viernes, 4 de septiembre de 2020

Vita da pulp - Giallosapevo

 


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto, di Andrea Carlo Cappi

Se, come abbiamo visto, la parola pulp è stata oggetto di equivoci, per il termine giallo l’interpretazione è ancora più ambigua, assimilando chi vi si dedica a una specie di sarchiapone.

È noto che in Italia l’impiego di giallo in relazione a misteri e delitti risale a un’usanza di Arnoldo Mondadori Editore negli anni Venti: pubblicare collane di narrativa contraddistinte da colori diversi. I Libri Verdi erano romanzi storici, I Libri Azzurri trattavano perlopiù di vicende esotiche. Nel 1929 I Libri Gialli proposero per la prima volta in modo sistematico al pubblico italiano le detective stories che ormai erano un genere consolidato all’estero. Nel 1933 nacquero anche I gialli economici, in formato rivista nelle edicole.

Gli autori erano soprattutto inglesi, primo fra tutti Edgar Wallace. Nelle due collane fecero capolino Agatha Christie con Hercule Poirot, gli americani S.S. Van Dine con Philo Vance (che inaugurò la collana) ed Erle Stanley Gardner con Perry Mason; qualche francese e persino qualche autore italiano. Il regime non amava la letteratura di delitti, né quella di provenienza straniera né tantomeno quella di produzione nazionale, tanto che l’allora esordiente Giorgio Scerbanenco dovette ambientare i propri romanzi a Boston, mentre nella traduzione di Orient Express (come fu intitolata la prima edizione di un celebre romanzo della Christie) l’autista italiano diventava... brasiliano. Gli italiani dell’Era Fascista non potevano avere a che fare con gli omicidi.

Dopo qualche tempo, perciò, la collana fu chiusa per ordini superiori, ma riaprì nel 1946 come Il Giallo Mondadori, in edicola a cadenza settimanale. C’era ancora in lista qualche pregevole autore italiano, ma la netta prevalenza era di romanzi inglesi e americani. Ed è a questo punto che si crea un primo equivoco, dovuto non solo alla diffusione in edicola, ma anche a traduzioni tagliate per ridurre la lunghezza dei libri, come capitò alle primissime pubblicazioni di Raymond Chandler nel settimanale mondadoriano, cui fu resa giustizia nelle edizioni successive.

Prima o poi, tutti gli editori vollero avere una propria collana di gialli: Garzanti, Longanesi, Feltrinelli, Rizzoli... Eppure tali libri erano considerati dalla critica un prodotto sbrigativo, semplice e di scarso valore. Letteratura ferroviaria. L’apparizione di collane imitative presso case editrici minori, che tra gli anni Cinquanta e Sessanta pubblicarono romanzi talvolta improvvisati di autori italiani sotto pseudonimo straniero o semplicemente buoni libri stranieri mal tradotti, contribuì a un’immagine negativa del genere.

Si consolidò inoltre un secondo equivoco: l’erronea convinzione che gli italiani non fossero capaci di scrivere gialli. Un sospetto che ogni tanto è venuto anche a me, esaminando dattiloscritti di aspiranti autori nazionali nel mio lavoro di lettore per case editrici. Ricordo una volta che durante un viaggio in treno dovetti leggere un testo ignobile proposto a Mondadori: nella stroncatura scrissi che, se il giallo dev’essere letteratura ferroviaria, quel romanzo invitava a guardare fuori dal finestrino; anche in galleria.

Il terzo equivoco è invece linguistico. Il Giallo Mondadori pubblicava un ampio ventaglio di romanzi che oggi potremmo classificare come giallo classico, noir, thriller, spionaggio (sottogenere che nel 1960 si guadagnò una collana a parte presso Mondadori, Segretissimo). Ma nel corso degli anni la parola giallo venne a indicare soprattutto la detective story tradizionale, il whodunit (ovvero: chi è stato?) ossia il giallo classico, per intenderci quello alla Agatha Christie.

Nel contempo, sui giornali, il vocabolo giallo cominciò a essere usato per indicare qualsiasi caso di omicidio irrisolto, in quella che peraltro si definiva cronaca nera. Mentre all’estero, con il successo mondiale dei film di Dario Argento e molti altri registi italiani alla fine degli anni Sessanta, giallo divenne la definizione di quel tipo di storie - da noi chiamate "thrilling", spesso imperniate su serial killer (ante litteram), talvolta persino con qualche elemento fantastico, un concetto assente e addirittura proibito nel giallo classico.

Altrove il percorso fu diverso: nel 1945 l’editore francese Gallimard inaugurò la collana Série Noire, che si orientò soprattutto sul filone hardboiled americano, da Dashiell Hammett in poi. Nel 1946 il critico francese (di nascita italiana) Nino Frank usò il termine film noir a proposito de Il mistero del falco, tratto appunto da Il falcone maltese di Hammett, consacrando la parola noir a definizione del sottogenere. Sicché anche in spagnolo si sarebbe poi parlato di novela negra.

Poiché in Francia tanto la collana di Gallimard quanto i film ispirati dai romanzi che questa pubblicava godevano di grande rispetto, di rimbalzo il termine noir ebbe in tutto il mondo un destino ben diverso rispetto a quello di giallo in Italia. Ancora oggi, in Italia, un autore di gialli è considerato uno scrittorucolo; non così un autore di noir, quello sì che è uno scrittore! Anche se, proprio per questo, a volte si classificano "noir" romanzi che andrebbero considerati "gialli", senza che questo significhi che sono scadenti. Ma se dici di scrivere gialli, di solito fai brutta figura in società.

«Giallosapevo che non era giallo», diceva Walter Chiari a Carlo Campanini nel leggendario sketch televisivo Il Sarchiapone, fingendo di sapere benissimo di cosa si trattasse e di che colore fosse. Se il sarchiapone è una misteriosa creatura risalente a Lo cunto de li cunti di Giambattista Basile, il numero di Walter Chiari si ispira invece a una barzelletta scozzese, anche questa di ambientazione ferroviaria, in cui si parlava di un imprecisato macguffin.

Guarda caso, prendendo spunto proprio dalla barzelletta, questa è la parola con cui Alfred Hitchcock indicava il motivo per cui i personaggi di un suo film fanno quello che fanno: il macguffin può essere uranio in polvere in una bottiglia nascosta in cantina, o il segreto di un trauma sepolto nell'inconscio, oppure un microfilm dentro una statuetta. Pur essendo la chiave di un mistero, per lo sceneggiatore di turno non è poi così importante che cosa sia il macguffin, ciò che conta è che i protagonisti dovranno impedire che cada in mani sbagliate e nel frattempo si evolveranno i rapporti fra loro. In sostanza, è uno dei segreti del Mago del Brivido che, anche se non era classificato noir, sapeva benissimo come si realizzava un giallo.


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Immagine: A. C. Cappi sul set del film "Quantum of Solace", foto di Riccardo Mazzoni

Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.

1-Il Paradosso Strumpf

2-Fumo negli occhi

3-Una testa piena di gente

4-Giallosapevo

5-Le storie dentro di noi

6-Lo scrittore inesistente

7-Se sapeste cosa c'è dietro...

8-Al buio gli scrittori sono neri

9-Perché sono le donne...

10-Nato per perdere?

11-E' solo l'inizio



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