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miércoles, 17 de abril de 2019

E dopo tanta notte torna Pinketts


Riflessioni di Andrea Carlo Cappi


Arnoldo Mondadori Editore lo ha tenuto segreto - come capita con i blockbuster americani - fino al giorno prima dell'uscita in libreria e ebook, avvenuta il 16 aprile 2019. Fino a questo momento nemmeno io ho rivelato nulla sull'ultimo libro di Andrea G. Pinketts. Ora posso farlo e forse sembrerò di parte, dato che ho frequentato l'autore per oltre venticinque anni e ho in qualche modo contribuito alla realizzazione di questo volume. Ma a dire che "È dopo tanta notte strizzami le occhiaie" è un libro eccezionale non sono solo io, è anche D'Orrico sulle pagine del Corriere della Sera, quindi se non volete credere a me, credete a lui.
O, come direbbe lo stesso Pinketts: "Fidati, è meglio."

Pinketts in una foto di A. C. Cappi

Pinketts nacque, come scrittore, dai premi del Gran Giallo di Cattolica negli anni Ottanta e sulle pagine de Il Giallo Mondadori; il suo romanzo "il conto dell'ultima cena" è apparso anche in edicola nel Giallo e, lo scorso autunno, negli Oscari Gialli. Pertanto Pinketts può essere ritenuto uno "scrittore di gialli", o come si usa oggi per nobilitare il termine, "scrittore noir". Cosa solo in parte vera. Il giallo (o il noir, se lo preferite) era di certo una sua matrice, anche nella vita di giornalista investigativo, ma non stiamo parlando di un autore che racconta di simpatici commissari o di nevrotici cacciatori di serial killer.
Ai tempi dell'antologia di Einaudi "Giovani cannibali" arrivò l'etichetta "autore pulp", ma anche questa era una definizione incompleta. Pinketts si cibava, sì, di letteratura pulp, ma nel senso etimologico del termine: la classica narrativa popolare di avventura e azione che in Italia trova espressione in fumetti storici della Bonelli come "Tex", "Zagor" o "Mister No" (questi ultimi in cui Pinketts è apparso come personaggio, come del resto in "Lazarus Ledd" di Ade Capone, nei panni del suo alter ego Lazzaro Santandrea) e in romanzi come quelli degli autori italiani di Segretissimo Mondadori (non a caso già in "Depilando Pilar" Pinketts citava esplicitamente i libri di Stefano Di Marino e miei, scritti per quella collana: non se ne perdeva uno!) Ma, come dissi a una sua presentazione qualche anno fa, in realtà Pinketts era l'autore di un genere a sé stante. Un genere "Pinketts", di cui questo nuovo libro è, forse, la testimonianza più perfetta.

Pinketts in una foto di A. C. Cappi

Cominciamo dalle origini. Questo è un libro che ha una lunga storia dietro le quinte. Una volta finito il romanzo "La capanna dello zio Rom", Andrea G. Pinketts non era propenso a scriverne altri sul personaggio di Lazzaro Santandrea, voleva avventurarsi in qualcosa di diverso. Così da una parte è tornato alle origini - in verità mai abbandonate - di autore di racconti surreali che saccheggiavano i generi della letteratura popolare per farne qualcosa d'altro. E al tempo stesso ha voluto provare qualcosa di assolutamente nuovo: una commistione non solo tra generi e mainstream (come si suole definire la letteratura estranea a ogni etichetta) ma tra scrittura e pittura. In questo ha trovato la perfetta compagna di avventure in Alexia Solazzo, arrivando a una sinergia sorprendente: partendo dalla comune ispirazione, lui scriveva i racconti, lei dipingeva i quadri (o viceversa).
Ne sono nati una prima mostra e un catalogo, "Face Your Phantoms" (entrambi a cura de Le Trottoir) che sono stati la genesi anche di una seconda parte, "Enjoy Your Monsters", un progetto poliartistico che ha accompagnato Andrea G. Pinketts fino a poco più di un mese prima della sua scomparsa. Così ogni racconto ha un suo dipinto, ogni dipinto ha un suo racconto, che convivono in questo libro.
Pinketts non tollerava l'editing convenzionale (impossibile, con uno scrittore come lui, che agganciava sempre una frase a quella successiva!) e non amava rileggersi - se non in pubblico, quando recitava le ballate che aprivano tutti i romanzi e molti racconti - il che creava qualche problema: per quanto mi riguardava, mi sono sempre trovato a disagio con le sue opere recenti cui non avessi messo mano io come editor, in quanto avvertivo sempre qualcosa di incompleto.

Pinketts in una foto di A. C. Cappi

Io ero l'unico editor che lui tollerasse, più che altro perché, quando c'era qualcosa di poco chiaro, mi presentavo da lui a Le Trottoir per decifrare il testo... e a volte anche questo portava a un atto creativo, come quando ci siamo messi a cantare "Santa Mutanda" dal suo "Sangue di yogurt", su una musica improvvisata che poi è rimasta nella nostra memoria. Del resto, Pinketts è stato anche paroliere di numerose canzoni, con Franco Califano, per il Maestro Zac, per Banda Putiferio e per Ottavia Fusco.
Questa volta non sono stato un editor ufficiale: mi sono limitato a correggere al posto suo... tre giri di bozze, in cui al primo c'erano singole pagine che richiedevano fino a venti correzioni. Tutto perché lui scriveva in maiuscolo e a penna - talvolta con grafia non proprio decifrabile - sicché occorreva conoscere il suo flusso di pensieri, i suoi riferimenti culturali e i suoi moduli espressivi nel parlato per capire che cosa avesse scritto. Non finirò mai di ringraziare non solo Alexia, che ha conservato parte dei testi originali, ma anche Elisabetta Friggi, che per un decennio è stata a fianco di Pinketts come ufficio stampa e assistente nelle ricerche, e che è arrivata a fotografare le pagine di testo mentre venivano scritte, prima che corressero il rischio di andare perdute.
Perché il libro è nato e cresciuto in un periodo in cui l'autore ha affrontato operazioni, terapie e un ultimo cancro a sorpresa, a tradimento, indipendente dai due precedenti. Pinketts ha lavorato a questo libro fino all'ultimo, mentre dall'ospedale di Niguarda riusciva persino a organizzare un evento di BookCity.
Ora i fantasmi e i mostri messi su carta e tela da Pinketts & Solazzo sono a vostra disposizione. Si parla e si dipinge di anoressia, xenofobia e persino fobofobia. Si tratta di orrori natalizi, di pesto alla milanese, di un mostro marino in forma umana che fa i conti con il suo creatore e con il Maestro Zac alias Alberto Azarya, il "musico" di tante nostre serate. C'è persino l'assedio dei "vivi morenti" da parte di un'orda di individui travestiti da pere, in cui Pinketts trova modo di rendere omaggio all'Omero della letteratura d'azione tecnologica, Alan D. Altieri, prematuramente scomparso prima di lui. C'è persino un nuovo riferimento ad Andrea Carlo Cappi, che sarei io, oltre a nomi di amici come Andrea Villani, Pino Farinotti e un certo... Carlos Lucarello. Ci si confronta soprattutto con Mamma Paura e con la Morte, una presenza che nei quattro anni di lavoro Pinketts ha sempre sentito troppo vicina, sperando di debellarla con la scrittura. E in fondo ci è riuscito.


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