Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi
Qualche sera fa a Milano, passando vicino a un banchetto di volumi usati sui Navigli, ho avvertito un richiamo che mi era familiare anni prima, quando facevo il Cacciatore di Libri: il sesto senso per i libri, un po' come lo spider sense dell'Uomo Ragno. Infatti tra quelli in lingue straniere ho trovato, e subito acquistato, un particolare titolo di un autore (e amico) americano che chiameremo W. Si trattava del suo romanzo in cui nei ringraziamenti in appendice è citato il mio nome, a ricordo della nostra lunga collaborazione. Ne ero al corrente per averne sfogliato l'edizione italiana una volta in una libreria, ma per motivi personali avevo deciso che l'avrei comprato in inglese. Poi il tempo è passato senza che io e quel libro ci incontrassimo più, fino all'altra sera.
I miei rapporti con W risalgono alla fine degli anni Novanta. Secondo un'antica e saggia usanza dell'editoria italiana, è bene che le traduzioni di tutti i libri scritti dalle stesse mani siano affidate a un'unica persona, possibilmente capace, in modo da dar loro una certa continuità nel linguaggio, specie nelle vicende seriali. Nel tempo dunque si crea una simbiosi tra i testi originali e la loro "voce" italiana. Nel caso di W, tuttavia, i precedenti traduttori avevano dovuto rinunciare a seguirlo, per mancanza di tempo; quindi la casa editrice, per la quale lavoravo anche come consulente nel settore giallo e noir, si rivolse a me. Prima di cominciare, mi lessi tutti i libri precedenti di W tradotti in italiano, per verificare come fossero stati resi nella nostra lingua determinati termini ricorrenti, dimodoché il pubblico li ritrovasse identici nei titoli successivi.
Il mio lavoro su W sarebbe durato quasi un decennio. Amo ricordare che in quel periodo la nostra accoppiata funzionava così bene che, appena usciva un suo libro tradotto da me, balzava subito al primo posto nelle classifiche di vendita, scalzando dal trono persino John Grisham, Come talvolta capitava anche con altri autori, in caso di dubbio scrivevo a W via email per chiarimenti, ottenendo sempre una risposta immediata. Ci eravamo incontrati in precedenza, ma la nostra amicizia si cementò durante un suo tour dalle nostre parti che, per circostanze impreviste, si protrasse più del dovuto.
Un anno W curò un'interessantissima raccolta di racconti delle maggiori firme della storia del mystery e della suspense in lingua inglese, che ne includeva obbligatoriamente anche uno suo. La consueta casa editrice italiana ne prese i diritti. Era un volume colossale che non avrei potuto certo tradurre da solo nel tempo necessario ma, come consulente per i gialli di quella casa editrice, potei fare una proposta: suddividere i vari testi tra un certo numero di autrici e autori italiani di mystery e suspense che avessero anche esperienza nelle traduzioni (me compreso), con una mia revisione finale di tutta l'opera. Ne venne fuori dunque un libro con una doppia attrattiva: un'antologia di grandi nomi stranieri del thriller la cui traduzione italiana - sotto la mia direzione - era firmata da grandi nomi italiani dello stesso genere: riuscii persino a far lavorare Andrea G. Pinketts - che in passato, fatto poco noto, si era occupato della traduzione di romanzi western - su un racconto del suo amico Ed McBain.
In seguito W pubblicò negli USA due antologie di proprie short stories. La consueta e fidata casa editrice acquisì i diritti del primo volume e lo annunciò incautamente come una "raccolta di racconti inediti in Italia", prima di rendersi conto che alcuni erano già apparsi anche da noi: uno proprio nella precedente antologia di autori vari, un altro sulla mia "M-Rivista del Mistero", un altro ancora su uno speciale del Giallo Mondadori... Poiché era stato promesso pubblicamente che si trattava di soli "inediti", la direttrice editoriale decise di sostituire i racconti già apparsi in Italia con altri provenienti dal secondo volume e mi affidò la nuova selezione perché la traducessi. In quel periodo però il marchio editoriale che pubblicava W in Italia era in fase di parziale scioglimento: il mio contratto di consulenza era terminato da tempo, la direttrice andò a lavorare altrove, le firme più importanti - compreso W e altri autori tradotti da me - furono passati al marchio principale dello stesso gruppo, in una sorta di trasferimento interno.
Quando venne il momento di pubblicare il secondo volume di racconti di W, a occuparsene era dunque una nuova redazione, cui spiegai nel dettaglio lo spostamento dei testi nell'edizione italiana della precedente antologia: alcuni testi andavano rimpiazzati con quelli omessi dall'altro volume. Quindi tradussi tutti i racconti ancora inediti e indicai dove reperire le traduzioni di quelli già apparsi in Italia in passato; ma all'ultimo momento, settimane dopo e nonostante i miei reiterati promemoria, la redazione si accorse di avere scordato quello già pubblicato nel Giallo Mondadori, sicché ricevetti una telefonata disperata e dovetti tradurlo io al volo, una trentina di pagine in un pomeriggio. Ero all'estero, teoricamente in vacanza, di fatto a lavorare; ma per fortuna (il sesto senso per i libri) avevo trovato in una rivendita dell'usato una copia in inglese del primo volume dell'antologia, quindi per puro caso avevo sottomano il testo. Approfittai di una rete wi-fi - all'epoca non ce n'erano tantissime - per inviare la traduzione via email e, visto che avevo fatto gratis da balia alla redazione, chiesi e ottenni che nel frontespizio fossi accreditato come curatore dell'edizione italiana dell'antologia; nelle riedizioni successive il mio nome però sarebbe stato rimosso, insieme alla memoria dei miei meriti.
E arriviamo a una quindicina di anni fa. L'importante marchio editoriale che ora pubblicava W aveva fretta di far uscire il suo nuovo romanzo. Ne anticipò dunque di molto la data di pubblicazione e decise di dimezzare i tempi di lavoro: affidò la prima metà a una nota traduttrice, e lasciò la seconda a me, facendomi stracciare il contratto già firmato secondo cui avrei dovuto occuparmi io di tutto qualche mese dopo. Suddividere la traduzione di un romanzo è un metodo rischioso, che richiede poi una revisione attenta per evitare incoerenze clamorose tra le parti elaborate da persone diverse; stavolta però la revisione sarebbe spettata alla redazione, non a me, che presso questo marchio non ero un consulente sotto contratto. Lessi subito la prima metà del libro e tradussi la seconda, che cominciava in una foresta e vi si tratteneva per parecchi capitoli, con riferimenti dettagliati a una vegetazione nordamericana per la quale non esistono termini corrispondenti in italiano. Un lavoro impegnativo, che però consegnai puntualissimo. Passò un mese (un mese? Ma non avevano fretta?) e ricevetti di nuovo una telefonata disperata dalla redazione: si erano appena accorti (meglio tardi che mai) che l'altra traduttrice aveva omesso le ultime trentacinque pagine della sua parte e ora dichiarava di non avere tempo per tappare il buco, sicché dovevo rimediare io, presto, presto! In verità, se i tempi erano quelli, avrei potuto tradurre io tutto il libro come da contratto originale, senza bisogno di suddividerlo tra due persone, e lo avrei consegnato ben prima di quella data. Tradussi le pagine lasciate indietro in un pomeriggio (di nuovo l'intraducibile botanica nordamericana, forse non era un caso se la collega se ne era, ehm, dimenticata e si era pure rifutata di rimediare alla propria svista). Il risultato fu che la data del pagamento di tutto quanto mi era dovuto - per contratto a ben centoventi giorni - fu conteggiata solo a partire dalla consegna di quelle pagine mancanti un mese dopo, come se a essere in colpevole ritardo fossi stato io.
Inoltre, quando arrivò il romanzo successivo di W, mi venne detto che, siccome stavolta la protagonista era una donna, avevano pensato di farlo tradurre a una donna. (Nel campo del romance avevo constatato a suo tempo che non si volevano traduttori di sesso maschile, come ho raccontato in un post precedente; ma nel campo del giallo non avevo mai visto nessuno fare distinzioni di sesso, tant'è che molte traduttrici storiche del Giallo Mondadori lavoravano tranquille su serie scritte da uomini e/o con protagonisti di sesso maschile.) Sicché il romanzo successivo di W venne affidato proprio all'altra traduttrice, che spero stavolta non ne abbia dimenticato qualche pezzo. Ma ho idea che le "quote rosa" fossero solo un pretesto per togliermi di torno, perché da allora non venni più chiamato per nessuno degli autori su cui avevo lavorato per un decennio. Dovetti passare a un gruppo editoriale concorrente, per il quale avrei tradotto parecchie opere senza distinzione di sesso o colore o genere letterario, compresi un romanzo di un'autrice pakistana in lingua inglese e l'autobiografia di uno showman sudafricano che ai tempi dell'apartheid rientrava nella classificazione "colorato". E, oltretutto, venivo pagato a sessanta giorni, non centoventi (o centocinquanta).
Ci fu un seguito: qualche tempo dopo W scrisse un romanzo "in franchise" con protagonista un personaggio molto famoso di cui avevo tradotto in passato parecchie avventure scritte da altri autori. Si sapeva che in Italia sarebbe stato pubblicato dall'attuale marchio editoriale di W, che ormai mi aveva tagliato fuori. Ricontattai ugualmente la redazione per segnalare che, essendo un esperto tanto di W quanto del personaggio in questione (cui avevo anche dedicato vari volumi di saggistica), forse ero la persona più adatta a tradurlo. Passati mesi di silenzio, mi rifeci vivo e mi venne finalmente risposto che era tardi, ormai avevano fretta e avrebbero suddiviso il romanzo tra sei diversi traduttori e traduttrici; fu inutile dire che io avrei saputo tradurlo da solo in modo coerente e professionale nello stesso numero di settimane. Ora forse si capisce perché preferisco non leggere W nelle edizioni italiane. E forse anche perché in Italia W non è più stato primo in classifica.
Continua...
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.