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martes, 16 de enero de 2024

Vita da pulp - Biancaneve e gli 007


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Si è sollevata di recente una polemica sul sessismo nelle fiabe, in quanto riflesso di una cultura maschilista e patriarcale. Aldilà dell'ironia con cui presumo siano state fatte le affermazioni di partenza, il discorso potrebbe essere ampliato: l'intera letteratura, orale e scritta, e nell'ultimo secolo le sue trasposizioni mediatiche sono lo specchio della mancata uguaglianza delle donne dall'antichità ai giorni nostri. Potremmo dire che è stata la Storia a essere sessista. Noi possiamo e dobbiamo cambiare il presente e il futuro, ma non il passato. E non è il caso di rifiutarne le testimonianze. perché a volte la lettura di un testo che riflette la condizione della donna (o di altre "categorie" penalizzate) in una certa epoca, ci fa prendere coscienza di cosa accadesse davvero, senza edulcorazioni e senza falsità. La rimozione aiuta invece a ripetere gli stessi errori.
Il mondo non è mai stato bello. Fino a non molto tempo fa - ma in molti posti lo è tuttora - il ruolo della donna era quello di moglie, madre e serva, che tutt'al più affiancava l'uomo come lavoratrice nei campi, poi in fabbrica, o si dedicava ad attività ritenute "femminili". Le uniche eccezioni erano le donne appartenenti a classi superiori, che potevano talvolta condividere privilegi maschili, anche se in molti casi erano costrette a ritirarsi in convento o a subire matrimoni di convenienza: ad alto livello, d'accordo, ma con modalità non diverse da quelle che toccavano ad altre spose più o meno bambine. Va ricordato poi, come avviene ancora oggi in molti paesi, che spesso il ruolo di monarca passava solo al primogenito di sesso maschile: le donne a volte erano escluse dalla politica anche nelle famiglie reali. Ricordiamo oltretutto che in Italia le cittadine hanno potuto esercitare il diritto di voto per la prima volta il 2 giugno 1946, quasi ottant'anni fa: un battito di ciglia in una Storia plurimillenaria.
All'uomo toccava il ruolo di guerriero e cacciatore, quindi a lui e solo a lui l'addestramento all'uso delle armi. Non esisteva peraltro un servizio civile sostitutivo per chi non volesse andare in guerra ad ammazzare gente. Ciò comportava anche che, qualora gli uomini non fossero stati precedentemente sbudellati o mutilati in combattimento, considerassero le donne (e all'occorrenza i bambini) dei territori conquistati come preda da stupro... e potrei parlare anche al presente, dal momento che purtroppo questa regola viene seguita tuttora. Detto fra noi, mi sembra un modello esistenziale orrendo per entrambi i sessi, basato su abuso, sfruttamento, sopraffazione, violenza, morte e, appunto, guerra. Ma, ribadisco, non possiamo cambiare la Storia e soprattutto è assurdo pensare di alterarne le testimonianze. Semmai è necessario creare modelli differenti per il presente, sperando di riuscire a diffondere una nuova mentalità per il prossimo futuro.

La Storia, con tutti i suoi incancellabili orrori, si rispecchia nella letteratura e nei suoi derivati. Perché nella narrativa prevalgono gli eroi di sesso maschile, fin dai tempi delle mitologie arcaiche? Perché erano gli uomini a combattere e ad avere a disposizione spade, archi, fucili e cannoni. Solo alcune dee, come Artemide, erano associate alle armi. Se pensiamo alle Valchirie nella mitologia norrena, benché spesso rappresentate con elmo e lancia su cavalli alati, in origine avevano solo il compito di recuperare i caduti sul campo di battaglia per condurli al Valhalla: un'agenzia viaggi post mortem. Delle Amazzoni, le donne guerriere della mitologia greca, si dice che fossero sottoposte nell'infanzia all'ustione della ghiandola mammaria destra per inibire la crescita del seno, in modo da favorire l'impiego dell'arco; secondo Virgilio, la mammella era soltanto compressa da una fascia e in ogni caso le Amazzoni erano preferibilmente raffigurate nude e senza mutilazioni. Ma la simbologia è evidente: per diventare guerriere dovevano rinunciare a parte della loro femminilità, quantomeno a quello che veniva considerato il ruolo "sociale" della donna. Significativo, in ogni caso, che su quel mito si basi la prima figura femminile nella categoria dei super-eroi a fumetti, Wonder Woman, apparsa nel dicembre 1941.
Ma le fiabe, ricavate talvolta da una tradizione orale arcaica e codificate in varie edizioni tra il Seicento e l'Ottocento, testimoniano l'epoca in cui sono state scritte, così come del resto le loro classiche versioni disneyane, basate su adattamenti che ne limavano gli aspetti più inquietanti di violenza, cannibalismo od occasionale necrofilia. Stiamo parlando in particolare di storie incentrate su donne giovanissime o bambine e bambini, ossia le categorie più vulnerabili.
Limitamoci però alle donne. Biancaneve e le sue colleghe, in pericolo, devono essere salvate. Perché non possono cavarsela da sole e deve intervenire un cacciatore, un cavaliere, un principe, quindi una figura esterna e maschile? Perché si tratta di un uomo addestrato all'uso delle armi, mentre la protagonista cercava di sopravvivere senza avere strumenti e nozioni per difendersi: Biancaneve non poteva impugnare un'arma automatica come una moderna eroina di action movies. Perché di solito il lieto fine corrisponde alle nozze con il Principe Azzurro? Perché erano i nobili a detenere potere e ricchezza, dunque un matrimonio opportuno era l'unico tipo di ascensore sociale. E perché sono frequenti le antagoniste femminili, matrigne, sorellastre o regine-streghe che siano? Perché in una società a dominio maschile una donna più giovane poteva rappresentare una pericolosa concorrente e sottrarre i pochi privilegi duramente conquistati: mors tua, vita mea. L'accesso a privilegi potenzialmente negati è del resto il movente di parecchie dark ladies della narrativa noir.

Certo: quando si legge una storia di avventure del passato, anche recente, è probabile che sia l'eroe di turno a salvare la damigella in pericolo... e non viceversa. Tuttavia da oltre mezzo secolo a questa parte (si guardino i recenti film di Diabolik, basati su storie a fumetti degli anni Sessanta) può anche capitare che sia l'eroina a salvare l'uomo. Per citare di nuovo Wonder Woman, nei telefilm anni Settanta era lei a dover soccorrere in ogni episodio lo sventurato Steve Trevor, rovesciando lo stereotipo. Ma, sessismo a parte, si potrebbe accusare di razzismo tutto ciò che mostra le varie etnie nel ruolo effettivo che avevano nelle diverse società nel periodo di ambientazione. Solo che quello non è razzismo, è rispetto della realtà, per quanto questa non ci possa piacere.
La soluzione quindi non è dare alle fiamme, per nominare alcuni film criticati negli ultimi anni, Biancaneve e i sette nani, Via col vento od Operazione Tuono. Del resto James Bond, nella versione cinematografica di Sean Connery, piaceva alle donne degli anni Sessanta proprio per il suo atteggiamento da macho: era quasi una scelta di marketing, dato che rappresentava una modifica rispetto al personaggio nei libri. Ho idea che cancellare qualcosa che è stato scritto o filmato in passato sarebbe solo un ennesimo pretesto per stimolare l'ignoranza in un'epoca in cui uno dei problemi maggiori è l'estinzione della memoria storica... anzi, ormai anche della memoria breve. La soluzione non è nemmeno prendere in mano un libro di settant'anni fa e riscriverlo con la presunzione di adeguarlo ai tempi, come capita oggi ai romanzi di 007 di Ian Fleming. Sono testi che riflettono il linguaggio di un'epoca in cui certe parole avevano una valenza completamente diversa. In ogni caso, se io scrivo ora una storia realistica ambientata anche solo nello scorso decennio, non posso impiegare termini, concetti e realtà che ancora non esistevano.
Il che non ha vietato di introdurre la guerriera Red Sonja nell'universo fantasy a fumetti di Conan il Barbaro, di creare una Biancaneve più combattiva in chiave dark fantasy come quella del film Biancaneve e il cacciatore (2012) o di affiancare il James Bond cinematografico a colleghe "femministe" dal 1977 in poi. Né ha impedito la nascita nel tempo di tutte le donne protagoniste di storie d'azione come Modesty Blaise o, mi permetto di dire, le mie Nightshade e Sickrose, che ormai hanno entrambe vent'anni di pubblicazioni. Tutto va visto nella chiave dell'epoca in cui è stato generato e nella società che riflette, il che richiede però, intelligenza, cultura e memoria. Se qualcosa non ci piace perché certi problemi persistono nei nostri tempi, sono i nostri tempi quelli che dobbiamo cercare di cambiare.

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

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