Magaluf, Maiorca, 31 luglio 2019
A Milano, mi spiega lei, alcune delle pizzerie migliori sono egiziane e la maggior parte dei ristoranti giapponesi è a gestione cinese. Per questo non si è stupita più che tanto quando le ho detto che
La Bodega, a mio avviso il miglior tex-mex della zona di Palmanova e Magaluf, ha uno staff svedese.
Oh, lei è Helena. Helena Vizard, detta Cleo. A dispetto del nome, è italiana e collabora con un gruppo di persone con cui ogni tanto ho a che fare anch'io. Non ve ne posso parlare, caso mai chiedetelo al mio amico Paco Torrent. Sono autorizzato solo a dirvi che è una ventiquattrenne nera graziosissima, brillante e radiosa. È più bassa di me e in effetti potrebbe sembrare la mia sorellina minore, se non fosse che “radioso” non è il primo aggettivo che vi viene in mente se mi guardate in faccia.
Mi faccio chiamare Toni Black, lavoro come fotografo per matrimoni, buttafuori e detective privato senza licenza. Ho conosciuto Helena qualche mese fa, quando abbiamo seguito un caso che riguardava la Brexit... che ancora non c'è stata, ma qualcuno ha cercato di renderla ancora più dolorosa del necessario. Helena è tornata a Maiorca per discutere con Paco e Harvey di questioni di cui – appunto – non vi posso parlare.
Be', siamo in estate e lei ha finito presto. Quindi l'ho invitata a Magaluf per un aperitivo italian style a
El Ultimo Paraiso, sulla spiaggia sotto casa mia; poi abbiamo fatto due passi, durante i quali mi ha raccontato di quando tre anni fa Nightshade l'ha tirata fuori dai guai in una città sulla costa libica; e intanto l'ho pilotata verso calle Pinada, per proporle una cena tex-mex a La Bodega.
Per cui siamo seduti a un tavolino a deliziarci con un filetto di maiale Nuevo Mejico (lei) e una steak pimienta (io), insieme a una bottiglia di vino con l'etichetta de La Bodega, che poi è un pregevole rosso di Maciá Batle del 2018, servito alla giusta temperatura. Non posso negare che, da quando la conosco, Helena Vizard si è piazzata al primo posto come candidata a donna della mia vita (della mia vita). Il problema non è che lei sia più giovane: la mia età mentale è rimasta più o meno ai sei anni, quindi per me una che ne ha ventiquattro è una donna matura. Il problema è che io viaggio poco e preferisco lavorare sul mio terreno, mentre lei con il suo mestiere è sempre in giro per il mondo.
Be', ora Helena è qui. Hic et nunc, direi, se sapessi il latino. Da mezzanotte alle sei lavoro come buttafuori a El Palacio Disco Pub: gli inglesi continuano a dire che lasciano l'EU, ma i loro ragazzi non hanno smesso di ubriacarsi qui in calle Punta Ballena. Però domani Helena ha tutto il giorno libero. Potrei portarla in spiaggia a Cala Falcó...
Un taxi si ferma in calle Pinada. Dal lato della strada ne spunta un tipo alto, magro ed elegante, sui sessant'anni, con i capelli bianchi. Quando entra a La Bodega mi fa venire in mente un'espressione che usano gli americani: “come se il posto fosse suo”.
A bordo è rimasto qualcun altro, che paga, poi fuoriesce laboriosamente dall'auto. Quando la sua mole ansimante si sposta sul marciapiede, il taxi sembra quasi rimbalzare in aria sulle sospensioni. Il secondo passeggero è un tipo più giovane, basso e obeso, che trascina con sé una valigetta metallica. Raggiunge l'altro facendosi largo fra i tavoli con il passo asfittico di un brontosauro sulla via di estinzione.
Il proprietario del ristorante si avvicina sorridente ai due nuovi arrivati. Orbene: Richard detto “Ricardo” è un giovanotto sportivo che non assomiglia particolarmente né a Björn Borg né a Max von Sydow e nemmeno agli Abba. Ma, a prima vista, non mi fa nemmeno pensare a Totò o ai fratelli De Filippo. Quindi mi sorprendo quando il signore elegante si mette a parlargli in un napoletano stretto e indecifrabile. Scambio un'occhiata con Helena: quanto dice è incomprensibile anche per lei.
Ancora di più lo è per Richard, che si rivolge a loro in spagnolo, chiedendo cosa desiderino.
Il signore elegante passa a un italiano più comprensibile, ancorché accentato. «Sei tu Riccardo?» domanda.
«Sí», risponde Richard, che questo l'ha capito.
L'uomo elegante fa un cenno al brontosauro, che appoggia la valigia metallica su un tavolo libero. «Allora, qui ci stanno i soldi che ti dobbiamo dare noi. Dove stanno quelli che ci devi dare tu?»
Richard smette di capire.
Mi alzo e mi avvicino. Un tipo nero alto un metro e ottanta, con baffi e basette anni Settanta, e aria incazzata, non ha difficoltà a entrare in qualsiasi conversazione. Mi rivolgo al tipo elegante. «Mi scusi», comincio cortesemente in italiano, senza preoccuparmi di occultare l'accento spagnolo. «È sicuro di essere nel posto giusto?»
«E tu cosa vuoi?» dice il brontosauro. «Tornatene al tuo paese.»
È evidente che questi si scordano di non essere per primi a casa loro. Né possono sapere che io sono nato qui e non sono venuto a rubargli il lavoro, le donne e chissà che altro. Ma non è perché sono un tipo comprensivo che evito di spaccargli la testa come una noce di cocco.
Me ne astengo perché ho notato il movimento della mano destra del tipo elegante, che ha scostato di un centimetro la giacca come se dovesse sfilare qualcosa dalla cintola. E anche il brontosauro potrebbe essere armato, tra i rotoli di grasso sotto il camicione fuori dai pantaloni. Non è mai il caso di scatenare una sparatoria in uno dei propri ristoranti preferiti, specie se si è lasciata a casa la .327 Magnum.
Continuo a fare il gentile e rivolgermi al tipo elegante. «È sicuro che sia questo il ristorante che cerca? Vede, il signor Richard è svedese e non parla italiano.»
La mano dell'uomo lascia il lembo della giacca e pesca un biglietto da una tasca. «La Bodega Argentina di Riccardo LoTurco, El Arenal.»
«Ora è tutto chiaro», gli sorrido rassicurante. «Qui siamo a Magaluf, a ovest di Palma, e questo è La Bodega. El Arenal è a est.»
Il tipo elegante si guarda intorno: larghi sombreros e ghirlande di peperoncino che pendono dalle travi del soffitto. Ascolta la voce di Johnny Cash dagli altoparlanti, che in effetti non richiama alla mente Caminito.
Poi dà uno schiaffo alla testa del brontosauro e lo apostrofa in napoletano. L'unica parola che capisco è gugolmeps. Si rivolge a Richard. «Mi chiama un taxi?»
Il proprietario non ha capito molto della situazione, ma il taxi arriva in un paio di minuti e i due se ne vanno con la loro valigia. Mentre l'auto risale calle Pinada, mi risiedo a tavola e prendo il cellulare.
«Yañez? Toni Black. Scusa l'ora. È in corso un'operazione di riciclaggio. Tra una mezz'ora due italiani consegneranno una valigia piena di soldi sporchi a un certo Riccardo LoTurco in un ristorante a El Arenal, per andarsene con una di soldi ripuliti.» Gli do il nome del locale e una breve descrizione dei due, il tenente mi ringrazia e ci salutiamo.
Helena mi sorride da dietro il calice di vino. «Che stile», commenta.
Ricambio il sorriso. «Tra mezz'ora la Guardia Civil sarà al ristorante e li coglierà sul fatto.»
Be', che altro dire? Richard è così gentile da offrirci gelato e whisky a fine pasto. Non so come andrà con Helena, ma domani ho una giornata da passare con lei.
Carpe diem, direi, se sapessi il latino.