jueves, 14 de noviembre de 2024

Vita da pulp - C'era una volta Carlo Medina

Medina ritratto da Victor Togliani per la
copertina di Ladykill (Mondadori, 2007) 

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

"In una ideale mappa del noir italiano, quello vero, non si può prescindere da Milano da morire, che offre una visione in linea con il Kverse, fuori dalle convenzioni e dai cliché che ammorbano la narrativa giallo/nera italiana imponendo un unico modello che, in verità, agli amanti del genere (non quelli cresciuti solo con la tv degli ultimi vent'anni) non piace. Cappi invece legge e reinventa la sua città, pescando dalla tradizione genuina del filone ma mettendoci molto di suo."
Stefano Di Marino, 14 novembre 2020


Come spiegavo nel post precedente, tra i miei numerosi anniversari di quest'anno c'è anche il trentennale di uno dei miei personaggi seriali, presente in diciotto volumi della saga del Kverse, in cinque dei quali come protagonista. Carlo Medina fece la sua prima apparizione in "SuperGiallo" n.1, Inverno Giallo 1995, lo speciale natalizio del Giallo Mondadori uscito nel novembre 1994. Il mio primo racconto nella storica collana, in un numero settimanale dell'ottobre 1993, era stato un mystery con protagonista Ernest Hemingway; dopodiché nella primavera 1994 avevo cominciato a pubblicarvi la serie del Cacciatore di Libri, ambientata in un universo che si sarebbe poi collegato a quello di Martin Mystère, il detective dell'impossibile di Alfredo Castelli.
Un pomeriggio di inizio estate 1994 Lia Volpatti, caporedattore del Giallo Mondadori, mi incaricò della revisione dei racconti che componevano lo speciale di fine anno: una selezione dall'Ellery Queen's Mystery Magazine con l'aggiunta di inediti scritti da autrici e autori italiani della collana; mi chiese perdipiù di scrivere un racconto a mia volta, un vero onore considerando che fino a quel momento avevo pubblicato solo quattro storie brevi in appendice alle uscite settimanali. Non esitai ad accettare: nei miei vecchi quaderni che avevo rispolverato tre anni prima, quando lavoravo per RadioRAI, c'era giusto una storia natalizia datata 1981 il cui soggetto faceva al caso mio. Non immaginavo che sarebbe stato il primo tassello di un nuovo, estesissimo universo.
Come dicevo nel post precedente, nel 1978 avevo messo in atto il mio proposito di diventare scrittore di thriller, risalente a otto anni prima. Devo confessare che ai tempi del liceo, nella mia ingenuità giovanile, pensavo ancora che un certo tipo di storia, con una forte componente di azione, potesse essere solo ambientata negli USA. La mia idea era quella di rovesciare lo schema del giallo classico: anziché un detective che deve scoprire chi e come abbia commesso un delitto, un assassino che vuole capire come eseguire un omicidio su commissione. Così a quindici anni, nel 1979, avevo creato una coppia di killer professionisti che immaginavo con le fattezze di due icone del cinema americano, Charles Bronson e Richard Roundtree, nello scenario di una fittizia Los Angeles (città a me del tutto sconosciuta, se non attraverso film e telefilm). I due, un intellettualoide bianco e un uomo d'azione nero, costituivano l'Agenzia K, specializzata in eliminazioni dietro compenso. A loro avevo dedicato parecchi racconti... be', in realtà abbozzi di racconti, che in parte avrei recuperato negli anni a venire.

I edizione della raccolta Milano da morire
(Addictions, 2003); copertina: Carlo Jacono

Il mio sosia di Richard Roundtree avrebbe dovuto aspettare il 2013 per riemergere in modo molto diverso, sotto le spoglie del detective spagnolo Toni "Black" Porcell; quello di Charles Bronson invece era tornato a galla già nel 1991, stavolta milanese e battezzato Carlo Medina: Carlo come Charles (ma è anche il mio secondo nome) e Medina come un mio amico spagnolo che avevo frequentato soprattutto perché mi piaceva sua sorella. Per puro caso, qualche tempo dopo molte persone avrebbero notato che io stesso assomigliavo a Charles Bronson (almeno nei baffi); anche se, rivedendo a distanza di anni quello che era stato il mio primo spaghetti western al cinema, Vamos a matar, compañeros (1970), mi sarei accorto che Medina aveva anche qualcosa del personaggio interpretato da Franco Nero in quel film.
Dopo la cancellazione del programma di RadioRAI (senza che ci avessi guadagnato un soldo), avevo cercato lavoro come copywriter nelle agenzie pubblicitarie milanesi; stavo per firmare un contratto con una delle più rinomate (casualmente la filiale italiana di quella per cui a New York lavorava lo scrittore di thriller James Patterson) quando nella primavera del 1992 l'inchiesta Mani Pulite portava alla fine della "Milano da bere", sicché l'agenzia in questione sospendeva le nuove assunzioni. Non era stato un biennio fortunato per me. Ma quanto avevo visto mentre cercavo lavoro nel settore pubblicitario sarebbe entrato a far parte delle esperienze di Carlo Medina: dovevo solo datare la sua nascita nel 1961, tre anni prima di me, per consentirgli un passato lavorativo in quel campo.
Dunque, nell'estate 1994, mentre tornavo dall'incontro con Lia Volpatti alla redazione del Giallo Mondadori, pensavo a come adattare il mio vecchio raccontino Notte silenziosa, scritto a mano nel 1981, alla realtà italiana del momento, secondo la filosofia della Scuola dei Duri di Milano di cui facevo parte. Volevo anche che il racconto avesse un titolo simbolico, che richiamasse Scerbanenco. L'idea mi venne mentre entravo nel portone di casa, quasi scontrandomi con una fotomodella straniera che teneva il capo chino sulla cartina topografica, alla ricerca dell'indirizzo di un casting: le ultime vestigia della "Milano da bere". In quel momento decisi di chiamare il racconto Milano da morire, un titolo che avrei usato poi per la prima raccolta delle storie di Medina (2003), che sarebbe stato preso a prestito dietro gentile richiesta dai giornalisti Offeddu e Sansa per un saggio edito da Rizzoli (2007), e di cui si sarebbero appropriati senza chiedere il permesso l'ex questore Achille Serra e il giornalista Giovanni Di Sorte per un loro romanzo pubblicato da Giunti (2016); e sì che a quel punto esistevano già due libri omonimi e il mio era stato ripubblicato da Cordero Editore nel 2014, in occasione del ventennale di Medina. Si vede che era un titolo efficace: vi ho già detto che stavo per essere assunto come copywriter...

A Milano non c'è il mare (Oakmond, 2021):
foto di copertina di A. C. Cappi

Nella sua versione definitiva, Medina è un pubblicitario milanese che cambia mestiere nel 1993 per fondare l'Agenzia K-Consulenze di mercato (avevo aggiunto la seconda parte del nome perché mi ero reso conto che a Milano esisteva un'Agenzia Cappa dedita alle pratiche automobilistiche), copertura delle sue attività illecite. Ospite di un programma tv del novembre 1994, definii quel primo racconto come l'inizio di un nuovo genere, il "marketing thriller" (mi sarebbe stato sottratto anche quello slogan), un aspetto che avrebbe pervaso tutte le avventure da protagonista di Medina. I suoi assistenti sono l'ex pornostar Barbara e un giovanotto chiamato Ray, nipote di un boss del crimine organizzato. In seguito entrerà nel gruppo anche Riccarda, che diverrà la fidanzata di Ray.
Le prime quattro storie sono riunite, come dicevo, nel volume Milano da morire. Segue nella cronologia il romanzo Morte accidentale di una lady (1997), ripubblicato nel 2005 in una versione estesa con lo stesso titolo; dal 2007, per distinguere quest'edizione dalla precedente, ho adottato il titolo Ladykill scelto da Alan D. Altieri (grande fan del mio personaggio) per la pubblicazione da Mondadori nella collana Segretissimo Presenta; nel 2020 da Oakmond ne è uscita l'edizione ora in commercio, che contiene in appendice il testo del mio adattamento teatrale portato in scena nel 2007 (con me nel ruolo di Medina). I racconti che si svolgono tra questo romanzo e il successivo sono ora riuniti nel volume A Milano non c'è il mare, cui fanno seguito i romanzi Malastrana e Persecutor, apparsi in origine nella collana Segretissimo e oggi ripubblicati da Oakmond nella collezione dedicata alla saga del Kverse. Ma, come dicevo nel post precedente, da Babilonia Connection (2005) Medina è entrato a far parte della squadra di Nightshade e da allora è apparso in altri dodici romanzi di quella serie; la differenza era che in Segretissimo Medina usciva firmato Andrea Carlo Cappi, Nightshade invece firmato François Torrent. Se nel primo decennale della sua apparizione Medina era stato protagonista di un racconto intitolato Vamos a matar, per il suo trentennale affianca un altro personaggio della saga - Sickrose, nella sua omonima serie spin-off - nell'inedito Compañera, in uscita in edicola e ebook da Segretissimo nel dicembre 2024.
Quindi sono trent'anni che Carlo Medina è presente in molte mie pubblicazioni. Il mio "fratello" scrittore Andrea G. Pinketts lo definì "un antieroe alla Graham Greene". Il romanziere Stefano Di Marino, che oltre essere un grande amico di certe cose si intendeva, mi gratificò di un commento lusinghiero: "Chi non conosce Medina non conosce il noir milanese". Di certo, fin dal primo racconto, il mio personaggio era già l'esatta antitesi di buona parte del giallo italiano a venire, basato perlopiù su commissari, marescialli, magistrati e parroci; e non è neppure un rozzo gangster di borgata, il che spiega perché anni fa una rete tv mi abbia richiesto un format su di lui e poi lo abbia archiviato, in quanto ancora troppo innovativo e fuori da schemi consolidati. Medina, che da Ladykill si muove in uno scenario non solo milanese ma anche internazionale, raccoglie in effetti l'eredità degli antieroi degli spaghetti western; è una sorta di anticorpo criminale della società in cui vive (come lo è Diabolik a Clerville) e sotto certi aspetti - soprattutto per la struttura delle storie - ricorda Parker, il genio della rapina dei romanzi di Richard Stark alias Donald E. Westlake, senz'altro uno dei miei "maestri". Non a caso in Compañera potrete vederlo organizzare un vero e proprio colpo, come ulteriore omaggio alle sue origini noir.

Persecutor (Oakmond, 2023):
foto di copertina di A. C. Cappi

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

viernes, 8 de noviembre de 2024

Vita da pulp - 30 anni di Kverse

A. C. Cappi in una foto di Alberto Aliverti

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Nell'autunno del 1994 ero un autore trentenne, membro della cosiddetta "Scuola dei Duri" di Milano che si prefiggeva di raccontare la realtà attraverso il giallo. Fu allora che, su uno speciale del Giallo Mondadori, venne pubblicata la prima storia del mio universo thriller che qualche tempo dopo sarebbe stato battezzato "Kverse" (dall'amico e collega di narrativa Claudio Bovino). Sotto questo marchio riunisco molte delle mie serie - Medina, Nightshade, Black, Sickrose, Dark Duet - e qualche storia in cui non figurano i personaggi principali. Oggi il Kverse comprende trenta volumi - ventisei romanzi e quattro raccolte di racconti - cui si aggiungono una dozzina di romanzi brevi in ebook e un certo numero di racconti sparsi. La maggior parte dei testi è apparsa nella collana Segretissimo Mondadori, da cui escono tuttora le novità, mentre da cinque anni i vecchi titoli sono riproposti in una collezione pubblicata da Oakmond Publishing, disponibile su Amazon. Da solo il Kverse costituisce più di metà della mia produzione di narrativa.
Il Big Bang di questo universo risale però al 1970. All'età di sei anni, anziché calciatore o astronauta, decisi che da grande sarei diventato uno scrittore di thriller. Pertanto nall'estate del 1978 cominciai a documentarmi e, nel contempo, a riempire quaderni di storie sbrigative nello stile, ma con soggetti tutto sommato interessanti. Tra i personaggi figuravano coloro che sarebbero divenuti Carlo Medina e Toni Black, mentre sullo sfondo si delineava il mondo che li avrebbe ospitati. Avrei rielaborato quelle storie, scrivendone anche di nuove, tra il 1991 e il 1992, per due progetti mai arrivati a compimento, uno con RadioRAI e uno con gli Oscar Mondadori. Il piano dell'opera si faceva sempre più ambizioso: una vasta saga che iniziava negli anni Trenta per arrivare ai tempi che stavo vivendo: si ponevano le basi delle avventure di Miguel Torrent e altri personaggi dalla Guerra di Spagna alla Guerra Fredda (all'epoca ancora in corso).
La consacrazione come scrittore arrivò finalmente nell'ottobre del 1993, quando diventai autore di racconti per il Giallo Mondadori. Nel 1994 mi fu chiesto di scriverne uno per lo speciale natalizio; tra i miei vecchi soggetti, ne avevo giusto uno adatto, risalente più o meno al 1980, che adattai ai tempi. Non ricordo con precisione la data in cui arrivò in edicola quell'Inverno Giallo, ma fu in ogni caso nel tardo autunno del 1994 che in Milano da morire (che avrebbe poi dato il titolo alla prima raccolta sul personaggio) il pubblico italiano fece conoscenza con Carlo Medina, ex pubblicitario divenuto killer di professione all'indomani di Tangentopoli. Negli speciali successivi apparvero un sequel e un prequel, poi nel 1997 il personaggio fu protagonista del romanzo Ladykill, a tutt'oggi il mio titolo più venduto. Mentre tra racconti e romanzi Medina proseguiva le sue avventure (oggi disponibili in cinque volumi da Oakmond Publishing), l'universo si allargava.

Nel 2001 proposi a Segretissimo - la storica collana parallela al Giallo Mondadori dedicata allo spionaggio - una nuova serie imperniata su una contractor dei servizi segreti. Nel 2002 vide quindi la luce la spagnola Mercy "Nightshade" Contreras. Anche se dal 1993 firmavo le mie storie con il mio vero nome, Andrea Carlo Cappi, per pubblicare Nightshade dovetti assumere la falsa identità di François Torrent (in realtà uno dei personaggi all'interno della serie): a quei tempi il pubblico della collana era più diffidente di oggi nei confronti di nomi italiani sulle copertine di thriller a sfondo internazionale, mentre apprezzava da sempre gli autori della scuola spionistica d'Oltralpe; in realtà, per le mie frequentazioni geografiche, scelsi un cognome delle Baleari che potesse passare per francese.
I legami tra Medina Nightshade divennero presto evidenti, dal momento che alcuni personaggi secondari comparivano in entrambe le serie; ma si fecero espliciti quando lui stesso cominciò ad affiancare Mercy come co-protagonista nel 2005, a partire dal romanzo Babilonia Connection. Nel 2009 la vera identità di François Torrent venne rivelata ufficialmente; per coerenza, ancora oggi in Segretissimo continuo a usare lo pseudonimo, mentre le riedizioni sono tutte firmate con il mio vero nome. Il primo ciclo di Nightshade è già disponibile in otto volumi da Oakmond, che ora sta riproponendo le storie del secondo ciclo.
Nell'autunno del 2004, in Obiettivo Sickrose, come antagonista di Mercy Contreras era apparsa una nuova figura femminile destinata a rimanere in scena per parecchio tempo: Rosa "Sickrose" Kerr, killer boliviana di origini irlandesi. Passata dalla parte dei buoni nel primo romanzo del secondo ciclo di Nightshade, Programma Firebird, Rosa si guadagnò nel 2021 la propria serie spin-off da protagonista in Segretissimo (sempre firmata François Torrent): Sicaria, Matadora, Bandida e, a breve, Compañera, in volume e ebook da Segretissimo nel dicembre 2024; il libro resterà in edicola fino al gennaio successivo, dopodiché - come tutti i titoli della collana - sarà disponibile per due anni nella versione digitale.

E non è finita qui. Nel 2013, in un racconto scritto di getto che avevo pubblicato su Facebook con inaspettato successo, riemerse nella sua versione definitiva uno dei personaggi abbozzati negli anni Settanta: Toni Black, il detective senza licenza di Magaluf (Maiorca). Sarebbe stato protagonista di un serial online, poi raccolto in libro, e di due romanzi, pubblicati tra il 2016 e il 2018. Il terzo e (per ora) ultimo volume tornerà in commercio da Oakmond nel luglio 2025; ma nel 2015 Black è entrato a far parte della squadra di Mercy Contreras (nel romanzo Bersaglio Isis, secondo volume del secondo ciclo di Nightshade, ripubblicato da Oakmond proprio in questi giorni) e appare da allora come occasionale comprimario anche in quella serie.
Nel 2019, Stefano Di Marino mi chiese di partecipare alla collana in ebook che stava preparando per Delos Digital: Spy Game - Storie della Guerra Fredda. Proprio in quello stesso periodo stavo raccogliendo le avventure di Miguel Torrent tra il 1937 e i primi anni Quaranta nel volume Dossier Contreras, che racconta le origini di Nightshade e della sua "famiglia allargata". Spy Game era finalmente l'occasione per riprendere i miei progetti del 1991-92, dando vita alla serie Dark Duet, che continua tuttora anche se, dopo la scomparsa di Stefano, ho dovuto sostituirlo alla direzione della collana.
Nel corso del 2024 è stato pubblicato da Delos Digital in ebook un nuovo episodio di Dark Duet (il dodicesimo), mentre Oakmond ha riproposto in cartaceo e ebook i primi due romanzi del secondo ciclo di Nightshade e il secondo volume di Black. Ma la celebrazione vera e propria avviene con le novità su Segretissimo: la scorsa estate è uscito in edicola Agente Nightshade - Legione Ombra (ora disponibile solo in ebook), un romanzo che coinvolge personaggi di varie epoche del Kverse, dagli anni Trenta a oggi; mentre in dicembre, come dicevo, è in edicola e nelle librerie digitali Sickrose - Compañera. Poiché ricorrono sia il ventennale di Sickrose sia il trentennale di Medina, stavolta potrete vederli in missione insieme. Siamo arrivati a trent'anni di pubblicazioni del Kverse. Un giro di boa di una certa importanza, se posso dirlo.

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

viernes, 1 de noviembre de 2024

Voli d'arte a Palma di Maiorca

Jaume Plensa "Mirall" a La Lonja

Articolo e fotografie di Andrea Carlo Cappi

Non ci sono solo spiagge a Maiorca. E Palma, città già suggestiva di per sé, da tempo si segnala come punto di riferimento per l'arte contemporanea. Non a caso poco lontano, a Cala Mayor, abitava Joan Mirò, la cui casa-studio è ora un museo ricco di sue opere. Ogni volta che metto piede nel capoluogo delle Baleari, il mio percorso ha alcuni punti fissi: tra questi La Lonja, della quale ho parlato in agosto a proposito della mostra di Julian Opie, e Casal Solleric, di cui ho scritto diffusamente lo scorso anno.
Anche questa volta non sono rimasto deluso. La Lonja ospita un complesso di due opere dello scultore Jaume Plensa (nato a Barcellona nel 1955). Il titolo è Mirall ("specchio" in catalano): due "nubi" di acciaio inossidabile sospese nell'aria, che formano un volto femminile e uno maschile - faccia a faccia - che con un dito invitano al silenzio. Inaugurata il 25 settembre scorso, l'eposizione aleggerà nella grande sala gotica fino al 25 febbraio 2025, intercettando la luce con le proprie trasparenze.




Poco lontano, il 21 settembre è stata inaugurata Un ligero vuelo ("Un leggero volo" in castigliano) dell'artista peruviana Cecilia Paredes, che si divide tra fotografia, scultura e tessuti, per così dire, "di recupero". La vetrina e la facciata di Casal Solleric sono spesso un ulteriore luogo di esposizione, quindi il primo incontro è con Dawn, immagine scelta per il manifesto della mostra, e con Flores en el cielo, una composizione floreale di metallo dipinto, su uno dei balconi verso il Paeo del Borne.

Cecilia Paredes "Dawn" (dettaglio)

Cecilia Paredes "Flores en cielo" 

Ma, oltre a Los pies de Dafne (scultura in bronzo dipinto), forse i pezzi più suggestivi sono i "vestiti", realizzati con materiali di vario genere, dalle piùme (recupero di una tradizione andina) alle crisalidi di farfalle, fino ai frammenti di corallo intrecciati in Manto, sospeso nel cortile del palazzo. Tutto questo si può vedere fino all'8 gennaio 2025.

Cecilia Paredes "Vestidos"

Cecilia Paredes "Manto" (dettaglio)

C'era un'altra mostra d'arte da visitare a Casal Solleric, ma confesso che da un certo momento in avanti, la mia attenzione è stata assorbita interamente da quella dalle tavole originali di Quino esposte al pianterreno e al primo piano, di cui ho parlato in un altro articolo.

Cecilia Paredes "Los pies de Dafne"

jueves, 31 de octubre de 2024

Vita da pulp - Le vacanze del signor K

Foto: A. C. Cappi - Magaluf, 30 ottobre 2024

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

"Lo scrittore non separa mai la vita dal suo lavoro, non si riposa mai, non va mai in vacanza..." Non conoscevo questa frase di Oriana Fallaci finché non mi è stata riferita qualche settimana fa, ma somiglia a qualcosa che ho scritto in passato in questa rubrica. Il senso: chi scrive non smette mai di farlo, anche quando non ha una penna in mano o i tasti sotto le dita, perché il cervello è sempre in funzione; nel contempo, tutto ciò che vede, ascolta e vive finisce in un serbatoio da cui prima o poi sarà recuperato e utilizzato. Si è scrittori o scrittrici ventiquattr'ore su ventiquattro, anche quando si dorme.
È raro tuttavia che chi scrive riesca a campare solo dei propri libri. Spesso svolge un altro lavoro e scrive nel tempo libero; talvolta, come è capitato a me, "l'altro lavoro" è nello stesso settore. Nell'introduzione a un'intervista su B-Hop, dice di me Kenji Albani: "vive di scrittura e vive la scrittura". Una frase a effetto, anche se, alla lettera, è vera solo la seconda metà: sarebbe più esatto dire che in questi anni sono vissuto di editoria.
Il problema sorge quando gli impegni paralleli - consulenze, traduzioni, editing - interferiscono con la stesura dei miei libri... perché oltre a pensarli, bisogna pure scriverli. Ma se, nel tempo, tariffe e compensi non vengono aggiornati o addirittura diminuiscono, l'unico modo per far fronte alle spese è accettare un numero sempre maggiore di incarichi, fino non solo a saturare il "tempo libero" ma anche a erodere le ore del sonno.

Per mia fortuna, come raccontavo in un post di qualche tempo fa, in questi anni ho avuto la soddisfazione di trasferirmi per alcuni periodi nel mio rifugio a Maiorca: pur con gli stessi orari allucinanti di lavoro, trovandomi in un luogo in cui ero stato in vacanza, avevo l'illusione di essere in vacanza.
A volte si rischia ugualmente di impazzire, come nel gennaio 2014, quando traducevo in italiano un lungo romanzo spagnolo scritto così male che dovevo farne anche l'editing, altrimenti il pubblico italiano avrebbe pensato che gli errori fossero colpa mia. Per mantenermi lucido, negli intervalli dei pasti (lavoravo più o meno dalle quattro del mattino a mezzanotte) sviluppavo un soggetto per Martin Mystère, che anni dopo sarebbe diventato un serial narrativo.
I miei inverni solitari a Maiorca tra il 2010 e il 2017 furono forse i periodi più strani della mia vita. Quando finivo una traduzione, mi prendevo una giornata "libera" - cioè in cui non superavo le otto ore lavorative - e andavo in città con l'autobus, oppure scendevo a leggere nella spiaggia deserta. I giorni di traduzione erano tutti uguali e si confondono nella memoria, ma il ricordo di quei momenti di libertà ha qualcosa di magico, come se all'improvviso mi spostassi in un mondo parallelo in cui potevo tornare a fare lo scrittore.

Fu nelle trasferte spagnole invernali ed estive tra il 2013 e il 2016 che nacque la trilogia di Toni Black, considerata da alcuni l'opera più originale e "libera" della mia produzione narrativa. Storie che appartengono non solo a un luogo particolare - Magaluf, Maiorca - ma proprio a quel periodo, perché oggi la zona si sta liberando degli scenari torbidi che facevano da sfondo a quelle vicende.
Nel frattempo però sto cambiando anch'io. Gli anniversari che ricorrono nel 2024 dovrebbero ricordarmi non solo che etá ho compiuto in settembre, ma anche che negli ultimi trent'anni ho prodotto - fra miei libri, traduzioni ed editing - una media superiore a un titolo al mese, svolgendo nel frattempo un'infinità di altri incarichi.
Questo spiega forse perché, dopo il mio compleanno, abbia deciso di ribellarmi all'invadenza del lavoro. D'accordo, gli scrittori non vanno in vacanza e nemmeno in pensione. Io, personalmente, non sarei mai capace di smettere. Ma sto cominciando a reclamare il diritto di essere quello che sono: uno scrittore, non un tuttofare al servizio dell'editoria.

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

domingo, 27 de octubre de 2024

Concerto per Mafalda e orchestra


Articolo e foto di Andrea Carlo Cappi

Quino en la música, Casal Solleric (Passeig des Born 27, Palma de Mallorca) fino all'8 gennaio 2025, ingresso libero. Chiuso lunedì, Natale e Capodanno; orari martedì 10-20, domenica e festivi 11-14.30.

Sono molte le ricorrenze di quest'anno per Joaquín Lavado Tejón, in arte Quino (1932-2020), il grande umorista grafico argentino noto soprattutto per le strisce di Mafalda, la bambina "contestataria" che, nel rispecchiare la società del suo Paese degli anni '60-'70, porta alla luce le inquietudini del XX secolo e anticipa quelle del XXI. Sono trascorsi settant'anni dall'ingresso di Quino a livello professionale nel mondo dei fumetti e sessanta dalla nascita di Mafalda, che sarebbe apparsa regolarmente sulla stampa argentina fino al 1973; e dieci anni dall'assegnazione in Spagna del Premio "Príncipe de Asturias", da poco ricevuto (nell'attuale versione "Princesa de Asturias") da un suo caro amico: il cantautore catalano Joan Manuel Serrat. Infine il 24 ottobre 2024 a Palma di Maiorca è stata inaugurata una mostra che il fumettista Jorge Isaurralde alias Tatúm non esita a definire la più importante mai dedicata a Quino.

L'immagine scelta per la locandina della mostra

Quino en la música - nell'ambito del festival internazionale Comics Nostrum, organizzato da Cluster de Comics - segue uno degli argomenti che hanno accompagnato l'opera del disegnatore per tutta la sua carriera fin dagli anni '50 - prima, durante e dopo Mafalda - con gli originali di vignette singole, brevi storie da una tavola e, naturalmente, strisce del suo personaggio più celebre. Molte delle illustrazioni sono veri e propri backstage umoristici del lavoro di direttori d'orchestra, solisti e musicisti, un ambiente che Quino conosceva sia come appassionato di musica classica, sia come... zio. I due nipoti Guillermo Lavado (ispiratore del personaggio di Guille in Mafalda) e Diego Lavado, che hanno da circa un anno l'incarico di gestire l'archivio di Quino, condivisero per un certo periodo lo studio del flauto, puntualmente convertito dallo zio in oggetto di vignette; Guillermo è diventato poi flauto solista, oltre che insegnante di musica.

Tatúm, a sinistra, con i Lavado a Casal Solleric

La mattina di sabato 26 ottobre Tatúm, ideatore del percorso espositivo, ha condotto un incontro con Guillermo e Diego Lavado, che hanno scelto il materiale per la mostra. Prima di una visita da loro stessi guidata, i nipoti hanno raccontato Quino come lo hanno conosciuto. Le origini risalgono all'Andalusia - in particolare Fuengirola (Málaga) - da cui furono in molti a emigrare in Argentina già prima dell'avvento della dittatura in Spagna. Quino, nato a Mendoza (località celebre per il suo vino) oltre al nome avrebbe ereditato la passione per il disegno dallo zio, l'illustratore Joaquín Tejón. E avrebbe ricordato in particolare la nonna Teté, repubblicana e comunista (unica "politicizzata" in famiglia) per le sue accese discussioni a tavola: fu probabilmente lei il modello per Mafalda, che fisicamente e caratterialmente le assomiglia, raccontano Guillermo e Diego Lavado.

Guillermo Lavado

Diego Lavado

Quino non aveva affiliazioni politiche, ma come libero pensatore e intellettuale impegnato si scontrò con la censura: nel 1973 fu proibita la pubblicazione di una vignetta di Mafalda che, indicando il manganello di un poliziotto, diceva "Questo è il paletto per le ideologie". A quel tempo il ministro del Benessere Sociale José López Rega detto "lo Stregone" - oltre a influenzare pesantemente prima Juan Perón e poi la vedova di questi, Isabelita - dava vita all'organizzazione estremista Triple A, poi responsabile di azioni punitive, sparizioni e attentati.
Una sua squadra fece visita a casa di Quino a Buenos Aires, per fortuna una sera in cui la famiglia era in campagna. Fu un'avvisaglia che indusse l'artista a trasferirsi prima per qualche mese a Mendoza - per la gioia dei nipoti - poi andare in esilio insieme alla moglie Alicia a Milano, nel 1975. Nel 1976 la Triple A assassinò un gruppo di cinque sacerdoti (il Massacro di San Patricio) lasciando come "messaggio" una riproduzione della vignetta del "palito de las ideologías" accanto ai cadaveri.
La scelta dell'Italia come rifugio non era casuale: era uno dei primi paesi d'Europa in cui Quino aveva avuto successo; vi sarebbe rimasto fino agli anni '80. Ma già dall'inizio della sua carriera aveva viaggiato molto: per i nipoti, quando lui andava a trovarli a Mendoza, Quino - el tio piola, come dire "lo zio sveglio" - era sempre stato per loro una finestra sul mondo. Il rapporto continuò anche nel periodo dell'esilio:  mentre studiava musica a Basilea, Guillermo Lavado andava a trovarlo a Milano, prendendo un treno per la Stazione Centrale (poi diventata scenario della vignetta qui sotto, in cui il nipote appare con la custodia del suo flauto).

"... L'orologio della Stazione Centrale è indietro.
E nessuno fa niente?"

In Quino en la música si percorre quindi l'intera carriera dell'autore - fino a quando dovette abbandonare matita e chine per seri problemi alla vista - con le tavole originali recuperate dai nipoti, oltre che con alcune sequenze in anteprima di un documentario in lavorazione sulla sua vita. La mostra rimarrà aperta fino all'8 gennaio ed è in preparazione un libro che riunisca tutte queste immagini, mai raccolte sinora in un unico volume.

jueves, 24 de octubre de 2024

Vita da pulp - Non giudicare un libro...


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

... dalla copertina, consiglia un antico detto che qualcuno fa risalire alla Bibbia, anche se nella versione originale semmai doveva essere "Non giudicare una pergamena da com'è arrotolata". La sua formulazione attuale è attribuita a George Eliot (pseudonimo di Mary Ann Evans) nel romanzo Il mulino sulla Floss del 1860 e la sua citazione più celebre è forse quella in The Rocky Horror Show. In ogni caso - come assicura Armand Kroull nel suo testo immortale qui sopra raffigurato - la frase andrebbe presa come sacrosanta.
Il primo incontro con un libro di un lettore o di una lettrice, quando entra fisicamente in una libreria è in effetti... con la copertina, direte voi. No, nella maggior parte dei casi, con la costa del volume, infilato in uno scaffale in mezzo a tanti altri: essere esposto su un bancone come novità o addirittura in vetrina è un privilegio riservato a pochissimi titoli. Ma, per motivi che ho già spiegato in passato in questa rubrica, è già un privilegio che un libro arrivi sul serio in una libreria: i complessi passaggi di promozione e distribuzione, la quantità di libri in continua uscita e lo spazio limitato in negozio fanno sì che la maggior parte di ciò che viene stampato non si possa trovare in una libreria, nemmeno se ce n'è giunta notizia attraverso una recensione, una segnalazione o l'ormai mitico "passaparola". Quindi difficilmente avremo la possibilità di prendere in mano il volume che ci incuriosisce, sfogliarlo, leggerne l'incipit...
Ecco dunque che il primo incontro con un libro avviene perlopiù attraverso la copertina e il riassunto della trama che appaiono in una recensione, in un post su un social network o, semplicemente sulle pagine di una libreria online; nel caso degli ebook, a maggior ragione, tutto avviene solo su Internet. Dunque l'impatto immediato è proprio quello della copertina, ridotta però alle dimensioni di un francobollo, spesso in mezzo a tanti altri francobolli. Per chi scrive narrativa di genere, esordiente o professionista che sia, tutte le possibilità di vendita (e quindi di pubblicare poi altri libri) si giocano sull'attenzione che desta il suo francobollo nella frazione di secondo in cui l'utente se lo trova sotto gli occhi sul cellulare, prima di passare ad altro. Ci sarebbe da fare un discorso a parte sulle collane famose di editori di prestigio, in cui l'immagine di copertina conta almeno quanto la riconoscibilità della linea grafica: è un argomento di cui mi sono occupato in altri contesti (tra cui l'unico esame universitario nella mia vita in cui abbia preso trenta e lode). Restiamo però sulla "comunicazione" rappresentata dall'immagine scelta.


Ai tempi delle riviste pulp americane (come quella che vedete qui sopra), le illustrazioni delle copertine dovevano catturare al volo l'attenzione di chi andava in edicola, trasmettendo un messaggio immediato di avventura, azione, fantasia e, perché no, talvolta qualche suggestione sexy, con eroi ed eroine dal fisico prestante. Le allusioni erotiche non si limitavano alle fantasie maschili su fanciulle dai vestiti laceri: pensiamo ai giovanottoni muscolosi a torso nudo che anche in tempi recenti hanno stretto tra le loro braccia possenti le protagoniste del romance destinato a un pubblico femminile... In seguito quel tipo di immaginario visivo si trasmise ai pocket book e Billy Wilder ne fece una satira pungente in Quando la moglie è in vacanza: il protagonista maschile del film lavora in una casa editrice e, pur di vendere copie, insiste a "erotizzare" le copertine, anche quando si tratta del saggio di un illustre psichiatra. L'idea della copertina sexy arrivò anche in Italia, soprattutto nelle edicole, dove negli anni Sessanta un noto editore pubblicava la collana I gialli proibiti, con titoli talvolta allusivi e foto di ragazze semisvestite.
Ma parliamo ora di un maestro dell'illustrazione, Carlo Jacono, che per decenni oltre alle copertine per Il Giallo Mondadori realizzò quelle della parallela collana di spionaggio Segretissimo, agganciata alla cronaca spionistica internazionale, quindi ritenuta più dura e disinibita. Si alternavano scene di azione a ritratti di protagonisti e protagoniste. Anni fa organizzai una mostra a Milano sulla moda femminile nei decenni attraverso le illustrazioni di Jacono, la maggior parte proprio da questa collana... ma spesso le donne di Segretissimo erano in bikini, sottoveste o addirittura elegantemente seminude: ricordiamo che negli anni Settanta, l'epoca della liberazione sessuale e delle rivendicazioni femministe, si bruciavano i reggiseni in piazza; nel contempo un immaginario vedo-nonvedo era associato alla spy story attraverso le sequenze dei titoli dei film di 007, in cui le Bond Girls erano peraltro sempre meno "fanciulle inermi" e sempre più "donne d'azione".
I tempi cambiano. Oggi la grafica della collana Segretissimo (in edicola e ebook) è simile a quella dell'epoca, ma le copertine non sono più illustrazioni, bensì fotografie. Di recente si è scatenata sulle reti sociali una polemica in proposito: se in copertina appare una ragazza in lingerie, chi non conosca la collana può pensare che si tratti di un romanzo erotico-maschilista, anziché di una storia di spionaggio. Nel contempo chi cerca una spy story potrebbe non ricollegare il libro a quel tipo di immagine. La redazione infatti sta ora riconsiderando le copertine, tenendo presente che non si può nemmeno imitare la formula anglo-americana in cui si vedono solo aerei, sommergibili od omaccioni in uniforme mimetica... anche perché la spy story - come ho spiegato tempo fa in questa rubrica - non coincide al cento per cento con il technothriller o il combat thriller e si rischierebbe di perderne la vera identità.

Raccolta di Jacono: Segretissimo d'epoca

Per ogni genere o sottogenere della narrativa esistono ormai immagini recepite quasi a livello subliminale. Se vediamo la sagoma di una donna in tailleur con una pistola puntata in avanti, pensiamo subito a una detective tosta e indipendente (peccato che anni fa in breve tempo abbia visto la stessa fotografia in copertina su tre romanzi diversi). Di recente ho scoperto un'appassionante serie di libri, di cui conto di parlarvi presto, con immagini di copertina davvero belle, suggestive e coerenti con il contenuto... che tuttavia - a prima vista - fanno pensare a un ciclo dark fantasy/horror, quando si tratta invece di avventure e intrighi internazionali del secolo scorso; nel contempo il vero pubblico potenziale della serie non viene agganciato sul piano visivo, ma deve arrivare a leggere la trama per capire di cosa si tratti.
Poi forse ancora oggi c'è chi, come il già citato personaggio di Billy Wilder, continua a sperare di fare un sacco di soldi facendo credere al pubblico che sta comprando una cosa per l'altra. Avrei parecchio da raccontare su esperienze passate come direttore editoriale/art director, ma non stavolta; in ogni caso, se nella vostra casa editrice arriva qualcuno che dice frasi tipo "le copertine sono uno strumento del marketing" e "questa sì che è un'immagine impattante", chiamate la polizia prima che sia troppo tardi.
Ma il concetto del marketing (quello vero) di "raggiungere il proprio target" non è campato in aria, a patto di sapere quale sia il target, e conoscere ciò che si pubblica e la sua rappresentazione corrente, in modo da mandare il messaggio giusto al pubblico di riferimento, nella speranza che questo lo visualizzi e lo recepisca. Perché non bisogna giudicare un libro dalla copertina, ma la copertina deve indurre quantomeno a un approfondimento; anche se, nel caso del succitato testo di Armand Kroull, autore e libro non esistono e l'immagine è stata fabbricata mediante intelligenza artificiale.

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

domingo, 29 de septiembre de 2024

Il futuro



Poesia di Fabio Viganò


Nei tuoi occhi leggo versi dolorosi
trascorsi mai passati, ricordati,
Il tuo silenzio, urlo assordante più del tuono,
una carezza non vale quanto il perdono.

Il sole scalda una terra morta, svanita,
non più rispetto o dignità in questa vita.
Troppo sarebbe ricordare del fantasticare
Il silenzio vale più di un urlo di dolore.

Lo vedi squarciato sanguinare il petto
non ti poni domande, non avrai futuro,
la sorte ti sarà forse amica nell’indifferenza,
cadrai e una risata coprirà il tuo pianto.



(Immagine: fotografia di A. C. Cappi)