Riflessioni di un celebre scrittore ignoto, di Andrea Carlo Cappi
Se siete autori o autrici pulp, inventare storie vi viene spontaneo. Con letture, studio, applicazione e una continua autocritica, potete maturare la capacità di scriverle in modo adeguato. Ma la parte più difficile è far sì che il mondo si accorga della vostra esistenza. E, se ciò avviene, che non se ne dimentichi subito dopo.
Primo, perché in Italia da sempre anche gli analfabeti vogliono diventare scrittori, ingolfando le case editrici di testi da esaminare. In quanto ignoranti, non sanno che scrivere non è così facile, né che farlo non comporta fama e ricchezza.
Secondo, perché nel momento in cui svelate a editori e media che scrivete pulp, è come se foste incappucciati a un raduno del Ku Klux Klan che si scoprono il volto e mostrano di essere neri.
Quando decisi che avrei messo in atto il mio piano di diventare scrittore-traduttore, non conoscevo nessuno nel mondo dell’editoria, non avevo canali privilegiati per far leggere un mio dattiloscritto tra mucchi di migliaia di dattiloscritti. Sapevo solo che quanto scrivevo poteva interessare alla redazione dei periodici Mondadori. Non dimenticate però che fin dall’età di sei anni il mio ispiratore era James Bond. Nell’estate del 1988 trovai l’agente segreta di cui avevo bisogno: una bellissima ragazza che per puro caso lavorava alla Mondadori, anche se non negli stessi uffici. Ma grazie a lei ottenni una prova di traduzione per Il Giallo Mondadori e lasciai un mio dattiloscritto in lettura a Segretissimo. Non ero certo un raccomandato: i tempi di risposta restavano lunghi, ma non geologici.
Con la traduzione non me la cavai male, ma non fui giudicato particolarmente interessante. Il romanzo ebbe invece buoni giudizi: lo lessero persino Mario Morelli, traduttore di Gérard De Villiers e autore a sua volta, e Stefano Di Marino, che stava per diventare il massimo autore di spy-story in italia. La mia storia di spionaggio fu persino considerata per una pubblicazione, anche se dopo oltre un anno mi arrivò una risposta negativa. In effetti, con il senno di poi, posso dire che ancora non ero pronto e che il libro avrebbe richiesto troppo editing. Quantomeno l’esperienza mi fu utile come esercizio e scoprii che Gian Franco Orsi, mitico direttore dei periodici Mondadori, è una persona di rare serietà e cortesia.
Il problema era che avevo avuto la mia occasione e non avevo avuto successo. Per la mia famiglia, ciò significava che stavo perdendo il mio tempo: avrei dovuto abbandonare certe distrazioni e completare gli studi. Purtroppo a quell’epoca per laurearsi all’università che frequentavo, pur studiando giorno e notte, i più brillanti impiegavano un decennio e io non ero tra quelli. Mi trovai arenato, senza un soldo, senza tempo libero e senza vie d’uscita. A salvarmi sarebbe stata proprio l’ostinata determinazione a diventare uno scrittore pulp, ma questo ve lo racconto un’altra volta.
La questione di oggi è la necessità di dimostrare la propria esistenza, una guerra che comincia quando nessuno ci conosce e che continuerà per sempre. La situazione non cambia dopo che avete pubblicato qualche racconto, un romanzo o tre. E non mi riferisco a uscite presso piccoli editori coraggiosi ma poco visibili, né tantomeno (assolutamente!) agli editori a spese dell’autore. Se non vi capita di diventare fenomeni editoriali di cui tutti parlano ogni giorno sui mezzi di informazione - preferibilmente nazionali - non pensate mai di essere arrivate o arrivati.
Uno degli equivoci più tristi di cui ho visto parecchie volte vittime autrici e autori alle prime armi riguarda una certa clausola del contratto del primo libro: l'editore esige di visionare le vostre opere successive, che non dovrete proporre a nessun altro. Questo non significa che l'editore sia interessato al vostro secondo libro. Semplicemente si tiene la possibilità di pubblicarvelo, qualora il primo abbia avuto successo. Ma l'editore non fa il minimo sforzo perché il vostro primo libro abbia successo.
Pertanto, quando vi presentate sorridenti con il vostro secondo libro, all'editore non interessa più. La clausola aveva senso ai tempi in cui una casa editrice cercava di costruirsi una scuderia di autrici e autori da far crescere, evitando però che poi arrivasse un concorrente più grosso che glieli portasse via. Ciò non capita quasi più. Quindi, se non siete diventati/e per miracolo una macchina per fare soldi, dopo un'attesa inutilmente lunga il vostro secondo libro sarà rifiutato. E vi troverete a cercare un altro editore, ricominciando da capo.
La verità è che, anche se avete pubblicato presso un grosso marchio, il mondo editoriale non aspetta altro che liberarsi di voi una volta per tutte. C'è troppa gente che scrive o cerca di farlo, occorre fare spazio e chi non vende a sufficienza viene eliminato. È per questo che, se vuole sopravvivere, lo scrittore - pulp o non pulp - dovrà diventare anche altre cose.
Continua...
Immagine: A. C. Cappi in una foto di S. Di Marino
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.
7-Se sapeste cosa c'è dietro...
8-Al buio gli scrittori sono neri
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