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lunes, 3 de marzo de 2025

Vita da pulp - Tutti i miei fantasmi


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi

Da un certo momento in poi, si ha la sensazione che, tra le persone che hanno avuto importanza nella nostra vita, siano molte di più quelle ormai trasmigrate nell'aldilà. La questione non riguarda solo la propria famiglia, ma anche coloro che incontriamo lungo la strada ed eleggiamo a nostri maestri o compagni di viaggio.
Dal 2017 la campana sta suonando con allarmante frequenza. Lo notava già Andrea G. Pinketts, prima che lui stesso se ne andasse nel 2018: aveva da poco inaugurato una serie di video su YouTube e si trovava a snocciolare necrologi. Da allora la falce ha continuato a mietere gioiosa così tante persone cui ero affezionato, che in alcuni casi mi è capitato di scoprirne la scomparsa con mesi o addirittura anni di ritardo. L'aspetto inquietante è che mi capitano di continuo sotto gli occhi fotografie in cui il solo oggi ancora vivo sono io. Io, con tutti i miei fantasmi di cui coltivare la memoria.
Ne parlavo qualche anno fa con Aldo Lado, il regista e scrittore scomparso nel 2023: per lui (classe 1934) era una questione "generazionale" e ironizzava sul fatto che qualcuno lo intervistasse su certi vecchi film solo perché era l'unico superstite tra chi ci aveva lavorato. Ci si mette di mezzo anche la sensazione che il tempo scorra con sempre maggiore velocità: a volte mi rendo conto che, dall'ultima volta che ho parlato con una persona può essere trascorso un decennio, mentre a me sembra proprio ieri.

Proprio ieri, invece, mi è giunta la notizia della morte di una delle tante persone cui devo qualcosa: non una figura "pubblica" anche se suppongo che, trattandosi di un'insegnante, in parecchi la ricordino. Il suo nome è Tatiana Pedrotti e, tra il 1980 e il 1983, la ebbi come professoressa di italiano e latino al Liceo Einstein di Milano - ai tempi chiamato affettuosamente "il lager" - nella Sezione D. (Non è un caso se in alcuni miei romanzi compare una "Sezione D", anche se di tutt'altro genere.) Molti suoi studenti le sono rimasti legati negli anni ed è capitato più volte che ci trovassimo a casa sua per festeggiarne il compleanno: era nata il giorno palindromo 13/1/31. 
Con lei, a dire il vero, non avevamo avuto vita facile: come molti suoi colleghi all'Einstein, il voto più alto che assegnava era più o meno il 6, andando a scalare. Per questo fu indirettamente responsabile di una delle tante situazioni spiacevoli con i miei genitori, per i quali ogni scusa era buona per generare un deprimente clima punitivo, in modo da perpetuare il senso di inadeguatezza esistenziale in cui loro stessi erano stati allevati (poi non stupitevi se uno evita di avere figli).
Un venerdì di terza liceo, anziché starmene rinchiuso in casa a studiare come ogni pomeriggio, ero andato a vedere un film; il giorno dopo, all'ultima ora del sabato, "la Pedro" decise di interrogarmi e per una volta neanche la mia parlantina mi permise di arrivare al 6; sicché il resto del fine-settimana in famiglia fu dominato dal processo e dalla condanna per la mia trasgressione cinematografica. La verità era che a) non avrei preso la sufficienza nemmeno se fossi rimasto in casa a studiare b) ero andato a vedere un film di James Bond, personaggio cui anni dopo mi sarei dedicato come traduttore, saggista e persino editore, quindi c) avevo fatto benissimo ad andare al cinema, così come a coltivare tutti gli interessi che mi hanno permesso di campare fino a oggi.

Al contrario, "la Pedro" mostrava una mentalità molto aperta. Si potrà discutere sui suoi criteri di assegnazione dei voti, ma non sulle sue modalità di insegnamento, che invitavano a coltivare analisi, spirito critico e ironia. Tutto questo fu sempre più evidente quanto più ci si avvicinava alla maturità. Dopo la fine del quinto anno scolastico offrì addirittura, a chi fosse interessato, sessioni gratuite di "allenamento" all'esame, per le quali ci trovavamo in una saletta al pianterreno del liceo. Non è cosa da poco che un'insegnante lavori fuori stagione e fuori servizio, non pagata, solo per il bene dei propri allievi. Fu quell'ultima fase a cementare un'amicizia che andava oltre il normale rapporto tra docente e studenti.
Sono sicuro che parte della mia metodologia lavorativa derivi da lei e non escludo che la mia disponibilità - nei limiti del possibile - nei confronti di autori e autrici che considero un po' "miei allievi" sia figlia del suo esempio. Tutto questo non elimina un mio difetto di fondo: non mi rendo conto del passare del tempo e, sotto sotto, continuo a credere che siano trascorsi pochi anni da quando ho finito il liceo e che certe persone abbiano ancora tanto da vivere.
Tuttavia, a mia insaputa, forse sono già abbastanza vecchio da pensare che, quando si saranno estinti quasi tutti coloro che affrontano la vita con intelligenza e senso critico, resteranno perlopiù quelli che, credendosi infallibili, combinano solo disastri. Non mi sentirete dire "Dove andremo a finire?", ma solo perché in questi ultimi tempi ci siamo già finiti.

(Immagine realizzata con AI)

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una settantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. Presiede la giuria del Premio Torre Crawford ed è membro di IAMTW e World SF Italia.

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