jueves, 31 de octubre de 2024

Vita da pulp - Le vacanze del signor K

Foto: A. C. Cappi - Magaluf, 30 ottobre 2024

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

"Lo scrittore non separa mai la vita dal suo lavoro, non si riposa mai, non va mai in vacanza..." Non conoscevo questa frase di Oriana Fallaci finché non mi è stata riferita qualche settimana fa, ma somiglia a qualcosa che ho scritto in passato in questa rubrica. Il senso: chi scrive non smette mai di farlo, anche quando non ha una penna in mano o i tasti sotto le dita, perché il cervello è sempre in funzione; nel contempo, tutto ciò che vede, ascolta e vive finisce in un serbatoio da cui prima o poi sarà recuperato e utilizzato. Si è scrittori o scrittrici ventiquattr'ore su ventiquattro, anche quando si dorme.
È raro tuttavia che chi scrive riesca a campare solo dei propri libri. Spesso svolge un altro lavoro e scrive nel tempo libero; talvolta, come è capitato a me, "l'altro lavoro" è nello stesso settore. Nell'introduzione a un'intervista su B-Hop, dice di me Kenji Albani: "vive di scrittura e vive la scrittura". Una frase a effetto, anche se, alla lettera, è vera solo la seconda metà: sarebbe più esatto dire che in questi anni sono vissuto di editoria.
Il problema sorge quando gli impegni paralleli - consulenze, traduzioni, editing - interferiscono con la stesura dei miei libri... perché oltre a pensarli, bisogna pure scriverli. Ma se, nel tempo, tariffe e compensi non vengono aggiornati o addirittura diminuiscono, l'unico modo per far fronte alle spese è accettare un numero sempre maggiore di incarichi, fino non solo a saturare il "tempo libero" ma anche a erodere le ore del sonno.

Per mia fortuna, come raccontavo in un post di qualche tempo fa, in questi anni ho avuto la soddisfazione di trasferirmi per alcuni periodi nel mio rifugio a Maiorca: pur con gli stessi orari allucinanti di lavoro, trovandomi in un luogo in cui ero stato in vacanza, avevo l'illusione di essere in vacanza.
A volte si rischia ugualmente di impazzire, come nel gennaio 2014, quando traducevo in italiano un lungo romanzo spagnolo scritto così male che dovevo farne anche l'editing, altrimenti il pubblico italiano avrebbe pensato che gli errori fossero colpa mia. Per mantenermi lucido, negli intervalli dei pasti (lavoravo più o meno dalle quattro del mattino a mezzanotte) sviluppavo un soggetto per Martin Mystère, che anni dopo sarebbe diventato un serial narrativo.
I miei inverni solitari a Maiorca tra il 2010 e il 2017 furono forse i periodi più strani della mia vita. Quando finivo una traduzione, mi prendevo una giornata "libera" - cioè in cui non superavo le otto ore lavorative - e andavo in città con l'autobus, oppure scendevo a leggere nella spiaggia deserta. I giorni di traduzione erano tutti uguali e si confondono nella memoria, ma il ricordo di quei momenti di libertà ha qualcosa di magico, come se all'improvviso mi spostassi in un mondo parallelo in cui potevo tornare a fare lo scrittore.

Fu nelle trasferte spagnole invernali ed estive tra il 2013 e il 2016 che nacque la trilogia di Toni Black, considerata da alcuni l'opera più originale e "libera" della mia produzione narrativa. Storie che appartengono non solo a un luogo particolare - Magaluf, Maiorca - ma proprio a quel periodo, perché oggi la zona si sta liberando degli scenari torbidi che facevano da sfondo a quelle vicende.
Nel frattempo però sto cambiando anch'io. Gli anniversari che ricorrono nel 2024 dovrebbero ricordarmi non solo che etá ho compiuto in settembre, ma anche che negli ultimi trent'anni ho prodotto - fra miei libri, traduzioni ed editing - una media superiore a un titolo al mese, svolgendo nel frattempo un'infinità di altri incarichi.
Questo spiega forse perché, dopo il mio compleanno, abbia deciso di ribellarmi all'invadenza del lavoro. D'accordo, gli scrittori non vanno in vacanza e nemmeno in pensione. Io, personalmente, non sarei mai capace di smettere. Ma sto cominciando a reclamare il diritto di essere quello che sono: uno scrittore, non un tuttofare al servizio dell'editoria.

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

domingo, 27 de octubre de 2024

Concerto per Mafalda e orchestra


Articolo e foto di Andrea Carlo Cappi

Quino en la música, Casal Solleric (Passeig des Born 27, Palma de Mallorca) fino all'8 gennaio 2025, ingresso libero. Chiuso lunedì, Natale e Capodanno; orari martedì 10-20, domenica e festivi 11-14.30.

Sono molte le ricorrenze di quest'anno per Joaquín Lavado Tejón, in arte Quino (1932-2020), il grande umorista grafico argentino noto soprattutto per le strisce di Mafalda, la bambina "contestataria" che, nel rispecchiare la società del suo Paese degli anni '60-'70, porta alla luce le inquietudini del XX secolo e anticipa quelle del XXI. Sono trascorsi settant'anni dall'ingresso di Quino a livello professionale nel mondo dei fumetti e sessanta dalla nascita di Mafalda, che sarebbe apparsa regolarmente sulla stampa argentina fino al 1973; e dieci anni dall'assegnazione in Spagna del Premio "Príncipe de Asturias", da poco ricevuto (nell'attuale versione "Princesa de Asturias") da un suo caro amico: il cantautore catalano Joan Manuel Serrat. Infine il 24 ottobre 2024 a Palma di Maiorca è stata inaugurata una mostra che il fumettista Jorge Isaurralde alias Tatúm non esita a definire la più importante mai dedicata a Quino.

L'immagine scelta per la locandina della mostra

Quino en la música - nell'ambito del festival internazionale Comics Nostrum, organizzato da Cluster de Comics - segue uno degli argomenti che hanno accompagnato l'opera del disegnatore per tutta la sua carriera fin dagli anni '50 - prima, durante e dopo Mafalda - con gli originali di vignette singole, brevi storie da una tavola e, naturalmente, strisce del suo personaggio più celebre. Molte delle illustrazioni sono veri e propri backstage umoristici del lavoro di direttori d'orchestra, solisti e musicisti, un ambiente che Quino conosceva sia come appassionato di musica classica, sia come... zio. I due nipoti Guillermo Lavado (ispiratore del personaggio di Guille in Mafalda) e Diego Lavado, che hanno da circa un anno l'incarico di gestire l'archivio di Quino, condivisero per un certo periodo lo studio del flauto, puntualmente convertito dallo zio in oggetto di vignette; Guillermo è diventato poi flauto solista, oltre che insegnante di musica.

Tatúm, a sinistra, con i Lavado a Casal Solleric

La mattina di sabato 26 ottobre Tatúm, ideatore del percorso espositivo, ha condotto un incontro con Guillermo e Diego Lavado, che hanno scelto il materiale per la mostra. Prima di una visita da loro stessi guidata, i nipoti hanno raccontato Quino come lo hanno conosciuto. Le origini risalgono all'Andalusia - in particolare Fuengirola (Málaga) - da cui furono in molti a emigrare in Argentina già prima dell'avvento della dittatura in Spagna. Quino, nato a Mendoza (località celebre per il suo vino) oltre al nome avrebbe ereditato la passione per il disegno dallo zio, l'illustratore Joaquín Tejón. E avrebbe ricordato in particolare la nonna Teté, repubblicana e comunista (unica "politicizzata" in famiglia) per le sue accese discussioni a tavola: fu probabilmente lei il modello per Mafalda, che fisicamente e caratterialmente le assomiglia, raccontano Guillermo e Diego Lavado.

Guillermo Lavado

Diego Lavado

Quino non aveva affiliazioni politiche, ma come libero pensatore e intellettuale impegnato si scontrò con la censura: nel 1973 fu proibita la pubblicazione di una vignetta di Mafalda che, indicando il manganello di un poliziotto, diceva "Questo è il paletto per le ideologie". A quel tempo il ministro del Benessere Sociale José López Rega detto "lo Stregone" - oltre a influenzare pesantemente prima Juan Perón e poi la vedova di questi, Isabelita - dava vita all'organizzazione estremista Triple A, poi responsabile di azioni punitive, sparizioni e attentati.
Una sua squadra fece visita a casa di Quino a Buenos Aires, per fortuna una sera in cui la famiglia era in campagna. Fu un'avvisaglia che indusse l'artista a trasferirsi prima per qualche mese a Mendoza - per la gioia dei nipoti - poi andare in esilio insieme alla moglie Alicia a Milano, nel 1975. Nel 1976 la Triple A assassinò un gruppo di cinque sacerdoti (il Massacro di San Patricio) lasciando come "messaggio" una riproduzione della vignetta del "palito de las ideologías" accanto ai cadaveri.
La scelta dell'Italia come rifugio non era casuale: era uno dei primi paesi d'Europa in cui Quino aveva avuto successo; vi sarebbe rimasto fino agli anni '80. Ma già dall'inizio della sua carriera aveva viaggiato molto: per i nipoti, quando lui andava a trovarli a Mendoza, Quino - el tio piola, come dire "lo zio sveglio" - era sempre stato per loro una finestra sul mondo. Il rapporto continuò anche nel periodo dell'esilio:  mentre studiava musica a Basilea, Guillermo Lavado andava a trovarlo a Milano, prendendo un treno per la Stazione Centrale (poi diventata scenario della vignetta qui sotto, in cui il nipote appare con la custodia del suo flauto).

"... L'orologio della Stazione Centrale è indietro.
E nessuno fa niente?"

In Quino en la música si percorre quindi l'intera carriera dell'autore - fino a quando dovette abbandonare matita e chine per seri problemi alla vista - con le tavole originali recuperate dai nipoti, oltre che con alcune sequenze in anteprima di un documentario in lavorazione sulla sua vita. La mostra rimarrà aperta fino all'8 gennaio ed è in preparazione un libro che riunisca tutte queste immagini, mai raccolte sinora in un unico volume.

jueves, 24 de octubre de 2024

Vita da pulp - Non giudicare un libro...


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

... dalla copertina, consiglia un antico detto che qualcuno fa risalire alla Bibbia, anche se nella versione originale semmai doveva essere "Non giudicare una pergamena da com'è arrotolata". La sua formulazione attuale è attribuita a George Eliot (pseudonimo di Mary Ann Evans) nel romanzo Il mulino sulla Floss del 1860 e la sua citazione più celebre è forse quella in The Rocky Horror Show. In ogni caso - come assicura Armand Kroull nel suo testo immortale qui sopra raffigurato - la frase andrebbe presa come sacrosanta.
Il primo incontro con un libro di un lettore o di una lettrice, quando entra fisicamente in una libreria è in effetti... con la copertina, direte voi. No, nella maggior parte dei casi, con la costa del volume, infilato in uno scaffale in mezzo a tanti altri: essere esposto su un bancone come novità o addirittura in vetrina è un privilegio riservato a pochissimi titoli. Ma, per motivi che ho già spiegato in passato in questa rubrica, è già un privilegio che un libro arrivi sul serio in una libreria: i complessi passaggi di promozione e distribuzione, la quantità di libri in continua uscita e lo spazio limitato in negozio fanno sì che la maggior parte di ciò che viene stampato non si possa trovare in una libreria, nemmeno se ce n'è giunta notizia attraverso una recensione, una segnalazione o l'ormai mitico "passaparola". Quindi difficilmente avremo la possibilità di prendere in mano il volume che ci incuriosisce, sfogliarlo, leggerne l'incipit...
Ecco dunque che il primo incontro con un libro avviene perlopiù attraverso la copertina e il riassunto della trama che appaiono in una recensione, in un post su un social network o, semplicemente sulle pagine di una libreria online; nel caso degli ebook, a maggior ragione, tutto avviene solo su Internet. Dunque l'impatto immediato è proprio quello della copertina, ridotta però alle dimensioni di un francobollo, spesso in mezzo a tanti altri francobolli. Per chi scrive narrativa di genere, esordiente o professionista che sia, tutte le possibilità di vendita (e quindi di pubblicare poi altri libri) si giocano sull'attenzione che desta il suo francobollo nella frazione di secondo in cui l'utente se lo trova sotto gli occhi sul cellulare, prima di passare ad altro. Ci sarebbe da fare un discorso a parte sulle collane famose di editori di prestigio, in cui l'immagine di copertina conta almeno quanto la riconoscibilità della linea grafica: è un argomento di cui mi sono occupato in altri contesti (tra cui l'unico esame universitario nella mia vita in cui abbia preso trenta e lode). Restiamo però sulla "comunicazione" rappresentata dall'immagine scelta.


Ai tempi delle riviste pulp americane (come quella che vedete qui sopra), le illustrazioni delle copertine dovevano catturare al volo l'attenzione di chi andava in edicola, trasmettendo un messaggio immediato di avventura, azione, fantasia e, perché no, talvolta qualche suggestione sexy, con eroi ed eroine dal fisico prestante. Le allusioni erotiche non si limitavano alle fantasie maschili su fanciulle dai vestiti laceri: pensiamo ai giovanottoni muscolosi a torso nudo che anche in tempi recenti hanno stretto tra le loro braccia possenti le protagoniste del romance destinato a un pubblico femminile... In seguito quel tipo di immaginario visivo si trasmise ai pocket book e Billy Wilder ne fece una satira pungente in Quando la moglie è in vacanza: il protagonista maschile del film lavora in una casa editrice e, pur di vendere copie, insiste a "erotizzare" le copertine, anche quando si tratta del saggio di un illustre psichiatra. L'idea della copertina sexy arrivò anche in Italia, soprattutto nelle edicole, dove negli anni Sessanta un noto editore pubblicava la collana I gialli proibiti, con titoli talvolta allusivi e foto di ragazze semisvestite.
Ma parliamo ora di un maestro dell'illustrazione, Carlo Jacono, che per decenni oltre alle copertine per Il Giallo Mondadori realizzò quelle della parallela collana di spionaggio Segretissimo, agganciata alla cronaca spionistica internazionale, quindi ritenuta più dura e disinibita. Si alternavano scene di azione a ritratti di protagonisti e protagoniste. Anni fa organizzai una mostra a Milano sulla moda femminile nei decenni attraverso le illustrazioni di Jacono, la maggior parte proprio da questa collana... ma spesso le donne di Segretissimo erano in bikini, sottoveste o addirittura elegantemente seminude: ricordiamo che negli anni Settanta, l'epoca della liberazione sessuale e delle rivendicazioni femministe, si bruciavano i reggiseni in piazza; nel contempo un immaginario vedo-nonvedo era associato alla spy story attraverso le sequenze dei titoli dei film di 007, in cui le Bond Girls erano peraltro sempre meno "fanciulle inermi" e sempre più "donne d'azione".
I tempi cambiano. Oggi la grafica della collana Segretissimo (in edicola e ebook) è simile a quella dell'epoca, ma le copertine non sono più illustrazioni, bensì fotografie. Di recente si è scatenata sulle reti sociali una polemica in proposito: se in copertina appare una ragazza in lingerie, chi non conosca la collana può pensare che si tratti di un romanzo erotico-maschilista, anziché di una storia di spionaggio. Nel contempo chi cerca una spy story potrebbe non ricollegare il libro a quel tipo di immagine. La redazione infatti sta ora riconsiderando le copertine, tenendo presente che non si può nemmeno imitare la formula anglo-americana in cui si vedono solo aerei, sommergibili od omaccioni in uniforme mimetica... anche perché la spy story - come ho spiegato tempo fa in questa rubrica - non coincide al cento per cento con il technothriller o il combat thriller e si rischierebbe di perderne la vera identità.

Raccolta di Jacono: Segretissimo d'epoca

Per ogni genere o sottogenere della narrativa esistono ormai immagini recepite quasi a livello subliminale. Se vediamo la sagoma di una donna in tailleur con una pistola puntata in avanti, pensiamo subito a una detective tosta e indipendente (peccato che anni fa in breve tempo abbia visto la stessa fotografia in copertina su tre romanzi diversi). Di recente ho scoperto un'appassionante serie di libri, di cui conto di parlarvi presto, con immagini di copertina davvero belle, suggestive e coerenti con il contenuto... che tuttavia - a prima vista - fanno pensare a un ciclo dark fantasy/horror, quando si tratta invece di avventure e intrighi internazionali del secolo scorso; nel contempo il vero pubblico potenziale della serie non viene agganciato sul piano visivo, ma deve arrivare a leggere la trama per capire di cosa si tratti.
Poi forse ancora oggi c'è chi, come il già citato personaggio di Billy Wilder, continua a sperare di fare un sacco di soldi facendo credere al pubblico che sta comprando una cosa per l'altra. Avrei parecchio da raccontare su esperienze passate come direttore editoriale/art director, ma non stavolta; in ogni caso, se nella vostra casa editrice arriva qualcuno che dice frasi tipo "le copertine sono uno strumento del marketing" e "questa sì che è un'immagine impattante", chiamate la polizia prima che sia troppo tardi.
Ma il concetto del marketing (quello vero) di "raggiungere il proprio target" non è campato in aria, a patto di sapere quale sia il target, e conoscere ciò che si pubblica e la sua rappresentazione corrente, in modo da mandare il messaggio giusto al pubblico di riferimento, nella speranza che questo lo visualizzi e lo recepisca. Perché non bisogna giudicare un libro dalla copertina, ma la copertina deve indurre quantomeno a un approfondimento; anche se, nel caso del succitato testo di Armand Kroull, autore e libro non esistono e l'immagine è stata fabbricata mediante intelligenza artificiale.

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.