domingo, 23 de agosto de 2015

L'ultimo paradiso del flamenco

Carmen de Pau (foto di A. C. Cappi)

Sproloquio di Andrea Carlo Cappi


Salve a tutti. Rimando a domani la nuova puntata di Capriccio espagnol e intanto vi parlo di quello che per me è diventato il tema dell'estate: il "ritorno" del flamenco.
La mia famiglia è legata alla Spagna da tre generazioni, contando anche me, e dal 1973 sono passato da Maiorca almeno una volta all'anno, spesso di più. Abbiamo visto la fine del franchismo e l'arrivo della democrazia, trepidato (dall'Italia) durante il tentato golpe a Madrid del 1981 e (a Maiorca) in occasione dell'ultimo attentato dell'ETA, nell'estate del 2009, costato la vita a due giovani della Guardia Civil.


La Toñi (foto di A. C. Cappi)

Qui ho imparato spagnolo e inglese, le lingue che da oltre vent'anni mi permettono di lavorare come traduttore. E qui torno ogni volta che posso per avere davanti agli occhi, anche mentre lavoro, uno dei miei panorami preferiti. Molti miei romanzi e racconti sono nati ai tavoli di un bar-ristorante sulla spiaggia di Magalluf che da diversi anni va sotto il nome di "El Ultimo Paraiso": ricorda un po' quello in cui si rifugia James Bond in Turchia nel film Skyfall, ma per fortuna qui non occorre dimostrare il proprio coraggio bevendo alcolici di dubbia fattura con uno scorpione che passeggia sulla mano.
La piacevole sorpresa di quest'anno: uno dei due fratelli che mandano avanti il Paraiso non solo si è rivelato un chitarrista flamenco, ma ha cominciato a organizzare settimanalmente spettacoli di musica e ballo abbinati a una cena con paella e sangría. Se le ultime due sono piuttosto facili da trovare da queste parti, non si può dire lo stesso del flamenco.
Così ogni venerdì sera alle nove sono in prima fila ad ascoltare le chitarre di Miguel Crespo ed Estéban Sánchez e assistere allo spettacolo in cui ho visto alternarsi sinora quattro bailaoras diverse. E sono ben lieto di ritrovare qualcosa di spagnolo... in Spagna, scoprendo anzi che il flamenco sull'isola ha tuttora un seguito molto vasto ed è coltivato anche dalle nuove generazioni.
Come molte tracce della cultura spagnola, temevo che anche il flamenco, che da sempre è una delle colonne sonore della mia vita oltre che di parecchi miei libri, stesse cominciando a sparire dall'area. I motivi? Da una parte una sorta di crescente globalizzazione. Questa è una zona molto turistica dell'isola, da anni poco abitata d'inverno e molto affollata d'estate, soprattutto da ragazzi in cerca di chiasso e alcool. Per molti di loro, soprattutto i britannici, non fa differenza se si trovano in Spagna o in Grecia e non sarebbero in grado di distinguere l'una dall'altra. Non a caso alcuni anni fa Magalluf (in marzo!) ha "interpretato" una località greca in un film sulle vacanze estive dei teenager inglesi, con la semplice aggiunta di insegne posticce su qualche bar e il travestimento ellenico di una cabina telefonica. La musica che si sente per le strade è quella che si sente dappertutto e di spagnolo sembra essere rimasto ben poco.
Ma dall'altra parte c'è un ulteriore elemento da non sottovalutare. Soffocata dal regime fino a metà degli anni Settanta, la lingua catalana - con la cultura di tutto rispetto a essa relativa - è riemersa grazie alla Costituzione del 1978 che dava spazio all'autonomia e al bilinguismo in varie zone della Spagna. E, come tutte le volte che una cosa viene repressa a lungo, c'è il rischio che quando torna diventi a sua volta oppressiva. Già nei primi anni Ottanta a Barcellona la segnaletica stradale era monolingue e certi negozianti si rifiutavano di rispondere in castigliano (ovvero lo spagnolo, una delle lingue più parlate nel mondo, a differenza del catalano) anche a clienti stranieri che gli si rivolgevano in quella che, in ogni caso, restava uno degli idiomi ufficiali.
Il fenomeno si è poi esteso anche alle Baleari. Non solo nelle scuole si insegna il catalano, ma alcune materie sono insegnate in catalano. Per ottenere alcuni posti di lavoro è obbligatoria la conoscenza del catalano... in un'area in cui, data la presenza dei turisti, la popolazione locale si sforza di parlare non solo inglese, ma anche l'italiano o il russo. Ci sono poi due dettagli fondamentali. Primo, il catalano non è propriamente la lingua delle Baleari: i dialetti locali sono una forma di catalano più arcaico, che ha oltretutto un illustre rappresentante in Ramon Llull (o Raimondo Lullo), filosofo maiorchino medievale; quindi molti autoctoni vedono questa lingua come un'imposizione che arriva da Barcellona. Secondo, il settore turistico ha sempre attirato lavoratori da tutta la Spagna e, oggi, anche dall'America Latina. Un mondo intero di persone unite dalla lingua castigliana... e in qualche modo discriminate mediante il catalano.
Giusto oggi dalla Catalogna in pieno fermento indipendentista - qualcuno di recente, sul modello di grexit ha coniato l'espressione catalexit - giungeva la proposta di costruire un grande paese catalano, separato dalla Spagna e fuori dall'euro. Uno stato che includerebbe - presumo come colonia - anche le Baleari. Mi auguro che l'idea non abbia seguito... e ve lo dice uno che, come proprio pseudonimo per una serie di libri con protagonista una ballerina di flamenco sivigliana, ha scelto il cognome catalano "Torrent". Ma in questo clima, qualcuno vede ciò che viene da altre zone della Spagna come il Male.

Per fortuna ogni tanto si trovano persone con una più ampia visione culturale, che unisce la tradizione andalusa alla paella valenciana e alla sangría, che forse ha origine (come del resto alcuni stili del flamenco) tra gli spagnoli emigrati oltremare e poi tornati in patria. Vi lascio ai video con Inma Crespo e Ika Santiago e rimango in attesa che qualche referendum sancisca se la crema catalana è indipendentista oppure si possa considerare catalana, spagnola ed europea.




miércoles, 19 de agosto de 2015

Ayrton Senna: l''importanza di essere uomo



Articolo di Fabio Viganò

Non vogliamo parlare del pilota. Troppo si è detto… Lui ha sempre parlato con i fatti. L’unica verità è che Ayrton Senna amava correre. Amava il suo lavoro. Quando lo vedevi entrare nell’abitacolo della sua monoposto di F1, concentratissimo, si poteva essere certi di una cosa: avrebbe dato il massimo.
Dare il massimo di sé era nella sua naturale essenza di uomo. Lo vedevi schizzar fuori dai box in preda a una sorta di “divina mania”. In quel momento iniziava la sua danza: quasi fosse in simbiosi con la vettura, affrontava curve a velocità impressionanti, giostrando le sterzate con maestria, chiudendo o aprendo la sempre al punto giusto. Ne usciva sempre in accelerazione, non importava che tipo di curva affrontasse. Era una continua lotta contro la forza centrifuga! In ogni gara disegnava traiettorie irripetibili, armoniose, indicibilmente sorprendenti.



Teneva molto al Gran Premio d’Italia, dove mi capitava d’incontrarlo per pochi momenti. Monza lo appassionava! Credo che il motivo sia da ricercarsi nel circuito stesso: quello di Monza è uno tra i più veloci al mondo. Ma Senna ha sempre cercato il sano agonismo,fatto di correttezza e lealtà. Non è un luogo comune il definirlo una brava persona. Ayrton Senna è stato una brava persona e un galantuomo. È stato prima uomo, poi pilota di formula 1, proprio perché non ha mai perso la spontaneità del bambino.
Poche volte l’ho visto sorridere: la gara incombeva. Ma quando capitava… stavi bene anche tu. Era come se all’orizzonte spuntasse finalmente il sole.
“Siate coerenti e siate sempre voi stessi…” Questo direbbe l’uomo Senna, oggi, se fosse ancora vivo. Essere coerenti, in certe occasioni può risultare essere oltremodo scomodo. Però aiuta a crescere. Ci insegna a divenire uomini.
Essere noi stessi non è mai facile. Ayrton, e altri come lui, ad esempio Elio De Angelis, hanno insegnato al mondo intero l’arte di esserlo, costi quel che costi. Ci hanno lasciato valori veri. Valori che nessuna curva del Tamburello ci potrà mai togliere. Chi ha avuto il privilegio di conoscere Senna non lo dimenticherà mai. La modestia e la semplicità con cui ti parlava erano disarmanti. Sapeva sempre metterti a tuo agio. Era, semplicemente, una persona speciale, una persona vera, capace di ribellarsi a ciò che riteneva ingiusto.
Certe persone non muoiono mai. Se Dio, quel giorno del 1994 a Imola, ti ha voluto fare il regalo più grande che esista, cioè vederLo, allora starai sorridendo…
Grazie Ayrton.













domingo, 16 de agosto de 2015

Il Re è vivo



Sproloquio di Andrea Carlo Cappi


Come ogni sedici agosto, ho un appuntamento cui cerco sempre di non mancare. Nel 1984 (passa il tempo!) mi trovavo a poche centinaia di metri da dove sono ora, in un albergo in cui spesso la sera mettevo dischi a uso degli ospiti e intanto cercavo di conquistare giovani turiste (passa il tempo, ma certe abitudini non cambiano). Nel pomeriggio approfittavo dell'impianto per registrarmi su cassetta i dischi in dotazione all'hotel. E quel pomeriggio sui piatti giravano i due LP di un'antologia di Elvis Presley, la colonna sonora del film-documentario This is Elvis. A fare da discoteca era il giardino dell'albergo; la console era alloggiata in una sorta di Hollywood Bowl in miniatura, concepito in origine per ospitare la band propria dell'albergo, "Los Tres Comodoros", che vi si esibiva tutte le sere tra gli anni Sessanta e Settanta.
Mentre la voce di Elvis aleggiava a basso volume nell'ora della siesta, a un certo punto vidi entrare in punta di piedi dalla porta del giardino una coppia sull'orlo della sessantina: lei una tipica signora inglese magra, con un abbigliamento che poteva essere di moda negli anni Cinquanta; lui robusto, dai tratti arabi - egiziano, pensai all'epoca - in camicia chiara e pantaloni corti scuri. I due si sedettero a un tavolino in prima fila e rimasero in contemplazione, come se stessero assistendo a una cerimonia religiosa. E, quando ebbi finito le mie registrazioni, mentre rimettevo a posto i dischi, finalmente ebbero il coraggio di avvicinarsi.
Erano, se mai ci fosse bisogno di dirlo, due fan di Elvis. Due adoratori che non solo avevano sentito tutti i dischi e visto tutti i film, ma erano anche andati in pellegrinaggio a Graceland. E, dal momento che quel giorno - per pura coincidenza - era il sedici agosto, settimo anniversario della morte di Presley, mi avevano scambiato per il sacerdote di un culto elvisiano che rendeva omaggio al Re. Conclusasi la cerimonia, salutarono e se ne andarono commossi.
In effetti ricordavo che Elvis Presley era morto in agosto: ero nello stesso luogo anche sette anni prima, quando in un bar avevo letto la notizia sulla prima pagina di un quotidiano inglese. Ma non sapevo di avere scelto la data esatta per registrare la mia audiocassetta.
Fatto sta che da allora, che io mi trovi qui, o in una Milano più o meno deserta, oppure altrove, il sedici agosto di ogni anno suono una canzone di Elvis Presley, a volume non troppo alto, per tutti coloro che siano in grado di tendere l'orecchio e riconoscerla. Ed è quello che sto per fare ora.
The King lives! 




miércoles, 12 de agosto de 2015

Antonio de la Gándara: genio e delicatezza / genius and refinement




Antonio de la Gándara, autoritratto


Un artista visto da Fabio Viganò
English translation by A. C. Cappi

È verso la fine dell’Ottocento che nella Ville Lumière ha inizio la Belle Époque, un periodo destinato a entrare nella storia dell’umanità, pieno di vibranti aspettative carico di una certa fiducia nel futuro, ma di certo caratterizzato dalla nostalgia per il passato. In questo contesto socio-culturale spicca la figura di un grande pittore come Antonio de la Gándara.
Di origine spagnola, nato a Parigi il 16 dicembre del 1861, impara l’arte della pittura da Jean-Léon Gèrome e viene ammesso a soli quindici anni all’École Nationale Supérieure des beaux–arts de Paris, distinguendosi sin dagli esordi per il tratto pittorico ricercato, raffinato e nel contempo passionale, pulsante di tutte quelle speranze che caratterizzavano il periodo in cui si inseriva e dal quale era culturalmente influenzato.
Nomi importanti della letteratura, non soltanto parigina, vanno annoverati tra le sue amicizie: Proust, Verlaine – scrittore uno e poeta l’altro – sono solo alcune tra le sue frequentazioni. L’influenza di Verlaine e di tutti gli altri artisti “maledetti”, primo fra tutti Baudelaire, ma anche Rimbaud, predisporrà senza ombra di dubbio al simbolismo e a certi scivolamenti impressionisti lo stile di Antonio de la Gándara, che abbraccerà completamente, restandone affascinato, il manifesto poetico di Verlaine del 1882:

La musica prima di tutto

e dunque scegli il metro dispari

più vago e più lieve

niente in lui di maestoso e greve.

Occorre inoltre che tu scelga

le parole con qualche imprecisione

nulla di più amato del canto ambiguo

dove all’esatto si unisce l’incerto.

Son gli occhi belli dietro alle velette,

l’immenso dì che vibra a mezzogiorno,

e per un cielo d’autunno intepidito

l’azzurro opaco delle chiare stelle!
 


Antonio de la Gándara, Portrait de Paul Verlaine

Le stelle dell’arte brillano da Parigi a Milano in un cielo tumultuoso di fermenti. A Milano si esprime la Scapigliatura in tutte le sue forme artistiche, dalla scultura alla pittura, dalla poesia alla musica. A Belfast viene costruito il Titanic, l’inaffondabile nave della Gran Bretagna. Tutto il mondo è una fucina di idee e di innovazioni.
A Parigi, intanto, Antonio de la Gándara legge ancora – e poi ancora – il manifesto poetico dell’amico Verlaine. Ne parla con il principe di Polignac, Lyane de Pougy, Ida Rubinstein, nonché il conte di Montesquieu. La strada è dettata!

Fuggi più che puoi il Frizzo Assassino,

il crudele Motteggio e il Riso impuro

che fanno lacrimare l’occhio dell’Azzurro,

e tutto quest’aglio di bassa cucina!

Prendi l’eloquenza e torcile il collo!

Bene farai, se con ogni energia

Farai la rima un poco più assennata.

A non controllarla, fin dove potrà andare?

chi dirà i difetti della Rima?

che bambino stonato, o negro folle


ci ha fuso questo gioiello da un soldo

che suona vuoto e falso sotto la lima?
 
L’artista pare acconsentire a questi insegnamenti innovativi. I suoi tratti pittorici, da tenui, cambiano, si alternano, divengono pulsanti di sfumature cromatiche che ben scrutano al di sotto delle apparenze, oltre la banalità, sottolineando il carattere, la persona, in tutta la sua interezza o incertezza.

Sublime potere dell’arte, l’analisi introspettiva dell’essere umano! L’incertezza della vita, la caducità umana nei dipinti di de la Gandara sono vita vissuta. Il suo pennello tratteggia in modo originale ed eclettico virtù e vizi, potenza e limiti dell’essere umano. Il galantuomo ch’è in lui traspare da ogni tela dipinta. Sono periodi in cui l’arte tocca vette inaspettate in tutti i campi. Gustave Courbet, Latour, Bacchi, Renoir sono solo alcune figure del firmamento artistico cittadino. L’unicità dell’arte di Antonio de la Gándara traspare in modo netto ed evidente anche nei paesaggi parigini, che paiono essere opera di un impressionista. Le rive della Senna hanno visto sorgere un nuovo stile pittorico!
Espone in quasi tutta Europa, dalla Germania al Regno Unito, dalla Russia alla Spagna, nonché in Italia, a Venezia e a Roma. Il suo stile è da subito riconosciuto e apprezzato.
 

E musica, ancora, e per sempre!

sia in tuo verso qualcosa che svola,

si senta che fugge da un’anima in viaggio

verso altri cieli e verso altri amori.

Sia il tuo verso la buona avventura

spanta al vento frizzante del mattino

che fa fiorire la menta e il timo…

Il resto è soltanto letteratura.


L’arte di Antonio de la Gandara non è manieristica. È innovativa e rivoluzionaria. Il sentimento pervade ogni sua opera, trabocca da ogni tratto. I ritratti – il suo genere prediletto – sono in realtà vere e proprie introspezioni psicoanalitiche che tendono a far risaltare l’uomo in tutta la sua complessità. Sarà però Charlotte, che sposerà nel 1909, la sua vera musa ispiratrice nell’arte della “divina mania”.



Antonnio de la Gándara, Madame de la Gándara


Antonio de la Gándara stupirà il mondo, compresi gli Stati Uniti d’America dove esporrà a New York e Boston. La critica di quell’epoca sottolinea le qualità di questo pittore che rimane avulso dalle correnti pittoriche del suo tempo. In realtà, non è possibile non scorgere tracce di quell’Impressionismo che imperversava per le strade di Parigi , lungo la Senna… nei bistrot degli intellettuali e negli studi d’arte! Apollinaire di lui scrisse:

Il est fier comme un hidalgo

J’aime mieux son port de tète

Que sa peinture

Bien qu’lle soit honorable

Il achète un journal au kiosque et paie

D’un geste

Distinguè

Je dètache le mot distinguè comme son geste est détaché, tu vois.

Il n’ira pas chez Lipp

En face


Malgrè la bonne bière

Et rentre chez lui

D’un pas choisi (…)


Dopo aver strabiliato il mondo intero con la sua arte a ogni esposizione, a ogni personale, ritornerà nella sua tanto cara e amata Parigi dove si spegnerà il 30 giugno del 1917, lasciando a tutti noi opere che gli valsero, con merito, il paragone con Velázquez! Semplicemente un grande interprete della pittura mondiale.

Antonio de la Gándara, Femme au voile




English version







Antonio de la Gándara, Joueur de flûte
 

At the end of the 19th century, in the Ville Lumière, the Belle Époque begins: a period which will mark the history of mankind, full of vibrating expectations, charged with some faith in the future, but for sure marked by loving memories of the past. In this socio-cultural context, the great painter Antonio de la Gándara stands out.

Of Spanish origin, born in Paris on december 16th, 1861, he learns the art of painting from Jean-Léon Gèrome and is admitted, just fifteen years old, at the École Nationale Supérieure des beaux–arts de Paris; since the beginning he iss noticed thanks to his distinguished, refined and at the same time passionate touch, vibrating with all the hopes of the age and the cultural influence he lived in. 
Important names of literature, not only from Paris, are among his friends: Proust, Verlaine – writer the first, poet the latter – are just some of the people he used to meet. Verlaine and all the other maudits, from Baudelaire to Rimbaud, will undoubtedly lead him to symbolism and soomehow toward Impressionism. He will thouroughly embrace, fascinated, Verlaine’s poetic manifesto of 1882:


Music above all

Hence choose the uneven verse,

vaguer and softer;

nothing in it is majestic and heavy.

You also need to choose

words with some imprecision:

nothing more beloved of ambiguos singing

were precision meets uncertainty.

Beautiful are the eyes behind veils

the immense day vibrating at noon

and for a lukewarm autumn sky

the opaque blue of the bright stars!

Stars of the art shine from Paris to Milan in a troubled sky. In Milan the Scapigliatura is expressing itself in all forms of art: sculpture, painting, poetry and music. In Belfast the Titanic is built, the unsinkable British ship. The whole world is burning with ideas and innovation.
Meanwhile, in Paris, Antonio de la Gándara reads and reads again his friend Verlaine’s poetic manifesto. He discusses it with the prince of Polignac, Lyane de Pougy, Ida Rubinstein, as well as with the count of Montesquieu. The course is set!


Avoid at all costs the Killing Brilliance

the cruel Wording and the impure Laugh

that draw tears fron the eye of Blue,

and all the garlic from the low kitchen!

Take eloquence and strangle it!

Good you will do if with all energy

you make your rhyme a little sounder.

Where will it go, if you do not control it?

Who is going to tell the Rhyme’s faults?

Which child out of key or crazy negro

made this unworthy jewel

which sounds empty and fake under the file?
 

The artist seems to agree with all these teachings of innovation. His painting, soft at the start, changes, vary, start pulsating with colour shades, exploring beyond appearances, beyond banality, underlining attitudes, persolanities in the whole, including their uncertainties.
Wonderful power of the art, the introspection of the human being! The uncertainty of life, the frailty of man become real life in de la Gándara’s paintings. His brush portrays, in an original and eclectic way, vice and virtue, power and limits of the human being. The gentleman in him appears in every work of his.

In this age, art reaches unexpected heights in every field.
Gustave Courbet, Latour, Bacchi, Renoir are just a few names in the artistic scene of the city. The uniqueness of Antonio de la Gándara’s art appears clearly in his Paris landscapes, which look like the work of an impressionist. The Rives of the Seine have just seen the birth of a new style!

His work is shown in exhibitions all across Europe, from Germany to United Kingdom, from Russia to Spain, even in Italy, in Venice and Rome. His style is immediately appreciated.

And music, again and forever!

Let it be seen flying in your verse

let it be heard running from a traveling soul

towards other skies, towards other loves.

Let your verse be good adventure,

blown in the cold wind of the morning

which makes mint and thyme bloom.

The rest is nothing but literature.

Antonio de la Gándara’s art is not manieristic. It’s new, revolutionary. This feeling fills every work of his, pouring out of every trait. Portraits, his favourite subject, are actually psichoanalitic views of men and women in all their complexity. But Charlotte, whom he’ll marry in 1909, will be his real muse in the art of the “divine mania”.
Antonio de la Gándara, Le Pont Royal


Antonio de la Gándara will astonish the world, including the United States of America, with his exhibitions in New York and Boston. Critics of the time underline the qualities of this artist, which remains isolated from the currents of painting of his age. Though you can see traces of the Impressionism that was storming the street of Paris, along the Seine, the intellectual’s bistrots and the art studios! Apollinaire wrote about him:


Il est fier comme un hidalgo

J’aime mieux son port de tète

Que sa peinture

Bien qu’lle soit honorable

Il achète un journal au kiosque et paie

D’un geste

Distinguè

Je dètache le mot distinguè comme son geste est détaché, tu vois.

Il n’ira pas chez Lipp

En face

Malgrè la bonne bière

Et rentre chez lui

D’un pas choisi (…)

After surprising the world with his art, at each exhibition, he returns to his beloved Paris, where he dies on june 30th, 1917, leaving us works that had him – with reason – compared to Velázquez! Simply a major figure of world painting.

Antonio de la Gándara, Le réverbère


Bibliografia:  Antonio  de  la  Gándara
                         Un  témoin  de  la  Belle  Èpoque
                         di  Xavier  Mathieu


jueves, 6 de agosto de 2015

Milano, Le Trottoir: dai Futuristi alla Street Art

Andy Warhol "Sticky Fingers"

Maghi, santi ed eroi dell'arte del Novecento

Per chi si trova a Milano, Le Trottoir à la Darsena (piazza XXIV maggio 1) propone una mostra fuori dal comune, visitabile gratuitamente nei due piani del locale: dai futuristi alla Street Art, ospite speciale Andy Warhol e la pop art americana, con oltre ottanta opere dal prestigioso archivio della collezione Rosini Gutman. La mostra, intitolata Maghi, santi ed eroi dell’arte del Novecento, è stata inaugurata il tredici luglio 2015 e si protrae fino all’otto novembre.

Fortunato De Pero "Strega"

Nelle parole del curatore, Paolo Sciortino: «L'inedita esposizione mette in mostra un'antologia preziosa del "lungo secolo breve" dell'arte. L'iniziativa nasce dall'incontro virtuoso della storica galleria della famiglia di collezionisti italiani Rosini Gutman con Le Trottoir à la Darsena, che ha messo a disposizione gli spazi del locale per un'operazione di cultura pubblica e di beneficenza, oltre che sociale e umanitaria, in particolare a favore del patrimonio artistico e monumentale. Multipli e pezzi unici di alcuni degli artisti e delle opere in mostra, infatti, potranno essere acquistati, donando parte del ricavato ad associazioni benefiche; una quota sarà destinata alla rigenerazione dei Navigli milanesi, sulla scorta del successo e del gradimento dei cittadini per la nuova Darsena...

 
Giacomo Balla "Fiori futuristi"

«L'iniziativa», prosegue Sciortino, «fa parte del programma del movimento "Rigeneramento", che prevede l'impegno del mondo dell'arte nel restauro e nella conservazione del patrimonio monumentale italiano. Perciò, appunto, multipli di Warhol, Lodola, Niky de Saint Phalle, e Cracking Art saranno disponibili per raccogliere fondi da destinare alla manutenzione e allo sviluppo del progetto di riapertura di tratti nascosti delle vie d'acqua urbane medievali.»

Amedeo Modigliani "Ritratto di Satie"

In mostra, a partire dal piano alto del locale, un Giacomo Balla del 1918, i Fiori futuristi, oltre a lavori pregiati di Vittorio Corona, futurista siciliano tardivo, con opere datate anni Venti e Trenta; un Fortunato Depero del 1914, I giocolieri, e un Ritratto di Satie di Amedeo Modigliani del 1916. Passando poi da testimonianze preziose di Mario Tozzi, Ottone Rosai e Osvaldo Licini, si ammira un grande Piero Manzoni del 1957, una Mitologia senza titolo a olio e cementite su tavola.

 
Gianluigi Toccafondo, 2012

Olivia Gozzano, "Via degli Oleandri", 2013
Il percorso prosegue con tele di Mario Schifano datate anni Ottanta, un piccolo e incantevole Luca Alinari, Fathi Hassan, Mario Consiglio; una fila di matite su carta di Mark Kostabi accompagna il visitatore sulle scale insieme a opere di Gianluigi Toccafondo, Niky De Saint Phalle, Giovanni Gurioli e Biagio Castilletti.

 
Mario Consiglio "Rino K"
Piero Manzoni, Mitologia
Il piano terra è invece invaso di serigrafie e screen print di Warhol, con le celebri Marilyn degli anni Sessanta e Settanta, ma soprattutto le mitiche copertine dei dischi di Lou Reed, dei Velvet Underground e dei Rolling Stones. Con firme autentiche degli artisti naturalmente. Non manca un Roy Lichtenstein del 1963, per introdurre i contemporanei Atomo, Neve e Cracking Art, che invadono anche lo spazio esterno del Trottoir.

Atomo, "Numbersdance"


«Un grande raduno di vecchie e nuove glorie dell'arte contemporanea, un assemblaggio ironico, ludico, magari dissacratorio per la sede espositiva di una collezione che ci si aspetterebbe di trovare a Palazzo Reale, ma proprio per questo autenticamente "pop", e cioè per il piacere di tutti e per salvaguardare l'arte stessa», spiega Paolo Sciortino, «a cominciare dal patrimonio artistico milanese, città dove sono nate le avanguardie storiche dell'arte e dove oggi si dibatte sul ruolo e la legittimità espressiva degli artisti di strada. Oggi, i writers incontrano i futuristi e si alleano per rigenerare l'arte, in un ideale e del tutto inedito percorso di maghi, santi ed eroi dell’arte a cavallo degli ultimi due secoli, che mette in dialogo Warhol, eroe del pop, con la Cracking Art, invasori pacifici di territori proibiti all’arte contemporanea fino a poco tempo fa, o Kostabi, surrealista magico che si accompagna al neorealismo magico di Toccafondo, salendo le scale verso la cima dell’esposizione che, invece, esibisce i santi conclamati dell’arte contemporanea avanguardistica: da Giacomo Balla a Fortunato Depero, Modigliani, Manzoni, Rosai, Tozzi e Schifano.»