miércoles, 4 de enero de 2023

Vita da pulp - Dal racconto all'antologia


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Quando la volta scorsa ho parlato del racconto, ho accennato alla questione delle raccolte. Dal punto di vista editoriale, esistono due tipi di antologie: quella di "autori vari" (curate da una o più persone) e quella "personale", contenente racconti che portano un'unica firma, con una selezione fatta dall'autrice/autore oppure da un/un'editor. È noto che, specie quando riguardano autori italiani esordienti, vige lo slogan: “I libri di racconti non si vendono”, pertanto non andrebbero pubblicati. Il che è vero per i brutti libri di racconti, ma nulla esclude a priori che ne esistano di belli. Ce ne sono stati in passato, ce ne sono anche oggi. Altrimenti non sarebbero mai esistiti i Racconti del mistero di Edgar Allan Poe o I quarantanove racconti di Ernest Hemingway. Ma persino le antologie di autori vari, anche stranieri, pare non siano viste di buon occhio, a meno che non contengano un racconto di Stephen King o una prefazione di Jeffery Deaver: in quel caso l’Astuto Editore Italico scrive sulla copertina a caratteri cubitali il nome più famoso, al fine di turlupinare l’acquirente, facendogli credere che si tratti di un nuovo romanzo.
Una volta per un numero di M-Rivista del Mistero – all’epoca di fatto una serie di antologie a tema in formato libro – ci provò anche l’ufficio marketing della casa editrice che la pubblicava: avevo acquisito e tradotto una novelette inedita di Joe R. Lansdale, per uno speciale sul western tra racconti classici americani e contemporanei italiani; i furbacchioni volevano mettere in copertina solo il nome di Lansdale e far passare il volume per un suo romanzo; mi opposi con tutte le mie forze (dopotutto figuravo ancora come direttore editoriale) e lo speciale Nero West ebbe grande successo con i nomi di tutti gli autori in copertina. Beninteso, quello di Lansdale bene in vista: sono onesto, non cretino.
Certe antologie di autori vari sono vere lezioni di scrittura. Come quelle etichettate “Alfred Hitchcock presenta” pubblicate negli anni Settanta dagli Oscar Mondadori. Perlopiù si trattava di short stories dall’Alfred Hitchcock’s Mystery Magazine, con alcuni dei grandi nomi dell’epoca: alcuni mi erano già noti, altri li memorizzavo per andare alla ricerca di loro romanzi o raccolte reperibili in giro. Potrei dire lo stesso delle selezioni dell’Ellery Queen’s Mystery Magazine pubblicate come speciali stagionali da Il Giallo Mondadori o delle antologie di fantascienza di Urania.

Cominciamo proprio dall'antologia di "autori vari", da cui emergeranno alcuni aspetti validi anche per le antologie "personali". Supponiamo che tu ne sia il curatore o la curatrice, quindi abbia il compito di scegliere chi vi partecipa, contattando autrici e autori... possibilmente perché sanno il fatto loro, non solo perché appartengono alla cerchia delle tue amicizie. Nondimeno, nella maggior parte dei casi le antologie sono pubblicate da case editrici piccole o medie, che non possono permettersi di pagare i racconti e, se va bene, compensano solo chi l'ha curata con i diritti dalle vendite... sempre che se ne ricavi una somma sufficiente a fare un bonifico; quindi finisci per chiedere un racconto gratuito a persone che conosci direttamente o indirettamente e che, appunto, accettano di partecipare per amicizia. C'è chi decide di curare un'antologia perché ha avuto un'idea sul tema da seguire e dopo cerca un editore, ma io preferisco sapere prima chi intenda pubblicarla, perché la linea editoriale influirà anche sulla scelta dei testi. In qualche caso a un certo punto interviene la casa editrice, che stabilisce che l'antologia è troppo lunga e dovete tagliare i "racconti di troppo", spesso con il seguente criterio: vanno conservati i nomi che l'editore considera "famosi" e cestinati gli altri, da relegare nella non-esistenza. In quanto "celebre autore ignoto", in qualche caso sono finito anch'io tra i nomi da cestinare, tuttavia ricordo che un mio racconto - commissionato da un curatore ma poi espulso dall'editore - ha avuto una vita ben più lunga di quella dell'antologia ed è stato pubblicato almeno tre volte. Rammento del resto una redattrice che in analoghe circostanze cestinò un brillante racconto di Pinketts - già famosissimo e di richiamo - e poi, non paga, cambiò anche il titolo dell'antologia, mettendocene uno idiota e insensato; per l'antologia successiva l'illustre curatore preferì cambiare casa editrice, suppongo per non aver più a che fare con costei..
Aldilà dei singoli racconti, un aspetto importante è come si componga un’antologia, che sia personale o a più mani. Una raccolta di racconti è un libro che può essere letto in maniere diverse. Come un disco in vinile si può ascoltare sollevando la puntina e spostandola da un brano o un altro, così in un’antologia si può scegliere una storia a caso e cominciare da quella, oppure partire dall’ultima e tornare all’indietro, oppure ancora saltare qua e là senza un particolare criterio. Poiché tuttavia il modo più spontaneo è cominciare dalla prima pagina per arrivare all’ultima, l’ordine proposto dall’editor per la lettura deve rappresentare, a suo modo, una sequenza narrativa. Quindi non ci devono essere di seguito due racconti troppo simili per argomento o per ritmo o per tono, e quello conclusivo deve fare, se possibile, l’effetto della ciliegina sulla torta. L’ordine dei racconti quindi non dev’essere né casuale, tantomeno “dal più bello al più brutto” (anche perché, se io curo un’antologia, non includo racconti che ritengo brutti).
Ci sono quindi opzioni che, come editor, non mi trovano mai d’accordo. Nel caso di autori vari, seguire banalmente l’ordine alfabetico dei cognomi (oppure la posizione in classifica, quando si tratta di racconti selezionati da un concorso), rinunciando a scegliere una sistemazione intenzionale delle varie storie. Anche quando qualche autore vanitoso ritiene di avere più importanza se appare per primo nell'antologia (non è vero, e il primo racconto dev'essere quello più adeguato ad aprire il libro). Nel caso di un’antologia personale – a meno che non sia un Tutti i racconti – non sempre giudico conveniente riempirla con tutte le storie brevi a disposizione, scelte senza particolare criterio. Si pensi ad Andrea G. Pinketts, che per le sue antologie ha sempre selezionato o scritto appositamente i racconti in modo che andassero a comporre una narrazione complessiva.

Devo anche segnalare un aspetto fondamentale: quando si assemblano racconti altrui, li si sottopone a editing (beninteso, limitato solo al necessario) e, dal momento che ognuno degli "autori vari" seguirà norme grafiche diverse di punteggiatura (per esempio, nei dialoghi: virgolette alte, trattini, caporali, etc.) li si uniforma secondo un criterio comune. Ho sempre creduto che fosse ovvio, ma di recente ho sentito parlare di antologie realizzate da incompetenti, ficcando racconti a casaccio in un libro senza revisionarli né uniformarli.
Per riprendere il paragone con il vinile, una persona un tempo molto saggia paragonava l'antologia di racconti al concept album, in cui l’insieme dei singoli brani racconta una storiaIn qualche caso l’ordine è dettato dalla natura stessa dell’argomento. Di recente miei racconti sono apparsi nelle antologie di autori vari Menegang, curata da me, e Come d’Arco scocca a cura di Giancarlo Narciso, entrambe edite da Borderfiction Edizioni: la prima contiene storie noir che si svolgono a Milano dagli anni Cinquanta a oggi, la seconda racconti del mistero ambientati ad Arco di Trento dal Medio Evo alla Seconda guerra mondiale. L’ordine di apparizione è, inevitabilmente, quello cronologico, perché già in questo modo si ottiene una storia dalla somma dei racconti. Ma, quando ho curato antologie personali altrui o mie, per esempio Prove tecniche di trasgressione, ho deciso di lasciarne fuori alcuni racconti, per il semplice fatto che non si accordavano allo stile e al tono della raccolta.
Da questo punto di vista, ci sono esempi molto più importanti di me da seguire: prima della sua morte, Charles Bukowski stabilì quali suoi racconti, in quale ordine e in quali volumi sarebbero dovuti uscire come sue raccolte future, e quali invece – anche se già pubblicati singolarmente – tornare a dormire per sempre nei cassetti. Poi ci fu, puntuale il critico letterario italiano che stroncò la prima raccolta bukowskiana postuma scrivendo: “Ecco che gli eredi pur di fare soldi raschiano il fondo del barile”. Non aveva letto l’antologia, quindi neanche la prefazione, dove si spiegava come questa fosse nata... in un conciso paragrafo riportato chiaramente pure in quarta di copertina. Ma il critico non aveva letto neppure quella.

Continua...

(immagine: A. C. Cappi)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford.

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