domingo, 26 de noviembre de 2023

Aldo Lado, ultimo ciak

 
Aldo Lado in una foto di A. C. Cappi

Ricordi sparsi di Andrea Carlo Cappi

Pregustavo l'ormai tradizionale telefonata per il suo compleanno - sarebbe stato l'ottantanovesimo - il 5 dicembre, dopo che non ci sentivamo dalla scorsa estate, ma purtroppo non ce n'è stato il tempo. Ho conosciuto il grande regista (oltre che sceneggiatore e produttore) Aldo Lado nel 2014 a un incontro da Bloodbuster nel periodo in cui ancora abitava a Milano; ci siamo poi rivisti in varie occasioni, una delle quali ancora da Bloodbuster per la presentazione del suo I film che non vedrete mai, raccolta commentata di suoi progetti cinematografici che non avevano mai visto la luce.
Riconoscibile dal cappello "vissuto" sempre in testa e dall'immancabile sigaretta, negli ultimi anni è divenuto attivissimo come scrittore. Stretta subito un' amicizia, condivisa con Andrea G. Pinketts e Stefano Di Marino, leggevamo ognuno i libri dell'altro: lui si è appassionato ai romanzi di Toni Black, io sono rimasto molto colpito dal thriller Il mastino, firmato con il vecchio pseudonimo George B. Lewis, il cui protagonista è un suo tenace alter ego. Nel 2018 ho organizzato altri suoi incontri con il pubblico, per Ribs and Books a Milano e Wine and Words ad Andora, portandolo poi come ospite nel 2021 al Festival Torre Crawford di San Nicola Arcella, dove oltre a conquistare come sempre tutti i presenti con la sua verve e gli aneddoti di una vita di cinema, rivelò i retroscena personali riguardanti la genesi de L'uccello dalle piume di cristallo,
Del resto Aldo Lado è, se non il padre, una delle figure più importanti della stagione cinematografica nota nel mondo come Italian Giallo e in quanto tale uno dei registi prediletti da Quentin Tarantino. I suoi La corta notte delle bambole di vetro e Chi l'ha vista morire? sono due titoli fondamentali nel filone; spesso vi viene fatto rientrare anche L'ultimo treno della notte, altre volte assimilato al sottogenere rape and revenge o al tema anni Settanta dei "giustizieri", mentre io l'ho sempre visto come un film fortemente politico... e in questo Aldo era solito dire che sono "l'unico che lo abbia capito".
Ma stiamo parlando anche dell'autore che ha esordito come aiuto regista de Il conformista di Bertolucci, per poi dirigere La disubbidienza (tratto, come il precedente, da Moravia) o La cosa buffa (dal romanzo omonimo di Giuseppe Berto), affrontando il drammone di Sepolta viva e prendendo da un altro regista le redini del film di fantascienza L'umanoide. Lungo il suo percorso è stato spesso accompagnato dalle musiche di Ennio Morricone, 
Anche se ricordato soprattutto per i suoi thriller, Aldo non si è voluto limitare a un unico genere, un po' per rifiuto delle etichette, un po' per non annoiarsi a fare sempre la stessa cosa. Va detto che, in Italia, se non tra i cultori e gli studiosi degli anni Settanta, forse non è neppure ricordato abbastanza, nonostante la fama mondiale, da cui l'intervista apparsa nella Repubblica Ceca (e in Italia da Edizioni Il Foglio) in un libro del critico Jan Švábenický o la trionfale accoglienza a Parigi per la presentazione di Conversation avec Aldo Lado di Laure Charcossey.
Dopo la sua partecipazione al Festival Torre Crawford, lo staff degli organizzatori voleva organizzare una serie di videointerviste con il maestro per tesaurizzare il suo bagaglio di esperienze, ma la mancanza di tempo e i suoi problemi di salute - seguiti con attenzione anche da uno dei suoi nuovi amici del festival - non lo hanno consentito. Rimangono però vari filmati, tra cui quelli basati sull'incontro a Wine and Words da cui ho ricavato cinque minidocumentari artigianali da tre-quattro minuti ciascuno, in cui Aldo racconta se stesso. E c'è naturalmente l'eredità dei suoi libri e dei suoi film, anche se non tutti facilmente reperibili, per continuare a imparare da un maestro che, per citare la frase di ieri di Mario Gazzola, ora "ha preso l'ultimo treno della notte".

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