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martes, 5 de mayo de 2015

Chi è senza peccato scagli la prima molotov



Sproloquio di Andrea Carlo Cappi

In questi giorni sono inciampato più volte in Satana. No, non mi fraintendete: non sono un tifoso del Diavolo, nemmeno in senso calcistico. Ma ogni tanto mi occupo di true crime, ovvero sono uno scrittore che ricostruisce – anche – veri casi di omicidio e a volte è chiamato a parlarne in televisione, soprattutto sul canale di proprietà della stessa famiglia che controlla una delle principali case editrici italiane (per cui pubblico abitualmente) e la squadra di calcio in questione.
Nell’ultimo mese però un lavoro per tutt’altro editore mi ha portato a occuparmi di varie vicende delittuose in cui il nome del Maligno ha fatto più volte la sua comparsa. La prima zaffata di zolfo è arrivata in una storia troppo lunga perché ve la racconti stanotte. Magari un’altra volta.
Un’altra zaffata si avverte in una storia che mi narrò in prima persona l’amico Andrea G. Pinketts, noto scrittore all’epoca non ancora troppo famoso come personaggio televisivo e quindi ancora molto attivo come giornalista-infiltrato. Una vicenda che i processi hanno dimostrato non avere nulla di criminale, a parte forse qualche scontrino fiscale non rilasciato e – a mio modesto parere – un possibile e in tal caso non trascurabile caso di corruzione di minorenne, che però sarebbe un fatto individuale e non riguarda l’associazione in sé. Mi riferisco ai Bambini di Satana, società bolognese legalmente riconosciuta.
Un giorno di svariati anni fa vidi comparire Pinketts alla Libreria del Giallo con i capelli tinti di azzurro. Immagine davvero inquietante, sappiatelo. Mi rivelò che doveva interpretare la parte di un cantante di rock satanico al fine di entrare nella setta e scrivere un articolo per Panorama. Missione compiuta: l’articolo uscì, con tanto di servizio fotografico. Ma quando poi Pinketts fu chiamato a testimoniare al processo contro di loro, si trovò di fatto a difendere gli imputati: dalla sua indagine non aveva alcun indizio che fossero colpevoli dei gravissimi reati che gli si attribuivano, in particolare di atti di pedofilia. In base alla sua esperienza da infiltrato, il loro non era altro che uno show satanico senza particolari conseguenze (o, dal loro punto di vista, un’attività culturale).
Forse una conferma di tutto ciò è il fatto che il gruppo abbia scacciato poco dopo la loro iscrizione tre adepti sgraditi – una donna con il marito e l’amante – che sarebbero stati protagonisti anni dopo di altre storiacce: lei denuncia l’amante, con cui ha fondato un’altra setta satanica, poi viene decapitata dal marito nei dintorni di Roma.
Non meno inquietante è la vicenda delle Bestie di Satana. Qui si parla di delitti veri e di istigazione al suicidio. Sarebbe ancora da chiarire quante vittime dirette e indirette abbiano a loro carico questi ragazzi della provincia di Varese che bazzicavano gli ambienti del rock satanico.
Un paio di anni fa ho conosciuto un musicista che pratica il genere e che mi ha raccontato che costoro – in tempi non sospetti – erano vagamente conosciuti nell’ambiente (a livello individuale, non come setta) e giudicati come imbecilli. Gli stessi magistrati hanno sentenziato che il satanismo di costoro era più che altro un pretesto per essere violenti, dunque una scelta che avrebbero fatto anche se fossero stati tifosi di una squadra di calcio o di una qualsiasi ideologia politica. Più che Sympathy for the Devil, per citare i Rolling Stones, trattasi di encefaloramma piatto.
Va specificato che seguire il rock satanico, una forma particolarmente estrema di musica metal, non significa né evocare e sguinzagliare il demonio sulla Terra, né tributargli sacrifici umani. E noi in Italia, prima di chiunque altro al mondo, dovremmo saperlo.
Perché uno dei nostri più grandi poeti, Premio Nobel nel 1906, vale a dire Giosuè Carducci, a trent’anni scrisse e pubblicò l’inno A Satana. La sua era, ovviamente, una provocazione destinata a combattere l’ideologia cattolico-clericale dell’epoca (ma non solo di quell’epoca). Insomma, una rivalutazione di tutto ciò che era attribuito al diavolo – dalla vitalità, ancorché peccaminosa, alla scienza e al progresso – che faceva dell’autore, oltre che un mangiapreti, un antidemocristiano ante litteram. Un Dario Fo dei suoi tempi, per citare un altro nostro Premio Nobel nazionale.
E mentre stavo per finire il lavoro e uscire da questi sentieri demoniaci... che cosa succede? Il Primo Maggio un branco di black bloc dà fuoco per "protesta" a una via di Milano, la mia città, poco lontano da dove vivo: automobili, negozi, una banca e le case soprastanti. Per loro è irrilevante che nelle case abitino persone e che potrebbe scapparci il morto, cosa che per fortuna non è accaduta. Ma la via che mettono a ferro e fuoco a colpi di molotov è via Carducci. La strada intitolata a un contestatore che, intellettualmente, è stato molto più estremo di tutti loro, ma che io sappia non ha mai messo a repentaglio la vita di nessuno.
Come ho detto, io non sono per niente un tifoso del Diavolo. E uno dei miei personaggi, eroe della mia serie di fantascienza di cui guarda caso è appena uscito un nuovo episodio nell’antologia AltriSogni Vol.1 (edita in digitale da dbooks.it), è il prete-peccatore padre Antonio Stanislawsky, il cui nome di battesimo richiama il canto tradizionale che parla di Sant’Antonio, lu nimice de lu Dimonio. Sospetto semmai che Satana, nella realtà o nella metafora, si nasconda soprattutto dietro l’ignoranza.




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