Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi
Ho dedicato gli articoli precedenti, Scuola di spie e Questione di intelligence, all’importanza della spy story, alle sue origini e ai suoi legami con la realtà, notando l'attuale scarsa percezione del pubblico italiano sull’argomento. Eppure da noi meglio che altrove si dovrebbe sapere che un certo tipo di letteratura avventurosa, diciamo pure "di azione", a volte spiega persino i retroscena di situazioni reali.
Per almeno tre generazioni di lettrici e lettori i romanzi di Emilio Salgari rappresentarono il primo incontro con la narrativa... e tengo a precisare anche "lettrici", perché un certo tipo di letteratura non era ancora considerata "roba da maschi". Molti suoi libri di avventura esotica di ambientazione a lui contemporanea, benché nati a puro scopo di intrattenimento, erano un riflesso della realtà internazionale del periodo, dalla Malesia al Sudan. Noto anche al di fuori dei confini italiani, con la componente di denuncia che talvolta lo caratterizzava influì su parecchia letteratura in lingua spagnola e persino sulle gesta rivoluzionarie di un celebre argentino di cui non posso fare il nome, perché su alcune reti sociali fa scattare una censura immediata.
Ebbene, Salgari fu un antesignano della moderna spy-story d'azione, in cui come nei suoi libri si uniscono avventura ed esotismo. Non a caso il maggior autore italiano di narrativa popolare (e di spionaggio in particolare) a cavallo del XX e del XXI secolo, cioè Stefano Di Marino. gli fu paragonato più volte.
Ma, partendo dalla tradizione del feuilleton e miscelandola con suggestioni dal poliziesco americano degli anni Trenta-Quaranta, fu soprattutto la scuola spionistica francese a definire la formula più efficace per una serie di romanzi di spionaggio: identificare situazioni di tensione nella cronaca internazionale e ambientarvi una storia più o meno avventurosa. Una metodologia che, seguendo il flusso della realtà, fornisce un’infinità di spunti a un autore seriale. Il creatore del filone è Jean Bruce con OSS 117, misteriosamente divenuto "OS 117" nella versione italiana con cui nel 1960 venne lanciata la collana Segretissimo. Il personaggio apparve nel dopoguerra, anticipando di qualche anno l'agente 007, e avrebbe avuto svariati adattamenti cinematografici, tra cui le recenti versioni parodistiche con Jean Dujardin. Bruce traeva ispirazione dall'hardboiled, ossia quel filone del pulp che da noi sarebbe stato chiamato "giallo d'azione", ma a suo modo anche dai moschettieri di Dumas
Il James Bond 007 letterario di Ian Fleming (cui, dopo Roald Dahl, tocca in questi giorni il revisionismo "politicamente corretto") ebbe di sicuro grande importanza, anche per il valore intrinseco di alcuni suoi romanzi. Come notava Umberto Eco, nei libri di Fleming le pagine di azione erano improvvise, di breve durata e per questo molto efficaci. Lo scrittore ebbe solo una dozzina di anni di pubblicazioni spionistiche: dal 1953 con l'uscita del primo libro al 1965 con la pubblicazione dell'ultimo romanzo, uscito postumo mentre scoppiava la Bondmania cinematografica. Ma bastò a generare sia una legione di epigoni avventurosi su entrambi i lati dell’oceano (alcuni memorabili. anche se oggi dimenticati), sia per contrasto una corrente di spy-story più realistica, con Len Deighton e John Le Carré. Da notare che Bruce, Fleming e Le Carré, come del resto William Somerset Maugham e Graham Greene, avevano realmente lavorato nello spionaggio prima di scriverne. Ne parlerò in un articolo successivo.
Ma l’autore di spy-story dal maggior successo commerciale nel mondo intero fu e rimane l'ex giornalista Gerard De Villiers, con i duecento romanzi della serie S.A.S. (nessun legame con i corpi speciali britannici SAS) tuttora in ristampa da Segretissimo in una collana cronologica. I suoi libri contenegono una quota di azione e una forte componente erotica, inserita per un chiaro intento commerciale e divenuta ancora più esplicita dagli anni Ottanta, ma non estranea al vero mondo delle spie, come spiegavo nell'articolo precedente. L'aspetto più significativo è che De Villiers seguì con lucide analisi mezzo secolo di storia contemporanea. Perciò veniva letto con attenzione non solo dal pubblico di massa in cerca di thriller, ma anche da persone di cultura media o alta senza alcuna distinzione politica o sessuale (anche in questo caso, non si trattava di "roba da maschi").
La narrativa spionistica quindi non consiste solo in un collage di scene d’azione ricalcate dai film di James Bond 007 o Mission: Impossible. Lo 007 dello schermo ha aggiunto glamour, azione e fantatecnologia alle storie originali di Fleming, a volte trasformandole, a volte stravolgendole. Mission: Impossible nacque in tv negli anni Sessanta sull’onda del successo dei film di 007, applicando elementi fantasiosi e fantatecnologici a contesti di spionaggio e criminalità internazionale pressoché realistici; nella sua ripresa cinematografica si caratterizza invece con l’innesto di sequenze acrobatiche “impossibili”. Nulla da dire sull’intrattenimento (dico la verità: non me ne perdo uno!) Ma fino a trent’anni fa le cronache della Guerra Fredda permettevano al grande pubblico di comprendere che quel tipo di spy story era solo una versione fantasiosa e spettacolarizzata dell’argomento.
Lo spionaggio vero, lo sappiamo, assomiglia perlopiù ai romanzi di Le Carré o Deighton, tra i pochi in grado di mantenere desto l’interesse del pubblico pur raccontando di indagini sottili e sfumature impercettibili... ma questo non esclude che possano verificarsi anche nella realtà situazioni che somigliano davvero a scene da action movie. Quindi è più che legittimo che la variante più diffusa della letteratura spionistica, alta o bassa che sia, tenga agganciati alla pagina anche con un senso di avventura.
Dunque, azione o non azione? Autore anche di preziosi testi di scrittura creativa, uno dei quali dedicato proprio alla narrativa di spionaggio, Stefano Di Marino amava sottolineare l'importanza di una miscela equilibrata tra action e spycraft, ovvero le tecniche di chi opera realmente nel mondo dei servizi segreti. Non a caso è stato per oltre venticinque anni, al pari di De Villiers, una delle due colonne della collana Segretissimo, dalla quale il pubblico si aspetta senz'altro romanzi di azione. Ma nel 2019 Di Marino diede vita per Delos alla collana in ebook Spy Game - Storie della Guerra Fredda, in cui come curatore privilegiava una linea più vicina a quella dei classici di Le Carré e Deighton. Come ci si prepari dunque per scrivere storie di spionaggio – e perché non sia così facile come si crede – sarà l’oggetto del prossimo articolo.
Continua...
(immagine: A. C. Cappi in una foto di Vittoria Maggio, 1997)
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Per Delos Digital cura la collana in ebook Spy Game.
No hay comentarios:
Publicar un comentario