jueves, 20 de marzo de 2025

Vita da pulp - X, Y & Z


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi

Immagino che avrete presente un paio di stereotipi ricorrenti: lo scrittore agli esordi che non riesce a cominciare o a proseguire il proprio romanzo e l'autore di successo che sente di aver perso l'ispirazione, sicché il foglio - cartaceo o virtuale che sia - rimane vuoto e minaccioso davanti ai loro occhi. Quando mi viene chiesto se anche per me questo sia un problema, rispondo che non riesco neppure a concepire la supremazia della pagina bianca.
Sarà che mi occupo di narrativa di intrattenimento - che ha la sola ambizione di essere intrattenimento intelligente - e che non ho mai preteso di scrivere "il grande romanzo". Nondimeno la realtà mi offre sempre così tanti spunti che il mio problema è un altro: ho molte più idee per romanzi e racconti che tempo a disposizione per scriverli. Inoltre mi è capitato spesso di dover tenere ferma una storia per anni o decenni non solo a causa di altri impegni lavorativi, ma perché non trovavo l'editore e il contesto adatti al progetto.
Il pericolo, per chiunque scriva a lungo una o più serie sugli stessi personaggi, non è la "pagina bianca", semmai la pagina ripetitiva, meccanica, poco originale. Da questo punto di vista può essere salubre passare da un filone all'altro, per ripulirsi la mente affrontando di volta in volta storie diverse. Ciò, beninteso, è possibile per chi vive la narrativa con rapidità di scrittura e spirito "pulp" (nel significato, ribadisco, che il termine aveva un secolo fa). Un autore di bestseller che impiega dodici mesi per consegnare all'editore il suo faldone annuale da cinquecento pagine guadagnerà di certo più di me, ma dopo un po' rischia di perdere vitalità ed entusiasmo nella routine.

Come spiegavo in un post di tre anni fa, dato che mi dedico parecchio alla spy story, spesso la mia fantasia si innesta sulla realtà geopolitica. Nel 2025 è prevista l'uscita non di due nuovi romanzi di spionaggio come di consueto, ma uno solo, anche se gli spunti offerti dalla cronaca internazionale ne richiederebbero una dozzina. Tuttavia non è solo questione di raccontare qualcosa "a posteriori": il mio continuo lavoro di documentazione e analisi mi ha portato spesso ad anticipare episodi poi realmente accaduti o a ipotizzare retroscena che in seguito hanno trovato conferme parziali o totali.
Uno dei casi più singolari risale ormai a vent'anni fa. Il 5 aprile 2005, intuendo un gravissimo rischio di sicurezza durante gli imminenti funerali di Giovanni Paolo II a Roma, scrissi un racconto ambientato proprio in quel momento. Dopo qualche settimana in un radiogiornale pomeridiano sentii dare come notizia... la mia trama:  un attentato di proporzioni apocalittiche previsto a Roma durante le esequie papali, identico a quello che ipotizzavo nel racconto, sarebbe stato sventato nella realtà. La notizia non fu mai ripresa: non ne ho mai trovato traccia su Internet e quando il racconto fu pubblicato nel marzo 2006 (e poi ancora nel febbraio 2007) nessuno fece commenti. Da allora mi chiedo se la notizia fosse una bufala senza alcun fondamento, oppure se fosse vera, resa pubblica per errore e poi rapidamente messa sotto silenzio per evitare il panico retroattivo.
Tolto questo caso tuttora misterioso, parecchi episodi narrati nei miei libri coincidono - prima o dopo - con notizie tanto clamorose quanto attendibili, che sono sotto gli occhi di tutti ma rimangono sistematicamente ignorate, come ho scritto mesi fa in un altro post. Ogni tanto mi sento come il personaggio interpretato da Kevin McCarthy ne L'invasione degli ultracorpi - l'unico ad avere compreso cosa stia accadendo - che invano grida "Ascoltatemi!" in mezzo alla strada.

Ci sono anche casi in cui non so quanto di ciò che scrivo derivi da notizie ascoltate distrattamente e poi rielaborate senza accorgermene. Sempre nel 2005, una mattina d'estate mi svegliai con in testa un'idea per una possibile storia di Martin Mystère, il "detective dell'impossibile" creato da Alfredo Castelli, personaggio su cui ho scritto qualche sceneggiatura per fumetti e una decina di romanzi. Presi un appunto sulla trama, che vedeva il protagonista costretto a vivere esperienze virtuali in contesti diversi da quelli abituali (il vecchio West, il noir metropolitano anni Cinquanta, lo spazio...) in modo non dissimile dalle avventure di Martin Mystère nelle realtà alternative della serie Zona X, laddove la mia vicenda si sarebbe inserita nella continuity della serie principale.
Dieci anni dopo, quando Castelli stava proponendo a Sergio Bonelli Editore di aprire la collana "I Romanzi di Martin Mystère", ripresi in mano quel soggetto, in cui a essere responsabile delle vicissitudini del protagonista era un'intelligenza artificiale, e inserii nella trama un imprenditore che creava un programma spaziale privato, argomento di cui si parlava da tempo. Data l'analogia con le storie di Zona X, battezzai il progetto Zona Y. Ma Castelli preferì che proseguissi la storyline di due miei romanzi precedenti, L'occhio sinistro di Rama e L'ultima legione di Atlantide, sicché nel 2017 l'editore inaugurò la collana narrativa di Martin Mystère con La Donna Leopardo.
Passò qualche altro anno e Castelli mi propose di scrivere anche storie a puntate del detective dell'impossibile, in appendice agli albi mensili a fumetti. Per una di queste (2022-23) recuperai la trama di Zona Y, che si prestava a episodi parzialmente autoconclusivi. Nella storia il personaggio dotato di veicoli spaziali e intelligenza artificiale impiega come proprio marchio la lettera Y, e per varie puntate minaccia l'equilibrio mondiale. Nella realtà era la lettera X a essere associata già allora a un programma spaziale privato e presto lo sarebbe stata anche a un'AI. Quanto alla voce "equilibrio mondiale", meglio tacere: in passato in un mio romanzo di spionaggio ho usato per certi personaggi l'ultima lettera dell'alfabeto e poi questi, nel mondo reale, l'hanno dipinta sui loro carri armati.

(Illustrazione di Carlo Velardi da Martin Mystère n. 400, Sergio Bonelli Editore, 2023)

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una settantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. Presiede la giuria del Premio Torre Crawford ed è membro di IAMTW e World SF Italia.

miércoles, 12 de marzo de 2025

Vita da pulp - Non sei nessuno

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi

Poco dopo le otto del mattino, l'uomo è seduto al volante del SUV parcheggiato nella piazza. Ha appena accompagnato a scuola il figlio, che quest'anno ha l'esame di maturità. A quest'ora l'uomo dovrebbe andare nel suo studio a lavorare, dopotutto è lunedì. Invece rimane seduto in macchina, senza accendere il motore. Si toglie di tasca il cellulare, il portafogli con i documenti. "Non sei nessuno", dice a se stesso. Scende dal SUV, blocca le portiere, mette in tasca le chiavi. "Non puoi farcela", ripete fra sé, mentre si incammina. "Non vali niente."
Non andrà nel suo studio neanche oggi: è un mese che non ci va. I clienti ne sono all'oscuro, del resto sanno che il loro consulente finanziario si fa sempre vivo quando serve e non si preoccupano se non hanno sue notizie. Così alla mattina lui si comporta come tutti i giorni, fino a quando accompagna a scuola il figlio, che quest'anno... Il pensiero svanisce, sopraffatto da una frase. "Non sarai mai all'altezza."
Nessuno sa dove vada fino all'ora di rincasare. Non lo sa nemmeno lui. Una volontà sconosciuta guida i suoi passi. Una voce che anni prima era di altri, ma da parecchio tempo è solo la sua, gli ripete nella testa: "Non sei nessuno. Non puoi farcela. Non vali niente..."

Conosco quest'uomo, almeno un po'. A un pranzo di famiglia di qualche anno fa, quando mi vide per la prima volta come neo-fidanzato di una delle persone a tavola, partì subito all'attacco con sarcasmo aggressivo nei miei confronti. Qualcuno gli aveva detto che faccio lo scrittore e forse pensava che volessi insidiare il suo ruolo di maschio alfa tra i presenti. Mi erano già capitate situazioni del genere, quindi risposi con un sorriso e qualche battuta innocua. In seguito avrei constatato che sarcasmo, provocazione e aria di superiorità erano il suo modo di esprimersi con chiunque. Cominciai persino a trovarlo simpatico... a piccole dosi: intuivo che per la moglie e per i figli - una femmina e un maschio - non doveva essere facile averlo in casa tutti i giorni, anche se con il ragazzo si innescava un classico meccanismo di male bonding nel comune interesse per il campionato di calcio.
Capii qualcosa in più di quest'uomo qualche anno dopo, quando seppi che suo fratello si era appena suicidato, di punto in bianco, senza alcun motivo apparente, impiccandosi nel proprio box. Mi arrivarono voci su genitori severi, ricchi ed egoisti. Con l'esperienza della mia e di altre famiglie, non mi era difficile immaginare come i figli fossero stati cresciuti: uno dei meccanismi più diffusi per l'educazione della prole consiste nell'esortarla a raggiungere risultati sempre maggiori, così da non far sfigurare chi li ha messi al mondo; ma nel contempo - per evitare che la discendenza metta in dubbio l'autoaffermata superiorità dei genitori - a ribadirle sin dall'infanzia che non vale niente e non sarà mai all'altezza. In questo modo figli o figlie ricevono un messaggio contraddittorio che li sottopone ad aspettative impossibili, con la certezza predeterminata che non riusciranno mai a soddisfarle: un condizionamento efficace, che per loro durerà tutta la vita. Per questo dovranno a tutti i costi mantenere a propria volta, in pubblico, l'apparenza della superiorità, altrimenti tutti scopriranno che è solo una maschera per nascondere la paura del proprio fallimento.
Dopo la tragedia, l'uomo dovette anche preoccuparsi dei propri genitori, ormai bisognosi di cure per questioni di età, portandoli nella più lussuosa residenza per anziani della zona (tanto loro i soldi per pagarsela li avevano). Il padre sarebbe morto di lì a poco, mentre la madre, una volta vedova, sarebbe rifiorita. Ma una delle conseguenze più crudeli del condizionamento subito da un figlio sin dalla più tenera età è che, quando scompare la figura cui per tutta la vita ha cercato invano di dimostrare qualcosa, non ci sono più speranze. Non potrà mai più convincere il padre (o la madre, o entrambi, a seconda dei casi individuali) che non è vero che "non è all'altezza": la sentenza emessa alla sua nascita diviene irrevocabile alla morte del giudice.

Così, con la mente annebbiata in cui oggi risuona solo l'eco di frasi di cui nemmeno ricorda l'origine e che non ha mai potuto mettere in discussione, l'uomo raggiunge il lungolago. Manca poco alle otto e trenta del mattino di questo lunedì di marzo, grigio e piovoso. Non c'è nessuno intorno. La condanna è stata emessa da cinquantotto anni ed è lui stesso, finalmente, a eseguirla. L'acqua è torbida, gelida, paralizzante. I vestiti sono ingombranti, ma lui non prova neanche a nuotare, mentre gli si riempiono le narici, la gola, i polmoni...
Il corpo viene avvistato due ore dopo da qualche passante, mentre galleggia poco lontano in un porticciolo. I vigili del fuoco lo ripescano intorno a mezzogiorno, la stessa ora a cui la madre si prepara per il pranzo nella residenza per anziani ricchi. L'uomo non ha indosso documenti, ma in tasca ci sono le chiavi della macchina. Quando il SUV viene localizzato nella piazza, ottocento metri più in là, si trovano la carta d'identita e la patente, il suicida viene identificato e la polizia avvisa la moglie. Nelle ore successive, la catena dello shock raggiungerà il figlio, quando esce da scuola, e la figlia, che lavora in un'altra città. Rimarrà un marchio indelebile anche su di loro.
Il delitto perfetto esiste. A volte l'assassino riesce a colpire anche dalla tomba. E, se potesse parlare, le uniche parole alla sua vittima sarebbero: "Visto? Te l'ho sempre detto che non valevi niente!" 

(Immagine realizzata con AI)

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una settantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. Presiede la giuria del Premio Torre Crawford ed è membro di IAMTW e World SF Italia.

sábado, 8 de marzo de 2025

Vita da pulp - 8 marzo in (profondo) rosso


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di
 Andrea Carlo Cappi

Quando possibile, sono solito dedicare un post all'Otto Marzo e quest'anno non mi posso esimere dal farlo nella mia rubrica "Vita da pulp", per la quasi-coincidenza di due cinquantennali. Il più importante su scala mondiale corrisponde alla prima Giornata Internazionale della Donna, celebrata dall'ONU nel 1975 (precedentemente decretato come Anno Internazionale della Donna, per dare inizio a una seria battaglia contro la disuguaglianza).
La data scelta fu la stessa in cui nel 1917 a San Pietroburgo - dove era stata prevista ma sospesa una "Giornata della Donna" - si era sollevata una manifestazione delle operaie tessili. All'epoca in Russia era in vigore il calendario giuliano, quindi l'effettiva data locale non era l'8 marzo bensì il 23 febbraio.
Già nel 1975 le Nazioni Unite riuscirono a ottenere qualche risultato importante. Per esempio in Spagna, nonostante fosse ancora al potere il dittatore Francisco Franco, furono abolite leggi anacronistiche che reprimevano le donne, il cui ruolo sociale era esclusivamente quello di mogli-madri-casalinghe soggiogate a un marito-padrone: tra queste l'obbligo di autorizzazione scritta da parte del coniuge se volevano aprire un conto corrente in banca. Il dittatore morì nel novembre dello stesso anno ed ebbe finalmente inizio il processo di democratizzazione della Spagna; non a caso da quelle parti stanno cominciando anche le commemorazioni relative.

L'altro cinquantennale, proprio il giorno prima, corrisponde a quello del celeberrimo thriller Profondo rosso di Dario Argento, che uscì nei cinema italiani il 7 marzo 1975. I protagonisti sono Marcus Daly, pianista inglese che vive in Italia (David Hemmngs), testimone di un brutale omicidio, e la giornalista di cronaca nera Gianna Brezzi (Daria Nicolodi), donna - come si usava dire all'epoca - "emancipata" che non risparmia al suo compagno di indagini varie frecciate per certi suoi atteggiamenti tardo-maschilisti.
I personaggi femminili del film sono numerosi e tutti molto interessanti, ma tra questi potrebbe apparire secondario quello della scrittrice Amanda Righetti (Giuliana Calandra), già autrice nel 1956 di una raccolta di leggende urbane da cui Daly ricava indizi preziosi anche se non definitivi. Amanda è una delle vittime della catena di omicidi narrata in Profondo rosso, nel quale non abbiamo quindi il tempo di conoscerla a fondo. Ma a questo abbiamo rimediato lo scrittore-editor Mario Gazzola, la collaudata artista e neo-scrittrice Roberta Guardascione e io. Nel farlo, abbiamo appreso di cosa possa essere capace una donna, ancorché immaginaria.
Nel film si vedono inquadrature rivelatrici del contenuto del libro di Amanda Righetti, dal titolo Fantasmi di oggi e leggende nere dell'età moderna e si colgono piccoli ma significativi indizi sulla vita privata e la personalità dell'autrice. Sulla base di tutto ciò e con la complicità di Luigi Cozzi (a sua volta regista di culto, più volte braccio destro di Dario Argento e titolare della casa editrice Profondo Rosso oltre che del celebre Profondo Rosso Store a Roma) abbiamo raccolto un gruppo di autrici e autori esperti di thriller per "ricostruire" questo pseudobiblion. Ma potremmo dire che dall'aldilà Amanda Righetti abbia preso le redini dell'operazione.

Come se fosse esistita realmente, infatti, noi tre ideatori del progetto abbiamo "scoperto" la sua intenzione di pubblicare una nuova versione del proprio libro, arricchita di altre indagini, scoperte e rivelazioni, ma rimasta inedita a causa della fine prematura dell'autrice. Grazie a questo "dattiloscritto ritrovato", abbiamo ricostruito la sua vita e le sue esperienze di indagatrice dell'incubo, approfondendo tutto ciò che di lei viene accennato nel film.
Per quanto mi riguarda (ma credo che valga anche per Gazzola e Guardascione, dato che siamo stati noi tre a scrivere i capitoli in cui Amanda diventa vera e propria protagonista) la scrittrice si è convertita una persona "vera", che rispecchia la posizione della donna nella società italiana dagli anni Cinquanta agli anni Settanta. Un discorso che, attraverso gli scritti che le hanno attribuito soprattutto Claudia Salvatori e Giada Trebeschi, si estende in effetti alla figura femminile nella cultura occidentale.
Dopo oltre un anno di lavorazione Fantasmi di oggi e leggende nere dell'età moderna, ora in stampa, arriverà a giorni in anteprima al Profondo Rosso Store e sul sito della casa editrice, per poi entrare in distribuzione nazionale parallelamente alle varie celebrazioni per il cinquantennale del film. Si potrebbe dire che Amanda Righetti, che figura come autrice in copertina (anche se in appendice si svelano i ruoli di chiunque abbia collaborato) abbia scritto un libro profondamente femminista. E tutti noi, in questo Otto Marzo dal duplice cinquantennale, ne siamo orgogliosi.

(Nella foto in apertura: l'attrice Giuliana Calandra nel ruolo di Amanda Righetti in Profondo rosso; sotto, la copertina del libro, realizzata da Roberta Guardascione.)


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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una settantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. Presiede la giuria del Premio Torre Crawford ed è membro di IAMTW e World SF Italia.

lunes, 3 de marzo de 2025

Vita da pulp - Tutti i miei fantasmi


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi

Da un certo momento in poi, si ha la sensazione che, tra le persone che hanno avuto importanza nella nostra vita, siano molte di più quelle ormai trasmigrate nell'aldilà. La questione non riguarda solo la propria famiglia, ma anche coloro che incontriamo lungo la strada ed eleggiamo a nostri maestri o compagni di viaggio.
Dal 2017 la campana sta suonando con allarmante frequenza. Lo notava già Andrea G. Pinketts, prima che lui stesso se ne andasse nel 2018: aveva da poco inaugurato una serie di video su YouTube e si trovava a snocciolare necrologi. Da allora la falce ha continuato a mietere gioiosa così tante persone cui ero affezionato, che in alcuni casi mi è capitato di scoprirne la scomparsa con mesi o addirittura anni di ritardo. L'aspetto inquietante è che mi capitano di continuo sotto gli occhi fotografie in cui il solo oggi ancora vivo sono io. Io, con tutti i miei fantasmi di cui coltivare la memoria.
Ne parlavo qualche anno fa con Aldo Lado, il regista e scrittore scomparso nel 2023: per lui (classe 1934) era una questione "generazionale" e ironizzava sul fatto che qualcuno lo intervistasse su certi vecchi film solo perché era l'unico superstite tra chi ci aveva lavorato. Ci si mette di mezzo anche la sensazione che il tempo scorra con sempre maggiore velocità: a volte mi rendo conto che, dall'ultima volta che ho parlato con una persona può essere trascorso un decennio, mentre a me sembra proprio ieri.

Proprio ieri, invece, mi è giunta la notizia della morte di una delle tante persone cui devo qualcosa: non una figura "pubblica" anche se suppongo che, trattandosi di un'insegnante, in parecchi la ricordino. Il suo nome è Tatiana Pedrotti e, tra il 1980 e il 1983, la ebbi come professoressa di italiano e latino al Liceo Einstein di Milano - ai tempi chiamato affettuosamente "il lager" - nella Sezione D. (Non è un caso se in alcuni miei romanzi compare una "Sezione D", anche se di tutt'altro genere.) Molti suoi studenti le sono rimasti legati negli anni ed è capitato più volte che ci trovassimo a casa sua per festeggiarne il compleanno: era nata il giorno palindromo 13/1/31. 
Con lei, a dire il vero, non avevamo avuto vita facile: come molti suoi colleghi all'Einstein, il voto più alto che assegnava era più o meno il 6, andando a scalare. Per questo fu indirettamente responsabile di una delle tante situazioni spiacevoli con i miei genitori, per i quali ogni scusa era buona per generare un deprimente clima punitivo, in modo da perpetuare il senso di inadeguatezza esistenziale in cui loro stessi erano stati allevati (poi non stupitevi se uno evita di avere figli).
Un venerdì di terza liceo, anziché starmene rinchiuso in casa a studiare come ogni pomeriggio, ero andato a vedere un film; il giorno dopo, all'ultima ora del sabato, "la Pedro" decise di interrogarmi e per una volta neanche la mia parlantina mi permise di arrivare al 6; sicché il resto del fine-settimana in famiglia fu dominato dal processo e dalla condanna per la mia trasgressione cinematografica. La verità era che a) non avrei preso la sufficienza nemmeno se fossi rimasto in casa a studiare b) ero andato a vedere un film di James Bond, personaggio cui anni dopo mi sarei dedicato come traduttore, saggista e persino editore, quindi c) avevo fatto benissimo ad andare al cinema, così come a coltivare tutti gli interessi che mi hanno permesso di campare fino a oggi.

Al contrario, "la Pedro" mostrava una mentalità molto aperta. Si potrà discutere sui suoi criteri di assegnazione dei voti, ma non sulle sue modalità di insegnamento, che invitavano a coltivare analisi, spirito critico e ironia. Tutto questo fu sempre più evidente quanto più ci si avvicinava alla maturità. Dopo la fine del quinto anno scolastico offrì addirittura, a chi fosse interessato, sessioni gratuite di "allenamento" all'esame, per le quali ci trovavamo in una saletta al pianterreno del liceo. Non è cosa da poco che un'insegnante lavori fuori stagione e fuori servizio, non pagata, solo per il bene dei propri allievi. Fu quell'ultima fase a cementare un'amicizia che andava oltre il normale rapporto tra docente e studenti.
Sono sicuro che parte della mia metodologia lavorativa derivi da lei e non escludo che la mia disponibilità - nei limiti del possibile - nei confronti di autori e autrici che considero un po' "miei allievi" sia figlia del suo esempio. Tutto questo non elimina un mio difetto di fondo: non mi rendo conto del passare del tempo e, sotto sotto, continuo a credere che siano trascorsi pochi anni da quando ho finito il liceo e che certe persone abbiano ancora tanto da vivere.
Tuttavia, a mia insaputa, forse sono già abbastanza vecchio da pensare che, quando si saranno estinti quasi tutti coloro che affrontano la vita con intelligenza e senso critico, resteranno perlopiù quelli che, credendosi infallibili, combinano solo disastri. Non mi sentirete dire "Dove andremo a finire?", ma solo perché in questi ultimi tempi ci siamo già finiti.

(Immagine realizzata con AI)

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una settantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. Presiede la giuria del Premio Torre Crawford ed è membro di IAMTW e World SF Italia.

miércoles, 19 de febrero de 2025

Vita da pulp - La prigionia degli unicorni

Di Marino e Cappi nel 2009

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi

Di là dalla vetrina, tre paia di occhioni sgranati mi fissano con un'espressione che sembra voler dire: "Facci uscire!"
Spiacente, ragazzi, penso. Non sono qui per voi.
Mi trovo a Bologna, in piazza XX settembre, a mezzogiorno del 18 febbraio 2025. Poco più in là vedo il Parco della Montagnola, in cui sono state girate sequenze dei film di Diabolik dei Manetti bros, ambientate nell'immaginaria Clerville. Le circostanze ricordano però quelle dei romanzi di spionaggio che scrivo io. O che scriveva Stefano Di Marino, uno degli autori - di noir, thriller e molto altro - di cui ho raccontato di recente in un articolo su Il Post che ha destato un certo interesse.
Gli occhioni sgranati appartengono a tre unicorni di pelouche nella vetrina di un negozio sull'angolo della piazza. Ignoro cinicamente il loro sguardo supplichevole e mi accendo un mozzicone di toscano, mentre attendo l'avvocato con cui ho appuntamento. Non l'ho mai incontrato di persona e gli ho mandato un mio selfie scattato mezz'ora fa, appena sceso dal treno, perché mi possa riconoscere.
Suona il cellulare. L'uomo mi dà istruzioni per raggiungerlo: ha parcheggiato poco più avanti su quel lato della piazza, davanti alla libreria. Avanzo sul marciapiede e vedo qualcuno fare cenni dall'interno di una Mercedes. Attraverso la strada, mentre ripongo il toscano in un tubo di alluminio: quello che chiamo "il preservativo", dettaglio ripreso anche da Stefano, che lo citò nel suo thriller Il bacio della mantide.
L'uomo scende dall'auto e mi guarda. "Assomiglia a Stefano!" osserva, sorpreso.
"Spesso ci scambiavano l'uno per l'altro", ammetto. Forse più per quello che scrivevamo che per l'aspetto fisico, ma un noto editore, anni fa, non sapeva mai chi dei due fosse chi.
L'avvocato - mio coetaneo, capelli, baffi e barba bianca - apre il bagagliaio e ne tira fuori una borsa. Un'auto della polizia ci gira intorno: siamo vicini alla stazione, tradizionalmente un luogo di scambi loschi.
Richiuso il bagagliaio, l'uomo ci appoggia sopra la borsa, traboccante, di cui vedo il contenuto: tre computer (di cui due probabilmente non più funzionanti), un hard disk esterno, quasi trenta chiavette USB, una matassa di cavi di alimentazione da cui penzola un mouse. Traferisco cavi, hard disk e chiavette nel mio zaino, firmo una ricevuta, stringo la mano all'avvocato. Prendo zaino e borsa, mi sposto davanti alla libreria. Estraggo il mozzicone dal "preservativo" e lo riaccendo.
La polizia continua a girare intorno, ma non interviene. Da quando porto gli occhiali ho smesso di avere un'aria sospetta, mentre anni prima, tutte le volte che rientravo in Italia in aereo, il mio bagaglio veniva esaminato da cima a fondo e dovevo mostrare uno a uno i libri comprati in Spagna.
La consegna appena effettuata, in ogni caso, è assolutamente legittima. L'avvocato è uno dei tre procuratori degli eredi di Stefano Di Marino che si sono occupati della successione. Ciò che ho ritirato è il materiale informatico che si trovava a casa di Stefano dopo il suo suicidio, nell'agosto 2021, e che da allora è stato custodito in uno studio legale di Bologna. L'ho acquistato insieme ai diritti di tutte le sue "opere dell'ingegno" (narrativa, articoli, persino fotografie), dei quali sono ufficialmente titolare dallo scorso 11 febbraio 2025. Sono arrivato alla fine di un lungo e tormentato percorso durato tre anni e mezzo.

Ho scritto nel già citato articolo su Il Post quali ritengo siano state le motivazioni del gesto estremo di Stefano Di Marino. Trattandosi di uno scrittore noto soprattutto per i suoi romanzi di spionaggio, in quei giorni nacquero persino "ipotesi di complotto", nel suo caso immotivate: le sue spy story, per questo ispirate a situazioni reali del nostro tempo, erano fondamentalmente di fantasia, a differenza delle mie, in cui alludo chiaramente alla serie di intrighi che da un decennio sta determinando il corso della politica mondiale (e trovo curioso ma non sorprendente che oggi - al di fuori della storica collana specializzata Segretissimo di Mondadori - agli editori faccia quasi paura l'idea di pubblicare romanzi di spionaggio, proprio quando la loro funzione informativa sarebbe fondamentale per il pubblico; in ogni caso sappiate che, se dovesse succedere qualcosa a me, non si tratterebbe di suicidio).
Sono certo che, prima di dare l'addio al mondo, Stefano abbia lasciato bene in vista il mio nome e il mio numero di telefono, dal momento che fui chiamato io come persona di riferimento per il riconoscimento della salma. Poiché mi trovavo in Spagna da settimane, la triste incombenza toccò alla mia fidanzata, rimasta a Milano per lavoro. Fui io tuttavia a dare telefonicamente alla polizia il contatto con una cugina, l'unica persona che conoscessi tra i parenti... e una dei pochi fra questi a conoscere veramente Stefano che, mi riferisce lei stessa, parlava di me "come di un fratello".
Non essendoci eredi diretti, la successione è stata complessa e ha riguardato soprattutto l'appartamento del defunto e quello che avrebbe ereditato di lì a poco dai genitori (il padre già deceduto e la madre ormai in fin di vita): ho già raccontato in questa rubrica come un gruppo di suoi amici volonterosi abbia provveduto a portare in salvo il materiale conservato da Stefano in casa sua (parecchie centinaia di scatoloni tra libri, dvd e reliquie dei suoi viaggi) nell'estate del 2023. Ma, quando i diritti di un autore sono divisi tra una dozzina di persone, diventa davvero difficile pubblicarne i libri.

Ora però il titolare dei diritti di Stefano sono io, il che mi consentirà di gestirli più agevolmente. Li ho acquisiti a un costo molto elevato per me, di certo inferiore alla loro importanza per il pubblico che lo ama e gli rimane fedele, ma nettamente superiore al loro attuale valore commerciale. Stiamo parlando, dopotutto, del più grande "celebre scrittore ignoto" d'Italia. Con un po' di fortuna, mi ci vorranno anni per rientrare della spesa. Non ho fatto tutto questo a scopo di lucro, bensì per rendere giustizia a un autore che non è stato sufficientemente riconosciuto in vita. So del resto, perché in tempi non sospetti lo disse ad alcuni amici, che avrebbe voluto che fosse fatto per lui ciò che viene fatto da qualche anno per un altro mio "fratello" scomparso, Andrea G. Pinketts. Ma, nel caso di quest'ultimo, c'era un'erede precisa: la madre, che ha dato vita all'Associazione Culturale intitolata allo scrittore, in cui sono parte attiva. Tra parentesi, potrebbero esserci novità interessanti che riguardano anche Pinketts e che sono emerse proprio nelle ultime settimane. Questo strano periodo della mia vita somiglia al season finale di una complicata serie tv.
Per Stefano ho dovuto condurre una battaglia lunga e paziente, che in certi momenti ho temuto fosse perduta. Ma sono stato sostenuto a spada tratta da quella sua cugina, sicura che lui avrebbe voluto che fossi io a occuparmi dei suoi libri. Per fortuna, una volta tanto nella mia vita, il season finale è stato un happy ending. Ora dovrò vedere come si svolgerà la prossima "stagione", che avrà inizio appena comincerò a esaminare il materiale ritirato a Bologna. Ma intanto presto torneranno disponibili numerosi ebook di Stefano Di Marino, rimasti in sospeso negli ultimi anni per l'impossibilità di rinnovarne i contratti; è in preparazione un'antologia-tributo cui partecipano scrittori e scrittrici di spionaggio made in Italy e che conterrà anche la riedizione di un suo racconto e di vari suoi scritti di saggistica; e, naturalmente, Segretissimo si appresta alla ripresa definitiva della sotto-collana Il Professionista Story, che potrà così celebrare nel 2025 il trentennale della serie Il Professionista firmata Stephen Gunn. 
Gli unicorni in vetrina a Bologna dovranno pazientare in attesa del loro turno: prima o poi sarà qualcun altro a liberarli dalla prigionia. Ma intanto Stefano Di Marino sta tornando per restare. Da anni i suoi libri mi chiedono "Facci uscire!" Ed è al loro richiamo che devo obbedire.

Unicorni in vetrina. Foto: A. C. Cappi

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una settantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. Presiede la giuria del Premio Torre Crawford ed è membro di IAMTW e World SF Italia.

viernes, 13 de diciembre de 2024

Vita da pulp - Evanescenza della memoria

 


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi

Sto per dire qualcosa di ovvio: le nuove tecnologie risolvono parecchi problemi, ma non tutti; anzi, talvolta ne creano di nuovi. Questa ambivalenza si riflette anche nel settore di cui mi occupo io: la narrativa di genere. A permettermi di diventare un esperto di buona parte di essa è stato un mondo traboccante di libri fisici e tangibili: potevo attingere alle biblioteche di famiglia; trovare od ordinare vecchi titoli in libreria (rigorosamente in edizione economica); perlustrare da cima a fondo le edicole (peccato che non avessi il budget per acquistare tutti i libri e i fumetti che ci si potevano trovare); frequentare rivendite di remainders e di libri usati.
Qual è il vantaggio per chi, di mestiere, scrive storie "di genere"? Sapere cos'è gà stato pubblicato permette di esplorare vecchi e nuovi territori narrativi con cognizione di causa. Come dicevamo spesso l'amico Stefano Di Marino e io, non si può lavorare su un genere o un sottogenere della "narrativa popolare" senza conoscerne le basi. Facciamo un esempio: non è possibile raccontare una crime story del filone "rapine" senza averne mai letto gli autori fondamentali; infatti, nel breve periodo in cui diressi una collana sull'argomento, io stesso ne ripubblicai alcuni. Certo, è ancora più difficile scrivere un romanzo del filone "rapine" se nemmeno si sa della sua esistenza, infatti non mi pare che ne escano molti.
Oggi molti volumi passati e presenti sono ancora reperibili, tra novità e riedizioni in luoghi fisici come le librerie e (finché ne esistono) le edicole, e in luoghi virtuali come le rivendite su Internet. Inoltre gli ebook allungano la vita dei libri oltre la loro esistenza "fisica" e permettono la pubblicazione di testi che, per una ragione o per l'altra, non potrebbero essere stampati. Eppure rimane un problema fondamentale: se non sai che un libro che potrebbe interessarti esiste, non ti verrà mai in mente di acquistarlo: devi sapere che c'è e andartelo a cercare con molta pazienza. Mentre, se non ti interessa la lettura, che i libri esistano non t'importa più che tanto, perché tanto tu per certe cose i tuoi soldi non li spendi.

Secondo una recente indagine OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), il 35% della popolazione italiana ha difficoltà a comprendere un testo scritto, rientrando quindi nella definizione di "analfabeta funzionale": quante di queste persone possono sentire il bisogno di un libro? A quanto pare, la percentuale migliora se si considera la fascia di età tra i 16 e i 24 anni; ma, se non viene loro trasmesso un interesse per la lettura, molte di queste persone non apriranno mai un libro o un ebook; vale anche per i fumetti, un tempo considerati un prodotto giovanile. In sostanza, il mercato dei libri sembra destinato all'estinzione, come chi ci lavora. Trasferire i prodotti su un supporto elettronico non ha migliorato la situazione: la diffusione dell'ebook negli ultimi vent'anni non ha generato un aumento sensibile del pubblico, lo ha solo parzialmente spostato dalla carta al digitale. I lettori occasionali acquistano solo (in cartaceo) i libri di personaggi televisivi e celebrità del momento. In sostanza, esiste solo ciò che viene reso molto visibile.
Ma il problema non riguarda solo la lettura. Pensiamo al mercato discografico dal dopoguerra in avanti e alla diffusione dei 45 e 33 giri (e qui mi rendo conto che, per le nuove generazioni, queste lettere e cifre possono essere misteriose) affiancati poi dalle musicassette. Per un'artista le entrate principali derivavano dalla vendita di single e album. Negli anni '80 i cd sostituirono il vinile e sopraffecero le musicassette (supporto per altro fragile), ma le regole rimasero più o meno simili; il vinile sembrava destinato a scomparire, eppure sopravvisse, almeno su un mercato ristretto.
Ora però il consumo di musica si è spostato su app specializzate, con un calo delle vendite di dischi; di conseguenza album che un tempo sarebbero usciti in cd non vengono più nemmeno pubblicati, appaiono semmai in una tiratura limitata in vinile. In molti casi non è possibile acquistarli, nemmeno se lo desideri, perché non esistono. Il che spiega come mai, a fronte dei bassi guadagni dalle app, anche artisti veterani abbiano ripreso a tenere concerti, che diventano la principale fonte di entrate. L'estinzione dei supporti "fisici", tuttavia, sottintende una possibile, graduale cancellazione della memoria musicale del passato. Esisterà solo ciò che si potrà trovare sulle app.

Lo stesso discorso vale anche in campo audiovisivo. La mia generazione poteva andare al cinema con relativa facilità, grazie ai prezzi accessibili delle sale di "seconda visione" e "terza visione". I film avevano una lunga vita sul grande schermo e alcuni godevano di riedizioni estive o proiezioni in sale d'essai, ma si potevano vedere solo in quelle occasioni. La televisione non trasmetteva film recenti, nemmeno quando a fine anni '70 le nascenti reti private ampliarono l'offerta. In compenso la tv ne proponeva di vecchi, permettendoci di scoprire pellicole che risalivano a molto prima della nostra nascita e di farci una cultura cinematografica, se lo volevamo.
Quando negli anni '80 si diffusero le videocassette in VHS (anche quelle piuttosto fragili) diventò possibile registrare film, noleggiarli o, appena i prezzi divennero più accettabili, acquistarli. Si realizzava il possesso di film o serie tv, vecchi o nuovi che fossero, al pari di un libro o un disco; in seguito dvd e blu-ray fornirono un supporto più duraturo. Aumentava, per così dire, la "libertà di visione". Tutto ciò riportò alla luce filoni interessanti a cui, per esempio, ha attinto dichiaratamente Quentin Tarantino. Anche in questo caso, conoscere il passato permette di rielaborarlo per creare qualcosa di nuovo.
Ma oggi di molti film o serie tv non viene nemmeno messa in commercio un'edizione in dvd, perché si ritiene che tutti consumino (e debbano consumare) solo quanto si trova sulle piattaforme cui sono abbonati: anche in questo caso il "mercato" può condannare all'oblio ciò che qualcuno ritiene poco interessante per il grande pubblico. In molti casi, non puoi acquistare un prodotto audiovisivo neanche volendo. E chi è più stimolato a farsi una cultura cinematografica, se un film girato solo pochi anni fa è già considerato vecchio e dimenticabile? Significa tornare a vedere solo ciò che "viene dato in televisione", un po' come quando c'erano pochi canali, ma solo in base a decisioni prese da uffici marketing che scelgono per noi. L'evanescenza della memoria, anche nel momento stesso in cui viene creato qualcosa, non sarà priva di conseguenze sul piano della creatività. Ora sono di moda le serie tv, ma chi potrà realizzarle quando non saranno più attivi coloro che, avendo letto libri e visto film, hanno imparato a scriverle e a dirigerle?
Senonché la questione, sulla lunga distanza, è molto più grave. La tendenza all'oblio che colpisce ogni cosa porta sempre di più a una riduzione della libertà personale, con la falsa promessa di renderci più liberi. Si controlla il passato, si manipola l'apparenza della realtà, si negano la Scienza, la Storia e la Logica, e alla fine si manovrano le masse. Ma in fondo è questo che vuole la gente: che qualcuno dall'alto gli dica cosa deve fare e pensare, risparmiandole lo sforzo di decidere. Ignorance is strength, come millantava il Ministero della Verità raccontato da George Orwell.

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(Immagine realizzata mediante AI)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.



domingo, 8 de diciembre de 2024

Nome in codice: Fritz

 

Recensione e notizie da Andrea Carlo Cappi

Torna in una nuova edizione disponibile su Amazon, forte di un nuovo premio tributatole solo pochi giorni fa, Nome in codice: Fritz, la spy story di Fabio Viganò che, come i grandi romanzi di un tempo, è nata a puntate (su questo stesso blog). Una storia vera è il punto di partenza per quello che, nella prefazione al volume, ho definito "un romanzo profondamente umano, in cui l'intrigo si sposa con la memoria, la finzione con la realtà, il dubbio della paura con la dedizione alla causa della libertà".
I cultori della Storia della Seconda guerra mondiale conoscono Eddie Chapman, insolita figura di scassinatore di casseforti divenuto vero e proprio eroe e maestro dell'inganno. E gli appassionati di cinema di spionaggio ricorderanno la pellicola del regista Terence Young a lui dedicata nel 1966, nell'edizione originale intitolata Triple Cross (letteralmente "Triplo gioco") e nella versione italiana Agli ordini del Führer e al servizio di Sua Maestà.
Chapman, arrestato sull'isola di Jersey, si trova in carcere quando il territorio viene occupato dalle truppe germaniche, primo passo (nella mente di Hitler) per la conquista delle isole britanniche. L'astuto delinquente, per guadagnarsi la libertà, si propone ai tedeschi come spia: il fatto che sia inglese, unito al suo talento criminale, farebbero di lui un membro perfetto per la Quinta Colonna.

Fabio Viganò alla premiazione, 1 dicembre 2024

Arruolato quindi dai nazisti con il nome in codice "Fritz", Chapman viene quindi paracadutato in patria, dove tuttavia prende contatto con il controspionaggio britannico, offrendo la propria collaborazione. I servizi segreti di Sua Maestà hanno il reparto giusto per servirsi di lui - il Twenty Committee, specializzato nella gstione di doppiogiochisti a danno del nemico - e lo reclutano a loro volta sotto un altro nome cifrato, "ZigZag": Chapman quindi diventa il servitore di due padroni, apprezzato da entrambi, ma fedele solo a una causa.
Nel suo romanzo Nome in codice: Fritz, Fabio Viganò riprende questa vicenda, tanto incredibile quanto realmente accaduta, con un approccio originale, allargando lo scenario all'intera Europa, Italia inclusa.
Per citare di nuovo la mia prefazione, il risultato è "una vicenda corale che racconta vita, morte e pericoli di molti personaggi le cui storie individuali si intrecciano con la Storia: dalla fanatica nazista che giustifica tutto con la fede nel Terzo Reich ai doppiogiochisti sul filo del rasoio, fino alle persone comuni che si trasformano in eroine ed eroi silenziosi della Resistenza".

Il momento della premiazione

Il primo dicembre 2024 si è svolta al Circolo Volta di Milano la cerimonia di "Agenda dei Poeti 2024", in cui Nome in codice: Fritz è stato premiato nella sezione "Prosa - romanzo edito". Mentre il 6 dicembre il libro, edito da Otma 2 (162 pagine, euro 15,60), è approdato anche su Amazon, dove può essere acquistato a questo link. Un'ottima occasione per leggere o far leggere questo romanzo, particolarmente adatto ai tempi che stiamo vivendo.