jueves, 29 de noviembre de 2018

La cosa buffa per Aldo Lado




Riscoperta di Andrea Carlo Cappi

Nel 1972, lo stesso anno in cui firma la regia del thriller Chi l'ha vista morire?, Aldo Lado dirige un altro film ambientato a Venezia, la città in cui è cresciuto dopo avere lasciato la natia Fiume e in cui ambienterà anche La disubbidienza. E, ancor più che nelle altre pellicole da lui girate in laguna, ne La cosa buffa rivela una simbiosi perfetta con la città: portici, calli, ponti, gondole, vaporetti e clima sono impiegati con effetti a volte disturbanti, a volte sentimentali, a volte comici.
Il film è una commedia basata sul romanzo omonimo del 1966 di Giuseppe Berto, che collabora alla sceneggiatura dello stesso regista e di Alessandro Parenzo. Il ruolo del protagonista è affidato a Gianni Morandi che all'inizio degli anni Settanta ha abbandonato i "musicarelli" per ruoli cinematografici più impegnativi. E qui incarna Antonio, giovanotto di provincia di scarse speranze, laureando fuori corso in lettere, che vive con il padre ferroviere in pensione e la sorella, campando con le centomila lire mensili da maestro elementare nell'attesa di ereditare dal nonno morente una somma che si rivelerà inferiore alle aspettative. Occhialuto e imbranato, passa le sue serate nella cittadina di Badoere con l'amico Benito (Fabio Gamba), che si dà arie da playboy e profondo conoscitore delle donne.



Ottenuta l'eredità, Antonio si avventura a Venezia, sognando di conoscere una ragazza. Ne incontra una, la studentessa Maria (Ottavia Piccolo), di cui si innamora, inaspettatamente ricambiato. Non si libera delle sue insicurezze: abituato al ruolo di perdente, si aspetta sempre il peggio. E, sotto certi aspetti, non si sbaglia: aldilà delle sue paranoie, il vero problema è che Maria è figlia di un noto e ricco imprenditore dei trasporti (Riccardo Billi) e di una madre insopportabile e bacchettona (splendidamente interpretata da Giusi Raspani Dandolo), avida consumatrice di Fernet-Branca... che, a giudicare dal continuo product placement, dev'essere uno dei principali sponsor della produzione insieme al tè Lipton, così come il whisky J&B lo era per i poliziotteschi.
Lo squattrinato Antonio decide di riprendere gli studi e laurearsi; stanco di fare il pendolare in corriera da Badoere, affitta una camera a Venezia. Quando la relazione tra i due giovani viene scoperta, accetta di presentarsi alla famiglia della ragazza, evento cui si prepara seguendo i consigli dell'amico Benito, comprandosi un "signor paltò" e andando dal barbiere, che gli infligge una "pettinatura 1930". Trova solo la madre ostile, dato che il padre è pressoché invisibile fin quasi alla fine del film, ma sente tutto il peso della differenza di posizione sociale.
Nondimeno Maria sta scoprendo il sesso e cerca di avere un rapporto con l'esitante Antonio nella camera in affitto. Quando finalmente lui sta per cedere – dopotutto si dovranno sposare, pensa in uno dei frequenti interventi della sua voce fuori campo – irrompe la madre a salvaguardare la verginità della ragazza, ponendo fine alla relazione. Il giovane finisce sedotto dall'affittacamere (Angela Goodwin) e successivamente dalla profuga ungherese Marika (Dominique Darel) conosciuta nello stesso bar. Costei, apparentemente disinibita, è in realtà a sua volta soggetta a decisioni altrui, succube della cugina presso cui lavora in un albergo a Venezia.
Ricevuta una lettera che Maria gli ha inviato clandestinamente, il giovane si presenta dal padre di lei, con l'unico risultato di essere congedato per sempre con un assegno da un milione, che strapperà e getterà in un canale. Non gli resterà che tornare alla sua mediocre esistenza di paese, fatta di sogni che non devono essere mai realizzati.


In una Venezia meno inquietante di quella che fa da sfondo tanto a Chi l'ha vista morire? quanto a La disubbidienza, come sempre con la colonna sonora di Ennio Morricone, Aldo Lado mette in scena una storia di formazione e disagio con un umorismo sottile, a tratti grottesco, e persino qualche suggestione felliniana, specie il finale in cui Antonio e Benito salgono sulla giostra di paese vaneggiando di ragazze straniere disponibili, fuggendo dalla loro realtà solitaria. Su una cosa l'amico ha ragione: siamo nell'Italia post-boom economico, ma sotto certi aspetti la società è rimasta all'Ottocento, se non al Medio Evo come sostiene lui. Ma tutti rimangono fissati nei ruoli che ritengono di dover interpretare, nelle comode apparenze con cui credono di doversi mascherare.


Appuntamento con Aldo Lado sabato 1° dicembre dalle 18.30 a Marina di Andora (Savona) per il ciclo Monsieur Le Pop - Wine & Words.


Biagio Proietti - Un visionario felice - Booktrailer


Biagio Proietti - Un visionario felice, un saggio di Mario Gerosa con interventi di Andrea Carlo Cappi, Stefano Di Marino, Enrico Luceri e la partecipazione dello stesso Biagio Proietti, pubblicato da Edizioni Il Foglio. Un percorso attraverso televisione, cinema, radio, teatro, romanzi e altro ancora dell'autore culto che ha firmato mai dimenticati successi tv quali Coralba, Ho incontrato un'ombra, Dov'è Anna, ma anche trasposizioni sullo schermo di Edgar Allan Poe e di Madame Bovary. In vendita ora in libreria, su IBS, su Amazon e i principali bookshop online.

jueves, 22 de noviembre de 2018

Wine&Words con Aldo Lado



Secondo appuntamento "Wine & Words" di Monsieur Le Pop, rassegna dedicata alla cultura popolare. Degustazione di vini a cura della FISAR Savona. sabato 1° dicembre 2018 dalle 18.30, al Momart (v.Trieste 14, Marina di Andora, Savona).
Ospite un maestro del cinema italiano: Aldo Lado, scrittore ("I film che non vedrete mai", "Un pollo da spennare") sceneggiatore e regista ("La corta notte delle bambole di vetro", "Chi l'ha vista morire?" "L'ultmo treno della notte", "La cosa buffa", "Sepolta viva", "La disubbidienza", "La cugina", "L'umanoide"... musicati da Ennio Morricone), e produttore ("Farinelli").
Appuntamenti organizzati da Momart e Hotel Galleano, in collaborazione con FISAR Savona e Spirale Milano, ideati da Andrea Carlo Cappi e Andrea G. Pinketts. Ingresso gratuito. Conduce la serata Andrea Carlo Cappi.

miércoles, 21 de noviembre de 2018

Martin Mystère - L'ultima legione di Atlantide - Booktrailer




Per chi se lo fosse perso sinora... prima de La Donna Leopardo (vincitore del Premio Italia 2018 come miglior romanzo fantasy italiano), prima de Le guerre nel buio (bestseller in edicola nell'estate 2018) uscì un altro romanzo imperdibile nella saga di Martin Mystère di Andrea Carlo Cappi: diecimila anni fa, l'ultimo atto della guerra tra Atlantide e Mu e l'esodo dei superstiti nella città sotterranea di Agarthi, guidati da Xiwa Nagmu, la Donna Leopardo, e dal guerriero Yukan Kwam; negli anni Ottanta del Ventesimo secolo Martin Mystère, il Detective dell'Impossibile, indaga sull'inspiegabile suicidio di un'archeologa, scoprendo l'esistenza di una "squadra della morte" emersa da un lontano passato, con l'ordine di sopprimere tutte le persone al mondo caratterizzate da determinati profili genetici; in cima alla lista ci sono i nomi di Martin e del suo amico - ora avversario mortale - Sergej Orloff. Un legame mai svelato prima li unisce, facendone tra i pochi in grado di risvegliare un'arma di distruzione di massa rimasta inutilizzata dalla Guerra senza Tempo. Una guerra che non ha ancora avuto fine. Disponibile su IBS, Amazon e le altre librerie online.

lunes, 12 de noviembre de 2018

La disubbidienza secondo Aldo Lado



Riscoperta di Andrea Carlo Cappi

La prima volta che lessi il nome del regista Aldo Lado fu negli anni Settanta, in uno speciale del Corriere dei Ragazzi su thriller e horror cinematografici italiani. Mi feci subito l'idea che fosse uno dei maestri del genere. Purtroppo rientravo ancora nella categoria dei “minori di 14 anni” e mi era precluso l'accesso ai suoi film, nonostante fossero reperibili nelle numerose sale cinematografiche dell'epoca. Avrei dovuto aspettarne l'uscita in dvd per riuscire a vederli, grazie anche agli infaticabili Daniele e Manuel di Bloodbuster, il negozio di via Panfilo Castaldi a Milano. È proprio lì, del resto, che qualche anno fa ho incontrato per la prima volta il regista.
Ipnotizzato da capolavori come La corta notte delle bambole di vetro – un thriller simbolico ambientato nella Praga post-'68 – o Chi l'ha vista morire o lo sconvolgente L'ultimo treno della notte, fino a poco tempo fa mi è sfuggita la vasta produzione di Lado anche al di fuori del genere, una parte della quale si basa su scrittori italiani del Novecento. Tra i vari titoli spicca La disubbidienza (1981), liberamente tratto da un romanzo breve di Alberto Moravia.


Nella storia originale il quindicenne romano Luca Mansi vive un improvviso rifiuto delle regole borghesi del mondo in cui vive: la futura carriera che da lui si aspetta la famiglia, il denaro che i genitori conservano in una cassaforte dietro una Madonna sopra l'inginocchiatoio a cui il ragazzo ha l'obbligo di pregare, la vita “normale” perseguita da tutti coloro che lo circondano. Il desiderio di lasciarsi morire lo porta da piccoli gesti di disobbedienza privata a un senso di autodistruzione e quindi alla malattia, da cui guarirà spinto dalle pulsioni sessuali verso due donne più grandi di lui e poco attraenti, ma vivaci, affettuose e materne: prima la governante dei cuginetti, poi, decisiva, l'infermiera del sanatorio.
La versione sceneggiata dallo stesso Lado insieme a Barbara Alberti e Amedeo Pagani porta la vicenda su dimensioni più storicizzate e tematiche più sofferte nel dolore esistenziale dell'adolescente. Lo scenario è la Venezia nebbiosa e freddina amata dal regista, l'epoca la fine della guerra e il periodo immediatamente successivo. Luca Mansi è incarnato da Karl Zinny, all'epoca sedicenne o poco più, che riproduce perfettamente il fisico alto e magro ancorché infantile del protagonista moraviano. Il padre (Mario Adorf) è un borghese attento a barcamenarsi tra il fascismo ormai al tramonto, gli ultimi sussulti del nazismo e l'arrivo degli americani; con una certa ambiguità morale, ha aiutato alcuni ebrei a tentare invano la fuga, facendosene affidare le proprietà. La madre (Marie-José Nat) è una cantante che, visto infrangersi il sogno di diventare vedette a Berlino, punterà al successo radiofonico nel dopoguerra rinnegando le frequentazioni naziste.


Luca non si riconosce nei genitori e, conosciuto un gruppo di partigiani, entra nella Resistenza, permettendo di riflesso alla famiglia di scampare a qualsiasi giudizio politico dopo la Liberazione. Ma nel dopoguerra le promesse di un nuova società socialista di cui parlavano i suoi compagni sono soppiantate da nuove forme di arrivismo: chi pensa di andare in America, chi di farsi strada nei quadri del Partito Comunista, chi di tornare al lusso di prima della guerra. Persino il professore di italiano (ben caratterizzato da Nanni Loy) non è cambiato dopo la fine della Repubblica di Salò. Per tutta risposta, il ragazzo si prende una polmonite da cui si rifiuta di guarire, preda di un desiderio di autodistruzione.
Nondimeno destano il suo interesse l'infermiera Angela (Stefania Sandrelli) che lo accudisce in casa e una ragazza ebrea che non vedeva da tempo ma che già lo aveva attratto in passato: Edith (Therese Ann Savoy), protetta durante la guerra dalla famiglia Mansi, che le ha affidato la cura dei cuginetti di Luca. Entrambe le figure femminili – gelose l'una dell'altra – risultano essere state sfruttate come oggetti in cambio di tutela in tempi difficili. Se con Edith la conclusione è brusca, inattesa e foriera di tristi rivelazioni, con Angela – che non ha esitato a sacrificarsi per procurare la penicillina al ragazzo dopo una pesante ricaduta – Luca trova la salvezza e la forza di compiere l'ultima ribellione nei confronti della famiglia, coincidente con il due giugno 1946, il giorno del referendum che porterà l'Italia a diventare Repubblica.
Nella versione cinematografica, le due donne della vicenda sono molto più seducenti rispetto a quelle evocate nel romanzo, creando un alone di erotismo che permea la pellicola. Si trovano suggestioni da Luchino Visconti (il lancio di volantini nel teatro di Venezia), da René Magritte (il bacio attraverso la tenda fra Edith e Luca) e persino da Edgar Allan Poe, con la figura del corvo, mentre Moravia lo richiamava con una citazione da Lo scarabeo d'oro. E, una volta di più, il film è accompagnato da una colonna sonora di Ennio Morricone, qui alla sua ultima collaborazione con Aldo Lado dopo otto film e una serie televisiva insieme.

Aldo Lado in una foto di A. C. Cappi

Il regista incontrerà il pubblico nella duplice veste di autore cinematografico e letterario a Milano (giovedì 15 novembre 2018, dalle 18.00 alle 20.00 nell'ambito di Ribs and Books, gli aperitivi letterari al Ribs and Beer, in via Pitteri 110, Milano Lambrate) e ad Andora, Savona (sabato 1° dicembre 2018 per il ciclo Monsieur Le Pop dalle 18.30 alle 20.30 presso il Momart, via Trieste 14). Nel corso dei due appuntamenti racconterà le sue esperienze di regista e produttore in Italia e all'estero, e  presenterà i suoi due libri pubblicati dalla casa editrice Angera Film: I film che non vedrete mai, in cui alterna episodi della sua vita alle pagine di suoi interessanti soggetti cinematografici che non sono stati mai realizzati né da lui né da altri registi, raccontando in questo modo la storia di mezzo secolo di cinematografia; e Un pollo da spennare, un romanzo giallo-umoristico-surreale con echi di Daniel Pennac. Rivelandosi, tanto come film-maker quanto come narratore, dedito perennemente alla disubbidienza.


Aldo Lado a Ribs&Books. Milano, 15/11/2018




Giovedì 15 novembre 2018 dalle 18 alle 20, a Milano Lambrate, il Ribs and Beer (v. Pitteri 110) in collaborazione con Bloodbuster, Borderfiction e Parole di Milo presenta il secondo aperitivo del ciclo Ribs and Books.
Gli scrittori Andrea Carlo Cappi e Stefano Di Marino introducono un maestro del cinema italiano: Aldo Lado, regista di film di culto come La corta notte delle bamboe di vetro, Chi l'ha vista morire?, L'ultimo treno della notte, Sepolta viva, La cugina, La disubbidienza, L'umanoide... e ora autore de I film che non vedrete mai e Un pollo da spennare (Edizioni Angera Films). Un viaggio dal cinema alla narrativa in compagnia di uno dei più poliedrici registi italiani.
Ingresso gratuito.
Per chi vuole, aperitivo con buffet a 9,90 euro.
In vendita i film e i libri di Aldo Lado.

viernes, 9 de noviembre de 2018

Barbara (racconto del venerdì)

A. C. Cappi in una foto di Barbara a Giallo Carta 2018, Civitanova Marche


Salve a tutti e benvenuti al racconto del venerdì. Oggi scrivo da Civitanova Marche, dove sto partecipando al festival GialloCarta edizione 2018 (il programma delle mie apparizioni é da qualche giorno sul blog Borderfiction Zone). Alcuni eventi della prima serata mi hanno riportato alla memoria un mio racconto "dal vivo" scritto in una biblioteca nell'hinterland milanese il 4 luglio 2002. Per "racconti dal vivo" intendo quelli scritti in diretta su una lavagna a fogli mobili, con interazioni da parte del pubblico: si parte da un incipit proposto al momento e si prosegue inserendo altre frasi proposte dagli spettatori (qui riportate in giallo) che spesso non c'entrano nulla con quanto avviene nella storia. S'intende che prima e durante non so assolutamente che piega prenderà la storia che sto scrivendo, ma nell'ultimo minuto devo in ogni caso trovare una conclusione più o meno coerente. Buona lettura e buon weekend dal vostro K.

BARBARA
Racconto dal vivo di Andrea Carlo Cappi 

Barbara, ma dove cazzo sei finita?
Barbara, ma dove minchia sei a quest'ora? Non dovevi finire alle sette il tuo fottuto corso di new age navajo-tibetana? Barbara, quante volte te lo devo dire, cambia quella porca suoneria con la musichetta indo-pachistana, che non si sente niente, porco giuda. Io la detesto la new age, detesto la musica pakistana, tutta quella roba extracomunitaria.
Barbara, perdio!
Mi spiace, ma a questo punto non ho più niente da dire.
Barbara, tra noi è tutto finito. Tu credi che io non sappia, ma io so. Ti ho visto l'altro giorno che uscivi dal bar-ristorante L'Argentino. E so che tu non mangi e non bevi all'Argentino, perché tu mangi solo cucina macrobiotica. Lo so che te la fai con il gaucho che lava i piatti!
Barbara ride e dice: “Non ci ho capito niente.”
E l'altra settimana, quando ti ho beccata fuori dal ristorante cinese, che cosa stavi facendo? La collezione della cucina etnica? Lo so che il cameriere di Shanghai l'hai conosciuto al corso di meditazione trascendentale cambogiana.
Il panorama da lassù era splendido, quando nel viaggio di nozze mi conducesti sul Karakorum. Ho sopportato tutto per te: il viaggio in Asia, gli acchiappasogni navajo, l'incenso che fumiga in casa. Ho sopportato anche l'arredamento in vimini di Canton e i soprammobili della Terra del Fuoco. Non mi sono incazzato nemmeno quando hai portato a casa il Budda a grandezza naturale.
Il trapezista faceva il suo numero al Circo di Mosca.
Poi, quando l'ho beccato che faceva il suo numero nella nostra roulotte, ho perso il filo delle parole. E sono passato al filo del rasoio.
Barbara, dove cazzo sei, che stasera ti ho preparato il sushi?

©Andrea Carlo Cappi 2002-2009

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