Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi
Di tanto in tanto nel campo della narrativa vedo esordienti e non solo, di ogni tipo e di ogni età, la cui attività principale dopo la pubblicazione è incrociare le dita, auspicando che la gente compri il loro libro e ne faccia un bestseller, dopodiché Netflix ne acquisti i diritti per trasformarlo in una serie tv, risolvendo ogni loro problema economico per tutta la vita.
Purtroppo, per cominciare, non basta che un libro sia "uscito" perché automaticamente cominci a vendere e abbia successo, anche se lo meriterebbe. Pensiamo al mercato italiano: secondo statistiche di qualche tempo fa, nel nostro paese spunterebbero circa 250 titoli ogni giorno (contando anche riedizioni e ebook), ma solo il 56% della popolazione legge libri e una percentuale ancora minore ne acquista più di uno ogni dodici mesi... calcolando pure chi lo scorso Natale ha comprato Il bruciore e la lagnanza - il libro annuale a firma del noto giornalista tv, pubblicato dal megaeditore e reperibile fin nella più remota cartolibreria - per regalarlo allo zio. In tutto questo, chi nota il nostro libro? Siamo d'accordo: quando una serie narrativa viene adattata per cinema e televisione, ha maggiore visibilità e possibilità di avere successo... posto che film o serie tv siano realizzati come si deve e che qualcuno li veda. Ma, se già è difficile trovare un editore serio, se già è arduo che il libro finisca nello scaffale di una libreria e che qualcuno se ne accorga, l'impresa di farlo arrivare sullo schermo è ancora più improbabile.
Non so quante proposte arrivino ogni giorno alle case di produzione di tutto il mondo tra soggetti, sceneggiature originali e adattamenti di opere di narrativa. Ma pochissime passano alla fase successiva, ossia la compravendita dei diritti per cinema e tv. E, anche se un libro viene acquistato e convertito in uno script, non è detto che ci siano ulteriori sviluppi: dalla sua lunga esperienza a Hollywood, lo scrittore Alan D. Altieri (un cui script originale divenne il film Silent Trigger di Russel Mulcahy) ricordava che i corridoi delle majors erano lastricati di sceneggiature mai trasposte sullo schermo. Le ragioni sono molteplici, ma nella maggior parte dei casi banali: il produttore non ha le idee chiare su cosa intenda realizzare, oppure ha esaurito i soldi a causa di un recente fiasco, oppure l'ufficio marketing lo convince che il vostro progetto non coincide con i presunti gusti del pubblico.
E non capita solo a noi comuni mortali. Posso citare l'esempio di un celebre autore americano: Evan Hunter, romanziere e sceneggiatore per Alfred Hitchcock, che con lo pseudonimo Ed McBain fu anche autore della serie 87° Distretto, tuttora riferimento per chi scrive police procedural. Trent'anni fa Tom Cruise acquisì con la sua casa di produzione i diritti di un romanzo di successo firmato Hunter, per trarne un film da interpretare come protagonista. Ma la vicenda, una storia d'amore in un contesto noir, si concludeva con la morte dei protagonisti. Secondo il marketing il pubblico non avrebbe gradito il finale drammatico ("Cambiamolo!"); d'altra parte la morte di lui & lei dava alla vicenda una dimensione tragica alla Romeo e Giulietta ("Rimettiamo il finale di prima!"). Mentre continuava a far riscrivere la sceneggiatura in una direzione e in quella opposta, la casa di produzione continuò a pagare per un po' le opzioni cinematografiche all'autore, ma il film non venne mai girato.
Una decina di anni fa il mio amico Raymond Benson pubblicò una bellissima serie di romanzi intitolata Black Stiletto, di cui tradussi e feci uscire il primo volume in Italia, dove - grazie all'inefficienza della distribuzione - il libro passò ingiustamente inosservato. Non così in America, dove una compagnia ne acquisì i diritti per una serie tv, che però ancora non è stata realizzata. Se non altro, in questi casi, l'autore ci guadagna lo stesso qualche dollaro con le cosiddette opzioni, rinnovate ciclicamente. Ma immaginate quanti soldi vengano spesi ogni anno solo per non girare film o serie tv.
Se questo accade negli USA, possiamo immaginare come vadano le cose in Italia. Mi viene chiesto spesso, non solo in patria, se dai miei libri sia stato tratto qualcosa per lo schermo, piccolo o grande che sia. La mia risposta è che buona parte di quello che scrivo è troppo costoso per diventare un film o una serie tv. Da parecchi anni circolano progetti basati sulle mie serie narrative, ma finora senza esito, vuoi per l'impegno economico che alcune di esse comporterebbero, vuoi perché nessuno fa caso al numero di copie che vendo da trent'anni, vuoi perché i miei libri sono troppo diversi da quelli su cui si basa l'attuale mercato cinetelevisivo italiano. D'altra parte, se fossero uguali a tutti gli altri, nessuno li leggerebbe.
Insomma, neanche se un libro ha già avuto successo, si riescono a smuovere le case di produzione, le piattaforme tv e via dicendo. Tanto vale cominciare dal primo passo: la vendita di ciò che scriviamo, in modo che qualche editore ci permetta di continuare a farlo. Ma la verità è che, nella maggior parte dei casi, i nostri libri sono come sonde inviate nello spazio: qualcuno finirà disperso nel cosmo, qualcuno potrà essere scoperto da una civiltà intelligente. Teniamo presente che, se l'opera di un Premio Nobel dovesse approdare su un pianeta quasi disabitato, la leggeranno solo quattro alieni. Viceversa, se un libro mediocre atterra su un pianeta dalla popolazione poco evoluta, può anche essere scambiato per un testo proveniente da una divinità celestiale.
Il problema di fondo è che ogni libro dovrebbe essere indirizzato verso il mondo di sua competenza, i cui abitanti possano capirlo e apprezzarlo. In realtà in genere viene lanciato a casaccio nel vuoto cosmico e nella maggior parte dei casi scompare in un buco nero. Tocca a chi lo ha progettato e realizzato munirlo di lucine lampeggianti e segnali radio rilevabili anche a distanze siderali, perché la popolazione interessata possa organizzare una spedizione di recupero.
In sostanza, dopo avere scritto un libro, possibilmente un buon libro, non si può dare per scontato che l'intero universo se ne accorga. Come spiegavo tempo fa in una serie di post di questa rubrica (a partire da Sfuggire all'oblio) bisogna darsi da fare più che si può per far conoscere il nostro libro al nostro pubblico potenziale e sperare che possa reperirlo prima che il mercato lo faccia sparire.
Continua...
(Immagine generata mediante AI)
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.