Sproloquio di Andrea Carlo Cappi
In
questi giorni sono inciampato più volte in Satana. No, non mi
fraintendete: non sono un tifoso del Diavolo, nemmeno in senso
calcistico. Ma ogni tanto mi occupo di true crime,
ovvero sono uno scrittore che ricostruisce – anche – veri casi di
omicidio e a volte è chiamato a parlarne in televisione,
soprattutto sul canale di proprietà della stessa famiglia che
controlla una delle principali case editrici italiane (per cui
pubblico abitualmente) e la squadra di calcio in questione.
Nell’ultimo mese però
un lavoro per tutt’altro editore mi ha portato a occuparmi di varie
vicende delittuose in cui il nome del Maligno ha fatto più
volte la sua comparsa. La prima zaffata di zolfo è arrivata in
una storia troppo lunga perché ve la racconti stanotte.
Magari un’altra volta.
Un’altra zaffata si avverte in
una storia che mi narrò in prima persona l’amico Andrea
G. Pinketts, noto scrittore all’epoca non ancora troppo famoso
come personaggio televisivo e quindi ancora molto attivo come giornalista-infiltrato. Una vicenda che i processi hanno dimostrato non avere
nulla di criminale, a parte forse qualche scontrino fiscale non
rilasciato e – a mio modesto parere – un possibile e in tal caso
non trascurabile caso di corruzione di minorenne, che però
sarebbe un fatto individuale e non riguarda l’associazione in sé.
Mi riferisco ai Bambini di Satana, società bolognese
legalmente riconosciuta.
Un giorno di svariati anni fa
vidi comparire Pinketts alla Libreria del Giallo con i capelli tinti
di azzurro. Immagine davvero inquietante, sappiatelo. Mi rivelò
che doveva interpretare la parte di un cantante di rock satanico al
fine di entrare nella setta e scrivere un articolo per Panorama.
Missione compiuta: l’articolo uscì, con tanto di servizio
fotografico. Ma quando poi Pinketts fu chiamato a testimoniare al
processo contro di loro, si trovò di fatto a difendere gli
imputati: dalla sua indagine non aveva alcun indizio che fossero colpevoli dei
gravissimi reati che gli si attribuivano, in particolare di atti di
pedofilia. In base alla sua esperienza da infiltrato, il loro non era
altro che uno show satanico senza particolari conseguenze (o, dal
loro punto di vista, un’attività culturale).
Forse una
conferma di tutto ciò è il fatto che il gruppo abbia
scacciato poco dopo la loro iscrizione tre adepti sgraditi – una
donna con il marito e l’amante – che sarebbero stati protagonisti
anni dopo di altre storiacce: lei denuncia l’amante, con cui ha
fondato un’altra setta satanica, poi viene decapitata dal marito
nei dintorni di Roma.
Non meno inquietante è la
vicenda delle Bestie di Satana. Qui si parla di delitti veri e di
istigazione al suicidio. Sarebbe ancora da chiarire quante vittime
dirette e indirette abbiano a loro carico questi ragazzi della
provincia di Varese che bazzicavano gli ambienti del rock satanico.
Un paio di anni fa ho conosciuto un musicista che pratica il genere e
che mi ha raccontato che costoro – in tempi non sospetti – erano
vagamente conosciuti nell’ambiente (a livello individuale, non come
setta) e giudicati come imbecilli. Gli stessi magistrati hanno
sentenziato che il satanismo di costoro era più che altro un
pretesto per essere violenti, dunque una scelta che avrebbero fatto
anche se fossero stati tifosi di una squadra di calcio o di una
qualsiasi ideologia politica. Più che Sympathy for the
Devil, per citare i Rolling Stones, trattasi di encefaloramma
piatto.
Va specificato che seguire il
rock satanico, una forma particolarmente estrema di musica metal,
non significa né evocare e sguinzagliare il demonio sulla
Terra, né tributargli sacrifici umani. E noi in Italia, prima
di chiunque altro al mondo, dovremmo saperlo.
Perché uno dei nostri più
grandi poeti, Premio Nobel nel 1906, vale a dire Giosuè
Carducci, a trent’anni scrisse e pubblicò l’inno A
Satana. La sua era, ovviamente, una provocazione destinata a
combattere l’ideologia cattolico-clericale dell’epoca (ma non
solo di quell’epoca). Insomma, una rivalutazione di tutto ciò
che era attribuito al diavolo – dalla vitalità, ancorché
peccaminosa, alla scienza e al progresso – che faceva dell’autore,
oltre che un mangiapreti, un antidemocristiano ante litteram. Un Dario Fo dei suoi tempi, per citare un altro nostro Premio Nobel nazionale.
E mentre stavo per finire il lavoro e uscire da
questi sentieri demoniaci... che cosa succede? Il Primo Maggio un
branco di black bloc dà fuoco per "protesta"
a una via di Milano, la mia città, poco lontano da dove vivo:
automobili, negozi, una banca e le case soprastanti. Per loro è
irrilevante che nelle case abitino persone e che potrebbe scapparci
il morto, cosa che per fortuna non è accaduta. Ma la via che
mettono a ferro e fuoco a colpi di molotov è via Carducci. La strada intitolata a
un contestatore che, intellettualmente, è stato molto più
estremo di tutti loro, ma che io sappia non ha mai messo a
repentaglio la vita di nessuno.
Come ho detto, io non sono per
niente un tifoso del Diavolo. E uno dei miei personaggi, eroe della
mia serie di fantascienza di cui guarda caso è appena uscito
un nuovo episodio nell’antologia AltriSogni Vol.1 (edita in digitale da dbooks.it), è il prete-peccatore padre Antonio Stanislawsky,
il cui nome di battesimo richiama il canto tradizionale che parla di Sant’Antonio,
lu nimice de lu Dimonio. Sospetto semmai che Satana, nella realtà
o nella metafora, si nasconda soprattutto dietro l’ignoranza.
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