martes, 10 de agosto de 2021

Vita da pulp - Il silenzio che uccide

Stefano Di Marino a GialloLatino, 2014, foto A. C. Cappi

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto, di Andrea Carlo Cappi


Ho già spiegato cosa intendo qui per “pulp”: la narrativa popolare di ogni genere sulle riviste americane della prima metà del XX secolo, che ha generato, per citare giusto un paio di nomi, autori come Dashiell Hammett o Robert E. Howard. Pulp non significa “scrivere male”, bensì raccontare storie con un forte contenuto di azione e di emozioni.
Scrivo queste righe alle 7.30 del mattino del 10 agosto 2021. Quattro giorni fa a quest’ora il massimo esponente italiano della narrativa pulp si era appena tolto la vita. È stata una delle rare volte che i giornali (online, quantomeno) hanno parlato di lui, e nemmeno tanto. Oggi qui lo chiamerò con iI suo soprannome abituale, “il Prof”. In questi giorni ho scritto vari articoli per ricordarlo, ma stavolta vorrei fare un discorso più ampio e qualche chiarimento.
All’inizio dell’estate, su Facebook, il Prof accennò con riserbo a “problemi personali”. Visto ciò che scriveva, potreste immaginarlo braccato da picchiatori di Las Vegas o sicari di Hong Kong. O che avesse un male incurabile, o gli stessi problemi di Amy Winehouse; no, stava bene, era un salutista, conduceva una vita senza eccessi. Ha avuto solo il destino di un figlio unico con genitori in età avanzata; nel suo caso, tutto in una volta, con dispiaceri, stress, problemi burocratici ed emergenze finanziarie... che a loro volta procurano altro stress: un autore pulp, per quanto di successo, non nuota nell’oro.
In un certo senso, questo è parte del problema, ma non solo per questioni economiche. Lo sappiamo, il mercato italiano è quel che è. Gli editori onesti in certe collane possono pagare poco (anche se in altre collane a volte sprecano soldi per presunti, inutili bestseller”... quante ne abbiamo viste, lui e io); gli editori piccoli non possono quasi pagare se non a lunghissimo termine, ma sono gli unici a pubblicare certi libri che ci interessa scrivere; le uscite in ebook rendono pochissimo; e a volte capitano anche gli editori disonesti.
Un autore come il Prof, in grado di produrre parecchi romanzi e saggi ogni anno e spaziare tra generi e tematiche, andrebbe considerato un’eccellenza italiana”. I suoi libri dovrebbero essere sempre in catalogo, anche perché chi lo scopre poi vuole leggere tutto di lui. Senonché i titoli che escono in edicola – e solo perché in Italia esistono e resistono i periodici di narrativa di genere – sono disponibili per uno o due mesi; vendono in quel periodo più di molti romanzi di altri autori in libreria, poi sono acquistabili solo in ebook. Quanto ai titoli da piccoli editori, con minori distribuzione e visibilità, sono più difficili da reperire.
Posso capire che parecchie uscite sotto pseudonimo in una collana da edicola non siano più una “notizia”, se non perché una serie made in Italy continua ad avere successo dopo oltre venticinque anni e più di cento episodi; non è cosa da poco. Ma, almeno quando lo stesso autore pubblica altrove un thriller di tipo diverso o un saggio particolarmente interessante e documentato... be’, forse i media dovrebbero parlarne.
Invece è l’esatto contrario: si direbbe che tutti si siano messi d’accordo per tacere. D’altra parte, se in Italia si sapesse che il Prof pubblica libri che vendono migliaia di copie in poche settimane, gli italiani comincerebbero a leggere solo lui. Ecco dunque le sottili campagne di odio. Un anonimo sui bookshop online mette un giudizio di una sola stella su ogni suo libro, per abbassare la media dei voti dei lettori. Qualcuno dice a un editore: «Perché lo pubblichi? Non sai che...» cominciando a diffondere voci confuse ma diffamatorie.
A tutto questo, come dico spesso, si aggiunge che, se un autore proviene dalla gavetta e dall’edicola, è discriminato anche quando pubblica in libreria un volume rilegato per una grossa casa editrice, il che pesa su promozione, prenotazioni, distribuzione e vendite. Vi faccio un esempio. Nel 1996 uscì da Sperling & Kupfer I sette sentieri dell’Alleanza, firmato senza pseudonimi: è un romanzo appassionante, che anticipa di sette anni e schiaccia per superiorità e originalità il mediocre, scopiazzato Il codice Da Vinci. Avrete sentito parlare tutti del secondo, ma non del primo.
Provate a mettervi nei panni di un narratore per cui la scrittura è tutto nella vita, adorato dai suoi lettori ma ignorato e disprezzato da una società che cerca di farlo dimenticare in vita, di disperdere il suo pubblico, di soffocarlo, neanche fosse il peggiore dei delinquenti. Punito per essere troppo bravo. E immaginate, mentre combatte ogni giorno nella trincea dell’editoria, che si trovi soverchiato da altri problemi che gli sembrano insormontabili. Si è detto suicidio, ma non è esatto. È stato il silenzio a ucciderlo.

Continua...



Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker

4 comentarios:

  1. Son d'accordo che Stefano fosse il più prolifico scrittore di narrativa di genere, una vera rarità. Non sapeva solo imbastore il ritmo, essenziale per le sue storie, ma aveva una capacità rara in uno scrittore "compulsivo" come lo definiva un mio amico, storico del Giallo italiano e amico di Pirani: sapeva evocare, creava atmosfere uniche, e in questo era veramente un grande scrittore, capacità di ricreare mondi lontani stando a casa, che lo metteva tranquillamente accanto ad autori come Salgari o come Jules Verne. Tuttavia Stefano era famoso, più che per i thrillers (anche magnifici: io ne lessi e recensii sulle pagine del mio blog, uno superlativo: Mosaico a tessere di sangue. Gli avevo chiesto il pdf, ma lui non lo trovava e così lo ordinai, ma mi arrivò 5 mesi dopo, probabilmente una delle ultime rimanenze in Italia), per le storie Spy. Ora, anche tu sei scrittore di segretissimo e ammetterai che lo spy action è stata un po' un'invenzione da edicola: in libreria c'è poca letteratura di questo genere, per cui uno come lui che era idolatrato dai suoi fan di Segretissimo, veniva per essere ignorato dal grosso del pubblico delle librerie. Non so se sia stato una carognata nei suoi conmfronti come tu adombri, o solo un prodotto dell'editoria italiana. Io penso che se lui si fosse rivolto solo ai thrillers, come Faletti, Lucarelli, Manzini, De Giovanni,Luceri e qualche altro, avrebbe avuto più possibilità di diventare famoso. Poi c'è il problema degli agenti letterari: era rappresentato da qualcunoi? Se stai in una scuderia accreditata hai più facilità di essere pubblicato. O no?

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  2. concordo con Cappi. Dicevo la stessa cosa nel ricordo che ho pubblicato su Di Marino

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  3. Una lezione l'abbiamo imparata tutti: è bello parlare di libri ma è ancora più importante comprarli.
    È il miglior tributo per chi vive del mestiere di scrivere.

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  4. Tutto vero, tutto esatto. Non amavo particolarmente gli scritti di Stefano, amavo Sergio incondizionatamente, ma era molto documentato e molto preciso. Un autore del genere, così prolifico, andava tutelato e protetto.
    Certo, come no.

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