lunes, 12 de noviembre de 2018

La disubbidienza secondo Aldo Lado



Riscoperta di Andrea Carlo Cappi

La prima volta che lessi il nome del regista Aldo Lado fu negli anni Settanta, in uno speciale del Corriere dei Ragazzi su thriller e horror cinematografici italiani. Mi feci subito l'idea che fosse uno dei maestri del genere. Purtroppo rientravo ancora nella categoria dei “minori di 14 anni” e mi era precluso l'accesso ai suoi film, nonostante fossero reperibili nelle numerose sale cinematografiche dell'epoca. Avrei dovuto aspettarne l'uscita in dvd per riuscire a vederli, grazie anche agli infaticabili Daniele e Manuel di Bloodbuster, il negozio di via Panfilo Castaldi a Milano. È proprio lì, del resto, che qualche anno fa ho incontrato per la prima volta il regista.
Ipnotizzato da capolavori come La corta notte delle bambole di vetro – un thriller simbolico ambientato nella Praga post-'68 – o Chi l'ha vista morire o lo sconvolgente L'ultimo treno della notte, fino a poco tempo fa mi è sfuggita la vasta produzione di Lado anche al di fuori del genere, una parte della quale si basa su scrittori italiani del Novecento. Tra i vari titoli spicca La disubbidienza (1981), liberamente tratto da un romanzo breve di Alberto Moravia.


Nella storia originale il quindicenne romano Luca Mansi vive un improvviso rifiuto delle regole borghesi del mondo in cui vive: la futura carriera che da lui si aspetta la famiglia, il denaro che i genitori conservano in una cassaforte dietro una Madonna sopra l'inginocchiatoio a cui il ragazzo ha l'obbligo di pregare, la vita “normale” perseguita da tutti coloro che lo circondano. Il desiderio di lasciarsi morire lo porta da piccoli gesti di disobbedienza privata a un senso di autodistruzione e quindi alla malattia, da cui guarirà spinto dalle pulsioni sessuali verso due donne più grandi di lui e poco attraenti, ma vivaci, affettuose e materne: prima la governante dei cuginetti, poi, decisiva, l'infermiera del sanatorio.
La versione sceneggiata dallo stesso Lado insieme a Barbara Alberti e Amedeo Pagani porta la vicenda su dimensioni più storicizzate e tematiche più sofferte nel dolore esistenziale dell'adolescente. Lo scenario è la Venezia nebbiosa e freddina amata dal regista, l'epoca la fine della guerra e il periodo immediatamente successivo. Luca Mansi è incarnato da Karl Zinny, all'epoca sedicenne o poco più, che riproduce perfettamente il fisico alto e magro ancorché infantile del protagonista moraviano. Il padre (Mario Adorf) è un borghese attento a barcamenarsi tra il fascismo ormai al tramonto, gli ultimi sussulti del nazismo e l'arrivo degli americani; con una certa ambiguità morale, ha aiutato alcuni ebrei a tentare invano la fuga, facendosene affidare le proprietà. La madre (Marie-José Nat) è una cantante che, visto infrangersi il sogno di diventare vedette a Berlino, punterà al successo radiofonico nel dopoguerra rinnegando le frequentazioni naziste.


Luca non si riconosce nei genitori e, conosciuto un gruppo di partigiani, entra nella Resistenza, permettendo di riflesso alla famiglia di scampare a qualsiasi giudizio politico dopo la Liberazione. Ma nel dopoguerra le promesse di un nuova società socialista di cui parlavano i suoi compagni sono soppiantate da nuove forme di arrivismo: chi pensa di andare in America, chi di farsi strada nei quadri del Partito Comunista, chi di tornare al lusso di prima della guerra. Persino il professore di italiano (ben caratterizzato da Nanni Loy) non è cambiato dopo la fine della Repubblica di Salò. Per tutta risposta, il ragazzo si prende una polmonite da cui si rifiuta di guarire, preda di un desiderio di autodistruzione.
Nondimeno destano il suo interesse l'infermiera Angela (Stefania Sandrelli) che lo accudisce in casa e una ragazza ebrea che non vedeva da tempo ma che già lo aveva attratto in passato: Edith (Therese Ann Savoy), protetta durante la guerra dalla famiglia Mansi, che le ha affidato la cura dei cuginetti di Luca. Entrambe le figure femminili – gelose l'una dell'altra – risultano essere state sfruttate come oggetti in cambio di tutela in tempi difficili. Se con Edith la conclusione è brusca, inattesa e foriera di tristi rivelazioni, con Angela – che non ha esitato a sacrificarsi per procurare la penicillina al ragazzo dopo una pesante ricaduta – Luca trova la salvezza e la forza di compiere l'ultima ribellione nei confronti della famiglia, coincidente con il due giugno 1946, il giorno del referendum che porterà l'Italia a diventare Repubblica.
Nella versione cinematografica, le due donne della vicenda sono molto più seducenti rispetto a quelle evocate nel romanzo, creando un alone di erotismo che permea la pellicola. Si trovano suggestioni da Luchino Visconti (il lancio di volantini nel teatro di Venezia), da René Magritte (il bacio attraverso la tenda fra Edith e Luca) e persino da Edgar Allan Poe, con la figura del corvo, mentre Moravia lo richiamava con una citazione da Lo scarabeo d'oro. E, una volta di più, il film è accompagnato da una colonna sonora di Ennio Morricone, qui alla sua ultima collaborazione con Aldo Lado dopo otto film e una serie televisiva insieme.

Aldo Lado in una foto di A. C. Cappi

Il regista incontrerà il pubblico nella duplice veste di autore cinematografico e letterario a Milano (giovedì 15 novembre 2018, dalle 18.00 alle 20.00 nell'ambito di Ribs and Books, gli aperitivi letterari al Ribs and Beer, in via Pitteri 110, Milano Lambrate) e ad Andora, Savona (sabato 1° dicembre 2018 per il ciclo Monsieur Le Pop dalle 18.30 alle 20.30 presso il Momart, via Trieste 14). Nel corso dei due appuntamenti racconterà le sue esperienze di regista e produttore in Italia e all'estero, e  presenterà i suoi due libri pubblicati dalla casa editrice Angera Film: I film che non vedrete mai, in cui alterna episodi della sua vita alle pagine di suoi interessanti soggetti cinematografici che non sono stati mai realizzati né da lui né da altri registi, raccontando in questo modo la storia di mezzo secolo di cinematografia; e Un pollo da spennare, un romanzo giallo-umoristico-surreale con echi di Daniel Pennac. Rivelandosi, tanto come film-maker quanto come narratore, dedito perennemente alla disubbidienza.


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