Intervista di Fabio Viganò
Ci sono interviste che non hanno tempo né età. Sono e rimangono veri e propri insegnamenti o, se preferite, suggerimenti. Questa ne è un esempio. Racconta di vita vissuta e di come sarebbe opportuno vivere. Suggerimenti sulla base di ricordi e di esperienze sempre vivide e vibranti di passione. Ma questo è soltanto il parere di un umile peccatore.
Quando incontrai
Skármeta temevo non mi concedesse l’intervista. Confesso che
fu con un certo timore reverenziale che gli chiesi di rilasciarmela.
A volte i sogni diventano realtà: ha dell’incredibile, ma ci
sono riuscito.
«Bueno», dico ad alta voce
mentre mi siedo al suo fianco per parlare di letteratura e cercare di
imparare. Ed è subito dialogo, dialogo di sintonia. «Parliamo
della poesia…»
«La poesia» risponde lui, «è
una delle attività umane più importanti, capace di
generare fantasie differenti da quelle che ci propina la mediocrità.
La fantasia spinge l’uomo a crescere, immaginare nuovi mondi e
proporsi eticamente di raggiungerli. La fantasia poetica arricchisce
l’essere umano e quindi la colloco al primo posto tra i valori
essenziali della mia vita.»
«Il suo ricordo di Pablo
Neruda?»
«Pablo Neruda era un uomo dalle tante
sfaccettature e il suo modo di porsi variava a seconda della persona
con cui si trovava. Se Neruda s’accorgeva che l’interlocutore era
pedante, cercava di scansarlo. Ma, se riusciva a instaurare un
rapporto umano, era affabile e molto affettuoso. Gli interessava
l’aspetto semplice delle persone e svolgeva il proprio lavoro come
un falegname, come una tessitrice, come il pescatore che rassetta le
proprie reti. Suo padre era stato macchinista di treni e quindi era
di umili origini. Origini che mai rinnegò, al punto da
cantarle nelle sue liriche. Per questo è stato un poeta
molto amato dal popolo.»
«Possiamo ritenere questo il
motivo per cui venne definito poeta del popolo?»
«È
uno dei motivi, ma non è l’unico. Ciò che ha fatto
Neruda è stato inserirsi nella poesia utilizzando un
linguaggio immediato, tanto da dare l’impressione che chiunque
potesse scrivere poesie. Questo perché la poesia è un
modo per osservare il mondo, sentirlo e parlarne. Non mi riferisco a testi complessi come Residenza sulla terra, ma per esempio alle Odi elementari o alle Venti poesie d’amore e una
canzone disperata. Sono testi che poco a poco cominciarono a
circolare tra la gente. Neruda cantò tutto ciò che era
vicino alla gente. Fu poeta di cose concrete e di sentimenti
profondi. Quando Neruda scrive dell’aria, del vento, dice:
Andavo
per un sentiero e incontrai l’aria
la salutai e le dissi con
rispetto:
‘Ciao compagna
aria, corolla o uccello,
non so
chi tu sia
però, non ti
vendere’.
In questo caso è molto azzeccato il
gioco del parlare a un elemento della natura. Tutto ciò che ci
circonda, tutto ciò che respiriamo, viene trattato come un re,
come un compagno. Non importa chi sia. L’importante è il
messaggio politico: Non venderti! Neruda è stato un
grande poeta.»
«Lei è
autore di Ardiente paciencia, trasposto nel film Il
Postino. Soddisfatto dell’opera cinematografica?»
«La
trasposizione cinematografica è stata brillante, meravigliosa,
interpretata da Massimo Troisi che a mio avviso ha recitato il
miglior ruolo di tutta la sua carriera, diretto magistralmente da
Michael Radford. Il loro binomio ha funzionato molto bene, in quanto
Troisi possedeva una forte espressività commediante
napoletana, mentre Radford, inglese, aveva tatto, misura e controllo.
Il connubio di entrambi permea l’opera di humor, ma anche di
profonda poesia.»
«Qual è secondo lei il
rapporto tra cultura e politica?»
«Il nesso tra
cultura e politica è tremendamente importante e mi rincresce
che non tutti i politici la pensino in questo modo. Chi andrà
in Germania come ambasciatore del mio Paese porterà la cultura
cilena e rappresenterà il Cile così com’è
adesso, un Paese democratico, un Paese che ha riconquistato la
propria libertà, un Paese che sembra essere molto piccolo ma
che ha avuto e ha artisti di fama mondiale come Claudio Errau,
Gabriela Mistral, Pablo Neruda e il pittore Roberto Sebastián
Matta.»
«La letteratura e la poesia possono essere
pericolose?»
«Non direi. Lo possono essere, in quanto
nulla di ciò che ha a che fare con la poesia può avere
aspetto negativo ma dipende dalle situazioni in cui essa si sviluppa.
Perché la poesia sveglia la gente dal letargo e la incita a
pensare, le insegna a notare la differenza. Quando tutto è
monotono, scontato, abitudinario, la poesia – infiltrandosi –
crea la scintilla che diverrà fiamma. Non la definirei
pericolosa, bensì attività stimolante.»
«Quale
ritiene essere il suo miglior libro?»
«Le nozze del
poeta, pubblicato da Garzanti e al quale ha fatto seguito La
bambina e il trombone. Manca la terza opera, ambientata a New
York, che non ho ancora terminato. Però considero Le nozze
del poeta il libro più completo. Ha radici in Europa e
parla della vita in Cile. È storia di immigrati, storia di
forti passioni.»
«Luis Sepúlveda auspica una
riforma della Costituzione cilena vigente. Lei cosa ne
pensa?»
«Questo è il problema principale che il
Cile ha tuttora. La Costituzione vigente in Cile è quella di
Pinochet, così come lui stesso la fece. È una
Costituzione autoritaria che assicura alla minoranza del Paese la
stessa forza della maggioranza. La maggioranza del Paese è di
centrosinistra, una maggioranza democratica. La Costituzione limita
molte libertà e la forza reale che il progressismo esprime.
Quindi è molto importante riformare questa Costituzione. È
da diversi anni che i partiti di governo cercano un accordo con le
forze più progressiste dell’opposizione per ottenere le
riforme che sinora non si sono attuate.»
«Contento di
essere in Italia?»
«È un sogno qui! Il Lago
Maggiore dà l’impressione di vivere in un film. Tutto è
così elegante, così armonioso… La cordialità
della gente è semplicemente meravigliosa. Sono luoghi
indimenticabili!»
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