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martes, 5 de mayo de 2015

Antonio Skármeta, il cantore di Neruda


Intervista di Fabio Viganò

Ci sono interviste che non hanno tempo né età. Sono e rimangono veri e propri insegnamenti o, se preferite, suggerimenti. Questa ne è un esempio. Racconta di vita vissuta e di come sarebbe opportuno vivere. Suggerimenti sulla base di ricordi e di esperienze sempre vivide e vibranti di passione. Ma questo è soltanto il parere di un umile peccatore.
Quando incontrai Skármeta temevo non mi concedesse l’intervista. Confesso che fu con un certo timore reverenziale che gli chiesi di rilasciarmela. A volte i sogni diventano realtà: ha dell’incredibile, ma ci sono riuscito.
«Bueno», dico ad alta voce mentre mi siedo al suo fianco per parlare di letteratura e cercare di imparare. Ed è subito dialogo, dialogo di sintonia. «Parliamo della poesia…»
«La poesia» risponde lui, «è una delle attività umane più importanti, capace di generare fantasie differenti da quelle che ci propina la mediocrità. La fantasia spinge l’uomo a crescere, immaginare nuovi mondi e proporsi eticamente di raggiungerli. La fantasia poetica arricchisce l’essere umano e quindi la colloco al primo posto tra i valori essenziali della mia vita.»
«Il suo ricordo di Pablo Neruda?»
«Pablo Neruda era un uomo dalle tante sfaccettature e il suo modo di porsi variava a seconda della persona con cui si trovava. Se Neruda s’accorgeva che l’interlocutore era pedante, cercava di scansarlo. Ma, se riusciva a instaurare un rapporto umano, era affabile e molto affettuoso. Gli interessava l’aspetto semplice delle persone e svolgeva il proprio lavoro come un falegname, come una tessitrice, come il pescatore che rassetta le proprie reti. Suo padre era stato macchinista di treni e quindi era di umili origini. Origini che mai rinnegò, al punto da cantarle nelle sue liriche. Per questo è stato un poeta molto amato dal popolo.»
«Possiamo ritenere questo il motivo per cui venne definito poeta del popolo?»
«È uno dei motivi, ma non è l’unico. Ciò che ha fatto Neruda è stato inserirsi nella poesia utilizzando un linguaggio immediato, tanto da dare l’impressione che chiunque potesse scrivere poesie. Questo perché la poesia è un modo per osservare il mondo, sentirlo e parlarne. Non mi riferisco a testi complessi come Residenza sulla terra, ma per esempio alle Odi elementari o alle Venti poesie d’amore e una canzone disperata. Sono testi che poco a poco cominciarono a circolare tra la gente. Neruda cantò tutto ciò che era vicino alla gente. Fu poeta di cose concrete e di sentimenti profondi. Quando Neruda scrive dell’aria, del vento, dice:

Andavo per un sentiero e incontrai l’aria
la salutai e le dissi con rispetto:
‘Ciao compagna
aria, corolla o uccello,
non so chi tu sia
però, non ti vendere’.

In questo caso è molto azzeccato il gioco del parlare a un elemento della natura. Tutto ciò che ci circonda, tutto ciò che respiriamo, viene trattato come un re, come un compagno. Non importa chi sia. L’importante è il messaggio politico: Non venderti! Neruda è stato un grande poeta.»


«Lei è autore di Ardiente paciencia, trasposto nel film Il Postino. Soddisfatto dell’opera cinematografica?»
«La trasposizione cinematografica è stata brillante, meravigliosa, interpretata da Massimo Troisi che a mio avviso ha recitato il miglior ruolo di tutta la sua carriera, diretto magistralmente da Michael Radford. Il loro binomio ha funzionato molto bene, in quanto Troisi possedeva una forte espressività commediante napoletana, mentre Radford, inglese, aveva tatto, misura e controllo. Il connubio di entrambi permea l’opera di humor, ma anche di profonda poesia.»
«Qual è secondo lei il rapporto tra cultura e politica?»
«Il nesso tra cultura e politica è tremendamente importante e mi rincresce che non tutti i politici la pensino in questo modo. Chi andrà in Germania come ambasciatore del mio Paese porterà la cultura cilena e rappresenterà il Cile così com’è adesso, un Paese democratico, un Paese che ha riconquistato la propria libertà, un Paese che sembra essere molto piccolo ma che ha avuto e ha artisti di fama mondiale come Claudio Errau, Gabriela Mistral, Pablo Neruda e il pittore Roberto Sebastián Matta.»
«La letteratura e la poesia possono essere pericolose?»
«Non direi. Lo possono essere, in quanto nulla di ciò che ha a che fare con la poesia può avere aspetto negativo ma dipende dalle situazioni in cui essa si sviluppa. Perché la poesia sveglia la gente dal letargo e la incita a pensare, le insegna a notare la differenza. Quando tutto è monotono, scontato, abitudinario, la poesia – infiltrandosi – crea la scintilla che diverrà fiamma. Non la definirei pericolosa, bensì attività stimolante.»
«Quale ritiene essere il suo miglior libro?»
«Le nozze del poeta, pubblicato da Garzanti e al quale ha fatto seguito La bambina e il trombone. Manca la terza opera, ambientata a New York, che non ho ancora terminato. Però considero Le nozze del poeta il libro più completo. Ha radici in Europa e parla della vita in Cile. È storia di immigrati, storia di forti passioni.»
«Luis Sepúlveda auspica una riforma della Costituzione cilena vigente. Lei cosa ne pensa?»
«Questo è il problema principale che il Cile ha tuttora. La Costituzione vigente in Cile è quella di Pinochet, così come lui stesso la fece. È una Costituzione autoritaria che assicura alla minoranza del Paese la stessa forza della maggioranza. La maggioranza del Paese è di centrosinistra, una maggioranza democratica. La Costituzione limita molte libertà e la forza reale che il progressismo esprime. Quindi è molto importante riformare questa Costituzione. È da diversi anni che i partiti di governo cercano un accordo con le forze più progressiste dell’opposizione per ottenere le riforme che sinora non si sono attuate.»
«Contento di essere in Italia?»
«È un sogno qui! Il Lago Maggiore dà l’impressione di vivere in un film. Tutto è così elegante, così armonioso… La cordialità della gente è semplicemente meravigliosa. Sono luoghi indimenticabili!»

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