesi di ripubblicare un suo racconto, perfettamente in tema, nell'antologia per beneficenza Delitti alla milanese (Excalibur). Leggere proprio sulla sua pagina Facebook la notizia della sua scomparsa mi ha molto rattristato e rinnovo qui le mie condoglianze.
È un'altra delle grandi figure della letteratura di genere italiana che se ne va, una lista implacabile che si è allungata soprattutto in questi ultimi sei anni. I nomi sono troppi per citarli tutti, anche se con molti ho condiviso eventi, lavoro e amicizia. Ma ce ne sono due dai quali il distacco è stato particolarmente doloroso, perché i contatti con entrambi erano pressoché quotidiani e gli elementi in comune così tanti che, quando sono morti, mi sentivo come se fossi morto io. Tuttavia, per una ragione o per l'altra, continuano a essere presenti nella mia vita tutti i giorni.

Uno è Andrea G. Pinketts. Sua madre, di recente, mi ha nominato "fratello di Andrea" perché, dice, i legami più importanti non sono necessariamente quelli di sangue. Grazie all'enorme lavoro fatto dall'Associazione che porta il suo nome - e in particolare da Elisabetta Friggi e, sempre di più, da Rossella Marino - posso ora curare le riedizioni filologicamente corrette e corredate di "contenuti speciali" delle sue opere, pubblicate da Harper Collins. Il 12 agosto 2023 ricorre il suo 63mo compleanno e meno di due settimane dopo escono Il senso della frase e L'assenza dell'assenzio. Tra questa e altre collaborazioni con l'Associazione, il mio impegno con Pinketts rimane continuativo, come prima del dicembre 2018.
L'altra presenza pressoché quotidiana nella mia vita era quella di Stefano Di Marino. Quando non avevo tempo di sentirlo o modo di vederlo, eravamo sempre in contatto tramite le reti sociali. Ogni giorno "i ricordi" di Facebook riportano qualcosa che lo riguarda. Nel suo caso la perdita è più recente: sono due anni oggi da quando ha accostato la scaletta al bordo del balcone al terzo piano del suo appartamento in via Cagliero a Milano e ha salito i tre gradini per tuffarsi nel vuoto. Gli amici stanno ancora cercando di capire perché. Si parla di una depressione per la recente scomparsa del padre Gualtiero, ma le motivazioni sono molto più complesse.
Intuii che ci fosse qualche problema tra padre e figlio nel 1996, quando notai una frase particolare nella dedica di un suo romanzo e gli chiesi cosa volesse dire. Seppi così che il padre non aveva mai accettato che lui facesse lo scrittore e il consulente editoriale, anziché l'avvocato, e lo considerava un buono a nulla. Negli anni Stefano divenne sempre più bravo e prolifico, una figura unica nella narrativa italiana. Ma il padre non riconobbe mai il suo talento e anche in tempi recenti non perdeva occasione per redarguirlo, malgrado i risultati fossero evidenti. Se come Gualtiero Di Marino non si è del mestiere, c'è un unico modo per capire se qualcuno è "qualcuno" nel campo editoriale: il riscontro mediatico. Nel caso di Stefano (ma ne so qualcosa anch'io), i media brillavano per il loro silenzio. C'è chi è autorizzato a essere famoso, di altri invece va persino taciuta l'esistenza. Il silenzio stampa per un autore di successo vuol dire di fatto boicottaggio attivo, in un continuo tentativo di cancellarlo in vita. Di fatto la società italiana si comportava esattamente come suo padre.
Nel 2020, come tutti noi, Stefano passò attraverso il lockdown - lui in completa solitudine - e l'impossibilità di viaggiare, rinunciando al lato "internazionale" della sua esistenza, che si trova riflesso nei suoi romanzi. Nel 2021 entrambi i genitori novantenni cominciarono a stare male nello stesso momento. Stefano, rinunciando ai suoi ritmi di precisa efficienza, passò la primavera sotto stress continuo, portandoli avanti e indietro dagli ospedali, e facendo il badante finché in estate non dovette metterli in una residenza. La madre, l'unica che avesse sempre mostrato comprensione per lui, ormai era in stato confusionale, il padre invece era ancora sufficientemente lucido. Quando questi morì (alla madre sarebbe toccato pochi mesi dopo) chiesi a Stefano se almeno il rapporto tra loro si fosse risolto. Lui rispose: "Più o meno". Che io tradurrei in: "Mio padre ha capito di avere bisogno del mio aiuto e negli ultimi giorni non mi ha detto che sono un buono a nulla". Ma il padre era morto a oltre novant'anni senza avergli mai detto "Bravo", come del resto continuava a fare il mondo editoriale-mediatico italiano. Glielo diceva il suo pubblico, ma questo testimoniava che, se nulla di quanto aveva fatto nella sua vita gli aveva fatto guadagnare il riconoscimento meritato in casa e fuori, ormai aveva fatto "tutto il possibile", come scrisse nel suo messaggio di addio.

Copyright Astorina Srl. "Il Prof", illustrazione di Giuseppe Palumbo

Una delle necessità che si creano quando una figura della narrativa non lascia discendenti è cosa fare della sua biblioteca e del suo "ambiente di lavoro"; o, nel caso di Andrea G. Pinketts, che notoriamente scriveva nei bar, del "bunker", il suo appartamento in via Washington a Milano. Quando è stato venduto, occorreva coordinare il salvataggio delle sue cose, operazione cui mi sono dedicato io nel 2019. Ed è sorprendente constatare che ci sono amici e amiche che al momento opportuno non esitano a mettersi al lavoro per riempire scatoloni e caricarli su un furgone.
Credo che Stefano Di Marino, sapendo del mio lavoro per Pinketts, contasse proprio su di me per organizzare il salvataggio della sua colossale biblio-mediateca e dei suoi oggetti personali. Così da fine giugno 2023 e per un mese, alternandomi con una dozzina di amiche e amici (tra cui anche firme illustri della narrativa e del fumetto, o semplici affezionati lettori e lettrici che hanno diviso serate memorabili con lui), ho inscatolato di persona o coordinato i lavori a distanza quando non potevo essere presente, a costo di trovarmi in ritardo con una consegna e dovermi ammazzare di lavoro per arrivare lo stesso in tempo ultile. Ma, grazie alle persone che si sono dannate l'anima in torridi pomeriggi milanesi, alla fine sono stati assemblati 250 scatoloni ad alta densità, ora al sicuro. Spero un giorno di potervi dire che il bunker di Pinketts e lo studio di Di Marino sono stati ricostruiti da qualche parte con il materiale originale e che la loro memoria viene salvaguardata.

La fotografia in apertura è di quello che ho battezzato "il tavolo delle reliquie" a casa di Stefano, sopra il quale si vedono alcune delle fotografie dei suoi viaggi in Oriente.
Il ritratto al centro di questo post, da Il Grande Diabolik 2/2023, è "Il Prof", personaggio ispirato a "Il Professionista" di Stefano Di Marino, trasferito da Tito Faraci nell'universo di Diabolik e disegnato da Giuseppe Palumbo, che qui ritorna nella mia storia Colpo doppio a Chow Lon.
L'immagine in basso è un dettaglio di un disegno di Dario Iannaccone da un imminente episodio della serie The Professor di Roberto Leoni, dove sulla sinistra appare un personaggio ispirato a Stefano Di Marino.
Il titolo che ho scritto per questo post mi ricorda un lungo racconto fantasy che scrissi per l'antologia Mahavayan (Edizioni Scudo), Il guardiano della memoria. Il protagonista era una sorta di bibliotecario che, a forza di preservare ricordi altrui, si era dimenticato persino il proprio nome. Spero che questo non accada a me, anche perché come abbiamo visto si fa presto a essere scordati, metodicamente, dagli altri.

Continua...

Da "The Professor", disegno di Dario Iannaccone





Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Per Delos Digital cura la collana in ebook Spy Game.

jueves, 3 de agosto de 2023

Anniversario spagnolo per A. C. Cappi

 

Foto di A. C. Cappi


Salve a tutte e a tutti da Andrea Carlo Cappi. Chi ha letto i miei libri avrà notato la forte presenza di personaggi e scenari spagnoli di varie epoche. Il motivo è la mia frequentazione con la Spagna, che proprio in questi giorni raggiunge il mezzo secolo.
Ho voluto scrivere un articolo in proposito e la sua collocazione naturale era nel blog Kverse-Il mondo thriller di Andrea Carlo Cappi. Grazie all'intervento di un hater, un troll o non so che nel 2021, i link a tale blog non possono essere condivisi su un noto social network, ma potete trovarli qui sopra.