jueves, 20 de diciembre de 2018

Un mondo senza Pinketts



Un addio da Andrea Carlo Cappi


Il funerale di Andrea G. Pinketts si terrà sabato 22 dicembre, alle ore 14.45, presso la chiesa di S. Eustorgio a Milano.


L'ultima cosa che ci siamo detti è stato "Ci aggiorniamo", al telefono, una settimana fa. Avrebbe dovuto essere a casa, ma era tornato in ospedale, "per un paio di giorni", aveva assicurato, incrollabile. Invece la situazione si stava aggravando ed è precipitata. Andrea G. Pinketts è morto oggi, il 20 dicembre 2018. L'aggiornamento, stavolta, mi è arrivato da un link al Corriere della Sera, inviatomi dal comune amico Edoardo Montolli.
Con Pinketts dovevamo sempre aggiornarci su qualcosa: presentazioni, eventi, libri, festival. E io partecipavo solo a una parte degli eventi e delle attività che lo impegnavano quasi quotidianamente, a volte due o tre nello stesso giorno. Ci conoscevamo da circa venticinque anni, buona parte dei quali condivisi sulla scena del "Seminario per Giallo e Bar", l'appuntamento milanese settimanale da lui creato nel 1992 e continuato fino alla chiusura dell'ultimo locale che lo ha ospitato, il Balubà; ma è impossibile contare tutti gli eventi del genere che abbiamo condotto insieme compresa - la prima che mi viene in mente - una serata in palcoscenico a Torino intorno al 2000, intitolata Pinketts, chi sei? in cui dovevo stimolare le sue confessioni.
La sua formula, in pubblico, era la Formula Pinketts. Parlava come scriveva, o viceversa. I suoi discorsi erano come i racconti, i romanzi, gli articoli, le prefazioni.
Del resto i suoi libri inanellati di associazioni di idee, battute, giochi di parole che spesso svelavano grandi e piccole verità, erano scritti di getto a penna (al bar) e poi affidati a una volontaria che li battesse al computer (la Battilografa) e quindi consegnati all'editore; che, se non era un kamikaze, non toccava nulla del testo; non c'era nulla da tagliare. Alcune volte Mondadori ha affidato l'editing a me, che discutevo e ricostruivo con Pinketts gli occasionali frammenti di frase perduti - come note mancanti in una partitura d'autore - perché mentre scriveva era stato distratto da dieci telefonate e da una coda di persone che attendevano di essere ricevute al suo tavolo a Le Trottoir. 
È stato definito autore di gialli, e lo era anche, ma nel senso ribelle della parola: lettore attento di questo come molti altri generi, ne conosceva i meccanismi così bene da poterli sabotare dall'interno; basta vedere i racconti ironici e surreali degli anni Ottanta, con cui vinse il Gran Giallo di Cattolica. Quando era di moda la definizione "pulp" sull'onda dell'antologia Gioventù cannibale, cui aveva partecipato, ecco che è arrivata una nuova etichetta. Anche se lui spiegava sempre il senso e l'etimologia del termine "pulp", che aveva un significato molto diverso da quello in uso allora.
In realtà, come ho ribadito non molto tempo fa a una sua presentazione, l'unica etichetta di Pinketts era... Pinketts: un genere tutto suo, postmodermo e molto personale, difficilmente imitabile (anche se c'è chi ci ha provato).
Ma la risposta alla domanda "Pinketts, chi sei?" va oltre i libri, anche se in questo caso vita e opere sono difficili da separare. Prima ancora di Lazzaro Santandrea, detective involontario e protagonista non di un "ciclo" ma di una chanson de geste, il principale alter ego di Pinketts era... Pinketts, di cui Lazzaro era la versione su carta. In molte cose Pinketts come personaggio pubblico coincideva con Lazzaro, quando si travestiva per le inchieste di Esquire o Panorama per fare il giornalista investigativo, o quando diventava "sceriffo di Cattolica" per indagare sulle infiltrazioni del crimine organizzato, operazione che ha portato a centinaia di arresti. O quando si presentava come "il duro dal cuore di meringa" (per usare la definizione di Fernanda Pivano) o lo "specialista in situazioni di emergenza" (per citare un suo biglietto da visita).
Ci sono cose di lui che non ho mai saputo con certezza. Brani di autobiografia così incredibili che non ho mai chiarito se fossero veri, inventati o romanzati: venditore di barche al porto di Hong Kong, reporter paracadutato in Afghanistan (malgrado soffrisse di vertigini)... Ma alcuni sono autentici e documentati, quali l'indagine sul caso del Mostro di Foligno o l'infiltrazione come sedicente rocker satanico nella setta dei Bambini di Satana, su cui poi si preoccupò che venisse detta la verità, quando furono accusati anche di reati che non avevano commesso. Poi la presenza sempre più frequente in programmi televisivi - benché odiasse la parola "opinionista" - lo ha reso troppo noto perché potesse assumere ancora identità fittizie a scopo di investigazione.
Poi c'era un Pinketts meno appariscente: quello umano, generoso, disponibile, sempre pronto a presentare e aiutare autori esordienti, cui dava spazio e ribalta. Il Pinketts che il giorno dopo la serata del giovedì mi chiamava per chiedermi com'era andata. L'amico che ti difendeva quando sparlavano di te alle spalle.
E hanno sparlato molto di lui, per il suo consumo di alcool, che malgrado tutto reggeva fin troppo bene, fino a quando non lo ha ridimensionato qualche anno fa. Ma sono tanti quelli che ragionano per etichette.
È vero ci sono stati alcuni momenti in cui è stato preso dal vortice dell'autodistruzione, per esempio nel 2000 quando, come usavamo dire, è stato l'unico essere umano colpito dal millennium bug e a scopo terapeutico al pomeriggio veniva da me a vedere film di Clint Eastwood: si diventava come scolari che guardano la tv invece di fare i compiti. Poi se ne andava prendendo a prestito Dylan Dog e Capitan America. Perché la cultura - la sua, sconfinata - è fatta di molte cose. Saltando di palo in frasca, l'ultima nostra iniziativa comune è proprio una rassegna sulla cultura popolare a Marina di Andora, di cui lui ha ideato il nome, "Monsieur Le Pop", e alla quale ha potuto partecipare solo per telefono alla prima serata, in collegamento dalla sua stanza all'ospedale di Niguarda.
Perché Pinketts, rimosso due anni fa un tumore all'intestino, sconfittone un altro alla gola scoperto la scorsa primavera, in autunno se n'è ritrovato un altro, che ha aggredito una vertebra. Nondimeno, è riuscito a essere protagonista, istrionico come sempre, di un evento di BookCity nell'atrio dell'ospedale di Niguarda. Un combattente irriducibile, con un passato di campione di kendo, che non ha ceduto le armi fino alla fine.
Ma anche i combattenti migliori non resistono a tre cannonate di questa portata. Ora bisognerà abituarsi a un mondo senza Pinketts, senza la sua voce tonante, le sue frasi irriverenti e i suoi commenti fulminanti. Senza la sua intelligenza e la sua creatività. Per quanto mi riguarda, senza le sue telefonate che cominciavano con "Kappus..." per poi coinvolgermi in imprese titaniche e improbabili.
Ci sono però i suoi libri, come Il conto dell'Ultima Cena da poco ripubblicato negli Oscar, romanzo che tanto piacque a Claude Chabrol. E i titoli ristampati ininterrottamente da Feltrinelli. E, spero, ci saranno riedizioni anche degli altri, contraddistinti dal suo marchio di fabbrica: il senso della frase.

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