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martes, 11 de diciembre de 2018

Gli anni della Tensione

Omaggio a Pinelli, immagine di A. C. Cappi (2018)


Cronologia di Andrea Carlo Cappi

12 dicembre 2019: mezzo secolo dalla strage di piazza Fontana, senza colpevoli ufficiali, malgrado la ricostruzione sembri ormai piuttosto chiara.
2 agosto 2020: quarant'anni dalla strage alla Stazione di Bologna, su cui permangono tuttora molti dubbi.
Due anniversari ravvicinati, che fanno riflettere. 
Curiosamente, il nome più noto di tutti in merito alla strage di piazza Fontana è quello di Pietro Valpreda, benché accusato ingiustamente; in seguito Valpreda è divenuto romanziere, in proprio e a quattro mani con il giornalista-scrittore Pero Colaprico.
Forse quasi dimenticato è invece il nome di Pino Pinelli, vittima supplementare della strage nella notte fra il 15 e il 16 dicembre 1969, quando "cadde" da una finestra della Questura in via Fatebenefratelli a Milano durante un interrogatorio. L'estrema sinistra accusò di questo il commissario Calabresi - presumibilmente estraneo al fatto - che sarebbe rimasto a sua volta vittima di un omicidio, e il cui primo anniversario della morte sarebbe stato pretesto per un ulteriore strage.
Può essere interessante esaminare una cronologia essenziale della cosiddetta "Strategia della Tensione", le cui origini risalgono a ben vent'anni prima della tragedia di piazza Fontana. Emergono i collegamenti con personaggi dell'eversione e con alcune figure della CIA. Si notano anche oscure parentele con l'assassinio di JFK e curiose somiglianze nel modus operandi. Un ex-agente dei servizi segreti americani mi disse anni fa una frase tipo: "A volte abbiamo fatto grossi errori".
In un'epoca di complottismo gratuito e approssimativo, forse ogni tanto conviene ripassare anche i complotti veri.

10 febbraio 1949
Un dispaccio segreto inviato dall'ambasciata USA di Roma al Dipartimento di Stato di Washington comunica che “l'Italia sta istituendo un’organizzazione di polizia segreta anticomunista sotto il Ministro dell'Interno, con elementi dell'ex polizia segreta fascista”. L’operazione è ben vista dal “residente” della CIA a Roma, James Jesus Angleton, personaggio noto per avere finanziato la DC alle elezioni italiane dell’anno precedente.
Di Angleton parlerà in un suo libro William E. Colby, “residente” della CIA a Roma dal 1953 al 1958, poi attivo in operazioni in Vietnam e in seguito direttore della CIA, dal 1973 al 1975: secondo Colby (v. 28 aprile 1996), sarebbe stata la paura americana dell’avvento del comunismo in Italia a dare alla CIA la licenza di intraprendere operazioni politiche e paramilitari segrete a partire dalla fine degli anni Quaranta.

Estate 1958
Il direttore dello spionaggio americano Allen W. Dulles rimuove Colby (v. 10 febbraio 1949) dall’incarico a Roma: sarebbe troppo favorevole a una coesistenza pacifica con la sinistra italiana. Gli succede Thomas Karamessines, considerato il principale artefice di Gladio, la versione italiana delle reti Stay Behind da utilizzare solo in caso di invasione sovietica.
Su probabile suggerimento di Karamessines (secondo il rapporto della Commissione Stragi) qualche mese dopo viene attivata dal SIFAR - Servizio Informazioni Forze Armate, ovvero il servizio segreto militare italiano - una schedatura di massa che porterà rapidamente alla compilazione di 157.000 dettagliati fascicoli su altrettanti personaggi chiave della società italiana (o 260.000, secondo il senatore a vita Ferruccio Parri).
Ne sarà responsabile il generale Giovanni De Lorenzo, capo del SIFAR dal '55 al '62 e successivamente capo dell'arma dei Carabinieri. Anni dopo verrà ordinata la distruzione dei dossier, ma copie dei fascicoli finiranno negli archivi della Loggia massonica P2 di Licio Gelli.

Estate 1963
Il presidente statunitense John Fitzgerald Kennedy è candidato alla rielezione. Ha tuttavia rapporti controversi con la mafia, che ha appoggiato la sua ascesa alla Casa Bianca e quella del fratello Robert al ruolo di Attorney General (ministro della Giustizia); ma ora il crimine organizzato è oggetto di una guerra aperta proprio da parte di Robert Kennedy. Il presidente ha inoltre una relazione tormentata con la CIA, che ha assecondato nei suoi piani di restaurazione anticastrista a Cuba (cui collaborava anche la Mafia, interessata a riprendere il controllo dell'isola, prima della Rivoluzione suo feudo per gioco d'azzardo e prostituzione); ma Kennedy ha poi fermato le operazioni al disastro della Baia dei Porci, per costringere infine alle dimissioni il direttore Allen W. Dulles e il suo braccio destro per l'America Latina, Howard Hunt, figura già coinvolta in colpi di stato sponsorizzati dalla CIA.

22 novembre 1963
John Fitzgerald Kennedy viene ucciso durante una visita ufficiale a Dallas, nel corso della sua campagna per la rielezione. Alcune fotografie dimostreranno la presenza nei pressi del luogo dell'attentato di Howard Hunt (ex-braccio destro del direttore della CIA Dulles e futuro collaboratore del presidente Nixon in operazioni clandestine di propaganda contro il Partito Democratico, fino allo scandalo Watergate).
Ma l'attentatore presidenziale è immediatamente reperito negli ambienti dell’estrema sinistra: sarebbe Lee Harvey Oswald, che viene subito arrestato e pochi giorni dopo assassinato in una stazione di polizia da un «patriota»; poi identificato come Jack Ruby, individuo legato alla mafia e malato terminale; arrestato, morirà in carcere.
Un anno più tardi, contro l’evidenza dei fatti, la Commissione Warren, comprendente l’ex-direttore della CIA Allen W. Dulles, stabilisce che a sparare è stato il fanatico solitario Oswald.
Nel corso degli anni emergeranno indizi contrari, compresa l’esistenza di uno o più sosia di Oswald apparsi in luoghi e momenti opportuni. (v. 15 dicembre 1969). Con Kennedy scompare il principale sostenitore negli USA della linea di “non interferenza” negli affari europei e, soprattutto, italiani.

26 giugno 1964
Il generale Giovanni De Lorenzo (v. Estate 1958), vicino al presidente della Repubblica Antonio Segni, decide di mettere in atto un’operazione d’emergenza detta “piano Solo”, i cui punti salienti sono l’occupazione delle grandi città, la repressione delle sacche di resistenza e la cosiddetta “enucleazione” di persone scomode, da deportare in Sardegna (presso la base Gladio di Capo Marargiu).
L'operazione non decolla, ma viene accuratamente tenuta nascosta fino al 1967, quando la porterà alla luce un’inchiesta del settimanale L'Espresso, con il titolo: Segni e De Lorenzo preparavano il colpo di stato.
Il generale De Lorenzo querelerà il settimanale per diffamazione: il direttore Eugenio Scalfari e il giornalista Lino Jannuzzi verranno condannati, nonostante il pubblico ministero Vittorio Occorsio (v. 10 luglio 1976) ne avesse chiesto l’assoluzione.

3-5 maggio 1965
Si tiene a Roma un interessante convegno presso l'hotel Parco dei Principi. Lo finanzia il SIFAR e l’organizza l’Istituto di studi storici e militari Alberto Pollio, organismo privato vicino allo Stato Maggiore della Difesa.
Vengono trattate le “tecniche di guerra non ortodossa, guerriglia e guerra rivoluzionaria”. Si parte dal presupposto di un’avanzata aggressione comunista in atto, per valutare una serie di interventi militari di emergenza.
Particolarmente illuminante risulta la lista dei partecipanti, se comparata con i ruoli assunti dagli stessi in successivi contesti. Il giornalista Edgardo Beltrametti e il generale Adriano Magi Braschi saranno, molti anni dopo, presidenti della WACL (World Anti-Communist League, ovvero Lega Mondiale Anti-Comunista), organizzazione utilizzata spesso dalla CIA: durante l'amministrazione Reagan, sotto la guida di Magi Braschi, il WACL avrà un ruolo importante nel finanziamento clandestino della CIA ai Contras in Nicaragua (vicenda che porterà al cosiddetto scandalo Irangate).
Un altro relatore, Guido Giannettini, diverrà noto durante l'inchiesta sulla strage di piazza Fontana come agente del SID (Servizio Informazioni Difesa, servizio segreto successore del SIFAR) e contatto di Giovanni Ventura. Con un altro ospite del convegno, Pino Rauti (fondatore di Ordine Nuovo), Giannettini sarà autore di un allarmistico volumetto intitolato Mani rosse sulle Forze Armate, ispirato dai lavori della convention e a sua volta ispiratore delle lettere inviate a ufficiali dell'Esercito sotto la firma “Nuclei di Difesa dello Stato”. Gli autori di tali lettere sono stati poi identificati in Freda e Ventura.
Ma non vanno trascurati neppure gli studenti invitati a seguire il convegno all’Hotel Parco dei Principi: tra loro Stefano Delle Chiaie (personaggio storico dell'eversione nera) e Mario Merlino (futuro accusatore dell'innocente Valpreda per la strage di piazza Fontana).

4-18 marzo 1967
Una serie di articoli di Paese Sera analizza la struttura del consiglio di amministrazione di un’entità denominata Centro Commerciale Mondiale e una società a essa affiliata, la Permindex.
Il Centro aveva sede a Roma dal 1961, prima di esserne espulso “per attività sovversive” dal governo italiano. Vi figuravano numerosi personaggi internazionali in odore di nazifascismo, l’ex agente dell’OSS (servizio segreto USA prima della CIA) L. M. Bloomfeld e un businessman di New Orleans di nome Clay L. Shaw (v. 1 marzo 1969), attivo in Italia nel 1962.
Nel 1979, il direttore della CIA Richard Helms ammetterà che Clay L. Shaw operava all’estero per conto dei servizi segreti americani. Il nome della Permindex riapparirà poi nelle inchieste sul finanziere Michele Sindona (v. 18 luglio 1982, 26 marzo 1986). Clay L. Shaw sarà anche l'unico a essere processato negli USA per il suo coinvolgimento nell'assassinio di John Fitzgerald Kennedy (v. 1 marzo 1969).

21 aprile 1967
Un colpo di stato in Grecia porta al potere i colonnelli. L’episodio è noto ai servizi segreti USA col nome di Operazione Sheepskin.

28 giugno 1968
Il colonnello Renzo Rocca del SIFAR viene trovato morto nel suo ufficio. Il sostituto procuratore Ottorino Pesce non crede alla tesi del suicidio e sospetta interferenze da parte del SID, diretto dall’ammiraglio Eugenio Henke. Pesce viene rimosso dall’incarico.

1 marzo 1969
Clay L. Shaw (v. 4-18 marzo 1967), portato in tribunale dal giudice Jim Garrison di New Orleans con l’accusa di avere partecipato a un complotto per uccidere il presidente Kennedy, viene prosciolto dopo il misterioso suicidio del testimone chiave del processo.
Nel 1971 il giudice Garrison verrà accusato di rapporti con la Mafia e verrà scagionato solo dopo che la sua attività sarà stata completamente screditata. Clay L. Shaw morirà in circostanze poco chiare nel 1974.

15 aprile 1969
Alle 23.00 una bomba esplode nel rettorato dell'università di Padova. Si sospetta l'estrema destra, molto presente alla facoltà di Giurisprudenza, presso la quale si è laureato Franco Freda.

25 aprile 1969
Due bombe esplodono a Milano, alla Fiera Campionaria e alla Stazione Centrale. Risulteranno essere opera di Ordine Nuovo, anche se ne verranno sospettati gli anarchici.

17 giugno 1969
A Padova il commissario Pasquale Iuliano arresta Massimiliano Fachini (luogotenente di Freda) e altri neofascisti.
Entro una settimana il commissario Iuliano, che segue una pista che conduce a Franco Freda, viene rimosso dall'incarico.

9 agosto 1969
Tra l'una e le tre, sei bombe esplodono su vari convogli ferroviari, mentre altre due vengono scoperte in tempo.

12 dicembre 1969
Ha ufficialmente inizio l’era delle stragi, in pieno periodo natalizio.
Alle 16.37 a Milano, una bomba esplode alla Banca Nazionale dell'Agricoltura in piazza Fontana (17 morti), mentre un analogo ordigno viene ritrovato alla Banca Commerciale in piazza della Scala.
Alle 16.55 una bomba esplode a Roma nel sottopassaggio della Banca Nazionale del Lavoro (16 feriti), seguita da altre due sull'Altare della Patria.
I colpevoli vengono immediatamente scelti tra appartenenti agli ambienti dell’anarchia (v. 22 novembre 1963), in particolare Pino Pinelli e Pietro Valpreda.

15 dicembre 1969
Mentre nel Duomo di Milano si svolgono i funerali delle vittime di piazza Fontana, Pietro Valpreda (del gruppo anarchico romano “22 Marzo”) si presenta spontaneamente al Palazzo di Giustizia di Milano. Viene affidato alla Questura di Roma, dove, dopo una procedura scorretta, il taxista Rolandi lo identificherà come l'attentatore: il "confronto" vede Valpreda spettinato e stravolto in mezzo a un gruppo di poliziotti ben vestiti.
Nel corso degli anni emergeranno indizi contrari, compresa l’esistenza di uno o più sosia di Valpreda apparsi in luoghi e momenti opportuni. (v. 22 novembre 1963).

15-16 dicembre 1969
Nella notte, il ferroviere Giuseppe “Pino” Pinelli, condotto in Questura il giorno prima dal commissario Luigi Calabresi, vola dalla finestra del quarto piano.
Secondo le testimonianze, il commissario Calabresi era appena uscito dalla stanza dell’interrogatorio (in seguito anche Pietro Valpreda si dichiarerà convinto dell'assenza di Calabresi dalla scena).
Il questore di Milano, Marcello Guida, affermerà che il suicidio era dovuto alle prove schiaccianti a carico di Pinelli, additato come responsabile della strage (v. 22 novembre 1963).
Col tempo verranno elaborate le seguenti ipotesi: “morte accidentale di un anarchico” (secondo il provocatorio titolo del testo teatrale che Dario Fo ha dedicato all'episodio); suicidio per motivi ignoti (o per schiacciante senso di colpa, secondo chi già ritiene Pinelli colpevole di strage); persino un “malore attivo”, che avrebbe indotto l'uomo a tuffarsi dalla finestra.
Il commissario Calabresi - benché presumibilmente estraneo al fatto - viene in certi ambienti sospettato di essere il responsabile della morte di Pinelli (v. 17 maggio 1972).

16 dicembre 1969
Il giornalista Giorgio Zicari, in seguito identificato come uomo del SID, pubblica la notizia di Valpreda autore della strage.
A Roma vengono fermati quattordici appartenenti al “22 Marzo”, tra cui Mario Merlino, da quel momento informatore della polizia.

26 dicembre 1969
Tramite un avvocato, l’insegnante Guido Lorenzon fa pervenire ai magistrati di Treviso le prime rivelazioni sul suo amico Giovanni Ventura e su Franco Freda, esponenti padovani di Ordine Nuovo, e la loro responsabilità nella strage.

Giugno 1970
L’editore Savelli pubblica il primo tentativo di ricostruzione degli eventi di piazza Fontana al di fuori dell'informazione quotidiana: è la controinchiesta di Eduardo Di Giovanni e Marco Ligini La strage di stato.
Il libro scatena una raffica di querele da parte di Rauti, Ventura e molti altri. È la prima volta che alla strage vengono ricollegati i movimenti neofascisti e la CIA, anticipando successive conclusioni delle indagini.

22 luglio 1970
In un attentato al treno "Freccia del Sud" sei persone perdono la vita e altre centotrentanove restano ferite.

7-8 dicembre 1970
il principe Junio Valerio Borghese, leader del Fronte Nazionale, coordina un'operazione militare che prevede l'occupazione del ministero dell'interno, del ministero della difesa, della RAI, oltre all'arresto degli oppositori politici del nascente regime. Tra i congiurati che saranno identificati: l’estremista di destra Stefano Delle Chiaie, il missino Sandro Saccucci, il colonnello Amos Spiazzi.
Ma lo stesso Borghese annulla l'operazione, constatato che gli manca l'appoggio sperato dalle Forze Armate. I membri del Fronte Nazionale verranno processati e prosciolti. Tra loro figurano anche Gianfranco Bertoli (v. 17 maggio 1973), Nico Azzi e Giancarlo Rognoni, i cui nomi emergeranno durante le inchieste sulle stragi.
Il colonnello Amos Spiazzi, già membro dei Nuclei di Difesa dello Stato e di Der Stahlelmen (“Gli elmetti d’acciaio”, organizzazione neonazista), sarà arrestato nel '74 come leader della Rosa dei Venti, organizzazione segreta di ispirazione NATO: casualmente, lo stemma della NATO è appunto una rosa dei venti.
Borghese riesce in ogni caso a rifugiarsi nella Spagna fascista del caudillo Francisco Franco.

12 dicembre 1970
Le manifestazioni a Milano per il primo anniversario di piazza Fontana si concludono con la morte di uno studente.

13 aprile 1971
Da Treviso il giudice Stiz spicca il primo mandato nei confronti di Freda e Ventura per la strage di piazza Fontana.

16 luglio 1971 
Il taxista Rolandi, testimone a carico di Valpreda (v. 16 dicembre 1969), muore improvvisamente a Milano.

3 marzo 1972
Il giudice Stiz fa arrestare Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo nel 1957, rientrato nell'MSI nel novembre 1969.
Sulla base di dichiarazioni del neofascista Marco Pozzan (che poi le ritratta parlando di strumentalizzazione da parte dei giudici), Rauti è accusato di responsabilità negli attentati. Verrà rilasciato per insufficienza di prove.

14 marzo 1972
L’editore Giangiacomo Feltrinelli muore accidentalmente mentre tenta di far esplodere un traliccio a Segrate (Milano). Molti suoi compagni, invece, penseranno subito a una messinscena organizzata dalla CIA.
Feltrinelli non era solo stato l’editore de Il Gattopardo e de Il Dottor Zivago, ma anche del libretto rosso di Mao, dei testi di Che Guevara e di un volumetto intitolato Estate '69, in cui si delineava il pericolo imminente di un colpo di stato di estrema destra.
Amico personale di Fidel Castro, Feltrinelli si era preparato all’emergenza organizzando movimenti rivoluzionari in ambito sia italiano sia internazionale e passando alla clandestinità pochi giorni prima di piazza Fontana.
Secondo il pentito Martino Siciliano, qualcuno aveva progettato di nascondere in una villa di Feltrinelli i quarantacinque timer avanzati dal lotto acquistato da Freda prima della strage di piazza Fontana: l’editore sarebbe stato il capro espiatorio ideale.

17 maggio 1972
Il commissario Luigi Calabresi, da molti ritenuto responsabile della morte di Pinelli (v. 15-16 dicembre 1969), viene ucciso in un attentato a Milano.
Principali indiziati sono, in un primo tempo, i neofascisti Giovanni Nardi e Luciano Bruno Stefano.
Nel 1988 il pentito Leonardo Marino accuserà invece gli allora leader di Lotta Continua Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani, come mandanti, e Ovidio Bompressi, che con Marino avrebbe compiuto l’attentato.

31 maggio 1972
A Peteano (Gorizia), nei pressi del confine jugoslavo, tre carabinieri restano uccisi e due feriti nell'esplosione di un'auto-bomba.
Solo molti anni dopo i colpevoli verranno identificati nei militanti di Ordine Nuovo Carlo Cicuttini e Vincenzo Vinciguerra. Quest'ultimo rivelerà collegamenti con Gladio una struttura segreta dipendente dalla NATO.
L’inchiesta del giudice Felice Casson sulla strage di Peteano porterà allo scoperto la metamorfosi di Gladio da sistema difensivo in caso di invasione a organizzazione utilizzata per fiancheggiare la strategia della tensione.
Ciononostante, durante una delle sue celebri “esternazioni”, il presidente della Repubblica Francesco Cossiga ribadirà a distanza di anni il patriottismo di Gladio.

27 agosto 1972
Freda e Ventura, sono incriminati dal giudice istruttore milanese Gerardo D'Ambrosio per la strage di piazza Fontana.

20 ottobre 1972
Su richiesta dei procuratori Emilio Alessandrini e Rocco Luigi Fiasconaro, il giudice D'Ambrosio invia avvisi di procedura per omissione di atti d'ufficio ad Antonino Allegra, capo ufficio politico della Questura di Milano, Bonaventura Provenza, questore di Roma, ed Elvio Catenacci, già direttore degli Affari Riservati al Ministero dell'Interno.
Entro cinque giorni, il procuratore della Repubblica di Milano Isidoro Alberici esonera Fiasconaro dall'inchiesta (v. 17 giugno 1969).

14 novembre 1972
Il governo approva la cosiddetta “legge Valpreda”, che concede la libertà provvisoria anche per reati in cui il mandato di cattura è obbligatorio. Sei settimane più tardi, dopo tre anni di detenzione, l’innocente Valpreda può finalmente uscire dal carcere.

7 aprile 1973
Nico Azzi (v. 7-8 dicembre 1970) viene catturato dopo essersi ferito nel tentativo di innescare una bomba a bordo del treno direttissimo Torino-Roma.

15 maggio 1973
A seguito delle ammissioni di Ventura, vengono emessi avvisi di procedimento per il giornalista Guido Paglia e il giornalista e agente del SID Guido Giannettini (v. 3-5 maggio 1965), tempestivamente espatriato.

17 maggio 1973
Una bomba provoca quattro morti durante la manifestazione per il primo anniversario della morte di Calabresi (v. 17 maggio 1972) alla Questura di Milano, in presenza del ministro dell'Interno Mariano Rumor.
Il responsabile è Gianfranco Bertoli (v. 7-8 dicembre 1970), che si proclama anarchico ma in realtà è un simpatizzante neofascista venuto da Mestre.

11 settembre 1973
Il colpo di stato fascista in Cile porta alla morte del presidente democratico Salvador Allende e al trionfo del generale Augusto Pinochet, che procede a una sanguinosa repressione degli oppositori politici.

18 aprile 1974
La Corte di Cassazione unifica i procedimenti contro il “22 Marzo” di Valpreda e contro Freda e Ventura.

28 maggio 1974
In piazza della Loggia, a Brescia, una bomba uccide otto persone e ne ferisce novantaquattro durante una manifestazione sindacale.
Si sospetta genericamente l'estrema destra, ma solo dopo molto tempo si scopriranno indizi su gruppi di Ordine Nuovo operanti a Mestre e a Milano.
Da qui partirà l’inchiesta del giudice Guido Salvini che si collegherà alla Strategia della Tensione e porterà all’imputazione di Delfo Zorzi per piazza Fontana.

4 agosto 1974
Una bomba a bordo del treno Italicus uccide dodici persone e ne ferisce quarantotto. Si sospetta l'estrema destra.

14 agosto 1974
A Buenos Aires Guido Giannettini (v. 3-5 maggio 1965, 15 maggio 1973) si consegna al consolato italiano.

12 dicembre 1974
Nel quinto anniversario della strage, la Corte di Cassazione riunisce a Catanzaro tutte le inchieste e i processi su piazza Fontana.

24 gennaio 1975
A Empoli il terrorista Mario Tuti uccide due carabinieri che tentavano di arrestarlo e ne ferisce un terzo. Fugge in Francia ma viene arrestato sei mesi dopo.

28 febbraio 1976
Il generale Gian Adelio Maletti e il capitano Antonio Labruna del SID sono accusati di avere fatto espatriare nel 1973 Giannettini (v. 14 agosto 1973) e il latitante Marco Pozzan e di avere organizzato per lo stesso anno un tentativo di evasione di Ventura.

10 luglio 1976
A Roma il sostituto procuratore della Repubblica Vittorio Occorsio viene assassinato da un commando di Ordine Nuovo. Pur avendo firmato il primo mandato d'arresto per Valpreda, Occorsio era poi passato a seguire la pista nera, indagando sui servizi segreti deviati e su Ordine Nuovo. Analogo destino, per mano invece dei terroristi rossi di Prima Linea, subirà il giudice milanese Alessandrini, assassinato nel 1978.

18 gennaio 1977
Ha inizio a Catanzaro il terzo processo per la strage di piazza Fontana. Nei mesi successivi coinvolgerà l'ex presidente del consiglio Rumor, il ministro della difesa Tanassi e gli ex direttori del SID Henke e Miceli.

30 settembre 1978
Freda sparisce dal soggiorno obbligato di Catanzaro.

16 gennaio 1979
Ventura sparisce dal soggiorno obbligato di Catanzaro.

23 febbraio 1979
Con la sentenza di primo grado, Freda e Ventura sono riconosciuti colpevoli della strage di piazza Fontana. In agosto Freda viene arrestato in Costa Rica e Ventura in Argentina.

20 marzo 1979
Mino Pecorelli direttore dello “scomodo” settimanale OP, viene assassinato. Si sospetta il neofascista Giuseppe Valerio “Giusva” Fioravanti, ma nell’inchiesta emerge il nome di Licio Gelli e qualcuno guarda in direzione di Giulio Andreotti, che il giorno seguente dà inizio al suo quinto governo.

11 luglio 1979
Viene ucciso Giorgio Ambrosoli, il liquidatore della Banca Privata di Michele Sindona (v. 4-18 marzo 1967, 26 marzo 1986). Il killer William Aricò indica come mandante lo stesso Sindona.

2 agosto 1980
Alle 10,25 una bomba esplode nella sala d'aspetto della stazione di Bologna, provocando la morte di ottantacinque persone e il ferimento di altre duecento.
È il più tragico massacro degli anni del terrorismo.
Si sospetta l’estrema destra: tra gli indiziati, Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, arrestati rispettivamente nel febbraio del 1981 e nel marzo 1982. Saranno condannati come principali responsabili.
Nell’inchiesta si faranno anche i nomi di Licio Gelli e Francesco Pazienza (v. 11 luglio 1988). Si parlerà di depistaggi da parte della Loggia P2.
Si ipotizzeranno piste alternative, riguardanti Libia, OLP, mafia e Banda della Magliana, quest'ultima collegata all'estremismo di destra.
Qualche tempo dopo, latitante in America Latina, Stefano Delle Chiaie riferirà in un’intervista televisiva a Enzo Biagi l’ipotesi che la strage non fosse intenzionale e che l’esplosivo sia detonato accidentalmente. Il luogo e la data fanno pensare tuttavia che fosse voluta e che l'obiettivo fosse fare il maggior numero di vittime, quasi una prova generale della modalità di terrorismo che sarebbe stata applicata a partire dal 2001.

20 marzo 1981
La Corte d'Appello di Catanzaro assolve tutti gli imputati già condannati in primo grado per piazza Fontana.
Viene ritenuta valida l'affermazione di Freda, che dice di avere consegnato i timer a un misterioso algerino, il colonnello Hamid, nel settembre 1969.
Un anno dopo, la Corte d’Appello di Brescia assolve tutti gli imputati per la strage di piazza della Loggia.

18 luglio 1982
Viene trovato suicida, impiccatosi (o impiccato?) sotto un ponte di Londra, il banchiere Roberto Calvi. Aveva fatto affari con Michele Sindona, Licio Gelli e la loggia P2, e con l’IOR (l’Istituto delle Opere Religiose del Vaticano), gestito dal cardinale Paul Marcinkus, noto per i suoi rapporti con il cardinale Francis Spellman, molto vicino alla CIA.

24 dicembre 1984
In un attentato al treno 904 Napoli-Milano perdono la vita sedici persone e altre cento restano ferite.

1 agosto 1985
A Bari la Corte d'Appello, cui il processo di piazza Fontana è stato affidato dopo l'annullamento della sentenza di Catanzaro, assolve tutti gli imputati.

22 marzo 1986
Nel supercarcere di Voghera muore avvelenato da un letale caffè il finanziere Michele Sindona. Si riparla di suicidio, ma dopo Roberto Calvi diventa difficile crederci.

27 gennaio 1987
La Corte di Cassazione rende definitiva la sentenza di assoluzione per insufficienza di prove: Freda e Ventura non potranno mai più essere processati per la strage di piazza Fontana.

11 luglio 1988
Fioravanti, la Mambro, Massimiliano Fachini e Sergio Picciafuoco sono condannati all’ergastolo per la strage di Bologna (v. 2 agosto 1980), mentre Licio Gelli e il faccendiere Francesco Pazienza se la cavano con dieci anni per calunnia.

20 ottobre 1994
Martino Siciliano, pentito del gruppo di Mestre di Ordine Nuovo, rivela al giudice milanese Guido Salvini i collegamenti tra i gruppi neofascisti di Padova, Mestre e Milano, indicando Delfo Zorzi come possibile esecutore materiale della strage di piazza Fontana.
In seguito Salvini sarà accusato, insieme al generale Siracusa e al capitano Giraudo, di avere corrotto Siciliano perché rilasciasse false dichiarazioni: i tre verranno riconosciuti innocenti di quest’accusa.

17 novembre 1994
Torna in scena l’elettricista Tullio Fabris, che sarebbe stato usato venticinque anni prima come ignaro consulente sull’uso dei timer da Ordine Nuovo a Padova.
L’elettricista rivela ai Carabinieri di avere visto i timer in mano a Freda e Ventura nel novembre 1969, smentendo pertanto l'affermazione di Freda sul colonnello algerino Hamid.
L’elettricista afferma inoltre di avere ricevuto nel 1972 intimidazioni da parte di Massimiliano Fachini e di un altro individuo che identifica come Pino Rauti.
In seguito, un carabiniere avrebbe consigliato a Fabris di limitare le sue testimonianze al minimo indispensabile.
Rauti nega di avere mai conosciuto Fabris.

20 gennaio 1996
Interrogato dal giudice Salvini, Carlo Digilio, membro di Ordine Nuovo e della CIA, conferma Ventura come organizzatore e Zorzi come possibile esecutore della strage di piazza Fontana, rivelando inoltre i segreti legami tra CIA, NATO e Ordine Nuovo nella strategia della tensione.

28 aprile 1996
William Colby, agente americano a Roma dal 1953 al 1958 (v. Estate 1958), direttore della CIA negli anni del dopo-Watergate e fautore della trasparenza nei servizi segreti americani, viene trovato vittima di una “morte accidentale” nei pressi della sua casa sul fiume Potomac; il giorno prima sarebbe stato colpito da un attacco di cuore mentre era in canoa; la radio rimasta accesa nella casa sarebbe solo una dimenticanza.

24 luglio 1996
Dopo ventitré anni dall'ultimo arresto per piazza Fontana, il PM milanese Grazia Rosaria Pradella richiede i mandati di custodia per quattro fiancheggiatori veneti di Ordine Nuovo, legati all'epoca a Freda, Ventura, Maggi e Zorzi.

19 novembre 1996
L’ex presidente della Commissione Stragi Libero Gualtieri annuncia la recente acquisizione di un rapporto riguardante l’organizzazione neofascista Aginter Press (sedicente agenzia di stampa portoghese, vicina all’estrema destra francese e all’OAS) nei cui allegati si parla di un’informativa dei servizi segreti che affermerebbe che “la bomba a Piazza Fontana è stata messa per conto o comunque per disposizione dell’Ufficio Affari Riservati”.
Già nel 1969 un’informativa dei servizi segreti indicava Yves Guerin Serac, capo dell’Aginter Press, come mandante della strage di piazza Fontana.

3 marzo 1997
All’aeroporto di Venezia, la Guardia di Finanza sequestra titoli bancari falsi della giapponese Fuji Bank, per un controvalore di 15.180.000 miliardi di lire. I titoli, falsificati ad arte, sono trasportati da Domenico Carolei, quarantacinquenne “operatore commerciale” trasferitosi in Giappone dal 1983, che sembra frequenti lo stesso entourage di Delfo Zorzi. Il mestrino Zorzi attualmente vive sotto il nuovo nome legale di Hagen Roi in Giappone, dove è divenuto una figura chiave dell'esportazione della moda italiana. Il suo nome (italiano) è emerso nell'inchiesta sull'assassinio di Maurizio Gucci, titolare del marchio omonimo: Gucci gli aveva richiesto un ingente prestito; Zorzi glielo avrebbe concesso, venendo ripagato - dichiarerà in un interrogatorio in Giappone - con gli interessi. Negli anni successivi altri stilisti moriranno di morte innaturale: Gianni Versace, il cui presunto omicida Andrew Cunanan verrà trovato morto (suicida?) dalla polizia; e Nicola Trussardi, vittima di un incidente d'auto dopo il suo ritorno da un viaggio in Giappone.

16 febbraio 2000
A oltre trent’anni dalla strage di Piazza Fontana, si apre in Corte d’Assise a Milano il nuovo processo, imputato principale Delfo Zorzi.
Dal Giappone, in un’intervista al TG2, Zorzi si dichiara vittima innocente, uno dei “mostri creati in questi anni, da Valpreda a Freda.” I suoi avvocati annunciano che chiameranno a testimoniare tutti i presidenti del Consiglio italiani degli ultimi trent’anni, tutti gli ambasciatori americani dal 1960 e tutti i direttori della CIA dal 1960 (o almeno quelli ancora viventi all'epoca), compreso l'ex-direttore della CIA ed ex-presidente USA George Bush Sr.
Nel 2005 il settimanale L'Espresso pubblica un articolo in cui definisce Zorzi "sospettato di rapporti con la malavita giapponese e coreana".
Zorzi sarà assolto da ogni accusa relativa alle stragi nel 2014.

Post scriptum
di Fabio Viganò


1) A Padova, mentre indaga il Commissario Juliano, muore un ex-carabiniere. A giorni sarebbe dovuto andare in Procura della Repubblica a  testimoniare riguardo "gli strani movimenti notati nella palazzina". A quel tempo, dopo essersi dimesso dall'Arma, faceva il portiere dello stabile. Si chiamava Alberto Muraro.


2) Per le più recenti stragi di Milano, Firenze etc, è ora ricercato, in quanto ritenuto  colpevole, il superlatitante Matteo Messina Denaro. L'allora segretario di stato a stelle e strisce, Madeleine Albright, indicò (come ai vecchi tempi) gli anarchici quali autori materiali degli attentati. L'allora Procuratore Nazionale Antimafia, Pierluigi Vigna, però, non le diede retta. Per quale motivo? Aveva le prove! A mio modesto parere, codesta donna dovrebbe essere rinviata a giudizio come correa nell'attentato e nel depistaggio delle indagini.


viernes, 29 de mayo de 2015

Quelli dell'Aprilia nera



Una storia vera raccontata da Andrea Carlo Cappi

La banda di Barbieri era attrezzata,
faceva le rapine a mano armata.
E sette e sette e sette fanno ventuno,
arriva la Volante e non c’è nessuno.
(Anonimo)

Il sangue versato nella Seconda guerra mondiale è ancora caldo quando Bezzi e Barbieri decidono di non deporre il mitra e scatenano una vera e propria offensiva criminale sul territorio dell'hinterland milanese. Accade settant'anni fa, tra il 1945 e il 1946, quando l'Italia è appena uscita dal conflitto che l'ha attraversata lentamente da sud verso nord. Bombardamenti e rastrellamenti hanno insegnato agli italiani cosa volesse dire sfidare le grandi potenze mondiali. Una grande città come Milano, ultimo baluardo del regime fascista, ha pagato un alto prezzo di morte e distruzione, e ha visto monumenti quali il Teatro alla Scala crollare sotto le bombe degli alleati.
La Resistenza ha insegnato come ogni uomo sia libero di opporre le proprie ragioni contro la dittatura a colpi di fucile. Mentre molti fascisti cercano di riciclarsi come partigiani dell'ultima ora, qualche ragazzo dotato di spirito d'avventura scopre che la lotta armata può essere anche la via più breve alla ricchezza. È il caso di Ezio Barbieri e di Sandro Bezzi, che insieme daranno vita a una delle più attive bande di malavitosi dell'immediato dopoguerra, diventando a loro modo due divi del gangsterismo, sul modello degli "eroi" del cinema americano.
Questa, per quanto sia possibile distinguere la realtà dal mito, è la loro storia.

Le macerie di Milano, 1943

In un Nord Italia in cui le patate sono diventate un bene primario e il pane bianco è una preziosa rarità, il giovane Ezio Barbieri apprende molto presto quali siano le strade più facili per raggiungere il benessere e dà inizio alla sua carriera ai margini della legalità.
Ezio è nato nel 1922 a Milano, quartiere Isola, da una famiglia che gestisce un banco di mescita. Ha cominciato a lavorare all'età di quattordici anni in una tintoria, passando in seguito a un negozio di barbiere e, raggiungendo il vertice delle possibili aspirazioni familiari, diventando impiegato comunale. È possibile che la sua deviazione dalla retta via sia dovuta (come sosterrà la sua difesa) a un trauma cranico per una brutta caduta mentre cercava di prendere al volo un tram. Ma trauma o non trauma, Ezio si accorge subito che ci sono modi meno faticosi del lavoro per guadagnare. Solo la sua inesperienza lo porta, nel maggio 1942, a una condanna per furto di bicicletta. Non arriva a scontare gli otto mesi di reclusione nel carcere di Alessandria: il ventenne Ezio Barbieri esce di prigione a breve termine per compiere il servizio militare.
Ma la storia segue percorsi diversi e Barbieri comincia a dedicarsi alla più redditizia borsa nera. Quando gli ingredienti più normali della cucina italiana, dal burro al parmigiano, diventano per il consumatore medio irraggiungibili oggetti del desiderio, perché non approfittare della situazione? In fondo non si tratta che di procurare alla gente quello che desidera e che, a causa della guerra, non è più possibile trovare.
Così Ezio, malgrado la madre lo sconsigli, si dà al mercato nero e, già che c'è, al contrabbando di sigarette provenienti dalla Svizzera. Il limite tra giustizia e illegalità è molto difficile da definire, quando la legge è stabilita da un regime che sta conducendo l'Italia all'autodistruzione. Ciò spiega perché nel 1944, disturbato nelle sue attività, Barbieri non abbia difficoltà a estrarre una pistola e a sparare a un milite della "Ettore Muti", la squadra che svolge compiti di polizia a Milano dopo l’otto settembre, intitolata all’eroe di guerra ed ex-segretario del Partito Nazionale Fascista morto nell’agosto 1943; lo squadrista resta steso su un marciapiede ferito al mento. La distinzione tra interesse personale e Resistenza in casi del genere è impercettibile, anche se i partigiani sconfesseranno sempre i rapporti che Barbieri affermerà di avere avuto con loro.

Milano, viale Monza, 1944

Sandro Bezzi, invece, comincia a farsi largo nella vita a suon di pugni. Suo padre lavora all'Alfa Romeo, ma Sandro, anziché imparare il mestiere di famiglia, preferisce tentare la carriera di pugile professionista. Così, dopo alcuni corsi serali, di giorno Bezzi fa il meccanico all'Isotta Fraschini e di notte diviene noto come "pugno proibito" sui ring allestiti più o meno di straforo. A Bezzi la guerra non fa molti favori: nel 1942 si sposa con una bella ragazza di nome Carmen, ma viene richiamato in Marina, a la Spezia. Il riluttante marinaio Bezzi diserta, col risultato di essere catturato e consegnato al forte di Varignano, per essere quindi detenuto nel carcere di Pizzighettone e, dopo l'otto settembre 1943, deportato in un campo di lavoro in Germania.
Al suo ritorno, Sandro Bezzi scopre che la moglie se n’è andata. La sconfitta personale alimenta il suo desiderio di rivalsa contro la società e il destino fa il resto, quando nella primavera del 1945, in una balera milanese ha luogo il fatale incontro con Ezio Barbieri.

Milano, 1945 (fotografia di Federico Patellani)

Nell'Italia dell'immediato dopoguerra la voglia di vivere è incontenibile. Finalmente liberi dalle frustrazioni del regime, dalle ristrettezze della guerra e dal terrore dei bombardamenti, gli italiani dell'epoca della ricostruzione sono pronti a dimenticare il passato e ad abbandonarsi al piacere della libertà. Una libertà che spesso ha il ritmo del boogie-woogie, appena giunto dall'America e ballato selvaggiamente in balere improvvisate nei cortili delle case semidistrutte dalle bombe.
Uomini come Bezzi e Barbieri, educati dal fascismo al culto della virilità e delle armi, non hanno mai condiviso l'ideologia ma hanno imparato a sparare. E per loro, che non hanno veramente combattuto nella Resistenza, l'euforia della Liberazione si esprime nel girare armati su un'auto veloce. Le armi, del resto, non mancano, abbandonate per tutto il Nord Italia dai tedeschi in fuga.
Bezzi e Barbieri si divertono a rubare auto, spesso con il proprietario a bordo, spianando le loro Walther P38, per correre follemente nella notte. Ma il furto di macchine per il gusto dell'avventura e della corsa sfrenata lascia subito spazio a una vera e propria industria criminale. Molto presto proprio un'automobile diviene il loro simbolo: una Lancia Aprilia nera, in agguato nella notte lungo le strade buie.
Bezzi e Barbieri, armati e mascherati, bloccano qualsiasi veicolo di passaggio e si appropriano di tutto. I bersagli preferiti sono i borsaneristi e le loro macchine cariche di viveri. I beni vengono rivenduti e le automobili, private delle ruote e dei pezzi di ricambio, vengono abbandonate ormai inservibili lungo la strada.
A lungo andare, i due dell'Aprilia nera entrano nella leggenda. Non passa notte senza un loro colpo, o senza un colpo analogo realizzato dai loro numerosi ammiratori e imitatori. Ma, anche quando non ne sono loro gli autori, Bezzi e Barbieri lasciano credere di esserlo, solo per il piacere di vedere esaltato il mito della loro imprendibilità.
Da questo punto di vista c'è una sostanziale differenza tra i due personaggi. Sandro Bezzi è il più freddo e calcolatore, ama la sfida ma detesta correre rischi inutili ed evitabili. Ezio Barbieri, al contrario, non perde occasione per mettersi in mostra: si fa crescere un pizzetto alla D'Artagnan e si presenta come "il moschettiere del mitra". Gira per le balere con le armi da fuoco sotto l'impermeabile, infischiandosene della possibilità di esere identificato dalla polizia.
Grazie al proprio tenore di vita a alla passione per donne e champagne, riesce a essere costantemente senza un soldo, ma quello che per lui conta di più è il successo con il sesso femminile. Il bandito bello e inafferrabile colleziona un notevole numero di amanti, compresa la figlia di un industriale in cerca di avventure e di emozioni. Essere la donna di Barbieri, del resto, significa potersi permettere pellicce e gioielli in abbondanza, privilegi che in quel periodo poche italiane potevano concedersi.

Milano, corso Buenos Aires, 1945  (fotografia di Luigi Ferrario)

Nell'ottobre del 1945 i due criminali mettono su casa: scelgono due appartamenti nello stesso edificio in via Clefi, a Porta Magenta, e ci vanno a vivere con le loro compagne del momento: Bezzi con Maria, Barbieri con Ernestina, da cui avrà un figlio battezzato Vittorio. Gli inquilini del palazzo evidentemente non fanno molto caso ai due individui che di notte, mentre gli altri vanno a dormire, escono col mitra per andare a lavorare a tornano a casa nelle prime ore del mattino per festeggiare e dividere il malloppo. Ormai Bezzi e Barbieri non lavorano più da soli, ma possono contare su un certo numero di complici reclutati nella mala milanese – la Ligera – tra cui un certo Cordara, che si fa crescere un pizzetto da moschettiere sul modello di quello del suo capo.
La base operativa molto spesso è un locale notturno, il tipo di ambiente frequentato da strani personaggi come il "conte Mino". Questi si chiama in realtà Giacomo Regonini, ex appartenente alla X MAS – il corpo di volontari della RSI fascista – e sedicente nobile. Il conte Mino, che ama la bella vita e la cocaina, non ha la tempra dei due criminali e non partecipa personalmente ai colpi, ma si limita a dare una mano per piazzare la merce rubata. Tuttavia per Barbieri il falso conte, con le sue arie da viveur, appare un ottimo modello per interpretare il ruolo di bandito gentiluomo. Fargli conoscere l'indirizzo del covo di via Clefi si rivela un grave errore, uno sbaglio che Bezzi non perdonerà mai al suo socio.
La sera del 2 novembre 1945, in un appartamento in corso XXII Marzo, il commissario Giancarlo Mancini arresta il conte Mino. Mancini, che comanda la squadra G, efficiente gruppo composto da ex partigiani, vede subito nel Regonini la via per arrivare ai pericoli pubblici numero uno. Interrogato in Questura, l'uomo rivela l'indirizzo di Bezzi e Barbieri, permettendo alla polizia di preparare una trappola.
Verso mezzanotte Mancini, con un gruppo di agenti al comando del commissario Betrone, penetra nell'edificio di via Clefi e si apposta davanti all'appartamento in cui si trovano i due criminali con le loro donne. Il conte Mino fa da esca: mentre l'agente Luciano Riva suona il campanello, chiama Ezio Barbieri, invitandolo ad aprirgli. Non è Barbieri ad andare alla porta, ma una delle due donne, che fa a tempo a intravedere gli agenti e a dare l'allarme. I due sono pronti all'azione.
L'agente Mario Orlandini cerca di entrare, ma Barbieri lo accoglie con due colpi di pistola, lasciandolo a terra ferito. Mancini e Betrone rispondono al fuoco, mentre Bezzi lancia nella loro direzione una bomba a mano, che esplode sulle scale. I due criminali ne approfittano per darsi alla fuga. Uscendo dalla finestra, in canottiera nella fredda notte milanese, saltano sul tetto di un garage sottostante. Ma la fuga non dura a lungo: accerchiati da forze preponderanti, i due, feriti e infreddoliti, sono costretti alla resa. Barbieri, nel salto, ha subito una lesione alla spina dorsale. Vengono condotti in Questura e, da qui, al carcere di San Vittore, ma assicurano ai poliziotti che non resteranno "dentro" a lungo. Manterranno la parola.

Il carcere di San Vittore, 1946

In un carcere sovraffollato, come del resto quelli di tutta Italia, detenuti inquieti si trovano di fronte guardie di custodia dal grilletto facile. La tensione spesso esplode in feroci tumulti, una situazione difficile da controllare. Chi ne approfitta è un gruppo di carcerati che, dopo l'ennesima sommossa, organizza la propria fuga. Il cinque gennaio del 1946 viene messa in atto l'evasione e tra i fuggiaschi non può mancare la coppia Bezzi e Barbieri.
La fuga è tuttavia l'ultimo atto del loro sodalizio: al momento di scalare il muro di cinta, Bezzi rifiuta di aiutare il socio, in difficoltà a causa della lesione alla schiena. Considerandolo responsabile del loro arresto, Bezzi è fortemente tentato di lasciarlo cadere in mano agli agenti di custodia. Ciò non avviene, ma l'episodio è più che sufficiente a motivare la separazione tra i due. Barbieri si rifugia in una casa sicura, dove resta a letto per diversi giorni, mentre Bezzi se ne va per la propria strada.
La suddivisione del territorio è semplice. Bezzi opera nel centro di Milano, Barbieri lavora nell'hinterland e in provincia. A pochi giorni dall'evasione, mentre il commissario Mancini si dimette considerando l'episodio come una sconfitta personale, Barbieri è di nuovo in attività, con un'automobile su cui, al posto della targa, ha collocato un pezzo di cartone con le cifre 777, il numero telefonico della polizia; nella leggenda la macchina diventa un’Aprilia nera con una vera targa MI 777, circostanza celebrata anche in una strofa apocrifa della canzone popolare Porta Romana bella. Il campo d'azione di Barbieri si estende al Piemonte, dove lo segue una nuova compagna, Fulvia.
A Novara è identificato e catturato, ma gli basta chiedere il permesso di andare in bagno per dileguarsi dalla finestra. La polizia decide allora di organizzare una trappola: riportata Fulvia a Milano, nel suo appartamento in via Cibrario, la sottopone a una sorveglianza ininterrotta con una squadra di agenti in borghese, contando di prendere in trappola il bandito col pizzetto. Non è così. Barbieri riesce a eludere ogni notte la sorveglianza per fare visita alla propria amante, arrivando poi a portarla via sotto il naso degli agenti. Quando una mattina i poliziotti non la vedono uscire di casa, scoprono che l'appartamento è vuoto e che Barbieri è riuscito a beffarli un'altra volta.
L'ultima.

La fine di Sandro Bezzi

Nel frattempo Bezzi ha messo su una banda in proprio e tiene le sue riunioni a casa di Foletti, suo complice, in via Morandi 13, zona Greco. Si racconta che a incastrarlo siano state le interferenze fra il suo telefono, numero 284922, e quello funzionante in duplex, 284822, della fidanzata di un poliziotto, residente nello stesso palazzo. Quello che è certo è che il poliziotto, di nome Carmelo Arcovito, riconosciuto Sandro Bezzi incontrandolo sulle scale, ottiene l'autorizzazione a intercettarne le telefonate. In breve tempo viene preparata una trappola, a opera dello stesso Arcovito e del collega La Noce.
Il 25 febbraio viene visto entrare in via Morandi 13 un individuo col pizzetto. Scambiato inizialmente per "D'Artagnan" Barbieri, è invece il suo ammiratore e allievo "Aramis" Cordara, ora al servizio di Bezzi. Poco dopo giungono in taxi Bezzi e la sua donna, mentre gli agenti si dispongono intorno all'edificio. Due poliziotti si appostano su un vicino ponte della ferrovia, da dove possono controllare una delle principali vie di fuga. Ma niente accade fino al mattino seguente.
Bezzi esce alle undici e un quarto, armato di pistole e bombe a mano e scortato da Cordara e da un altro malvivente. Accortosi della presenza dei poliziotti, comincia a correre, inseguito dalle raffiche dei mitra. Ferito, prende una bomba a mano e la lancia verso i poliziotti, ferendo anche una passante. Rubata al volo una bicicletta, Bezzi riprende la fuga, ma imbocca la strada verso la ferrovia. Gli agenti appostati aprono il fuoco e Sandro Bezzi resta sull'asfalto. Il proprietario della bicicletta recupera il proprio mezzo di trasporto, mentre la folla si raccoglie per vedere il corpo del famoso bandito, morto.

L'arresto di Ezio Barbieri

Lo stesso giorno, il 26 febbraio, una telefonata anonima segnala alla polizia che Ezio Barbieri si trova alla Cascina Torrazza di Pero, vicino a Milano, in compagnia di Fulvia. Gli agenti accorrono e circondano la trattoria in cui il bandito sta mangiando con la fidanzata. Questa volta Barbieri ha lasciato il mitra in macchina e, disarmato, tenta la fuga insieme a tre complici. Una raffica lo ferisce al braccio destro, lasciandolo sanguinante e senza forze, facile preda per i poliziotti.
Trasportato alla Questura di Milano, in via Fatebenefratelli, Barbieri tenta di convincere gli agenti che si tratti di un errore: non sarebbe Ezio Barbieri, bensì tale Carlo Pirovano, vittima di un equivoco. Ma il suo viso è troppo noto perché qualcuno gli possa credere.
Trasferito al carcere di San Vittore, Barbieri riesce ancora a far parlare di sé quando scoppia la sanguinosa rivolta nella prigione milanese, che qualcuno riterrà addirittura capitanata da lui.

L'agente di custodia Salvatore Rap

La tensione, in quei giorni, è molto elevata. I tentativi di evasione si moltiplicano, mentre i detenuti, forse facendo affari con qualche secondino, riescono a impadronirsi di un certo numero di armi. La mattina di Pasqua, 21 aprile 1946, trascorre tranquilla, ma nel pomeriggio scoppia la rivolta. Gli agenti di custodia vengono sopraffatti, le loro armi sequestrate. I detenuti si scatenano e cominciano a correre in direzione dell'uscita, ma vengono fermati da un agente di custodia ventiduenne, Salvatore Rap, che, benché ferito gravemente, armato di mitragliatrice riesce da solo a frenare l'assalto; morirà tre giorni dopo e lo ricorderà una targa sul muro vicino all’ingresso del carcere. Nel frattempo sopraggiunge un autoblindo dei carabinieri, che apre il fuoco sui rivoltosi, impedendone la fuga.
È l'assedio.

La rivolta di San Vittore

Gli ostaggi sono praticamente crocifissi alle finestre e ogni tanto le sparatorie tra detenuti e forze del'ordine inondano la zona circostante di proiettili vaganti. I passanti nel parco Solari, memori del tempo di guerra, si gettano nell'erba quando sentono fischiare le pallottole sopra le loro teste.
Una parte del carcere è in fiamme e, mentre intervengono i carri armati, i pompieri cercano di azionare gli idranti. Lo scenario è apocalittico. Qualsiasi tentativo di parlamentare riceve, per bocca del leader carismatico Barbieri, risposta negativa. Interviene anche l'arcivescovo, cardinale Schuster. Qualcuno vede l'episodio come una rivolta di matrice fascista, forse perché tra i detenuti più esagitati ci sono personaggi come il conte Mino, dal passato politicamente sospetto, e l’ex gerarca Caradonna.



La battaglia della "Pasqua di sangue" si conclude a colpi di cannone il 24 aprile 1946, quasi a un anno esatto dalla Liberazione, con quattro morti tra i detenuti e molti feriti tra le forze dell'ordine. Il conte Mino e Barbieri sono trasferiti a Bergamo e di loro nessuno sentrirà più parlare nella cronaca nera, dopo la sentenza che li condanna rispettivamente a trenta e ventiquattro anni di reclusione per la rivolta.



Trasferito nel manicomio criminale di Barcellona, in Sicilia, il bandito col pizzetto si redime, diventa infermiere e si sposa, nel 1968, con Maria Soresina, una sua "ammiratrice" che comincia a scrivergli in carcere. Ottiene la libertà condizionata nel 1971 e si stabilisce in Sicilia, molto lontano dai quartieri della vecchia Milano in cui trent'anni prima ha avuto inizio la sua romantica avventura di fuorilegge. Nel 2013, novantunenne, pubblica dall’editore Milieu l’autobiografia Il bandito dell’Isola, scritta con Nicola Erba.