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sábado, 10 de junio de 2017

Quando la letteratura è pericolosa




Conversazione di Fabio Viganò con Andrea Carlo Cappi

Scrivere non è pericoloso. Lo diventa quando sveglia le menti dal torpore del menefreghismo e della rassegnazione. Diventa speranza di vita. La realtà viene finalmente vissuta in prima persona. Non viene più subita. A volte può capitare che trattare certe tematiche criminali comporti persino l’essere tacciati di essere millantatori. Si sa: pecunia non olet, ovvero... il danaro non puzza!
Andrea Carlo Cappi è uno dei pochi moschettieri della letteratura italiana noir che abbia il fegato di affrontare certe tematiche “a muso duro”. Gli abbiamo voluto porre alcune domande riguardo la sua opera letteraria Agente Nightshade: Fattore Libia, firmata con il suo ormai ben noto pseudonimo François Torrent, da giugno 2017 in edicola e ebook (su IBS, Amazon, BookRepublic, Mondadori Store) per Segretissimo Mondadori. Un libro che vi racconterà un’altra storia rispetto ad alcune fandonie che vengono propinate quotidianamente, in virtù del fatto che certe cose… sia meglio non saperle.

Andrea, in questo romanzo affronti tematiche molto pericolose che vanno dal terrorismo al narcotraffico e alle stragi correlate, in nome di un potere che, tanto per cambiare si identifica con un’ideologia. Possiamo paragonare il terrorismo dell’ISIS alle Brigate Rosse?

Più nella definizione che li accomuna, ossia “terrorismo”. I metodi, per quanto in ambedue i casi spregevoli, sono diversi. Le BR colpivano perlopiù singoli, occasionalmente con le loro scorte, e agivano per così dire in prima persona. L’ISIS invece utilizza in buona parte pedine sacrificabili e sacrificate, per colpire innocenti in quantità industriale. Semmai, nella storia italiana, c’è una somiglianza con i bombaroli della Strategia della Tensione o degli attentati mafiosi, che tuttavia si guardavano bene dall’immolarsi.

Cosa pensi dei combattenti del popolo che ammazzano sindacalisti che denunciano alla Magistratura irregolarità? Chissà perché, tutte le volte che ci penso, rievoco l’incitamento di al-Baghdadi a commettere stragi contro gli infedeli.

Mi riporti alla mente l’assassinio di Guido Rossa... quasi quarant’anni fa, quando le BR colpivano chi difendeva sul serio la classe lavoratrice, per cui i terroristi dicevano di combattere.

Vi sono a tuo avviso interessi internazionali che sovvenzionano l’ISIS come il contrabbando di petrolio denunciato da Mosca oltre al narcotraffico?

Qualcuno guadagna sempre, nelle acque torbide. Di sicuro l’ISIS stessa trae denaro dal traffico di petrolio, dalle tangenti imposte nei territori occupati e dai legami con il narcotraffico, che oggi arrivano fino a Ciudad Juárez, Messico. Non a caso l’ISIS ha una base da quelle parti, pronta – si dice – per lanciare attacchi agli Stati Uniti. Ma fondi per lo Stato Islamico arrivano anche da località più glamour come Dubai, dove talvolta dietro il lusso si annida un fanatismo retrogrado.

La pista balcanica che passa attraverso la ex-Jugoslavia dove ci porta, a tuo avviso?

Ci porta in zone in cui il terreno di coltura del terrorismo islamico ha radici diverse rispetto, per esempio, a Parigi, Bruxelles, Londra, Istanbul o Baghdad. La Jugoslavia è stata teatro di conflitti etnici in cui la popolazione islamica era e forse è tuttora molto odiata, per esempio dai cristiani bosniaci. Odio storicamente ricambiato. E per molti anni il territorio è stato area di passaggio della Jihad: ne ho parlato anche nel precedente romanzo della serie, Agente Nightshade: Bersaglio ISIS (ora in ebook su IBS, Amazon, BookRepublic, Mondadori Store

Nel romanzo, oltre all’analisi spietata della realtà attuale, riusciamo a cogliere una certa insofferenza riguardo certe “infiltrazioni estremiste” che potevano essere evitate.

La storia dell’Occidente, dalla Guerra Fredda in poi, è costellata di mostri di Frankenstein che – com’era prevedibile – si sono ribellate ai loro creatori. È capitato con i mujahiddin afghani, sostenuti in funzione antisovietica, da cui poi sono nati i talebani che, con Osama bin Laden, hanno generato al Qaeda, un vulcano non ancora del tutto spento. La Seconda Guerra del Golfo ha generato l’ISIS, che prima di diventare il sedicente “Stato Islamico di Iraq e Siria” ha operato sotto il marchio “al Qaeda in Iraq”.
Nel romanzo Agente Nightshade: Fattore Libia parlo in particolare del LIFG, sigla di Libyan Islamic Fighters Group (Gruppo Combattenti Islamici Libici) che negli anni Ottanta fu sostenuto dall’MI6 – il servizio segreto britannico – in quanto avversario di Gheddafi; dopo un fallito attentato contro il colonnello di Tripoli, i superstiti del LIFG trovarono rifugio proprio in Gran Bretagna; di questi alcuni entrarono nel mercato della droga, altri si unirono ad al Qaeda: forse pochi ricordano che fu, paradossalmente, proprio il dittatore libico a denunciare al mondo la pericolosità di Osama bin Laden, diventandone un nemico a pari dell’Occidente.
Dal 2011 in Libia si è verificata un’osmosi tra LIFG, al Qaeda e infine ISIS. E forse non è un caso se Ramadan Abedi – padre di Salman Abedi, il kamikaze della Manchester Arena – proviene dagli ambienti del LIFG. Devo dire che, come sono stato il primo al mondo a parlare di ISIS in un romanzo, cioè Nightshade: Programma Firebird del 2013 (ora in ebook su IBS, Amazon, BookRepublic, Mondadori Store) quando quasi nessuno ne conosceva ancora l’esistenza, così ho ripescato l’LIFG dal dimenticatoio in Fattore Libia, che ho finito di scrivere ben sei mesi prima che la sigla tornasse sui giornali dopo la strage di Manchester.

Il foreign fighter, come sai, è di ispirazione nazista. Venivano spacciati per combattenti per la libertà. Era la libertà predicata dal Reich. Affari loschi in comune, si direbbe. Il tutto con il patrocinio dell’ideologia!

I legami tra ideologie, interessi imperialisti e terrorismo sono una delle trame più inquietanti della storia del mondo. Hitler sosteneva gli arabi in funzione antiebraica. I sionisti ebbero un terrorismo tutto loro, arrivando ad allearsi con Cosa Nostra per procurarsi armi al fine di creare lo Stato di Israele. I terroristi palestinesi – motivati, ma non per questo giustificabili – hanno avuto a che fare con le pagine più oscure del KGB sovietico. Il quale, pur di fare dispetto all’America, ha promosso l’integralismo islamico in Iran, sostenitore a sua volta di Hezbollah, salvo poi appoggiare (come per lungo tempo gli USA) l'Iraq di Saddam Hussein contro l'Iran. Ma oggi, l’Iran, in fase moderata e amico della Russia, è il nostro principale alleato contro l’ISIS, come hanno dimostrato i recenti attacchi terroristici a Teheran. Laddove il presidente USA Trump – a dispetto dei suoi legami con Putin – sembra volersela prendere di nuovo con l’Iran nel momento meno opportuno per farlo.

A tuo parere vi possono essere nessi tra politica e narcotraffico. Giovanni Falcone nell’ultimo discorso tenuto a Roma, prima di morire nella strage di Capaci ne parla in modo esplicito. Il titolo dell’articolo è: Attenti ai colombiani. Ora ci sono anche i narcos messicani alleati con l’ISIS. Mi sorprende che la Gioventù Dorata (mafia russa) non si sia ancora proposta!

L’ISIS ha attinto, per il suo mercato della droga, proprio ai colombiani, passando attraverso i guerriglieri delle FARC; quando queste hanno finalmente deposto le armi e abbandonato i legami con i narcos per entrare in un processo di riconciliazione democratica che ha portato il presidente colombiano al Nobel per la Pace... lo Stato Islamico ha trovato altri fornitori in Bolivia e in Messico. Non so però se la mafia russa – che secondo Putin non esiste – vorrebbe mettersi nei guai con alleanze scomode che potrebbero fare arrabbiare il Cremlino...

Il terrorismo, a tuo avviso, è fine a sé stesso?

Dipende dal livello a cui è praticato. Per gli individui che si lanciano in attacchi suicidi sulla folla rappresenta l’occasione di vivere “quindici minuti di fama” postuma, che secondo loro li riscatterà dal fallimento nella società e spesso nelle loro attività criminali. Per gli individui al vetrice, sempre pronti a rivendicare tanto le azioni organizzate quanto le iniative individuali, rappresenta invece un modo per avere denaro e potere.

Cappi, secondo te, oltre a scrittori scomodi ci sono anche intervistatori ficcanaso?

L’importante, come scrisse di me Andrea G. Pinketts nella prefazione a Ladykill – Morte accidentale di una lady, il mio romanzo ispirato al caso Lady Diana appena ripubblicato da Damster Edizioni, è essere “inopportunisti”.

Ora… la domanda più difficile. La mafia calabrese,come tutte le mafie, cerca i soldi ovunque e da chiunque. Persino dall’ISIS… Vuoi vedere che coprono anche gli autori delle stragi di Capaci, di via d’Amelio a Palermo, di via Palestro a Milano,di via dei Georgofili a Firenze?

Come si suol dire, una mafia lava l’altra.

Grazie Andrea! A presto e…in bocca al lupo!



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