domingo, 14 de junio de 2015

Il giorno di San Guevara



Sproloquio di Andrea Carlo Cappi

Qualche giorno fa mi chiama una casa editrice, per uno dei soliti casi urgenti. C'è un libro da tradurre subito dallo spagnolo. Anche se questo vorrà dire altre giornate lavorative da 18-20 ore, di questi tempi un incarico è sempre ben accetto, E poi il libro è una raccolta di testi - alcuni, credo, mai pubblicati in Italia - di Ernesto Che Guevara, il che dà tutta un'altra dimensione al lavoro. Intanto è un'aggiunta molto particolare al mio già variegato curriculum di traduttore.
Poi mi ripaga dell'unico libro di autore argentino che avessi tradotto sinora: un anno fa, per motivi strettamente alimentari, l'autobiografia dell'attrice diciassettenne di una serie tv per adolescenti. Cito sempre con orgoglio e rispetto i libri per adolescenti che mi capita di tradurre, ma in questo caso... diciamo che non ne ho parlato troppo in giro, senza nulla voler togliere al curriculum professionale della signorina in questione. Se non altro il libro era scritto grande e, dato che in quel periodo a causa del superlavoro avevo seri problemi alla vista, non dovevo usare la lente di ingrandimento. In ogni caso mi sento di affermare che il Che sia un po' più importante sul piano storico rispetto a Violetta.




E così ieri, sabato, mi metto all'opera alla mia scrivania, traducendo Che Guevara con l'autore sotto gli occhi, nel senso che da una ventina d'anni ho un suo ritratto sopra la mia scrivania (basato sulla sua foto più celebre, quella di Alberto Korda) e un altro suo poster su una parete del mio studio, e un paio di magliette del Che nell'armadio.
A questo punto di solito mi viene chiesto: "Allora sei comunista?" Io risponderei di no, anche se una volta il poeta e scrittore Bruno Brancher mi disse che ero "un vero comunista". Ma in quell'occasione il motivo era che, in un ciclo di presentazioni di libri alla festa di Rifondazione, una sera i ragazzi del bar ci avevano gentilmente lasciato sul tavolo una bottiglia di Bushmill e non mi sembrava carino nei loro confronti che Bruno, rispolverando il suo spirito di "vecchio assaltatore di banche" (come talvolta si definiva), cedesse alla tentazione di farla sparire sotto la giacca.
Il dialogo completo era stato:
Brancher (severo): "Perché, sei contrario al furto?"
Io: "Dipende da chi è il derubato."
Lui (sorridente): "Allora sei un vero comunista."
Boh, io semmai potrei definirmi genericamente un anarco-individualista, con l'accento sull'individualista.
Il motivo per cui ho un poster del Che sopra la scrivania non ha a che fare con la politica, bensì con l'etica.
Una trentina di anni fa mi trovai con mio padre a sbirciare i poster in vendita in un negozio. E lui - che, posso garantirlo, non era affatto comunista - notò che solo un decennio prima in mezzo a quei poster ce ne sarebbe stato un intero assortimento con il volto di Che Guevara, mentre negli anni Ottanta quei manifesti sembravano spariti. E questo gli dispiaceva. Per lui, che aveva cominciato a insegnare ad Architettura a Milano nel 1968 e ricordava quell'epoca come l'inizio di anni di caos e difficoltà, l'immagine del Che rappresentava tuttavia un ideale di impegno, dedizione e sacrificio - aldilà della politica - che guarda caso proprio negli anni Ottanta cominciava a estinguersi, soppiantato dai miti del successo e del denaro facile.



Motivo per cui, quando ho potuto avere una casa mia, le prime cose che ho appeso alle pareti sono state un poster di 007 e uno di Che Guevara. Vi potrà sembrare un controsenso, ma non lo è: dopotutto Ian Fleming e il suo personaggio di James Bond erano ambedue simpatizzanti della rivoluzione cubana, come l'autore scrisse in modo esplicito e inequivocabile nel suo racconto Quantum of Solace. Nella mia vita sono stato più volte traduttore di libri di James Bond (a fine mese devo consegnare, anzi, una nuova traduzione di un romanzo di 007) ma fino a ieri non ero mai stato un traduttore di Che Guevara.
Così, dicevo, ieri mi sono messo a lavorare sul Che con davanti la sua effigie, prima volta che traduco un libro sotto gli occhi dell'autore, che però rivolge il suo sguardo da guerrillero heroico a un avvenire socialista, senza far caso alla mia presenza. E stamattina, ripreso il lavoro alle sette (in questo mestiere con contano le domeniche, le feste o le vacanze) mi sono reso conto di un'altra curiosa coincidenza. Oggi è il compleanno di Che Guevara. nato il 14 giugno del 1928. Il "giorno di San Guevara", come lo chiamò lui scherzosamente nelle sue Notas de viaje. Che per me è davvero il giorno di San Guevara, dato che un lavoro in più, di questi tempi, è sempre una benedizione.
Sarà un segno?
Proprio in questo periodo, per un progetto a cui mi sto dedicando nel mondo dell'editoria indipendente (in opposizione alla sempre più soffocante presenza del marketing dei libri fatto da gente che temo non sappia cosa sono né i libri né il marketing), ho rispolverato la definizione con cui un decennio fa ho fondato una casa editrice di belle speranze che alla fine è stata demolita, guarda caso, dal suo stesso ufficio marketing. La definizione era "editoria di guerriglia". E non so se alla fine della strada ci sia la victoria, ma quella rimane la direzione da tenere, siempre.
E adesso mi accendo un sigaro e mi rimetto a tradurre. Perché l'altro messaggio del Che, come sottolineava anni fa un grande scrittore e biografo di Guevara, Paco Ignacio Taibo II, indicando il sigaro fumato dal Comandante che campeggiava sulla sua T-shirt, è: "¡Fumar, sí!"

2 comentarios:

  1. La prima volta che ho sentito parlare del CHE è stato al cinema del mio paese guardando un film dal titolo CUBA, era il 1968, avevo da poco compiuto 14 anni. Molto tempo dopo ebbi modo di leggere due Biografie cruciali della vita del Che e devo dire che gli autori hanno saputo descrivere con passione la vita dell'uomo che più al mondo ha ispirato i giovani nel senso di Giustizia e Libertà.
    Personalmente non sono comunista ma devo dire che il pensiero e le geste di Guevara mi hanno conquistato anche se nel nostro mondo attuale è molto difficile inculcare dei valori ai giovani d'oggi.

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  2. Chissà... Ho avuto spesso la sensazione che i ragazzi abbiano sempre ottime possibilità, ma poi molti - per fortuna non tutti - finiscano per lasciarsi contaminare dall'esempio degli adulti. Il libro che sto traducendo è rivolto proprio a un pubblico di giovanissimi, Potrebbe essere un buon modo per trasmettere qualcosa, almeno a chi lo leggerà. (A. C. Cappi)

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