Recensione di Andrea Carlo Cappi
Oggi Trevor Noah – trentacinque
anni il 20 febbraio 2019 – dopo una carriera come stand-up
comedian e conduttore televisivo
in Sudafrica, lavora negli Stati Uniti come presentatore del programma
tv di satira The Daily Show
ed è considerato una delle trentacinque persone più
potenti nei media di New York (secondo The Hollywood
Reporter, 2017) e una delle
cento più influenti nel mondo (stando a Time,
2018). Chi l'avrebbe detto che avrebbe fatto tanta strada un ragazzo
di Johannesburg nato durante l'apartheid e cresciuto nei tempi
difficili della transizione, visto e considerato che, per legge, non
avrebbe nemmeno dovuto nascere? Come ciò sia stato
possibile si capisce dal suo straordinario libro autobiografico, Nato fuori legge, successo per lettori e critici negli Stati Uniti, da poco pubblicato anche in Italia da
Ponte alle Grazie, con la mia traduzione.
Il senso del titolo
(nell'originale, Born a Crime) è chiarito nella prima
pagina, che riporta fedelmente il testo di una legge promulgata nel
1927 in Sudafrica, secondo la quale i rapporti interrazziali erano
punibili con cinque anni di carcere per l'uomo e quattro per la
donna. La legge era ancora vigente nei primi anni Ottanta, quando la
ventiquattrenne Patricia Nombuyiselo Noah ebbe una relazione con un
quarantaseienne cittadino svizzero residente a Johannesburg. Trevor
ne fu la conseguenza e fin dalla nascita i medici notarono che aveva
la pelle troppo chiara. La madre se la cavò raccontando
qualche bugia, ma il bambino era anomalo: come figlio di una donna
nera, doveva per forza essere nero.
Per i bianchi – un quinto in
rapporto alla popolazione nera, ma detentori del potere e della
polizia – era nero; per la sua famiglia era pressoché
bianco; ma la sua pelle era quella dei colored, discendenti
delle unioni tra padri bianchi e madri nere anteriori al divieto. Gli
incontri con il padre erano clandestini, ma al di fuori delle
townships nere anche la madre non poteva essere vista con un
bambino di un colore non compatibile. La vicenda narrata da Trevor
non è dunque solo quella della propria infanzia e adolescenza,
non è solo la storia di una coraggiosa e lungimirante madre
sudafricana, al tempo stesso ossessivamente religiosa e mentalmente
aperta. È anche la pungente esposizione dei paradossi di un
sistema basato su regole assurde che valgono solo perché così
è stato deciso, come in Comma 22 di Joseph Heller. Un
libro che andrebbe letto con attenzione anche in Italia, di questi
tempi.
Trevor racconta le sue
disavventure infantili e giovanili, le imprese come dj e trafficante
di cd piratati, il difficile rapporto della madre con il proprio
nuovo compagno. Tutto questo con lo stile ironico che ha reso
l'autore famoso in televisione, dando vita a un libro divertente, a
tratti esilarante (ha vinto il James Thurber Prize for American Humor), senza risparmiare al lettore gli aspetti
drammatici. Si prevede un imminente adattamento cinematografico
prodotto e interpretato nel ruolo di Patricia dall'attrice
kenyano-messicana Lupita Nyong'o, già premio Oscar per Dodici
anni schiavo (ma i nerd tra noi la conoscono come l'attrice
dietro il personaggio di Maz Kanata in Star Wars e come la
splendida agente segreta Nakia in Black Panther).
Dal mio punto di vista personale: un
traduttore di norma dovrebbe entrare nella mente dell'autore e dei
suoi personaggi, il che non è così immediato quando si
lavora su un'autobiografia e il narratore ha vissuto ciò che
scrive e lo espone in modo irriverente. Ma in corso d'opera mi sono
reso conto che il linguaggio in inglese di Trevor Noah era
stranamente simile a quello di un mio personaggio ricorrente come scrittore, nella
finzione figlio di una bianca e di un nero; presa coscienza di
questo, mi sono trovato perfettamente a mio agio. Sarà che, a
dispetto di quanto si vuole far credere, in realtà siamo tutti
meticci.