martes, 23 de abril de 2024

Vita da pulp - Ti assicuro, sei in trappola


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Da tre anni lavoro per le assicurazioni.
No, non sono impiegato, agente o consulente presso un'agenzia assicurativa. È solo che negli ultimi tre anni tutto il poco denaro che ho guadagnato, anzi di più, e tutto il mio tempo lavorativo sono serviti esclusivamente a raccogliere le somme che sono stato costretto a versare all'agenzia Leonardo Assicurazioni - Generali Milano, con sede in un palazzo vetrato di proprietà delle Assicurazioni Generali in via della Liberazione 16 a Milano. Tutto questo in cambio di servizi mai richiesti e mai ricevuti (non ho mai chiesto un solo rimborso in tutta la mia vita), ma che mi è toccato pagare dopo essere stato indotto con informazioni fuorvianti a sottoscrivere polizze a mia totale insaputa mediante una procedura telefonica che non permette di vedere cosa si stia firmando. Se qualcuno ti vende un prodotto costosissimo senza che tu lo sappia e senza che tu nemmeno lo usi, ma ti trovi a pagarlo ugualmente, credo che si chiami truffa; se lo fa un assicuratore, a quanto pare non rischia nemmeno la galera.
L'ho già spiegato in un post precedente, ma credo sia il caso di ribadirlo per maggiore chiarezza. Molte altre persone possono trovarsi nella mia stessa situazione o possono finirci con le stesse modalità. Non sto affatto scherzando: qualcuno, in circostanze simili, potrebbe essere colpito da infarto o da ictus, cadere in crisi depressiva oppure, rovinato economicamente, essere indotto al suicidio. È come finire nelle mani di un'organizzazione criminale dalla quale non puoi più liberarti, solo che non è "un'organizzazione criminale". Quindi è mio dovere cercare di salvare le potenziali vittime, come sto cercando di salvare me stesso.

Come sono finito in questa situazione? Nell'autunno 2003 avviai un programma di risparmio con Ina Assitalia, per mettere da parte soldi che avrei potuto recuperare dopo vent'anni. Nel 2013 Ina fu acquisita da Generali e dopo un po' il mio nuovo referente divenne Leonardo Assicurazioni di Milano. Io, già impegnato a lavorare letteralmente giorno e notte, non sapevo nemmeno quanti soldi avessi messo da parte, Leo sì (uso questo nome collettivo, anche se ho avuto a che fare con persone diverse e non so quali e quante siano le singole responsabilità). Il suo piano era semplice: voleva riprendersi i miei soldi prima ancora di restituirmeli.
Prima mossa: offrirti una polizza sanitaria, a un costo onesto di poche centinaia di euro; ma intanto farti domiciliare i pagamenti sul tuo conto in banca e lasciare una tua firma digitale, che a Leo verrà utile più avanti per le procedure telefoniche. Seconda mossa: offrirti con insistenza una serie di pacchetti di polizze che tu regolarmente rifiuti, perché già è un lusso quella che hai sottoscritto. Dal momento che non cedi, Leo passa a un altro metodo: l'inganno.
Ecco dunque la terza mossa: chiamarti in orario di lavoro per chiederti "aggiornamenti del quadro medico" - qualsiasi cosa ciò significhi - insomma questioni di apparente routine, che si possono risolvere in fretta facendo click sul proprio cellulare. Quello che non ti dice è che non stai confermando una procedura di routine: a tua insaputa, invece, stai firmando un pacchetto di polizze che non hai mai richiesto, di cui non hai nemmeno bisogno, di cui non ti vengono rivelati i servizi, la natura, la durata (cinque anni obbligatori) e soprattutto il costo; solo molto tempo dopo Leo si è lasciato sfuggire che in quel momento il mio pacchetto di polizze costava 14.000 euro l'anno. Ma a Leo non importa che tu non guadagni quella cifra in un anno di lavoro e che tu non abbia così tanti soldi in banca, perché può sempre rifarsi sui tuoi risparmi, saldamente nelle sue mani. Hai firmato la tua condanna senza saperlo e, dopo avere chiuso la telefonata, Leo ride alle tue spalle, perché una volta che ti ha incastrato, non hai modo di uscirne. Attenzione: tutte le informazioni incomplete o false che ti vengono date sono fornite solo a voce, di persona o al telefono; mai per iscritto, neppure via email, perché altrimenti potresti dimostrare che ti hanno tratto in inganno.

Te ne rendi conto solo quando vedi sparire dal tuo conto una somma spaventosa senza che nessuno ti spieghi a cosa corrisponda. Blocchi la domiciliazione bancaria perché il conto è andato in rosso, chiedi a chi ti sta vicino di farti un bonifico per uscire dall'emergenza e cominci a protestare con Leo, spiegandogli che non puoi permetterti di pagare cifre del genere perché sono più di quanto guadagni. E solo allora ti viene svelata la regola ferrea: una volta che hai sottoscritto (a tua insaputa!) una polizza quinquennale non puoi più annullarla; puoi tuttavia sottoscrivere un'altra polizza sostitutiva per una cifra (di poco) più bassa, i cui cinque anni scattano però dal momento della nuova sottoscrizione. Non c'è modo di liberarti: puoi solo passare da una trappola all'altra. Nel caso tu non sia in grado di pagare, Leo minaccia un'azione legale, dopodiché dovrai sborsare la cifra e in più anche quella per i suoi avvocati (che immagino siano altrettanto costosi). Però, quando ormai manca un anno al possibile riscatto dei tuoi risparmi che Leo tiene in ostaggio, puoi chiedere un anticipo sulla liquidazione...  e usarlo tutto per pagare la prossima rata della polizza.
Passano altri dodici mesi, comincia il 2024: sono trascorsi vent'anni ma ancora non hai visto i tuoi risparmi, a parte l'anticipo che hai usato per pagare la polizza. Ed ecco che Leo si presenta con due facce nuove: spieghi anche a loro che hai una rata in scadenza da 2000 euro ma non puoi pagarla finché non ti arriva un bonifico a pagamento di un lavoro, oppure finché loro non ti liquidano i tuoi risparmi; ripeti anche che non puoi permetterti una polizza che ora è da 8000 euro l'anno; insisti nel dire che non ti restano soldi per mangiare e pagare le bollette. Loro fanno finta di capire, poi ti fanno una telefonata e ricorrono al solito sistema di menzogne e inganno ("aggiornamento del quadro medico", procedura di firma telefonica senza che tu possa vedere cosa stai firmando, rispondere con bugie alle tue domande); tutto per piazzarti a tua insaputa una nuova polizza quinquennale da oltre 12000 euro l'anno, cioè più di quanto tu guadagni all'anno e, nel complesso dei cinque anni, più di tutti i tuoi risparmi messi insieme. Protesti, fai annullare l'operazione, ma misteriosamente la domiciliazione in banca si è riattivata senza che tu lo richiedessi (la banca ancora non ha capito come) e Leo si è preso 3000 euro dal tuo conto; non sei andato in rosso solo perché nel frattempo era arrivato il bonifico che aspettavi; te ne accorgi in tempo e fai lo storno per riavere i tuoi 3000 euro, ma ora sai che non solo tutte le facce dell'agenzia sono pronte a mentire e ingannare, ma fanno pure a gara per rubarsi i clienti tra loro. E derubarli, naturalmente.
Quando finalmente hai ottenuto, seppure con ritardo, la liquidazione dei tuoi risparmi, mentre insisti affinché Leo ti lasci andare una buona volta perché non puoi consumare tutto ciò che hai messo da parte in vent'anni per darlo a lui, ti viene offerta una nuova "via d'uscita". Puoi sottoscrivere in sostituzione un'altra polizza quinquennale che dovrebbe costare di meno, che tuttavia per il primo anno ti costa come quella vecchia. Chiedi: "E gli anni successivi? Costerà lo stesso e sarò in trappola ancora per un quinquennio, pagando ancora più a lungo?" Quando esigi precisazioni e vuoi vedere il contratto per farlo esaminare da un esperto, Leo si rifiuta di mostrartelo; beninteso, hai una rata ormai scaduta e, se non paghi, c'è sempre la minaccia di un'azione legale. Con un sorriso compiaciuto sulle labbra, Leo ti dice che alla fine ti costerà molto di più.
Io però ho deciso di non sottostare più al ricatto. Ho scritto una PEC raccontando questa storia, con nomi e cognomi, all'ufficio reclami di Generali e in copia all'IVASS, l'istituto di vigilanza sulle assicurazioni. Non so come andrà a finire, so solo che mi hanno portato via una somma quasi pari ai miei sudati risparmi di vent'anni; che sono stato costretto a pagarla prima ancora di ricevere i soldi a me dovuti; quindi mi sono ammazzato di lavoro, rinunciando alla mia vita per stare incollato al computer giorno e notte, esattamente come quando cercavo di mettere da parte qualcosa. Oltretutto in questi mesi Leo mi ha fatto sprecare tempo tra discussioni e incontri, oltre a costringermi a chiamare avvocati ed esperti per sapere come comportarmi. Mi ha rubato il passato, mi ruba il presente e vuole appropriarsi del mio futuro. Datemi retta: se vi chiama per un appuntamento in sede o a casa vostra, non rispondete, o finirete in trappola.

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

martes, 16 de abril de 2024

Vita da pulp - Tempi preziosi

Ponte de' Fiorentini, Roma (Annibale Angelini, 1869)

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Come dicevo nel primissimo post di questa rubrica, per chi scrive il tempo assume diverse connotazioni. C'è il tempo dedicato alla scrittura, che può essere intervallato da altri impegni di lavoro o eroso dalla lotta contro la Assassini SpA di turno (per questa, negli ultimi due mesi, ho perso il 25% delle mie giornate lavorative). C'è l'arco temporale della storia, che può coincidere oppure no con il tempo impiegato per raccontarla: ho scritto in un mese romanzi che si svolgono in pochi giorni o in qualche anno; ma, una volta, in sei settimane una storia che si sviluppava esattamente in sei settimane. Poi c'è il singolare rapporto (caro a Thomas Mann) tra il tempo in cui si scrive (e si vive) e il tempo di cui si scrive, cioè quello in cui è ambientata la narrazione.
Alcune delle mie spy story - che si svolgono in un mondo simile a quello reale e spesso ne riprendono gli eventi - sono scritte negli stessi giorni in cui sono ambientate. Per i romanzi con Diabolik & Eva Kant mi muovo in un'epoca ideale tra fine anni Sessanta e inizio Settanta; per quelli con Martin Mystère mi inserisco in diversi punti della sua biografia fittizia, ma preferibilmente negli anni Ottanta. Una mia caratteristica ricorrente - per il "detective dell'impossibile" ma anche per lo spionaggio - è introdurre flashback in epoche precedenti, con episodi del passato che influenzano la trama principale. A volte poi mi dedico a veri e propri romanzi o racconti storici, anche qui ricollegandomi spesso a fatti reali. Se però la stesura di un romanzo può richiedermi solo alcune settimane, il lavoro di ideazione e documentazione che la precede può essere durato anni o addirittura decenni: per esempio, le storie che sto scrivendo per Spy Game sono frutto di un progetto che risale al 1991 e le radici del Kverse - il mio universo noir-spionistico - risalgono agli anni Settanta.
Forse però il contrasto più spiazzante è tra quando un libro viene scritto e quando è pubblicato o, in qualche occasione, ripubblicato. Anche qui può capitare di tutto. L'ultimo capitolo di quello che ho appena consegnato, Legione Ombra, si svolge il 14 aprile 2024 e il romanzo dovrebbe essere in edicola e in ebook da Segretissimo Mondadori già a inizio luglio 2024. In altre circostanze, tra la fine della stesura e la pubblicazione sono passati dai dodici ai quarantadue mesi; scrivendo un certo numero di storie ogni anno, alla sua uscita per me il libro è un'esperienza passata, per il pubblico una novità e, di riflesso una sorpresa se lo vedo accolto con particolare favore quando io già me n'ero quasi dimenticato.


Capita con il mio romanzo Il ponte sospeso, all'interno del volume C'era una volta un ponte edito da Palombi Editore, che è di per sé un libro molto particolare. Tutto nasce da un quadro del pittore Annibale Angelini del 1869, raffigurante una veduta di Roma con il Ponte de' Fiorentini, o "del Soldino": un panorama che oggi si può vedere solo in dipinti e fotografie d'epoca, perché il ponte in questione, costruito in ferro nel 1863 con una tecnica per allora innovativa, fu demolito nel 1941. Da qui, nelle menti di Stefano Lucchini e Giovanna Pimpinella, è scattata l'idea di ricostruirne la storia in un saggio - C'era una volta un ponte - che include contestualizzazione urbanistica, aneddoti curiosi e persino un fatto di sangue. Ma, nel corso delle ricerche iconografiche, è emersa anche una misteriosa cartolina su cui qualcuno scrisse a macchina un messaggio cifrato che si riferisce proprio al "ponte che non c'è più". Tutto ciò ha fatto scaturire una seconda idea: accompagnare al saggio un giallo storico imperniato sul Ponte del Soldino. E qui sono arrivato io.
Il titolo Il ponte sospeso non si riferisce solo alla tecnica di costruzione, ma alla natura stessa della vicenda, interamente ambientata a Roma e divisa in tre parti: ha inizio con un delitto nel 1864, prosegue vent'anni più tardi e trova soluzione solo nel 1964, dopo avere percorso un secolo di intrighi, misteri e scandali, molti dei quali ripresi pari pari dalla Storia. Nelle prime due parti a investigare è l'immaginario cardinale Giovanni Antonio Mora, consulente della polizia papale, mentre a tirare le somme nella terza è l'altrettanto immaginario giornalista Leo Bertani. Sicché nell'autunno 2022 ho "vissuto" per diverse settimane nella Roma del XIX secolo - dando anche una possibile spiegazione a un episodio enigmatico della vita di Leone XIII - per poi trasferirmi nel 1964, lo stesso anno della mia nascita, e decifrare infine il messaggio della cartolina misteriosa. Il volume con saggio e romanzo, corredato da illustrazioni a colori e in bianco e nero (inclusa la cartolina) è stato pubblicato nel novembre 2023, un anno dopo, da Palombi Editore.
E a questo punto si è verificato un ulteriore paradosso temporale: il volume era già esaurito quando sotto Natale hanno cominciato a uscirne recensioni e segnalazioni a valanga, in cui non solo si lodava il libro in tutto il suo complesso ("Un'affascinante ritratto della Città Eterna", Corriere della Sera), ma ne veniva anche apprezzata la parte narrativa ("Un romanzo che funziona come un orologio", Il Messaggero). Senonché i tempi tecnici per la ristampa hanno imposto una lunga attesa perché il volume tornasse disponibile, anche nelle librerie online: potete scegliere tra AmazonFeltrinelli, HoepliIBS, Libraccio, Libreria UniversitariaMondadori Store, Unilibro. Ciò però è avvenuto in un periodo in cui non avevo neanche un minuto per scrivere due righe in proposito. Ho cercato di rimediare ora.


Parlavo prima del tempo in cui un libro viene riproposto in una nuova edizione. Un romanzo che cito spesso è Programma Firebird, scritto (e ambientato) nell'estate 2013, uscito in edicola e ebook nel dicembre di quell'anno sotto il mio pseudonimo "François Torrent" e ripubblicato con il mio vero nome a fine febbraio 2024 da Oakmond Publishing nella collana dedicata al ciclo del Kverse. Si tratta, presumo, del primo romanzo al mondo in cui si parli dell'ISIS, ossia dello Stato Islamico, nel quale mi ero imbattuto durante le mie ricerche quando ancora pochi ne conoscevano l'esistenza: i più la scoprirono solo nel gennaio 2015. I tre successivi romanzi del ciclo, di prossima ripubblicazione, avrebbero affrontato ulteriormente l'argomento. Purtroppo l'ISIS è tornata a fare notizia nel marzo 2024, poche settimane dopo l'uscita della riedizione di Programma Firebird.
D'altra parte, come dicevo all'inizio, spesso nelle mie spy story faccio coincidere il tempo in cui scrivo con quello di cui scrivo, senza escludere l'inserimento di flashback in un passato più o meno lontano, unendo dunque una componente fantapolitica a una "storica" e una "di cronaca". Nel romanzo che potrete trovare in edicola e ebook da Segretissimo Mondadori nel luglio 2024, ho usato proprio questa commistione. La parte di Storia deriva da un saggio di Manuel Aguilera Povedano intitolato Un'occasione d'oro per Mussolini, che ho recensito due mesi fa e di cui ho avuto modo di discutere di persona con l'autore. Quindi in Legione Ombra, che si svolge nell'arco di due anni dall'aprile 2022 all'aprile 2024, si assiste anche a una versione romanzata di eventi reali accaduti tra il 1936 e il 1945, che spero richiami l'attenzione sulle sconcertanti rivelazioni del libro di Aguilera Povedano.
Vi confesso però una cosa. Quando si scrive un romanzo di ambientazione interamente storica, si possono dare spiegazioni fantasiose a episodi reali, purché compatibili con quanto accaduto, ma almeno a grandi linee i fatti del passato sono noti. Quando invece per un mio romanzo "di attualità" valuto uno scenario di eventi possibili a breve termine, sono molto preoccupato finché non scade la finestra temporale in cui si possono verificare. Non sempre i pericoli che paventavo si sono concretizzati, nondimeno in Bersaglio Isis, uscito nel settembre 2015, vedevo il rischio di nuovi attentati, che hanno avuto luogo nel novembre di quell'anno: in Sicaria, completato nel novembre 2020, ipotizzavo un tentativo di guerra civile negli USA e infatti nel gennaio 2021 ebbe luogo l'attacco al Campidoglio; il libro uscì in marzo. Quindi oggi, 17 aprile 2024, in un'epoca già preoccupante di per sé, non sono tranquillo riguardo ad alcuni scenari che considero in Legione Ombra. Ma auspico che siano solo fantapolitica.

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

lunes, 8 de abril de 2024

Torre Crawford: intervista ad A. C. Cappi





Sulla pagina Facebook de "Il ruggito del gatto" di Salvatore Stefanelli, l'intervista ad Andrea Carlo Cappi su Premio & Festival Torre Crawford: fare click sull'immagine sottostante per leggerla.
Qui il link al bando di concorso (scadenza il 30 aprile 2024).



miércoles, 27 de marzo de 2024

Vita da Pulp - Assassini SpA


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Assassini SpA (The Assassination Bureau, Ltd.) è il titolo di un romanzo incompiuto di Jack London (1876-1916), ispirato da Sinclair Lewis (1885-1951), completato nel 1963 da Robert L. Fish (1912-1981) sulla base di appunti di London e della sua vedova. La trama, ambientata nel primo Novecento, ruota intorno a Ivan Dragomiloff, creatore di una "anonima assassini" internazionale disposta per motivi etici a sopprimere importanti figure di potere, se a seguito di un'opportuna indagine queste vengono giudicate pericolose per l'umanità... (Le implicazioni filosofiche, come si può immaginare, sono sconfinate). Ma, appunto per queste ragioni, presso la Assassini SpA viene aperto un contratto il cui bersaglio è il suo stesso fondatore, Ivan Dragomiloff. Lessi il romanzo in un'edizione BUR degli anni Settanta, dopo avere visto il divertente (benché infedele) adattamento cinematografico con Oliver Reed, Diana Rigg e Telly Savalas.
Questa lunga premessa introduce il fatto che a volte nella vita ti capita di incontrare un'Assassini SpA che si ritiene "eticamente" motivata a distruggerti. A volte è una singola persona, a volte un gruppo, a volte una singola persona manipolata da un gruppo. Queste Assassini SpA sono convinte di essere infallibili e insindacabili. E, sì, ci sono sempre di mezzo i soldi.
Il denaro, del resto, è una potente arma di guerra. Una legge ancora non del tutto chiarita della fisica dice che "i soldi vanno dove ci sono i soldi". Se l'aggressore ha maggiori disponibilità economiche rispetto all'aggredito, gli sarà più facile saccheggiarlo per impadronirsi dei suoi beni e diventare ancora più ricco e potente. Ma l'aggressore è convinto di obbedire al richiamo "Dio lo vuole!", una certezza che lo assolve preventivamente da qualsiasi peccato. Tutto ciò ha un forte impatto sulla vittima: anche se, come nei casi che vedremo tra poco, non viene esercitata violenza fisica, le conseguenze possono essere "fisiche" oltre che economiche e il risultato può essere la morte (naturale, ma procurata) dell'aggredito. Un delitto perfetto.

Credo che il caso più diffuso nel mondo sia quello dei parenti che vogliono appropriarsi di un'eredità che spetterebbe a te. Questo vale se fai parte della metà degli eredi che viene derubata, non della metà che li deruba. La conseguenza più immediata: non solo l'aggressore ti porta via beni e averi di famiglia, con tutto il dispiacere che questo comporta, ma devi anche spendere soldi in avvocati per cercare di salvare il salvabile. Nella mia vicenda personale - un incubo durato dieci anni - ho potuto osservare che l'Assassini SpA era effettivamente motivata dalla missione divina di spazzare mia madre e me dalla faccia della Terra.
Un caso specifico del settore in cui lavoro da oltre trent'anni, il mondo dell'editoria, è quello del datore di lavoro che non paga il dovuto a chi scrive, traduce o lavora in redazione. Al momento opportuno, l'editore truffaldino può dichiarare un fallimento a orologeria, che allungherà i tempi delle cause e renderà economicamente insostenibile agli aventi diritto continuare a pagare le spese legali. In sostanza costringerà le vittime a rinunciare al dovuto, perché il poco che riuscirebbero a spuntare dopo anni sarebbe una cifra irrilevante rispetto al costo in tempo, denaro e salute necessario per ottenerla. L'Assassini SpA sa che la sopraffazione, a lungo termine, premia. E, sì, nella vicenda più eclatante che mi è capitata - un incubo durato stavolta solo tre anni, poi ho dovuto lasciar perdere - l'obiettivo finale, dichiarato pubblicamente, era quello di vedermi morto.
Altri casi molto comuni sono quelli dei proprietari di appartamento che alzano gli affitti fino a renderli intollerabili e quelli degli amministratori condominiali che, d'accordo con i consiglieri per spartirsi la torta, gonfiano le spese - letteralmente - all'inverosimile. Qui, oltre a derubare l'inquilino o il condomino, più che la morte l'obiettivo può essere la pulizia etnica: solo chi appartiene a una determinata categoria, cioè gli evasori fiscali, può abitare in quella casa. L'unica soluzione è il trasloco, a patto di muoversi quando ancora ci sono i soldi per pagarne uno. Anche qui parlo per esperienza personale, prima della mia famiglia e poi mia, durata quasi tutta la vita.

Tutto ciò - specie dopo la crisi globale, la crisi post-pandemia e in quest'epoca di guerre - comporta che i ricchi diventino sempre più ricchi, o quantomeno lo sembrino e possano vivere come tali, sulle spalle degli strati sociali inferiori. Poiché i compensi per certi lavoratori diminuiscono anziché adeguarsi ai tempi, coloro che come me hanno la fortuna di poter svolgere compiti diversi nello stesso settore trovano come unica soluzione quella di accettare ogni possibile incarico, sperando beninteso di essere pagati. L'unico modo per non guadagnare di meno è lavorare di più, fino a ridurre al minimo le ore del sonno e saturare di impegni ogni minuto di veglia. Il che azzera il tempo libero, compromette la vita sociale e causa problemi di salute.
Ma ecco profilarsi, inaspettatamente, un nuovo tipo di Assassini SpA: quella che dice di voler tutelare la tua salute, ma di fatto la distrugge. Per vent'anni, conscio di non poter avere una pensione, sono riuscito faticosamente a mettere da parte un minimo di risparmi presso una compagnia di assicurazioni, grazie a una seria e onesta professionista. Quando lei si è ritirata, la mia pratica è stata traferita a un'agenzia con sede in un moderno palazzo vetrato milanese, dove un nuovo referente mi ha proposto una ragionevole e sostenibile polizza sanitaria. Poi però una nuova referente ha innescato un meccanismo diverso e perverso: poiché si avvicinava il momento in cui avrei potuto riscattare i miei risparmi, l'obiettivo dell'agenzia è diventato riprendersi in anticipo il denaro che mi avrebbe dovuto pagare, mediante disinformazione e procedure confuse di "aggiornamenti" e "integrazioni". Da tre anni a questa parte, senza avere mai chiesto un singolo rimborso in vita mia, mi sono trovato a dover pagare cifre superiori ai miei guadagni e a dover lavorare di più solo per pagare l'assicurazione. Altrimenti scattano minacce di azioni legali e pignoramento dei beni. La situazione è analoga a quella dello strozzinaggio, solo che sono io a "prestare" i miei soldi all'agenzia.
Cambiata di nuovo la referente, da oltre due anni sto chiedendo di uscirne, spiegando che con la crisi dell'editoria le mie entrate diminuiscono di continuo e già in quel momento non potevo far fronte alle loro esagerate e fameliche richieste. Con fatica, sono riuscito a farle chiudere svariate polizze ma - a quanto afferma lei - l'unico modo per uscire da quella "sanitaria" (rigorosamente quinquennale) è quella di sottoscriverne una meno gravosa, ma sempre quinquennale a partire dal momento della firma, intrappolandosi ogni volta in un meccanismo senza fine. Poiché finalmente sono riuscito a chiedere la liquidazione dei miei risparmi e presto avrei avuto soldi sul mio conto corrente (per anni appena sopra il rosso) nel febbraio 2024 un altro individuo della stessa agenzia ha tentato di impormi una polizza che in cinque anni mi avrebbe portato via più di quanto stavo per incassare; gli è andata male.
Ora però che la liquidazione, grazie al cielo, è stata effettuata e non sono più sulla soglia della povertà, rimane la maledetta polizza sanitaria che da qui al 2027 mi sottrarrebbe tre quinti dei miei risparmi; l'unica via d'uscita - mi viene detto - è sottoscriverne di nuovo una meno pesante, che però mi vincolerebbe fino al 2029, portandomi via solo un terzo dei miei risparmi. Quindi dovrei continuare con il superlavoro sottopagato al solo scopo di arricchire l'Assassini Spa, compromettendo la mia salute per la "tutela della salute". Considerando che tutto questo è stato ottenuto con l'inganno, viene la nostalgia dei bei tempi de La fiamma del peccato, in cui le truffe venivano fatte alle assicurazioni.

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

jueves, 14 de marzo de 2024

Il cielo

Foto: A. C. Cappi

Poesia di Fabio Viganò

Lo sapranno in cielo e lo diranno falso
quel tuo sorriso come fosse un bacio,
prima di perdermi nel tuo sguardo
poi poter dormire nell’ultimo abbraccio.

Credi sappia il cielo delle tue parole
del combatter per donare e del morire.
Sanno solo immaginare non soffrire,
lontani dall’essenze umane dell’amore.

Ma che ne sa il cielo della nostra passione,
di una storia insanguinata che ci ha visti insieme,
non sa nemmeno esistano le lucenti stelle
i desideri le fan cadere, noi uomini, che siamo amore.

jueves, 22 de febrero de 2024

Candace Bushnell: sesso, successo, scarpe (and the City)


Recensione e fotografie di Andrea Carlo Cappi

Quando era piccola, suo padre - ideatore delle pile a combustibile utilizzate per le missioni spaziali Apollo - le raccomandò di lasciare a sua volta un segno che cambiasse il mondo. Cosa che di sicuro "Candi" non avrebbe potuto fare se fosse rimasta nella sua cittadina del Connecticut, dove le prospettive per una giovane donna erano limitate ai tradizionali "mestieri femminili" e al ruolo di moglie e madre. Perciò a diciannove anni Candace (con la "a") parte per New York con venti dollari in tasca, la ferma intenzione di diventare una scrittrice e qualche numero di telefono da chiamare. Tra cui quello di un autore che ha incontrato a una conferenza a Houston e con il quale finirà con l'avere una relazione...
Lo racconta lei stessa nel suo one-woman-show autobiografico True Stories of Sex, Success and 'Sex and the City', inaugurato nel 2021 a New York, ora arrivato in Italia con due date: il 21 febbraio 2024 all'Arcimboldi di Milano e il 23 al Politeama Rossetti di Trieste. In scena da sola, coadiuvata da schermo, luci, effetti sonori e la propria collezione di scarpe, Candace sfoggia un talento scenico sorprendente - tutt'altro che scontato per chi si dedica alla scrittura - oltre allo humour pungente ben noto al pubblico dei suoi libri e delle serie tv che ne sono state tratte. Il risultato è uno spettacolo tanto brillante quanto stimolante (con sottotitoli per il pubblico non anglofono).


Lo scrittore che le rispose al telefono al suo arrivo a New York nel 1977 era nientemeno che Gordon Parks, romanziere, fotografo, film-maker e musicista. Se il pubblico in sala è costituito perlopiù da fan di Sex and the City, io come appassionato di cinema blaxploitation riconosco il regista (e in parte compositore delle colonne sonore) di Shaft e Shaft's Big Score. E qui mi rendo conto che Candace - a parte la scelta controcorrente per una diciannovenne bionda del New England di mettersi con un intellettuale nero di quasi mezzo secolo più vecchio di lei - avrebbe realizzato per il mondo femminista ciò che lui aveva fatto per il mondo afroamericano all'inizio degli anni Settanta: utilizzare la cultura popolare per trasmettere un messaggio forte a tutto il mondo.
In ogni caso, sottolinea Candace, frequentare gente famosa e premiata non comporta automaticamente diventare famosa e premiata: quella è una parte cui si deve arrivare con le proprie forze. Anche se all'inizio sogna una situazione stile Dashiell Hammett & Lillian Hellman, con lui e lei che sfornano capolavori ognuno alla propria macchina da scrivere, le sue storie non vendono.
Finita la relazione con Parks, lei continua a cercare faticosamente spazio in un mondo ancora fortemente maschile. Finché il redattore capo del New York Observer, Peter "Kappy" Kaplan, non le propone una rubrica settimanale intitolata Sex and the City. Candace decide di raccontare le vicende personali proprie e delle sue amiche, proponendo un modello di donna che, nella vita come nel sesso, si comporta esattamente come un uomo. Ma, quando scopre che anche i suoi genitori si sono abbonati al giornale, per evitare imbarazzo in famiglia si nasconde dietro un alter ego, che battezza Carrie Bradshaw...


In scena la scrittrice-interprete gioca con il pubblico, proponendogli situazioni narrate in Sex and the City e sfidandolo a indovinare se siano accadute davvero anche a lei. E qui emerge un aspetto tipico dei mondi di chi scrive, il proprio e quello di un alter ego: a volte le storie si svolgono come sono andate nella realtà, altre volte vengono cambiate in meglio o in peggio, ma di continuo si saccheggiano e rielaborano fatti e personaggi della propria vita.
Nel suo racconto, Candace non si dilunga su quanto dev'essere stato laborioso trasformare una rubrica settimanale in un libro; riuscire a scalare la classifica dei bestseller di pubblicazione in pubblicazione; e sottoporre il materiale alla considerazione dell'HBO per poi far sì che Sex and the City passasse da un singolo episodio pilota diretto da Susan Seidelman alla celebre serie tv, con tanto di film e recente ripresa (la serie basata su un altro romanzo, Lipstick Jungle, non avrebbe avuto pari fortuna). Si limita a ironizzare sul fatto che all'inizio pare fosse difficile trovare un'attrice disposta a dire con frequenza tutte quelle parolacce.


Di sicuro il suo è uno di quei casi in cui, come recita una famosa canzone, se hai successo a New York, hai successo dappertutto, tuttavia mantenerlo oltre al talento richiede tenacia. Candace Bushnell non si gloria dei propri trionfi e non nasconde le proprie sconfitte o umiliazioni sociali; come, dopo il divorzio, essersi vista rifiutare un mutuo in quanto donna single ultracinquantenne.
Ma sente di aver fatto ciò che le suggeriva suo padre: lasciare un segno. E trasmette al pubblico un messaggio tuttora valido: nella vita non devi cercare a tutti i costi il tuo "Mr. Big", ma devi diventare tu stessa "Mr. Big".





miércoles, 21 de febrero de 2024

Vita da pulp - Dietro lo schermo

In diretta streaming, 20 febbraio 2024

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Capisci di avere acquisito una certa fama quando qualche giornalista chiede il tuo parere su qualcosa su cui non hai la minima competenza, per il solo fatto di essere una figura dalla vaga notorietà. Mi capitò anni fa, non ricordo nemmeno quanti: un giornalista del "Corriere della Sera" si era accorto che sono uno scrittore milanese e mi domandò un'opinione sul ginocchio dolente di Ronaldo (inteso come il calciatore brasiliano) che all'epoca giocava nell'Inter, per puro caso la squadra cui tenevano le generazioni precedenti della mia famiglia, quindi quella di cui ho sentito parlare più spesso. In realtà l'intervistatore voleva da me giusto una simpatica battuta pseudocomplottista.
Non vi preoccupate: la fama non mi ha guastato, perché è sparita subito. Ai tempi di Warhol chiunque poteva raggiungerla per un quarto d'ora, ma poi la discesa della soglia media di attenzione l'abbassò fino a qualche minuto e l'avvento di TikTok nel 2016 la ridusse infine a quindici secondi. Ora forse la piattaforma cinese cerca di riportarla ai livelli di Warhol, ma quel che è fatto è fatto e non si può più rimediare.
Infatti le uniche altre volte in cui è stato richiesto il mio intervento a proposito del football sono state quando ho scritto un racconto per l'antologia "Cuore di cuoio" in occasione degli Europei 2020, giocati nel 2021, e nel 2022 quando ho presentato a Milano il delizioso romanzo postumo di Michele Serio "Il calcio e la danza dei sette veli" in una divertente serata con un pubblico di tifosi del Napoli.

Mi è successo invece spesso di trasformarmi in "opinionista televisivo" su argomenti più vicini a quelli di cui mi occupo abitualmente. Ricordo con piacere l'unica volta in cui ho presentato seriamente un libro in televisione, nel 2010, ospite di Corrado Augias in una puntata de "Le Storie" dedicata al mio "Le grandi spie". Fu un'esperienza molto interessante anche se impegnativa: non sapevo assolutamente quali domande mi sarebbero state poste e mi trovai a confrontarmi con un grande esperto della materia (e, beninteso, non solo di quella), qualcosa di simile a sfidare a ping pong un campione olimpionico cinese. Si può notare, in quella trasmissione, anche una serie di osservazioni su un personaggio della politica internazionale che ancora oggi si comporta nello stesso modo deplorevole; evito di scriverne qui il nome, per evitare censure e invettive dai suoi innumerevoli fan, come già avvenuto in varie occasioni.
Una dozzina di anni fa ricevevo occasionali telefonate serali dalla redazione di "Mattino Cinque": era stato commesso qualche delitto e occorreva qualcuno che esprimesse un parere l'indomani in diretta tv. Cosa non facile, perché le indagini di solito erano appena cominciate e se ne sapeva ben poco. In ogni caso, passavo il resto della serata a documentarmi sul fattaccio e il mattino dopo ero in diretta a commentarlo con Federica Panicucci. Provai una certa soddisfazione quando, prendendo spunto da un episodio a Milano in cui - se non erro - due killer italiani avevano ucciso un cittadino italiano e la moglie dominicana, riuscii a far tacere educatamente una politica di destra in collegamento da Roma, che già auspicava carri armati per le strade per combattere la violenza degli "extracomunitari". In un'occasione, per una volta, parlai anche di un argomento trattato in un mio libro, ossia il caso Lady Diana; alle mie rivelazioni per poco la signora Panicucci non cadde dallo sgabello: lo staff della redazione la rassicurò da dietro le quinte che non ero impazzito, era tutto vero.
Qualche volta sono stato invitato a parlare di miei libri anche a UnoMattina presso la RAI, anche se in due casi l'editore di turno non mi ha mai pagato il dovuto e si è messo in tasca i guadagni delle vendite ottenute con le mie apparizioni sullo schermo. Ho smesso di fare l'ospite televisivo quando le grandi reti, oltre a non prevedere compensi per queste prestazioni, hanno cominciato anche a non occuparsi più dei trasporti o a non garantire i relativi rimborsi spese. D'accordo lavorare gratis ogni tanto, ma rimetterci anche soldi di tasca propria è un po' troppo, dato che non si tratta di enti benefici.

Ho in ogni caso piacevoli ricordi di programmi televisivi e radiofonici cui ho collaborato nel corso degli anni. In particolare le diverse stagioni de "La Boutique del Mistero", che ebbe una ripresa nel 2022 su Radio Number One e ogni tanto rivive con miei interventi occasionali nei programmi di Luca Galiati in arte "Lukino"; non escludo che prima o poi torni a essere una rubrica fissa. Ma, soprattutto dal lockdown in poi, è frequente la partecipazione a trasmissioni in streaming sui social network. Ne ricordo un paio in particolare, entrambe condotte da Riccardo Mazzoni: una, insieme a vari autori di Diabolik, che si è conclusa con tutti noi che indossavamo le mascherine anticovid (chi meglio di noi poteva mostrare come fare un uso corretto delle maschere?); un'altra in cui il compianto Alfredo Castelli e io ci passavamo da una finestrella dello schermo all'altra una copia di un mio romanzo di Martin Mystère, pur trovandoci a migliaia di chilometri di distanza.
Ieri sera ho partecipato a uno di questi incontri online, su Facebook, nell'ambito di un ciclo di appuntamenti sugli animali domestici che dura da diversi anni. Il tema della serata era il collegamento tra violenza sugli animali e violenza sugli esseri umani, in particolare il femminicidio: non è una semplice ipotesi, dato che vari studi - tra cui quello dello psichiatra forense John Marshall Macdonald - testimoniano che lo "zoosadismo" è uno degli indicatori di un possibile disturbo antisociale della personalità che può preludere all'omicidio. Prova ne è il fatto che individui tristemente noti come assassini seriali quali Albert De Salvo ("Lo strangolatore di Boston", tredici donne uccise), Ed Kemper ("The Co-ed Killer", sei ragazze uccise), Ted Bundy ("Il killer del Campus", almeno trenta donne uccise) o Jeffrey Dahmer ("Il Mostro di Milwaukee", diciassette uomini uccisi) hanno tutti fatto il loro apprendistato uccidendo piccoli animali come gattini e cagnolini. Lo stesso fenomeno si riscontra anche in casi di stalking e violenza domestica.
Nel corso dell'incontro persone competenti, tra cui una criminologa, hanno fatto osservazioni sensate e costruttive. Ma, pensando a quanto ho saputo di molti talk show degli ultimi anni, che a dire il vero ho evitato di seguire, se questo fosse stato un programma su un'importante rete tv, vi sarebbe stato invitato almeno un ospite per il "contraddittorio". Secondo questa logica, avrebbe dovuto esserci anche un pluriomicida, autorizzato a giustificare la propria mancanza di empatia e sostenere come legittima l'illusione di superomismo raggiunta con la violenza su creature ritenute "inferiori". Così il pubblico, alla fine, avrebbe potuto concludere che in fondo ha ragione pure lui. Chissà, forse è meglio non essere più invitato in televisione.

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

martes, 13 de febrero de 2024

Vita da pulp - La vita thrilling dello scrittore

Con Java e il Premio Atlantide Amys 2019 (fotogiaco) 

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

All'inizio del suo libro di viaggi Thrilling Cities, Ian Fleming notava che da uno scrittore di thriller ci si aspetta che abbia una vita thrilling; il che nel suo caso non era lontano dal vero. Come ho raccontato più volte, è in parte colpa sua se a sei anni ho deciso che volevo fare lo scrittore. In realtà la mia vita sarebbe risultata più somigliante, se non a quella di Emilio Salgari, a quella laboriosa degli scrittori pulp delle riviste americane di circa un secolo fa.
Tempo fa intitolai un post di questa rubrica "La vita glamour dello scrittore", un mio vecchio slogan ironico che spesso abbino alla frase "Il magico mondo dell'editoria". In realtà può essere impegnativa anche la vita di un autore di autentico, grande successo internazionale. Penso a Jeffery Deaver e a quanto raccontava in una recente intervista di Seba Pezzani, partendo proprio da quel libro di Ian Fleming: tra duro lavoro e continua dedizione al pubblico, si può vivere anche qualche momento memorabile.
Stefano Di Marino - erede mai abbastanza riconosciuto di Salgari e Scerbanenco - commentava a suo tempo: "in fondo ci siamo presi qualche soddisfazione". Verissimo. La prima di tutte, per lui come per me, è quella di essere riusciti a fare quello che desideravamo, ossia scrivere storie, "narrativa popolare", possibilmente di qualità pur senza ambizioni di "grande letteratura".

In più di trent'anni di carriera ho avuto alti (anche se non proprio vette) e bassi (se non proprio abissi), ma le soddisfazioni non sono mancate. Per fare qualche esempio, ho potuto pubblicare su collane storiche, come Il Giallo Mondadori e Segretissimo, e lavorare per Diabolik e Martin Mystère: vale a dire, avere il permesso di fabbricare i miei mondi immaginari e di aggiungere qualche mattoncino a quelli ideati da altri. Ciliegione sulla torta: vincere con i romanzi di Martin Mystère il Premio Italia 2018 e il Premio Atlantide Amys 2019; e poter proporre e realizzare tra il 2020 e il 2023 le novelizations dei film di Diabolik dei Manetti bros, operazione insolita nei rapporti tra cinema e narrativa nel nostro paese.
E ancora: frequentare colleghe e colleghi, a volte nell'ambito di collaborazioni appassionanti. Ho avuto modo di incontrare figure storiche, italiane e straniere, alcune delle quali oggi non sono più tra noi: con qualcuno si sono stretti rapporti duraturi, con altri ho avuto il piacere di conversazioni indimenticabili.
Non campo solo di scrittura, ma più in generale di editoria, come curatore, consulente, editor e traduttore. Anche in quest'ultima veste - tranne quando mi sono capitati libri scritti da persone meno competenti di me - ci sono state esperienze istruttive e talvolta sfide impegnative ma interessanti. E ultimamente è una soddisfazione dal retrogusto amaro poter curare le riedizioni dei libri di Andrea G. Pinketts (1960-2018) riproposti da Harper Collins, o riprendere la collana di ebook Spy Game ideata da Stefano Di Marino (1961-2021) per Delos Digital.

C'è un'altra cosa che mi fa piacere: ogni tanto, riuscire a far pubblicare chi se lo merita, che abbia fama o meno. Ricordo ancora quando negli anni Novanta chiamai al telefono un giovane emozionatissimo autore, per dirgli che avevo selezionato un suo racconto per Il Giallo Mondadori, quando solo un paio di anni prima ero io a trovarmi nella sua stessa situazione.
Nel periodo in cui avevo il ruolo di direttore editoriale ho potuto mandare alle stampe ottimi romanzi e racconti con firme già note o assolutamente nuove. Ora, come presidente della giuria del Premio Torre Crawford per racconti inediti (di cui trovate qui il bando del 2024) mi capita di pubblicare nell'antologia annuale autrici e autori già di fama, così come esordienti di qualsiasi età... anche al di sotto dei diciotto anni, dal momento che nel concorso c'è una sezione gratuita dedicata proprio a loro.
Come ho fatto altre volte in questa rubrica, devo solo rammentare a chiunque si affacci a questo mondo che pubblicare un racconto non comporta automaticamente fama e successo. E che per sopravvivere nell'editoria occorrono tenacia e una certa dose di autocritica. Quanto a fama e successo, raramente arrivano in proporzioni tali da permettere di vivere una vita thrilling: è più probabile una "vita da pulp", in cui ogni tanto però ci si prende qualche bella soddisfazione.

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

viernes, 2 de febrero de 2024

Vita da pulp - Il vecchio e il male


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Non so quanto l'usanza sia nota in giro per l'Italia, ma fino a non molto tempo fa a Milano c'era quella di San Biagio, vescovo e martire armeno ricordato dal calendario il 3 febbraio. Tra i vari miracoli a lui attribuiti c'è anche l'aver salvato un ragazzino da una lisca di pesce in gola, facendogli inghiottire una briciola. Forse per questo, a Milano, San Biagio è associato al panettone. Per conoscere la storia del caratteristico dolce natalizio ambrosiano vi consiglio la nota in appendice al racconto della grande Danila Comastri Montanari nell'antologia Delitti alla milanese (Excalibur-RaccontaMI) a cura di Gian Luca Margheriti; per l'accostamento a San Biagio accontentatevi della mia opinione. Ho sempre avuto il sospetto che, più che una tradizione semireligiosa, fosse una scelta pragmatica tipicamente milanese "vecchio stampo": in questo modo, finite le feste, i produttori potevano vendere, a prezzo ridotto, i panettoni avanzati per altre quattro settimane.
Da qualche anno, con mia grande soddisfazione, il panettone viene esportato anche in Spagna e nelle mie trasferte invernali da quelle parti ne ho sostenuto ampiamente il mercato: nel 2023 ho potuto festeggiare San Biagio laggiù. Ma quest'anno sono in Italia ed entrando a metà gennaio nel più vicino supermarket a Niguarda Nord (Milano), invece di montagne di panettoni in offerta speciale ho trovato anzitempo scatoloni di materiale carnevalesco. Oltretutto qui si festeggia il carnevale ambrosiano, spostato al sabato dopo il Mercoledì delle Ceneri: anche questa dev'essere stata una scelta pragmatica d'epoca, così i milanesi potevano lavorare e produrre senza distrazioni tutta la settimana e tirar tardi solo il sabato sera. In ogni caso, al supermercato, chiacchiere e coriandoli erano doppiamente in anticipo. Ho sentito dire, del resto, che quest'anno le uova di Pasqua sono entrate in distribuzione due mesi prima della data corrispondente. C'è da chiedersi intanto: "Dove vanno a finire i panettoni?"
Ma tutto ciò mi ha fatto riflettere su due cose. Forse quella di San Biagio è considerata ormai una "vecchia" usanza, oppure è stata dimenticata. Pertanto il panettone, legato alle feste natalizie, è anch'esso "vecchio", perché roba della fine dell'anno scorso, mentre qui - presto, presto! - già bisogna pensare alle prossime occasioni commerciali. Suppongo che, per non perdere tempo, a marzo appariranno creme solari e costumi da bagno, e a fine agosto spunteranno i primi alberi di Natale.

Può darsi che io sia pessimista, ma mi sembrano ulteriori manifestazioni di una pericolosa tendenza in atto da qualche decennio, che va di pari passo con la diffusione legittimata dell'ignoranza e la cancellazione ormai non più solo della memoria storica, ma anche della memoria breve. Come dire: "il vecchio e il male", anzi, "il vecchio è il male". Un libro dell'anno scorso è già acqua passata, figuriamoci un Premio Nobel di settant'anni fa; ma questo poco importa perché il libro in sé è considerato "vecchio", anche se può essere consumato in digitale su nuovi apparati tecnologici. Un film dell'anno scorso, passato fulmineo dal grande schermo alle piattaforme, è già "vecchio", quindi si può immaginare quanto possa esserlo un classico della storia del cinema.
Il fenomeno si nota da tempo. Nel 2002 si discuteva se James Bond - nato letteriamente cinquant'anni prima e cinematograficamente da quaranta - non fosse ormai tramontato perché era "l'eroe di papà"; molto meglio Spiderman, che peraltro era apparso anche lui fumettisticamente nel 1962, ma era appena tornato al cinema e sembrava nuovo perché i più se n'erano dimenticati. Poi, dopo tre film di Spiderman in cinque anni, nel 2012 uscì un reboot in cui un nuovo Peter Parker viene morso da un nuovo ragno radioattivo e un nuovo zio Ben fa una brutta fine: che importava del déjà vu, tanto era successo in un "vecchio" film di un decennio prima. Negli ultimi anni tutto questo è stato (brillantemente, bisogna ammetterlo) risolto con il trucco del multiverso e delle reunion di vari Spidermen (plurale), riattualizzando di fatto i "vecchi" film anche per il pubblico più giovane delle nuove piattaforme tv, anziché buttarli via.
E non c'è solo questo. Già oltre quindici anni fa il (sedicente) esperto di marketing di una casa editrice proponeva di omettere l'anno di nascita di un autore dalla quarta di copertina, perché secondo lui il pubblico giovane non avrebbe letto il libro di uno scrittore ultrasettantenne, anche se si trattava di un autentico maestro del noir. Per un fenomeno del genere si è dovuta creare una nuova parola: "ageismo", perché quando si inventa una parola per indicare un tipo di discriminazione il problema è risolto, vero?

Forse il problema è che sono "vecchio" anch'io, in quanto appartenente a una generazione ormai obsoleta e obliterabile. Per gente come me era normale leggere vecchi libri, a partire dalla collezione di famiglia dei romanzi di Emilio Salgari - solo parzialmente sopravvissuta alla guerra, ma ricostituita con riedizioni postbelliche - ai Gialli Mondadori del nonno (abbonato nei primi anni Sessanta), a volumi e fumetti vecchi e nuovi, di seconda e terza mano, pescati sulle bancarelle; così come era interessante scoprire vecchi film non solo in televisione, ma anche quando venivano proiettati nei cinema di quartiere. Pratiche aberranti del passato, suppongo.
Sono nato nel 1964, quindi rientro per un soffio nella categoria "boomer": è interessante osservare che anche nell'era del politicamente corretto è legittimo inventare nuovi termini con cui additare qualcuno disprezzandolo e ridacchiando. Forse tra non molto dovrei rimuovere anch'io la data di nascita dai miei libri, posto che il pubblico - giovane o meno - legga ancora romanzi di intrattenimento intelligente... ma visto qual è stato il libro di maggior successo nel 2023, non sono sicuro di potermi fare troppe speranze. Eppure mi sento più giovane di molte persone che, benché di età inferiore, aderiscono a ideologie repressive, discriminatorie e omicide di un secolo fa, oppure per reazione a queste si creano nuovi fanatismi non meno soffocanti. Forse il problema non è l'età anagrafica, ma i cervelli - vecchi e nuovi - che funzionano solo in modo primordiale: "Io sono superiore e nel giusto, tutti gli altri sono inferiori e vanno annientati". Lo pensano anche i tifosi della cancel culture: dopotutto "l'ignoranza è forza", sosteneva un dittatore in un "vecchio" romanzo di George Orwell scritto nel 1948 e ambientato quarant'anni fa.
In ogni caso, quando arriverà la prossima pandemia (che secondo certe ideologie naturalmente non esisterà, tanto "muoiono solo i vecchi") ricordate che io sono tuttora molto produttivo. D'accordo, una decina di anni fa ho avuto un problema alla vista perché lavoravo abitualmente centoquaranta ore alla settimana e ormai cerco di non superare le cento ore per week se non in casi di emergenza... ma quanti giovani d'oggi, di ieri e dell'altro ieri saranno, sono o sono stati in grado di mantenere ritmi simili a fronte di un compenso modesto?
Sarà che non avrò mai una pensione, quindi non ho urgenza di andarci, e che non posseggo un trattore (né una macchina né una bicicletta, se è per questo) per bloccare una strada ed esigere compensi vagamente commisurati alle mie fatiche. Ma, finché posso, auspico di poter continuare a lavorare senza che un branco di imbecilli di qualsiasi età mi costringa all'estinzione. E, alla faccia loro, sono riuscito lo stesso a trovare in offerta speciale un panettoncino monodose per celebrare San Biagio a Milano il 3 febbraio.

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.