Luis Sepúlveda nel 2014 (immagine da Wikipedia) |
Intervista di Fabio Viganò
All'indomani della scomparsa a settant'anni in Spagna del grande scrittore cileno, lo ricordiamo con questa conversazione in riva al lago, in Italia nel 2004. Lasciato il Cile dopo avere conosciuto il carcere sotto il regime di Pinochet, all'epoca Luis Sepúlveda viveva a Gijón, Spagna.
Ne Il vecchio che leggeva romanzi d’amore ci suggerisce un modo per affrontare la lettura di un libro. Secondo Lei, quanti modi vi sono per leggere libri?
Si parla sempre di due tipi di lettori. Il primo è un lettore freddo, che considera la letteratura come una sorta d’informazione fondamentale per capire tante cose che altrimenti non si potrebbero comprendere utilizzando soltanto i mezzi di comunicazione di massa. L’altro tipo è rappresentato da coloro che hanno una grande passione per la parola. Preferisco questo secondo tipo di lettore, appassionato, che scopre insieme allo scrittore il potere fondamentale della parola. Si lascia sorprendere dalla parola, per la parola; si lascia catturare dalla forza poetica della scrittura. Questo è il modo di leggere da uomo libero. Mi spiego. Credo in un diritto fondamentale del lettore che inizia con lo scegliere un libro, cominciarne la lettura e poi magari chiuderlo, senza terminarlo. Non succede nulla! Nessuno è o deve essere obbligato, costretto a finire un libro che non gli piace. Questa è quindi una grande sfida per lo scrittore, che deve riuscire a carpire l’attenzione del lettore con argomenti interessanti e con personaggi affascinanti. Per concludere, ritengo esista un bellissimo rapporto di complicità tra scrittore e lettore. L'incontro tra l'uno e l'altro crea la letteratura. Quando uno scrittore termina di scrivere un romanzo, ciò che ha per le mani altro non è che un mucchio di fogli che andranno a una casa editrice e, se avrà fortuna, si trasformeranno in quel parallelepipedo bellissimo ch’è poi il libro. Ma è solo quando il lettore apre il libro e comincia ad ascoltare le parole dello scrittore che si verifica il momento magico della nascita della letteratura.
Qual è il suo rapporto con la poesia?
Bueno! Sono un poeta clandestino. Scrivo poesie, ma non le faccio leggere quasi mai. In primo luogo, perché ritengo sia la parte più importante della letteratura ma anche il genere più difficile della letteratura stessa. Inoltre, anche perché mia moglie è una grande poetessa. Questa è la competizione enorme che c’è a casa mia. Sono però un grande lettore di poesie. Quando lavoro, già nella parte della pura creazione letteraria di un romanzo, quando cioè i personaggi prendono vita propria e io mi trasformo nel cronista degli avvenimenti dei personaggi, leggo soltanto poesia. Leggo i miei poeti preferiti.
Per esempio?
Sono tanti. Sono un amante di Leopardi… Credo di conoscere tutta la sua opera. Ho avuto il piacere di leggerla in lingua originale. Leggere Leopardi in italiano è una grande fortuna. Tra i poeti di lingua spagnola, Mario Benedetti e i poeti del tempo della guerra civile come Antonio Machado, García Lorca e León Felipe. Mi appassiona anche una poetessa cilena praticamente sconosciuta in Europa, anche se ha vinto il premio Nobel per la letteratura: Gabriela Mistral.
A suo avviso la poesia e la letteratura in genere possono essere... pericolose?
Sì, sempre! Perché l’essenza stessa della letteratura, l’essenza della poesia è sovversiva. Questo appello alla immaginazione, alla sensibilità, all’intelligenza, a non permettere che la tua vita si riduca a due o tre cose, è idea sovversiva. Anzi, sovversivissima! Sotto questo punto di vista, la buona letteratura e la poesia sono state sempre nemiche del potere. Il potere ha sempre cercato di comprare artisti, poeti, ma per dominarli! Per fortuna lo spirito della letteratura e soprattutto della poesia è uno spirito che esiste soltanto se si possiede l’essenza stessa della libertà. In altro modo non può esistere.
Quali sono a suo avviso le utopie di oggigiorno?
L’utopia d’oggigiorno è, come ieri, rappresentata dal raggiungimento di una dimensione umana della realtà. Una società che non possegga un nome definito, ma che doni a tutti la possibilità di svilupparsi liberamente in base alle proprie capacità.
Come vive il rapporto tra il Cile e il suo vissuto?
È un buon rapporto. Non sono un patriota. Sono nato in Cile perché da qualche parte del mondo bisogna pur sempre nascere. È un rapporto di lontananza, perché abito in Europa, ma ci ritorno ogni anno per rivedere gli amici e la famiglia.Non sono d’accordo con la situazione politica del Cile di oggi (ndr: anno 2004) ma non la critico al cento per cento, perché mi rendo conto delle enormi difficoltà che il Governo cileno incontra nell’attuare un vero processo di democrazia.
Riposa in pace Luìs. Il mondo, non solo il Cile, con Te, ha perso molto. Hasta Luego!
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