Recensione di Andrea Carlo Cappi
Visto che proprio oggi è la vigilia di Ognissanti, comincio da una piccola curiosità. In quale paese, in prossimità del Giorno dei Morti, i bambini vanno di casa in casa a chiedere dolcetti? A tutti verranno in mente Halloween e l'usanza americana di "dolcetto o scherzetto" e qualcuno comincerà a protestare, dicendo che stiamo diventando una colonia degli Stati Uniti. E invece si tratta di un'antica tradizione tunisina. Gli americani, come spesso accade, non hanno inventato niente.
Questa è solo una delle mille sorprese che emergono da Corrispondenze mediterranee di Ilaria Guidantoni (Oltre Edizioni, 231 pagine, 14 euro), un libro a metà tra fiction e non-fiction. La parte narrativa vede la protagonista Eloïse, giovane donna di Lione, abbandonare la sua città, il suo lavoro, la sua vita "precedente" e partire alla volta di Marsiglia, città evocata dalla lettura di un romanzo di Jean Claude Izzo. Dal porto francese, di solito un punto di arrivo, Eloïse sente il richiamo dell'altra sponda del Mediterraneo e parte per Algeri, in una sorta di "migrazione negativa" (come l'ha definita Andrea G. Pinketts in una presentazione) ossia nella direzione opposta a quella seguita dai più. Sbarcata in Algeria, la protagonista comincia un'odissea che la porta in Marocco e infine in Tunisia. E proprio qui Eloïse incontra Filippo a cui racconta la storia dei suoi viaggi e dei suoi incontri. I dialoghi con l'interlocutore italiano rimandano ai dialoghi con le persone che lei ha conosciuto, alcune realmente esistenti, altre costruite dall'autrice mescolando figure reali, episodi e documentazione.
Ciò che emerge dal libro non è soltanto un pellegrinaggio nei luoghi che hanno dato i natali a Camus e affascinato Flaubert o Klee, né soltanto un viaggio alla ricerca delle radici mediterranee del mondo in cui viviamo. E nemmeno solo un percorso tra visioni, sapori, profumi del Nordafrica, per quanto anche questa sia una componente fondamentale. È, soprattutto, un ribaltamento completo della prospettiva, un lavoro sul passato e sul presente, un recupero di memorie dimenticate e di verità trascurate.
Così il lettore scopre i trascorsi di torturatore in Algeria di una figura della recente politica francese e osserva apparenti paradossi geografici che ci ricordano come terre che pensiamo lontane siano più vicine di quanto immaginiamo: in viaggio a duecento chilometri da Tunisi con il serbatoio del'auto in rosso, il navigatore segnala il distributore più vicino a Pantelleria. E, in un'epoca di Primavera Araba, di barconi degli emigranti, di attentati firmati ISIS e di premio Nobel per la pace alle organizzazioni tunisine, ci rendiamo conto dell'osmosi che è sempre esistita tra le sponde nord e sud del Mediterraneo, in ambedue le direzioni. Apprendiamo come i nostri fascismo e antifascismo si siano confrontati anche a Tunisi. Scopriamo la nostra emigrazione, soprattutto siciliana, nel nord della Tunisia a partire dal XIX secolo e le contaminazioni tra le due culture; il mancato protettorato italiano sul quel paese, poi finito sotto il controllo della Francia, e i nostri connazionali visti come intrusi che andavano a rubare il lavoro agli autoctoni... un discorso che oggi sentiamo spesso, rovesciato, dalle nostre parti. Vediamo quante corrispondenze ci siano con un mondo che, nella nostra disinformazione, ci ostiniamo a ritenere alieno.
La presentazione con Andrea Carlo Cappi e Andrea G. Pinketts al Balubà |
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