Riscoperta di Andrea Carlo Cappi
La
prima volta che lessi il nome del regista Aldo Lado fu negli anni
Settanta, in uno speciale del Corriere dei Ragazzi su thriller
e horror cinematografici italiani. Mi feci subito l'idea che fosse
uno dei maestri del genere. Purtroppo rientravo ancora nella
categoria dei “minori di 14 anni”
e mi era precluso l'accesso ai suoi film, nonostante fossero
reperibili nelle numerose sale cinematografiche dell'epoca. Avrei
dovuto aspettarne l'uscita in dvd per riuscire a vederli, grazie
anche agli infaticabili Daniele e Manuel di Bloodbuster, il negozio
di via Panfilo Castaldi a Milano. È proprio lì, del
resto, che qualche anno fa ho incontrato per la prima volta il
regista.
Ipnotizzato
da capolavori come La corta notte delle bambole di vetro –
un thriller simbolico ambientato nella Praga post-'68 – o Chi
l'ha vista morire o lo sconvolgente L'ultimo treno della
notte, fino a poco tempo fa mi è sfuggita la vasta
produzione di Lado anche al di fuori del genere, una parte della
quale si basa su scrittori italiani del Novecento. Tra i vari titoli
spicca La disubbidienza (1981), liberamente tratto da un
romanzo breve di Alberto Moravia.
Nella
storia originale il quindicenne romano Luca Mansi vive un improvviso
rifiuto delle regole borghesi del mondo in cui vive: la futura
carriera che da lui si aspetta la famiglia, il denaro che i genitori
conservano in una cassaforte dietro una Madonna sopra
l'inginocchiatoio a cui il ragazzo ha l'obbligo di pregare, la vita
“normale” perseguita da tutti coloro che lo circondano. Il
desiderio di lasciarsi morire lo porta da piccoli gesti di
disobbedienza privata a un senso di autodistruzione e quindi alla
malattia, da cui guarirà spinto dalle pulsioni sessuali verso
due donne più grandi di lui e poco attraenti, ma vivaci,
affettuose e materne: prima la governante dei cuginetti, poi,
decisiva, l'infermiera del sanatorio.
La
versione sceneggiata dallo stesso Lado insieme a Barbara Alberti e
Amedeo Pagani porta la vicenda su dimensioni più storicizzate
e tematiche più sofferte nel dolore esistenziale
dell'adolescente. Lo scenario è la Venezia nebbiosa e freddina
amata dal regista, l'epoca la fine della guerra e il periodo
immediatamente successivo. Luca Mansi è incarnato da Karl
Zinny, all'epoca sedicenne o poco più, che riproduce
perfettamente il fisico alto e magro ancorché infantile del
protagonista moraviano. Il padre (Mario Adorf) è un borghese
attento a barcamenarsi tra il fascismo ormai al tramonto, gli ultimi
sussulti del nazismo e l'arrivo degli americani; con una certa
ambiguità morale, ha aiutato alcuni ebrei a tentare invano la
fuga, facendosene affidare le proprietà. La madre (Marie-José
Nat) è una cantante che, visto infrangersi il sogno di
diventare vedette a Berlino, punterà al successo radiofonico
nel dopoguerra rinnegando le frequentazioni naziste.
Luca non
si riconosce nei genitori e, conosciuto un gruppo di partigiani,
entra nella Resistenza, permettendo di riflesso alla famiglia di
scampare a qualsiasi giudizio politico dopo la Liberazione. Ma nel
dopoguerra le promesse di un nuova società socialista di cui
parlavano i suoi compagni sono soppiantate da nuove forme di
arrivismo: chi pensa di andare in America, chi di farsi strada nei
quadri del Partito Comunista, chi di tornare al lusso di prima della
guerra. Persino il professore di italiano (ben caratterizzato da
Nanni Loy) non è cambiato dopo la fine della Repubblica di
Salò. Per tutta risposta, il ragazzo si prende una polmonite
da cui si rifiuta di guarire, preda di un desiderio di
autodistruzione.
Nondimeno
destano il suo interesse l'infermiera Angela (Stefania Sandrelli) che
lo accudisce in casa e una ragazza ebrea che non vedeva da tempo ma
che già lo aveva attratto in passato: Edith (Therese Ann
Savoy), protetta durante la guerra dalla famiglia Mansi, che le ha
affidato la cura dei cuginetti di Luca. Entrambe le figure femminili
– gelose l'una dell'altra – risultano essere state sfruttate come
oggetti in cambio di tutela in tempi difficili. Se con Edith la
conclusione è brusca, inattesa e foriera di tristi
rivelazioni, con Angela – che non ha esitato a sacrificarsi per
procurare la penicillina al ragazzo dopo una pesante ricaduta –
Luca trova la salvezza e la forza di compiere l'ultima ribellione nei
confronti della famiglia, coincidente con il due giugno 1946, il
giorno del referendum che porterà l'Italia a diventare
Repubblica.
Nella
versione cinematografica, le due donne della vicenda sono molto più
seducenti rispetto a quelle evocate nel romanzo, creando un alone di
erotismo che permea la pellicola. Si trovano suggestioni da Luchino
Visconti (il lancio di volantini nel teatro di Venezia), da René
Magritte (il bacio attraverso la tenda fra Edith e Luca) e persino da
Edgar Allan Poe, con la figura del corvo, mentre Moravia lo
richiamava con una citazione da Lo scarabeo d'oro. E, una
volta di più, il film è accompagnato da una colonna
sonora di Ennio Morricone, qui alla sua ultima collaborazione con
Aldo Lado dopo otto film e una serie televisiva insieme.
Aldo Lado in una foto di A. C. Cappi |
Il regista incontrerà il pubblico nella duplice veste di autore cinematografico e letterario a Milano (giovedì 15 novembre 2018, dalle 18.00 alle 20.00 nell'ambito di Ribs and Books, gli aperitivi letterari al Ribs and Beer, in via Pitteri 110, Milano Lambrate) e ad Andora, Savona (sabato 1° dicembre 2018 per il ciclo Monsieur Le Pop dalle 18.30 alle 20.30 presso il Momart, via Trieste 14). Nel corso dei due appuntamenti racconterà le sue esperienze di regista e produttore in Italia e all'estero, e presenterà i suoi due libri pubblicati dalla casa editrice Angera Film: I film che non vedrete mai, in cui alterna episodi della sua vita alle pagine di suoi interessanti soggetti cinematografici che non sono stati mai realizzati né da lui né da altri registi, raccontando in questo modo la storia di mezzo secolo di cinematografia; e Un pollo da spennare, un romanzo giallo-umoristico-surreale con echi di Daniel Pennac. Rivelandosi, tanto come film-maker quanto come narratore, dedito perennemente alla disubbidienza.
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