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jueves, 3 de octubre de 2019

La Guerra Fredda secondo Giovanni Ingrosso


Recensione di Andrea Carlo Cappi

Presentazione del volume: giovedì 3 ottobre 2019, ore 19.00, Milano, Admiral Hotel, via Domodossola 16.

«Passato e presente sono contenuti nel futuro», diceva T. S. Eliot, «e il futuro è contenuto nel passato.» Questa è la chiave dell'esame che Giovanni Ingrosso – che già ho conosciuto e presentato come ottimo romanziere – fa dell'era della Guerra Fredda, unendo la conoscenza della storia alle sue capacità di narratore in questo saggio apparentemente breve (un centinaio di pagine) ma tanto denso quanto scorrevole. 
Chiunque scriva di quell'epoca – me compreso – non può fare a meno di andare a cercarne le radici indietro nel tempo: alla Seconda guerra mondiale, agli anni Trenta, talvolta alla Prima guerra mondiale. Ma l'autore di Un conflitto lungo cinquant'anni – Diversi sguardi sulla Guerra Fredda (edito da Il Cielo Stellato nella collana Quattro passi nella storia, 12,90€) va molto oltre. Con una brillante sintesi, riassume nei capitoli di apertura la storia precedente dei principali attori (USA, Russia, Regno Unito e Germania), identificando gli elementi che si riproporranno poi nel periodo 1946-1989. L'effetto è quello di guardare un grande quadro alla giusta distanza focale, anziché soffermarsi sui dettagli. Tratti e sfumature diventano molto più comprensibili.
Su questa base, Ingrosso può studiare equilibri e squilibri post-bellici, l'evoluzione della politica fino agli anni di Reagan e Gorbachev, le influenze reciproche tra politica ed economia (anche in chiave militare) e l'attività di intelligence; non a caso la Guerra Fredda è l'epoca che tutti percepiscono più legata al mondo dello spionaggio.
Ma l'autore non trascura i riflessi sull'arte e sulla cultura, elitaria o di massa – da La corazzata Potemkin a Rambo III passando per James Bond e Jackson Pollock, i Beatles e la fantascienza anni Cinquanta – e su come certe forme di espressione fossero modulate o interpretate in base a (o in funzione di) diverse necessità ideologiche o propagandistiche.
L'analisi sugli aspetti industriali ed economici è forse quella più stimolante, specie quando ci viene spiegato come proprio questi fattori abbiano determinato la fine della Guerra Fredda, esattamente trent'anni fa.
Ingrosso sottolinea infine un elemento importante che ha dominato tutto quel periodo: la paura. L'angoscia della contaminazione capitalista da una parte e dell'avvento del comunismo dall'altra. L'incubo dell'olocausto nucleare per entrambi i blocchi: una sensazione familiare anche per chi negli anni Ottanta non pensava solo all'edonismo reaganiano ma ricorda termini tecnici come MAD (sigla in inglese di mutual assured distruction, distruzione reciproca garantita) o le sequenze più agghiaccianti di The Day After di Nicholas Meyer.
Al termine della lettura vale ancora la citazione di Eliot su passato, presente e futuro. Quando l'autore parla di keynesismo militare, strumentalizzazione politica della paura e isolazionismo economico statunitense, ci offre spunti di riflessione sulla storia recente e sulla cronaca globale del momento in cui viviamo.

Berlino, 1979 (foto di Alessandro Cappi)

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