miércoles, 25 de septiembre de 2024

Vita da pulp - Whisky, cenere e memorie

 

Foto: A. C. Cappi

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

La regola d'oro, per i blogger, dovrebbe essere fare post con regolarità e a scadenze fisse, per mantenere accesa l'attenzione del pubblico. Tutto questo richiede una quantità sufficiente di tempo libero di cui non sempre dispongo, come dimostra il fatto che la puntata precedente di Vita da pulp risale a circa un mese fa. Credo poi che un'altra regola non scritta (per influencer o aspiranti tali) sia quella di apparire costantemente su Instagram in luoghi differenti, dando l'impressione di non essere mai a casa, ma sempre in viaggio.
In fondo questo è lo stesso espediente usato in passato dalle celebrità vere o presunte, che ai tempi d'oro dei rotocalchi di massa dovevano manifestarsi su spiagge e in locali notturni alla moda per essere fotografati dal paparazzo di turno (qualcuno ricorda che il termine "paparazzo" deriva dal cognome di un personaggio de La dolce vita di Fellini,che faceva appunto quel mestiere?) In questo - anche se di rado appaio di persona nelle foto - me la cavo meglio: dopo il Festival Torre Crawford a San Nicola Arcella (Cosenza) il 6-7 settembre, ho compiuto un'incursione di due giorni e mezzo in Francia in cerca di nuove ambientazioni, per i motivi che ho spiegato in un post di tre mesi fa; ho scattato così tante foto che, mettendole con il contagocce sulla mia pagina Instagram, sembra che io sia ancora in giro.
In realtà, per la maggior parte delle ultime settimane, sono stato inchiodato alla mia postazione di lavoro sotterranea (v. foto sopra), dedicandomi a vari impegni, tra cui la preparazione dell'evento "Torre Crawford Milano 2024" di sabato 28 settembre. E qui riprendo il discorso sulla workstation cominciato nel post precedente.

Nel suo romanzo Il Crocifisso di Marzio, che ho tradotto la scorsa estate e che ora potete leggere, per la prima volta in italiano, nell'antologia Mea culpa, lo scrittore Francis Marion Crawford dedica un paragrafo agli scrittori e ai luoghi della loro creatività: "Nei suoi ultimi giorni, Théophile Gautier confessò che non riusciva a lavorare se non nell’ufficio del Moniteur: da qualsiasi altra parte, diceva, sentiva la mancanza dell’odore di inchiostro da stampa, che gli stimolava nuove idee. Gli artisti ben conoscono l’atmosfera dello studio... Balzac, una volta diventato ricco, scriveva nella sua stanza ovale, la cui tappezzeria color crema aveva un ruolo importante nelle sue riflessioni..."
Potremmo aggiungere all'elenco delle stravaganze anche Alexandre Dumas padre, che accanto alla sua residenza, il "Castello di Montecristo", si fece costruire anche il "Castello d'If", un edificio separato che usava come studio, anche se, sommerso da spese e debiti, dovette vendere dopo pochi anni l'intera proprietà. Quanto allo stesso Francis Marion Crawford, oltre che nella sua residenza di Sant'Agnello (Napoli), quando era "in vacanza" lavorava e riceveva gli ospiti in cima alla torre spagnola del XVI secolo che aveva affittato e restaurato a San Nicola Arcella e che ora viene chiamata in suo onore "Torre Crawford". 
C'è chi, come Andrea G. Pinketts, lavora dove capita: nel suo caso, in qualsiasi bar di qualsiasi città stesse visitando, scrivendo a mano su un quadernone con la sua Montblanc; il "bunker", come chiamava il suo appartamento milanese, era riservato alle compagnie femminili e alle visioni notturne di film, oltre a fungere da biblioteca. C'è chi, come Stefano Di Marino, si trova a proprio agio in un ambiente saturo di fotografie e cimeli di viaggi esotici, oltre che di libri e dvd. C'è chi, come me, condivide libri e dvd, ma scrive abitualmente e inevitabilmente in quello che potrebbe apparire come disordine assoluto. A questo proposito, quindici anni fa la rivista AD mi chiese di parlare di casa mia; fu mandata persino una fotografa, che - per motivi che saranno intuibili tra poche righe - preferì ritrarmi nell'ascensore a gabbia del palazzo. Nel mio pezzo, che uscì nell'agosto 2009 con il titolo Whisky, cenere e memorie, parlo dell'appartamento in cui vivevo allora e che nel 2018 ho dovuto abbandonare. Ma, come si vede dalla foto in apertura, la situazione di oggi non è molto diversa.

"Non vi consiglio di presentarvi a casa mia senza invito o senza appuntamento. Lo dico per voi. Se capitate nel momento sbagliato – e spesso lo è – potete credervi nell'antro di un serial killer e aspettarvi di trovare souvenir delle mie vittime in frigorifero. Oppure inciampate in un paio di scarpe da donna con tacco alto o in una bottiglia di whisky e chinate lo sguardo, scoprendo il pavimento ingombro di dossier, e pensate di trovarvi nell'ufficio del detective Marlowe. Ma, se guardate meglio, notate che sugli scaffali delle librerie, tra collezioni di gialli e di fumetti, spuntano le action figures di 007, Diabolik, Batman e Spiderman, la Bluesmobile e l'astronave Enterprise... E a questo punto avete la certezza di essere ospiti di un accumulatore nerd. In un certo senso è tutto vero: questo è l'appartamento di uno scrittore di thriller.
Ho deciso che sarebbe diventato casa mia quando lo visitai la prima volta nell'82: era di proprietà di mio nonno e, poiché a diciott'anni non avevo un soldo, mi rassegnai a vederlo affittare. Tornai alla carica un decennio più tardi: lavorando come 'cacciatore di libri', scrittore e traduttore, riuscii a prendervi alloggio nel '95. L'arredamento si è creato da solo, con i mobili di famiglia che ho ereditato nel tempo (compreso un pianoforte) e il mio tocco personale è stato quello delle stanze a tema: c'è una sala Bond, decorata con i poster di 007; la sala da pranzo Kill Bill, in cui tra i sagomoni di Uma Thurman campeggiano katane e nunchaku; la cucina spagnolesca, con vecchi manifesti di corride. E il mio studio, in cui sotto i ritratti di Hemingway, Che Guevara e Jean Gabin, nascono i miei libri. Non ci sono dubbi, questa è casa mia.
Il romanziere noir Stuart M. Kaminsky ci venne a cena e rimase affascinato dall'ascensore a gabbia che sale al sesto piano, degno di Angel Heart. Raymond Benson, autore di thriller e musicista, venne a suonarci il pianoforte durante un tour italiano, in mezzo a casse di libri ancora da sistemare. Per un certo tempo il mio amico e collega Andrea G. Pinketts considerava un rito di passaggio per le sue fidanzate quello di portarle a visitare la mia collezione di oggetti di James Bond. All'epoca convivevo con una modella che collezionava Barbie – identiche a lei – e sospettavamo che nottetempo le sue bambole si incontrassero di nascosto con i miei Action Man in smoking e Walther P99.
È una casa per cui ho lottato a lungo: dieci anni di battaglia legale in cui parenti non abbastanza lontani hanno cercato di portarmela via insieme al resto di un'eredità. Ai soldi ho detto addio, ma l'appartamento si è salvato. È la mia roccaforte, una trincea fatta di libri, dvd e memorie. Ogni tanto riesco persino a tenerla in ordine... fino al prossimo romanzo, quando posacenere pieni e bottiglie vuote si accumuleranno tra pagine di appunti e mappe di città lontane. Voi lo chiamerete caos, io lo chiamo casa."

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.



No hay comentarios:

Publicar un comentario