"Ama, ama follemente, ama più che puoi e, se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente." (William Shakespeare)
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sábado, 29 de agosto de 2020
Puro amore, Bellinzona 5/9/2020: videoinvito
Il video-invito di Fabio Vigano alla presentazione del suo nuovo libro Puro amore/Pure Love sabato 5 settembre alle ore 20.00 a Bellinzona, per Internet Café... Letterario presso L'Officina Informatica, via San Gottardo 8.
jueves, 27 de agosto de 2020
Vita da pulp - Una testa piena di gente
Riflessioni di un celebre scrittore ignoto, di AndreaCarlo Cappi
Ogni tanto, nell’ambito della narrativa e della fiction in generale, si parla di appropriazione culturale, intendendo per esempio che chi ha un certo colore od orientamento sessuale non dovrebbe trattare personaggi diversi da sé, perché non sono di sua spettanza. Per quanto riguarda la scrittura, sarebbe come imporre di raccontare solo di personaggi tutti uguali a ciascuno di noi, cloni di noi stessi, che parlano e agiscono tutti allo stesso modo.
Immaginate la noia.
Ebbene, per chi si dedica alla narrativa, il Disturbo da Personalità Multipla non è un disturbo, ma una necessità. La sua testa – parafrasando il titolo italiano del libro di Daniel Keys su un celebre caso di MPD – è e dev’essere piena di gente.
Quindi secondo me, più che di appropriazione, bisognerebbe parlare di identificazione culturale. È inevitabile, del resto: chi scrive non può non identificarsi con i singoli personaggi. O, quantomeno, io non posso farne a meno, tanto con i protagonisti quanto con i personaggi secondari e terziari, uomini e donne che siano. E, aggiungo, tanto con quelli che ho inventato io quanto con quelli provenienti dagli universi di Martin Mystère o di Diabolik, su cui ogni tanto ho il piacere di lavorare.
Per esempio, è sempre molto gratificante per me ricevere da donne recensioni positive sia per i romanzi con le mie protagoniste ricorrenti, sia per quello in cui l’eroina è Eva Kant, ovvero una donna ideata da due donne, che segnò una svolta radicale nel fumetto italiano. Ma ho anche ricevuto apprezzamenti, in veste di traduttore, per il mio lavoro sui romanzi di Janet Evanovich con protagonista Stephanie Plum, editi da Salani; questo malgrado la convinzione altrove strisciante che un uomo non possa tradurre una donna che racconta di una donna.
Sarà che, per un certo periodo della mia vita nel mondo dell’editoria, sono stato anche una donna. Accadde più di venticinque anni fa: per guadagnare qualche soldo sfruttando ciò che so fare, mi proposi come traduttore a una nota casa editrice indirizzata a un pubblico femminile, ma non mi venne data la possibilità di fare una prova. Forse perché ero di sesso maschile? Il sospetto di essere stato vittima di una vaga, appena percettibile discriminazione è confermato biecamente dal fatto che di lì a poco mi ricandidai sotto mentite spoglie, inviando al mio posto una controfigura femminile. A lei venne subito offerto un test di traduzione (che feci io) e il conseguente ingaggio.
Così per un bel po’ fui un’apprezzata e richiesta traduttrice, anche se a presentarsi in redazione non ero mai io, che facevo il lavoro nell’ombra. Appropriazione culturale? Nel caso, non solo la mia grave colpa è caduta in prescrizione, ma ho riequilibrato io stesso la bilancia: quando anni dopo è capitato a me di assegnare traduzioni di libri (anche di autori e con protagonisti di sesso maschile) non ho mai avuto problemi ad affidarle a donne. Semplicemente, perché erano qualificate per farlo.
Avete presente il Metodo Stanislawskij, secondo cui un attore o un’attrice devono raggiungere il massimo livello di affinità con i personaggi che interpretano? Vale anche per la scrittura (e persino, quando possibile, per le traduzioni). Se nello scrivere entriamo non solo nei panni, ma anche nella fisicità, nelle percezioni, nei pensieri dei personaggi, non solo potremo renderli meglio sulla pagina, ma sarà più credibile tutto quello che raccontiamo, perché lo staremo vivendo con loro. Non a caso, uno dei miei personaggi si chiama Antonio Stanislawsky.
Un altro mio personaggio, che si fa chiamare Toni Black, ha la pelle nera, ed è più alto e più giovane di me di quindici anni. Fisicamente siamo diversi, ma quando scrivo di lui, ebbene, io ho la pelle nera, sono più alto e sono più giovane di quindici anni. Appropriazione culturale? Non direi proprio: Toni Black è uno dei miei personaggi più autobiografici, abbiamo parecchie esperienze in comune, comprese alcune che normalmente non si attribuiscono a un bianco. D’altro canto, se più bianchi riuscissero a vedersi anche come neri, se più uomini riuscissero a pensare anche come donne, o etero come gay (e viceversa per tutte le categorie citate, beninteso), forse molte cose che deploriamo nel mondo di oggi... non accadrebbero.
Ho idea che l’identificazione culturale andrebbe insegnata nelle scuole. Ma temo che gli scrittori pulp polivalenti non siano accreditati per dare suggerimenti sull’educazione civica.
Continua...
Immagine: A. C. Cappi nella rielaborazione di una foto di Chiara Cadeddu
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.
7-Se sapeste cosa c'è dietro...
8-Al buio gli scrittori sono neri
¡Cerrado!
Cerrado n.0 Paradise Delayed (ph. A. C. Cappi) |
Fotografie e articolo di Andrea Carlo Cappi
C'era una volta nel Mediterraneo un luogo di vacanza elegante ma poco costoso e fiorente tutto l'anno: l'area di Palmanova e Magalluf, Costa de Calvià, sull'isola di Maiorca, Spagna. Ci ho messo piede per la prima volta nel 1973, ci ho vissuto e lavorato a lungo, per cui ne conosco le realtà, le apparenze e almeno in parte i retroscena. In questi ultimi anni ne ho parlato nei miei video della serie Magalluf Italian Style e nei miei racconti e romanzi con Toni Black. Nell'estate 2020 la situazione dovuta al Covid e a scelte politiche internazionali che poco hanno a che fare con la salute pubblica, ma molto con singoli interessi economici, hanno reso questa zona al tempo stesso una delle più sicure del Mediterraneo e una delle più disertate dai turisti. Il risultato è che in pieno agosto il panorama di alberghi. negozi e locali somiglia a quello che si vede d'inverno e che fin quasi a metà degli anni 2000 non si vedeva mai: cerrado, closed, chiuso.
Cerrado n.1 (ph. A. C. Cappi) |
Fino agli anni Ottanta la zona di Palmanova-Torrenova-Magalluf, facente parte del municipio di Calvià, coniugava in modo equilibrato il turismo per famiglie a quello dei giovani in cerca di divertimento, con una forte presenza di britannici, tedeschi, scandinavi, francesi e successivamente anche italiani. Poi qualcuno - soprattutto nel Regno Unito - pensò di fare più soldi: una delle società in questione ha un nome che, tradotto in italiano, significa massacro. A Magalluf nacquero localacci rumorosi in cui si vendevano liquori di bassa qualità, mentre nella futura Brexitland si riempivano voli charter di ragazzotti in cerca di sbronza e sesso. La prima era facile, il secondo non saprei, date le condizioni in cui si riducevano i giovani turisti, che spesso non erano nemmeno coscienti di essere all'estero. I localacci erano perlopiù concentrati su una strada di cinquecento metri, la famigerata calle Punta Ballena, ma i media descrivevano tutta l'area di Magalluf come Sodoma e Gomorra.
Cerrado n.2 (ph. A. C. Cappi) |
Un po' alla volta Magalluf acquisì l'immagine di luogo di perdizione, sottolineata da servizi delle tv britanniche che mostravano i giovani sudditi di Sua Maestà barcollanti per le strade, innaffiati di sangria sui battelli delle booze cruise o dediti al balconing, pratica che pare abbia fatto più vittime della guerra in Afghanistan. Per non parlare delle ragazze che, stando a un video di grande successo qualche anno fa, si davano al mamading, pratica quasi altrettanto rischiosa. Per sfruttare l'alone di scandalo sessuale, si moltiplicarono anche i postriboli e la prostituzione per strada; purtroppo, in mancanza di clienti sobri, le professioniste del settore spesso dovevano dedicarsi a furti e scippi per portare a casa la cifra richiesta ogni notte dal loro gestore-padrone. Insomma i soldi facili per pochi danneggiarono gli onesti guadagni per molti.
Cerrado n.3 (ph. A. C. Cappi) |
Invano la zona si riqualificava con alberghi rinnovati, negozi graziosi, buoni ristoranti, e persino iniziative culturali, i media inglesi facevano del loro peggio per aggiornare i connazionali sulle vergognose estati di Magalluf, riprendendo i ragazzi ubriachi in calle Punta Ballena. Non che non ci fossero: io stesso, mentre lavoravo tra le cinque e le sei del mattino, li sentivo scendere in spiaggia ubriachi, urlando come ossessi a squarciagola: per i giovani inglesi dev'essere una sorta di rito di passaggio alla maggiore età. La parte più tranquilla di Magalluf cominciò persino a farsi chiamare Calvià Beach, per non essere associata all'area dello scandalo. Ma nel frattempo la pessima pubblicità si era sommata ad altri eventi.
Cerrado n.4 (ph. A. C. Cappi) |
Alla fine di luglio del 2009 l'ETA, il gruppo terrorista che reclamava l'indipendenza dei Paesi Baschi e che già in passato, per attirare l'attenzione internazionale, aveva colpito zone turistiche spagnole, fece saltare in aria un Nissan Patrol della Guardia Civil (l'equivalente dei Carabinieri) nei pressi della caserma di Palmanova, facendo le sue ultime vittime. Nei giorni successivi altre bombe furono collocate nei bagni di ristoranti nel capoluogo, Palma di Maiorca, anche se la polizia fu avvisata per tempo e poté evacuare i bersagli e disinnescarle. Ma l'obiettivo era stato ottenuto: quell'estate il turismo in tutta l'isola subì un grave danno. Le spiagge erano deserte. Per la prima volta nell'estate di Magalluf regnava il silenzio. Si sarebbe detto che l'ETA fosse stata pagata da località di mare concorrenti. Fu l'ultima stagione di sangue e tritolo per i terroristi baschi: di lì a poco il governo Zapatero riuscì ad avviare un processo di pace che portò alla dissoluzione della banda armata dopo decenni di sangue.
Cerrado n.5 Ghosts of summer past (ph. A. C. Cappi) |
Negli ultimi anni la maggior parte dell'attività si era concentrata soprattutto sull'estate. Con il calo del turismo del 2009, dovuto alla crisi globale oltre che alle bombe, d'inverno restavano solo le offerte speciali per i pensionati spagnoli. Molti alberghi e locali che tenevano aperto tutto l'anno presero l'abitudine di chiudere tra novembre e marzo, perché proseguire l'attività in carenza di clienti risultava troppo costoso. E così, per cinque mesi all'anno, compreso il periodo di Natale un tempo molto redditizio, Magalluf diventava una città morta, a dispetto dei numerosi residenti quasi fissi: personale di alberghi e negozi, ma anche pensionati britannici che ormai vivono qui.
Cerrado n.6 Bar with no drinks (ph. A. C. Cappi) |
Da maggio-giugno ripartiva la giostra ed ecco che i media del Regno Unito si cibavano nuovamente di nefandezze giovanili a Magalluf, subito riprese dai media italiani per sconsigliare di frequentare certi luoghi proibiti (ovverosia: concorrenti delle spiagge della Riviera Adriatica). Ma, approfittando del mito negativo, ci si è messo persino un giallista svedese, tale Mons Kallentoff, con un thriller di routine in cui a una sedicenne di Stoccolma bastano poche ore di vacanza in questa perfida località per ubriacarsi, consumare droghe, essere rapita da un'organizzazione criminale e finire violentata e uccisa. Ovviamente nessuno ha mai parlato di cosa accadesse al di fuori di calle Punta Ballena: niente, a parte gente normale in vacanza al sole. Ma la quiete non crea scandalo e non fa notizia.
Cerrado n.7 Shadows of forgotten ice-creams (ph. A. C. Cappi) |
Ed ecco che arriviamo all'estate del Covid. A Maiorca e in tutte le Baleari i casi non sono stati numerosi come invece nel resto della Spagna: la vigilanza sugli arrivi da porti e aeroporti era altissima già da fine gennaio, quando in tutto il resto d'Europa tutti si credevano immuni e sicuri. Per dare un'idea, in tutto l'arcipelago a metà agosto i casi totali dall'inizio della pandemia erano circa 4200, contro gli oltre 38.000 dell'Emilia-Romagna. Alcuni paesi si sono accorti che Baleari e Canarie erano destinazioni sicure e hanno imposto un cordone sanitario solo ai passeggeri proveniente dalle aree della Spagna peninsulare realmente a rischio; la Germania ha deciso solo di recente, non si sa in base a quale ragionamento (una corposa bustarella dalle Canarie?) che le Baleari erano improvvisamente pericolose, comportando la chiusura dal 26 agosto di 144 alberghi nella sola Maiorca. Ma Boris Johnson ha deciso già da inizio estate di imporre la quarantena obbligatoria a tutti i britannici di ritorno dall'intera Spagna, ben sapendo quante sterline i suoi connazionali fossero soliti spendere qui. La mia anziana vicina di casa inglese preferisce tuttavia restare al sicuro a Magalluf e tenersi alla larga dai pericolosi focolai dell'area di Birmingham.
Cerrado n.8 Distant light of the five stars (ph. A. C. Cappi) |
Alberghi, negozi e locali hanno dovuto fare i conti: parecchi gestori hanno deciso di non aprire, per non affrontare spese superiori ai guadagni; altri hanno aperto in ritardo o solo qualche giorno alla settimana. Inoltre, dopo un cauto tentativo a metà luglio, nelle zone più a rischio (per esempio su calle Punta Ballena a Magalluf) sono stati chiusi per decreto tutti i locali pubblici che non potessero garantire sicurezza anche all'esterno. Purtroppo ci sono andati di mezzo anche alcuni bar e ristoranti tranquilli e sicuri, ma vicini alla strada dello scandalo. Quindi quest'anno niente inglesini ubriachi... e devo dire che non ne sento la mancanza.
Cerrado n.9 Wood and ropes (ph. A. C. Cappi) |
La manovra più sospetta è stata quella del Governo italiano: in prossimità di Ferragosto tutte le località estere scelte dagli italiani come destinazione per le vacanze sono state classificate a rischio, con obbligo di tampone al ritorno e quarantena in attesa dell'esito. Vale per Grecia, Malta, Croazia e tutta la Spagna: non solo le zone a rischio sulla penisola iberica, ma anche Baleari e Canarie, ben più sicure di molte località turistiche in patria. La Sardegna, per dirne una. Così molti italiani hanno dovuto annullare viaggi prenotati da tempo, per non rischiare attese in clausura di almeno una settimana per poter dimostrare ufficialmente di non essere contagiati. Oltre al vantaggio di far spendere i soldi agli italiani in Italia, non va dimenticato che queste località estere sono in genere servite da voli diretti di compagnie come EasyJet e RyanAir, i rivali low-cost dell'Alitalia. E la nostra compagnia di bandiera, un tempo gloriosa, da anni e anni viene tenuta in vita artificialmente con iniezioni di denaro pubblico e concorrenza sleale. Diciamo la verità: se non esiste un Grande Complotto del Coronavirus, ci sono in ogni caso i complottini di chi cerca a tutti i costi di guadagnare qualcosa approfittando della situazione.
Cerrado n.10 Lost god of the beach bar (ph. A. C. Cappi) |
E alla fine questo è proprio l'anno in cui per molti è valsa la pena di venire in vacanza a Magalluf, silenziosa, rilassante e sicura. Certo, il mio locale preferito, la mia casa lontano da casa, cioè El Ultimo Paraiso, è rimasto chiuso e i miei amici che lo gestiscono hanno perso un'intera stagione, così come molti altri sull'isola. Ma spero che Magalluf sopravviva e che continui sulla strada di un turismo non solo privo di Covid, ma anche di chiassosi inglesini ubriachi.
Cerrado n.11 Silence in the stereo temple (ph. A. C. Cappi) |
viernes, 21 de agosto de 2020
Internet café... letterario - Bellinzona
Bellinzona, Canton Ticino, presso L'Officina Informatica (via San Gottardo 8), sabato 5 settembre 2020, ore 20.00, Internet Café... letterario, con le presentazioni di Andrea vola più alto di Donatello Vegliante e di Puro amore/Pure Love, la nuova raccolta di poesie di Fabio Viganò.
Vita da pulp - Fumo negli occhi
Per un fumatore di sigari è normale mantenersi lontano dagli altri. Lo era già prima che si parlasse di distanziamento sociale, anche perché se non si distanzia lui, lo fanno loro, di norma bofonchiando imprecazioni. Ora qualcuno però approfitta delle misure anti-Covid per proporre divieti di fumare all’aperto, anche per strada e a distanza di sicurezza (N.d.R. Questo articolo è stato scritto in Spagna nell'agosto 2020). Ha una sua logica: la differenza tra, poniamo, una sigaretta e un gelato da passeggio è che per fumare bisogna togliersi la mascherina antivirus, mentre per mangiare il gelato no. O sbaglio? Non so, di solito non mangio gelati da passeggio.
In ogni caso, le persone sagge d’ogni parte del mondo temono il fumatore, specie quello di sigari. Egli emana cattivi odori, porta malattie, viene da noi a rubarci il lavoro, distrugge le foreste pluviali e buca l'ozono. È persino corsa voce che il tabacco protegga dai coronavirus: in pratica un patto col diavolo. Il fumatore è la nuova strega e, dato che ha familiarità con le fiammelle, qualcuno potrebbe passare dal proibizionismo al rogo, anche per liberarsi del surplus di accendisigari.
Sono sensibile al tema perché spesso l’autore prolifico è anche un fumatore metodico. Non è obbligatorio, beninteso, ma dubito che Georges Simenon sarebbe riuscito a pubblicare centinaia di libri se non avesse potuto fumare in pace la sua pipa. Inoltre un vero scrittore non lavora solo quando è alla sua scrivania (o qualsiasi superficie utilizzi come supporto ai suoi strumenti), ma con la sua testa scrive sempre e dappertutto.
Quando è per strada, senza bisogno di essere Jack Kerouac. O nella vasca da bagno, luogo d’ispirazione dichiarato tanto per William Somerset Maugham quanto per Agatha Christie, la quale non fumava ma mangiava mele gettando i torsoli in acqua. O a un tavolino all’aperto di un bar, situazione ideale per Andrea G. Pinketts tra un sigaro e una birra; anche se a Milano, d’inverno, rischiosa per la salute. O su una spiaggia, meglio se deserta: Ian Fleming in Giamaica ne aveva una tutta per sé.
Se l’autore prolifico è anche uno scrittore pulp, eredita la fama di essere bevitore, oltre che fumatore. Non è obbligatorio e, sia ben chiaro, non bastano alcool e tabacco per diventare pulp. Ma forse è il momento di spiegare che cosa diavolo significhi pulp, dato che è un vocabolo su cui si sprecano gli equivoci.
In origine il termine indicava la pasta di legno impiegata nella fabbricazione della carta e, da qui, la carta a basso costo su cui dagli anni Venti si stampavano negli USA le riviste di narrativa popolare. Erano nate alla fine del secolo precedente, ma in quegli anni ce n’era davvero per tutti i gusti: giallo, avventura, fantasy, fantascienza, western, sport... Tutti i generi che sarebbero presto trasmigrati nel fumetto, nel cinema, nella televisione, per arrivare fino a Netflix e Amazon Prime. Prezzi modici e larga diffusione ne fecero un fenomeno di massa, anche se pulp magazine di solito non era un complimento: come dire... cartaccia e storiacce. D’altra parte fu proprio la letteratura pulp a descrivere in presa diretta l’America negli anni del Proibizionismo, quando a essere cattivi non erano i fumatori bensì i bevitori, per la gioia del crimine organizzato cui il Governo donava una nuova e vasta clientela.
Dalle riviste pulp fantastiche uscirono autori leggendari come il signore del weird H. P. Lovecraft o il maestro della sword and sorcery Robert E. Howard, creatore tra gli altri di Conan il barbaro. Da quelle noir – o, per meglio dire, hardboiled – a partire da Black Mask emersero Dashiell Hammett, ex-detective privato che di fatto anticipò lo stile asciutto di Hemingway; Raymond Chandler, scrittore colto e fitzgeraldiano; Erle Stanley Gardner, che con Perry Mason inventò il legal thriller e con un suo romanzo evidenziò una falla in una legge dello Stato della California, facendola modificare. Chi dice che un libro giallo non possa essere utile?
Il pulp trasmigrò poi nei libri tascabili, che in Italia uscivano in edicola nei periodici Mondadori: Il Giallo, Segretissimo, Urania. Certo, Agatha Christie, l’autrice più venduta de Il Giallo Mondadori, non era pulp, nel senso che non era hardboiled. Ma nella stessa collana uscivano l’inventore del police procedural Ed Mc Bain o il maestro del romanzo criminale Richard Stark, eredi di quella tradizione. Come lo erano gli autori francesi, inglesi e americani editi da Segretissimo, che raccontavano avventurose storie di spionaggio traendo spunto dalla cronaca internazionale. In comune costoro hanno il gusto per la letteratura popolare, accessibile a tutti ma non per questo banale.
Ai racconti delle riviste hardboiled si riferiva Quentin Tarantino quando intitolò Pulp Fiction il suo celebre film costruito su storie interconnesse tra loro. Ma a questo punto nell’Italia degli anni Novanta nacque l’equivoco, alimentato dall’ottima operazione di marketing di un editore che scelse per una propria antologia un titolo provocatorio e la definizione "pulp", creando un fittizio ma vendibile movimento letterario. Da quel momento. se un autore – per esempio Andrea G. Pinketts – pubblicava storie un po’ noir, un po’ strane e un po’ violente, veniva definito pulp. Bebo Storti ne fece in tv la parodia in tempo reale con il personaggio di Thomas Prostata.
Ma il vero pulp, inteso come narrativa popolare, è un’altra cosa. Spesso coincide con una grande prolificità, perché diventa uno stile di vita. Se possibile, l’autore cerca di farne il proprio lavoro o la propria attività principale. Non scrive per diventare ricco e famoso ma perché, dotato di fantasia inesauribile, ha sempre in testa mille storie che chiedono di essere raccontate. Era fatto così Emilio Salgari, che un tempo – pur non essendo un autore per ragazzi nel senso odierno del termine – giungeva in mano a giovani lettrici e lettori (sì, senza distinzione di sesso!) appena la scuola le/li alfabetizzava, educandole/li al piacere della lettura e aprendo loro la mente e gli orizzonti. Vari scrittori di lingua spagnola, da Juan Madrid a Paco Ignacio Taibo II, considerano Salgari la loro iniziazione all’impegno politico e sociale. Chi ha detto che un romanzo di avventura non possa essere utile?
Altra caratteristica dello scrittore di narrativa popolare, specie in Italia, è che dev’essere ignorato dalla maggior parte dei media, in modo da limitarne il numero di consumatori. Come il tabacco, esiste ma non se ne può parlare. Motivo: non è un rappresentante omologato della cultura, non è un soggetto controllabile. Si consiglia di affermare che scriva solo per un pubblico maschile e insinuare che sia pure maschilista, in modo da allontanare le lettrici, la quota di mercato più importante per qualsiasi editore. Uscendo perlopiù in edicola, le sue vendite non sono misurate ai fini delle classifiche, il che rende più facile occultarne il successo e, quindi, contenerlo e ridurlo a lungo termine.
L’obiettivo finale è farlo sparire dal mercato, cosa cui l’autore in questione si oppone sfruttando – come vedremo – la propria creatività. Esiste una sorta di proibizionismo anche nei confronti della narrativa popolare, perché la critica – per restare in tema – lo vede come il fumo negli occhi. Non siamo ancora al rogo della narrativa pulp, ma teniamoci pronti a tutto, come suggeriva Ray Bradbury in Fahrenheit 451. Chi ha detto che un romanzo di fantascienza non possa essere utile?
Immagine: A. C. Cappi in una foto di Catilina Sherman
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.
7-Se sapeste cosa c'è dietro...
8-Al buio gli scrittori sono neri
jueves, 13 de agosto de 2020
Magalluf Italian Style - L'estate del Covid
martes, 11 de agosto de 2020
Ah, sì? E io lo dico a Pinketts! (Vol. 1)
Vita da pulp - Il Paradosso Strumpf
Riflessioni di un celebre scrittore ignoto, di Andrea Carlo Cappi
Al mondo ci sono misteri che non hanno ancora trovato soluzione. Per esempio, il fenomeno del Calzino Spaiato. È noto che l’inserimento di vari calzini in una lavatrice genera – in un momento imprecisato del lavaggio, ma secondo ipotesi attendibili durante la centrifuga – un ponte di Einstein-Rosen attraverso il quale un calzino sfugge spaiato a) nello stesso istante t(0), ma in un altro punto dello spazio, b) nello stesso punto dello spazio, ma non nello stesso istante, bensì nel futuro.
Il che significa che, se hai fortuna, il calzino svanito dalla lavatrice – è vuota, hai controllato – si rimaterializza inspiegabilmente nel corso del bucato successivo. Se non hai fortuna, rimane disperso nello spazio-tempo. Ed è a questo punto che si apre una serie di teorie ancora tutte da verificare.
Per esempio, il calzino svanito il pomeriggio del 23 luglio 1983 riappare ancora umido e spaiato la mattina dell’11 agosto 2020: per lui sono passati solo pochi secondi, mentre per te sono trascorsi trentasette lunghi anni.
E ancora: il calzino scomparso nell’istante t(0) riappare all’istante t(1) nelle stesse coordinate spaziali xyz? Quindi ritorna dopo anni nella tua lavatrice successiva, o nell’armadietto, o nella lavastoviglie o in qualsiasi cosa tu o un inquilino dopo di te abbiate incastrato in quell’angolo?
Oppure deve ritornare nella stessa lavatrice, ovunque essa si trovi? Pertanto nelle discariche di tutto il mondo esistono o esisteranno lavatrici incrostate di vecchio calcare e nuova ruggine che si riempiono gradualmente di calzini perduti nel tempo? E che cosa accade se il calzino cerca di rientrare nella nostra realtà in un futuro così lontano che la lavatrice da cui è partito ha cessato di esistere?
E infine l’ipotesi che gli scienziati hanno battezzato Paradosso Strumpf: chi dice che il calzino umido e spaiato rientri nel futuro e non invece in un remoto passato, causando accidentalmente la Scoperta del Calzino, interpretato come un dono degli dei, e la sua conseguente introduzione come capo di abbigliamento?
Nel mondo di oggi è diffusa l’ignoranza scientifica. Scommetto che non avete mai sentito parlare prima d’ora del Paradosso Strumpf. Ma un fenomeno ancora più complesso è quello del Tempo dello Scrittore.
La confusione nelle menti semplici nasce forse dal fatto che in pochi secondi si può scrivere “Il giorno seguente” o “Molti anni dopo”... ed ecco che nel romanzo sono passati un giorno o molti anni. Laddove all’autore possono essere necessari vari minuti per descrivere un panorama che l’occhio invece coglie in una frazione di secondo.
Dunque per uno scrittore il tempo ha diverse velocità di scorrimento. È quella che la scienza chiama Legge di Cussler, in onore del creatore di Dirk Pitt e altri personaggi, che sintetizzò il concetto nella frase: “Io invecchio e Dirk Pitt no, quel bastardo”. Mai sentita neanche la Legge di Cussler? Ve l’ho detto: l’ignoranza scientifica...
Perciò la gente comune è convinta che il Tempo dello Scrittore fuori dai libri sia molto simile a quello dentro i libri. Per esempio si ritiene che lo scrittore – ricco e famoso per definizione – passi tutta la sua giornata a non far nulla e la serata a bere con gli amici, per andare a dormire all’alba e svegliarsi solo a tarda ora. Per cui capita spesso che qualcuno mi chiami a mezzogiorno chiedendomi esitante: “Ti ho svegliato?”
No. Non mi ha svegliato, perché sto lavorando dalle quattro del mattino e a mezzogiorno ho già prodotto più di quanto l’interlocutore riesca nel corso di una sua intera giornata lavorativa. Non è insolito, da decenni a questa parte, che io non esca per settimane, passando dal letto al computer e viceversa, con qualche breve intervallo in cucina per un’alimentazione di base. Ciò che la gente ha chiamato “lockdown”, io la chiamo “routine”.
Come intendo raccontare prossimamente, se uno scrittore non nasce già ricco e famoso, deve lavorare per vivere. Spesso, per scrivere, deve fare un enorme lavoro di documentazione. Se si tratta poi di uno scrittore pulp polivalente (vi spiegherò un’altra volta cosa intendo), avrà anche molte altre cose da fare
Ma la gente comune è convinta che il Tempo dello Scrittore sia infinito. Come se il calzino spaiato, nei suoi trentasette anni di viaggio nel tempo e nello spazio, avesse un sacco di tempo libero.
Un fenomeno ricorrente è quello dell’autore esordiente, emergente o naufragato, non necessariamente giovane, che telefona per chiedermi di leggere il suo romanzo, dargli un’opinione e aiutarlo a trovare un editore. Non può immaginare che dovrò metterlo in lista d’attesa per anni e che io stesso ho il mio daffare a trovare editori per me. Mi ritiene, in quanto scrittore, ricco e famoso, quindi invece di passare il mio tempo a bere mojitos potrei dedicargli un paio d’ore e usare la mia influenza per far diventare ricco e famoso pure lui.
Ora però vi lascio: gli scrittori pulp si fanno il bucato da soli e devo annodare i calzini tra loro, paio per paio. Così, quando si perdono nello spazio-tempo, quantomeno non sono soli.
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.
7-Se sapeste cosa c'è dietro...
8-Al buio gli scrittori sono neri