Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi
Qualche giorno fa, in un post sui miei cinquant'anni di frequentazione della Spagna, ricordavo il giorno in cui passai vicino a una delle ultime bombe dell'ETA poco prima che esplodesse, uccidendo due agenti della Guardia Civil. Fu a Maiorca, il 30 luglio 2009; poi, in agosto, ci furono altre bombe sull'isola, quasi tutte disinnescate per tempo, ma forse quella parte fu una riuscita operazione di marketing per boicottare il turismo: le spiagge solitamente affollate divennero deserte. Lo stesso scenario che avrei ritrovato nell'estate 2020, in tempi di pandemia.
Restiamo a quell'anno, il 2020, tornando indietro di qualche mese. Trascorsi il periodo di lockdown a Milano, non a casa mia ma poco lontano, condividendo la clausura con un'altra persona. La mia vita non cambiò molto. Stavo scrivendo un romanzo di Martin Mystère, quindi sarei stato ugualmente in quella che chiamo "clasura lavorativa".
Dal momento che mentre lavoro fumo sigari, mi era stato concesso di trasformare in ufficio un bagno di servizio, con il computer posizionato sul lavabo. Quando il clima lo consentiva, mi piazzavo su un balconcino, seduto su uno sgabello, con il pc sul parapetto. Da dove mi trovavo, vedevo le persone che entravano e uscivano dalla palazzina per portare a spasso il cane o fare "attività motoria". Ricordo un signore che usciva parlando con il cane e ricompariva dopo un paio d'ore, sempre parlando con il cane; mi chiedevo se la conversazione fosse durata per tutto il tempo. Dev'essere per questo che una volta, al momento di rientrare dal portoncino, l'animale tentò la fuga: forse cercava solo un po' di silenzio.
Nell'altra categoria, il più assiduo era un signore robusto, stempiato, suila cinquantina, che battezzai mentalmente "Terminator". Non perché assomigliasse a Schwarzenegger, ma perché mi ricordava il finale del film omonimo, quando il cyborg - benché semidistrutto - continua ad avanzare lento e implacabile verso il suo obiettivo. Quest'uomo procedeva a passettini corti e lenti e con lo sguardo fisso. Non stava via a lungo. Immaginai che soffrisse di qualche disturbo e avesse particolare necessità di fare attività motoria. Il 25 aprile lo vidi eccezionalmente uscire senza mascherina, forse perché era il Giorno della Liberazione e per una volta se n'era liberato.
Finito il lockdown, mi capitava di vederlo spesso: continuava la sua "attività motoria" agli stessi orari anche dopo e supponevo che non lavorasse. Lo incrociavo per strada o lo superavo con il mio passo di marcia "da milanese". Lo vedevo fumare sigarette mentre camminava e mi veniva da pensare che in casa non gli fosse consentito di farlo. Ormai ci conoscevamo di vista e ci salutavamo. Se aveva problemi di deambulazione, non ne aveva di linguaggio e rispondeva sempre con un cordiale "Buongiorno" e un sorriso. Mi stava diventando simpatico.
La persona con cui avevo diviso la clausura mi raccontò di averlo visto accompagnare la madre all'assemblea condominiale: una donna anziana, ma energica. Troppo energica: in un paio di occasioni, quando tutto sembrava concordato, la signora prendeva la parola e cominciava a urlare, dimostrando di non avere capito niente di quanto era stato detto. Sbraitava a lungo, con il figlio che invano cercava sommessamente di invitarla a calmarsi, ma lei pensava di avere ragione e che questo l'autorizzasse a diventare aggressiva.
Inquadrai i personaggi in un cliché: il figlio convivente e succube di una madre prepotente e arrogante, che ritiene se stessa infallibile e tutti gli altri, invece, esseri inferiori che dovrebbero fare solo quello che dice lei. Persone simili, di ogni sesso ed età, sono emerse in questi ultimi anni grazie ai social network, tanto da far pensare che si siano moltiplicate; ma forse sono semplicemente diventate più visibili. Chi non usa le reti sociali ricorre alle assemblee condominiali o perseguita chi le sta vicino. Una mia nonna era così e in oltre novant'anni è riuscita a rovinare la vita a tre generazioni della mia famiglia.
Torniamo al presente. o meglio, a ieri. Sono a Maiorca, mi alzo alle quattro e trenta del mattino, mi accendo il primo sigaro della giornata e mi metto alla mia postazione di lavoro per scrivere. Dopo le cinque vedo arrivare un messaggio da Milano, dalla persona con cui ho diviso il lockdown. La polizia è entrata nella palazzina perché - dicono gli agenti sulle scale - "il signor Riccardo del quarto piano è in difficoltà". Mentre sono al computer, di messaggio in messaggio seguo in cronaca diretta quanto sta succededo a Milano. Si sente abbattere una porta. Più tardi gli agenti tornano a chiedere se ci sono scale esterne (non ce ne sono). È evidente che stanno cercando qualcuno. Poi arrivano i pompieri, che distendono un telo in uno dei giardini sotto la palazzina. Una voce: "È qua!". Si sente un tonfo. Un'altra voce: "Si è lanciato." Indovinate chi penso che sia. Il soprannome che gli ho dato si rivelerà purtroppo più azzeccato di quanto pensassi.
Sul posto arrivano i cronisti e non molto più tardi apprendo dai giornali online qualche dettaglio in più: la madre ottantaseienne è stata trovata nel letto, vittima di una o più coltellate alla gola. Poco prima delle cinque il figlio ha chiamato la polizia, minacciando il suicidio ma tacendo della madre. Tuttavia, quando gli agenti sono arrivati, è salito in mansarda ed è uscito da una finestra, fuggendo sul cornicione. Mi immagino i suoi passi brevi e lenti sul bordo, al quinto piano. Il telo dei pompieri doveva essere sotto il suo appartamento, ma lui si è spostato, arrivando sul lato della casa che non dà sul cortile, bensì sul parco pubblico adiacente. Non dev'essere caduto in modo accidentale, altrimenti sarebbe precipitato all'interno della casa (per la precisione nel giardino di una famigliola al pianterreno, per fortuna in vacanza); Deve essersi lanciato, perché il suo corpo - per aggiungere orrore all'orrore - si è infisso sulle punte delle inferriate al confine tra la palazzina e il parco.
I giornali online aggiungono dettagli: ex broker, sofferente di disturbi psichici, era stato sottoposto a TSO nel 2018. Si parla del suo interesse per gli UFO e di frequenti denunce di fatti immaginari al commissariato più vicino. Si dice che "la madre lo stava aiutando". De mortuis nihil nisi bonum, ma su questo ultimo punto ho qualche dubbio. Beninteso, dato il mio mestiere, riempio i vuoti di informazione con la mia fantasia, che non è detto che corrisponda alla realtà. Ma, se ripenso al comportamento verbalmente aggressivo della signora in pubblico, posso immaginare come fosse in casa. E cosa volesse dire averci a che fare tutti i giorni. A volte, insegna Agatha Christie, prima di un atto di violenza spaventoso e visibile c'è qualcosa di altrettanto spaventoso ma invisibile. L'uomo che chiamavo Terminator ha ucciso la madre - da ore o, si pensa, addiritura il giorno prima - colpendola alla gola. Forse le sue passeggiate non erano attività motoria, ma intervalli di fuga da un inferno di famiglia. Forse cercava solo il silenzio.
Continua...
(Immagine: A. C. Cappi)
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Per Delos Digital cura la collana in ebook Spy Game.
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