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Di Marino e Cappi nel 2009 |
Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi
Di là dalla vetrina, tre paia di occhioni sgranati mi fissano con un'espressione che sembra voler dire: "Facci uscire!"
Spiacente, ragazzi, penso. Non sono qui per voi.
Mi trovo a Bologna, in piazza XX settembre, a mezzogiorno del 18 febbraio 2025. Poco più in là vedo il Parco della Montagnola, in cui sono state girate sequenze dei film di Diabolik dei Manetti bros, ambientate nell'immaginaria Clerville. Le circostanze ricordano però quelle dei romanzi di spionaggio che scrivo io. O che scriveva Stefano Di Marino, uno degli autori - di noir, thriller e molto altro - di cui ho raccontato di recente in un articolo su Il Post che ha destato un certo interesse.
Gli occhioni sgranati appartengono a tre unicorni di pelouche nella vetrina di un negozio sull'angolo della piazza. Ignoro cinicamente il loro sguardo supplichevole e mi accendo un mozzicone di toscano, mentre attendo l'avvocato con cui ho appuntamento. Non l'ho mai incontrato di persona e gli ho mandato un mio selfie scattato mezz'ora fa, appena sceso dal treno, perché mi possa riconoscere.
Suona il cellulare. L'uomo mi dà istruzioni per raggiungerlo: ha parcheggiato poco più avanti su quel lato della piazza, davanti alla libreria. Avanzo sul marciapiede e vedo qualcuno fare cenni dall'interno di una Mercedes. Attraverso la strada, mentre ripongo il toscano in un tubo di alluminio: quello che chiamo "il preservativo", dettaglio ripreso anche da Stefano, che lo citò nel suo thriller Il bacio della mantide.
L'uomo scende dall'auto e mi guarda. "Assomiglia a Stefano!" osserva, sorpreso.
"Spesso ci scambiavano l'uno per l'altro", ammetto. Forse più per quello che scrivevamo che per l'aspetto fisico, ma un noto editore, anni fa, non sapeva mai chi dei due fosse chi.
L'avvocato - mio coetaneo, capelli, baffi e barba bianca - apre il bagagliaio e ne tira fuori una borsa. Un'auto della polizia ci gira intorno: siamo vicini alla stazione, tradizionalmente un luogo di scambi loschi.
Richiuso il bagagliaio, l'uomo ci appoggia sopra la borsa, traboccante, di cui vedo il contenuto: tre computer (di cui due probabilmente non più funzionanti), un hard disk esterno, quasi trenta chiavette USB, una matassa di cavi di alimentazione da cui penzola un mouse. Traferisco cavi, hard disk e chiavette nel mio zaino, firmo una ricevuta, stringo la mano all'avvocato. Prendo zaino e borsa, mi sposto davanti alla libreria. Estraggo il mozzicone dal "preservativo" e lo riaccendo.
La polizia continua a girare intorno, ma non interviene. Da quando porto gli occhiali ho smesso di avere un'aria sospetta, mentre anni prima, tutte le volte che rientravo in Italia in aereo, il mio bagaglio veniva esaminato da cima a fondo e dovevo mostrare uno a uno i libri comprati in Spagna.
La consegna appena effettuata, in ogni caso, è assolutamente legittima. L'avvocato è uno dei tre procuratori degli eredi di Stefano Di Marino che si sono occupati della successione. Ciò che ho ritirato è il materiale informatico che si trovava a casa di Stefano dopo il suo suicidio, nell'agosto 2021, e che da allora è stato custodito in uno studio legale di Bologna. L'ho acquistato insieme ai diritti di tutte le sue "opere dell'ingegno" (narrativa, articoli, persino fotografie), dei quali sono ufficialmente titolare dallo scorso 11 febbraio 2025. Sono arrivato alla fine di un lungo e tormentato percorso durato tre anni e mezzo.
Ho scritto nel già citato articolo su Il Post quali ritengo siano state le motivazioni del gesto estremo di Stefano Di Marino. Trattandosi di uno scrittore noto soprattutto per i suoi romanzi di spionaggio, in quei giorni nacquero persino "ipotesi di complotto", nel suo caso immotivate: le sue spy story, per questo ispirate a situazioni reali del nostro tempo, erano fondamentalmente di fantasia, a differenza delle mie, in cui alludo chiaramente alla serie di intrighi che da un decennio sta determinando il corso della politica mondiale (e trovo curioso ma non sorprendente che oggi - al di fuori della storica collana specializzata Segretissimo di Mondadori - agli editori faccia quasi paura l'idea di pubblicare romanzi di spionaggio, proprio quando la loro funzione informativa sarebbe fondamentale per il pubblico; in ogni caso sappiate che, se dovesse succedere qualcosa a me, non si tratterebbe di suicidio).
Sono certo che, prima di dare l'addio al mondo, Stefano abbia lasciato bene in vista il mio nome e il mio numero di telefono, dal momento che fui chiamato io come persona di riferimento per il riconoscimento della salma. Poiché mi trovavo in Spagna da settimane, la triste incombenza toccò alla mia fidanzata, rimasta a Milano per lavoro. Fui io tuttavia a dare telefonicamente alla polizia il contatto con una cugina, l'unica persona che conoscessi tra i parenti... e una dei pochi fra questi a conoscere veramente Stefano che, mi riferisce lei stessa, parlava di me "come di un fratello".
Non essendoci eredi diretti, la successione è stata complessa e ha riguardato soprattutto l'appartamento del defunto e quello che avrebbe ereditato di lì a poco dai genitori (il padre già deceduto e la madre ormai in fin di vita): ho già raccontato in questa rubrica come un gruppo di suoi amici volonterosi abbia provveduto a portare in salvo il materiale conservato da Stefano in casa sua (parecchie centinaia di scatoloni tra libri, dvd e reliquie dei suoi viaggi) nell'estate del 2023. Ma, quando i diritti di un autore sono divisi tra una dozzina di persone, diventa davvero difficile pubblicarne i libri.
Ora però il titolare dei diritti di Stefano sono io, il che mi consentirà di gestirli più agevolmente. Li ho acquisiti a un costo molto elevato per me, di certo inferiore alla loro importanza per il pubblico che lo ama e gli rimane fedele, ma nettamente superiore al loro attuale valore commerciale. Stiamo parlando, dopotutto, del più grande "celebre scrittore ignoto" d'Italia. Con un po' di fortuna, mi ci vorranno anni per rientrare della spesa. Non ho fatto tutto questo a scopo di lucro, bensì per rendere giustizia a un autore che non è stato sufficientemente riconosciuto in vita. So del resto, perché in tempi non sospetti lo disse ad alcuni amici, che avrebbe voluto che fosse fatto per lui ciò che viene fatto da qualche anno per un altro mio "fratello" scomparso, Andrea G. Pinketts. Ma, nel caso di quest'ultimo, c'era un'erede precisa: la madre, che ha dato vita all'Associazione Culturale intitolata allo scrittore, in cui sono parte attiva. Tra parentesi, potrebbero esserci novità interessanti che riguardano anche Pinketts e che sono emerse proprio nelle ultime settimane. Questo strano periodo della mia vita somiglia al season finale di una complicata serie tv.
Per Stefano ho dovuto condurre una battaglia lunga e paziente, che in certi momenti ho temuto fosse perduta. Ma sono stato sostenuto a spada tratta da quella sua cugina, sicura che lui avrebbe voluto che fossi io a occuparmi dei suoi libri. Per fortuna, una volta tanto nella mia vita, il season finale è stato un happy ending. Ora dovrò vedere come si svolgerà la prossima "stagione", che avrà inizio appena comincerò a esaminare il materiale ritirato a Bologna. Ma intanto presto torneranno disponibili numerosi ebook di Stefano Di Marino, rimasti in sospeso negli ultimi anni per l'impossibilità di rinnovarne i contratti; è in preparazione un'antologia-tributo cui partecipano scrittori e scrittrici di spionaggio made in Italy e che conterrà anche la riedizione di un suo racconto e di vari suoi scritti di saggistica; e, naturalmente, Segretissimo si appresta alla ripresa definitiva della sotto-collana Il Professionista Story, che potrà così celebrare nel 2025 il trentennale della serie Il Professionista firmata Stephen Gunn.
Gli unicorni in vetrina a Bologna dovranno pazientare in attesa del loro turno: prima o poi sarà qualcun altro a liberarli dalla prigionia. Ma intanto Stefano Di Marino sta tornando per restare. Da anni i suoi libri mi chiedono "Facci uscire!" Ed è al loro richiamo che devo obbedire.
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Unicorni in vetrina. Foto: A. C. Cappi |
Continua...
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una settantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. Presiede la giuria del Premio Torre Crawford ed è membro di IAMTW e World SF Italia.
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