jueves, 20 de junio de 2024

Vita da pulp - A volte si scordano...


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

A volte, correndo sempre dietro a nuovi progetti, mi scordo di quanti ne ho realizzati nei decenni precedenti. Ogni tanto cito qualcuna delle mie "imprese" su queste pagine, più che altro per non dimenticarmene io stesso. A una di queste, oggettivamente tra le più clamorose, ho dedicato un post in occasione del ventennale, alcuni mesi fa. Sono piccole medaglie che forse vedo solo io.
Un paio di giorni fa i "Ricordi" di Facebook - di cui parlavo in un post recente - hanno fatto riaffiorare un mio breve racconto umoristico, scritto al volo nel 2008 per animare con una lettura a due voci un evento a Napoli: l'ho riletto come se fosse stato scritto da un'altra persona (e, confesso, ho pure riso a un paio di mie battute che non mi aspettavo). Ma, sempre in questi giorni, mi sono accorto di avere scordato un progetto di cui sono stato il principale artefice e di cui ho riscoperto l'importanza durante una ricerca bibliografica. L'oblio collettivo dominante è arrivato a contagiare pure me. Ma ecco com'è nata questa particolare reminiscenza...
Da qualche tempo è in atto una bella iniziativa della casa editrice Astorina in collaborazione con Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport: la collana Anastatika che, ripartita dal numero 1, ripropone settimanalmente e cronologicamente in edicola un albo a fumetti di Diabolik, accompagnato da un fascicolo con dettagli, retroscena e persino poster della copertina. La collezione ha avuto grande successo ed è stata da poco prolungata con altre uscite, sicché il direttore di Diabolik Mario Gomboli me ne ha passato di recente l'incarico, dopo aver scritto lui stesso gli articoli per oltre 180 uscite. Lui recupera tempo da dedicare alle sceneggiature, io guadagno un'occasione in più di collaborare con la sempre gentile, capace e competente redazione di Astorina.

Ebbene, in un pezzo relativo a un albo di Diabolik del 1971, Colpo all'ippodromo, ho fatto riferimento al romanzo di Lionel White Rapina a mano armata e al celebre film che ne fu tratto da Stanley Kubrick, su sceneggiatura di questi e Jim Thompson. Mi è venuta la curiosità di sbirciare su Internet le edizioni italiane del libro e mi sono reso conto che l'ultima l'ho curata io, giusto vent'anni fa, per una collana di Sonzogno Editore.
Alla fine degli anni '90 avevo cominciato a collaborare con la suddetta casa editrice del gruppo RCS come traduttore da spagnolo e inglese, consulente per la narrativa thriller e dintorni, e occasionalmente autore. Fu nell'autunno del 2002, mentre stavo presentando con Mario Gomboli la prima edizione del mio romanzo Diabolik - La lunga notte, pubblicato da Sonzogno in occasione del quarantennale della serie a fumetti, che ci venne un'idea.
Gomboli e io condividiamo la passione per i libri di Donald E. Westlake alias Richard Stark, il quale dopo il successo del film Payback con Mel Gibson (tratto dal suo Anonima carogne e remake di Senza un attimo di tregua con Lee Marvin) aveva da poco ripreso a scrivere romanzi su Parker, personaggio fondamentale nel filone "colpi e rapine" (in lingua inglese, caper). Pensammo di suggerire a Sonzogno una collana che proponesse i romanzi inediti di Stark insieme a vari classici del caper, il sottogenere a cui appartengono anche i fumetti di Diabolik. Nacque così la collana Diabolik presenta i Bestseller del Crimine, che fui incaricato di curare e che arrivò in libreria nel 2003. Ogni volume era accompagnato da una prefazione d'autore: Mario Gomboli ne scrisse una per Stark, ma raccolsi anche introduzioni di Andrea G. Pinketts, Raymond Benson, Alan D. Altieri, Petros Markaris, Stefano Di Marino e, se non erro, lo stesso Donald E. Westlake.

Io tradussi i nuovi romanzi di Stark: dal secondo di questi, Flashfire, sarebbe stato tratto poco tempo dopo Parker, con Jason Statham e Jennifer Lopez, segno che la mia collana era al passo con i tempi. Molti titoli, del resto, non erano solo classici del noir letterario, ma anche capisaldi della storia del cinema. Ripubblicai, in traduzioni rivedute e corrette interamente da me (tenendo a portata di mano una guida di Parigi dell'epoca), Rififi di Le Breton e Grisbi di Simonin nel cinquantesimo anniversario della loro uscita. Oltre al già citato Rapina a mano armata di White, riapparvero Rapina record a New York di Sanders (ispiratore dell'omonimo film di Sidney Lumet con Sean Connery, già pubblicato in Italia come La polizia vi ascolta), Nulla è eterno di Thorpe (l'origine della serie di film Die Hard) e Il colpo della metropolitana di Godey, già noto per una versione cinematografica con Walter Matthau e nel 2009 di nuovo sullo schermo con Denzel Washington e John Travolta. Tra parentesi, il romanzo fu tradotto dallo scrittore Giancarlo Narciso, che oltre a conoscere bene la New York del periodo di ambientazione, per documentarsi sugli aspetti tecnici si rivolse direttamente alla Metropolitana Milanese, viaggiando sui treni con i manovratori; all'uscita del nuovo film, il gruppo editoriale RCS ripubblicò il romanzo e - non sapendo di averlo mandato da poco in libreria con una traduzione perfetta di cui deteneva i diritti per vent'anni, quindi non gli costava nulla riutilizzarla - lo fece ritradurre ex novo, aumentando inutilmente i costi. Sì, è così che "funziona" l'editoria.
Sorsero subito problemi: dopo Rififi gli eredi di Auguste Le Breton pensarono di potersi ri-arricchire e chiesero cifre esagerate e insostenibili per i libri successivi, quindi non potemmo acquisirne i diritti (e loro non guadagnarono un centesimo). Nondimeno avevo parecchi altri titoli in programma, ma purtroppo non ero capitato in un buon momento per la casa editrice: di lì a poco Sonzogno dovette passare le proprie competenze in fatto di giallo, noir e thriller al marchio principale dello stesso gruppo editoriale, cioè Rizzoli, quindi la collana fu chiusa nel 2004 e anche la mia collaborazione come traduttore ebbe termine non molto più tardi. Avrei pubblicato altrove i rimanenti inediti di Richard Stark, con il quale nel frattempo avevo fatto amicizia; allo stesso modo, sarebbero usciti da un altro editore i miei successivi romanzi del ciclo di Diabolik & Eva Kant; mentre come traduttore sarei stato subito arruolato dal gruppo GEMS (Longanesi, Salani, etc.), per lavorare su Janet Evanovich. Clive Cussler, James Patterson e altri.
Ma, per un paio d'anni, ero riuscito a riportare alla luce alcuni testi fondamentali della narrativa noir, che ancora oggi si possono ripescare qua e là, quantomeno nelle librerie online. Un'altra piccola medaglia della mia collezione, che io stesso avevo dimenticato di lucidare.

Continua...

(in apertura: poster originale del film Rapina a mano armata)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

viernes, 14 de junio de 2024

Vita da pulp - I segreti del Grande Sceneggiatore


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

"Rammenta che qui tu non sei altro che l'attore di un dramma, che sarà breve o lungo secondo il volere del drammaturgo. E se a costui piace che tu rappresenti la parte di un mendico, vedi di interpretarlo come si deve. Lo stesso se ti è assegnato il ruolo di uno zoppo, di un magistrato, di un uomo comune. Poiché a te spetta solo di interpretare bene il personaggio che ti è destinato. Scegliere quale è il privilegio di un altro."
Epitteto, Manuale, I sec. d.C.

Questa citazione mi capitò non so come sotto gli occhi una quindicina di anni fa, mentre scrivevo un racconto di padre Stanislawsky (il mio ciclo di storie sparse di fantascienza) intitolato Il Grande Sceneggiatore. Guarda caso, me la ritrovo sotto il naso in questi giorni, intanto che lavoro a un altro tassello dell'avventurosa biografia del mio prete-peccatore del futuro, che si chiamerà La mossa del vescovo e uscirà in settembre come "racconto ospite" in Mea culpa, l'antologia del Premio Torre Ctawford 2024. Il Grande Sceneggiatore, scritto nel 2009 e pubblicato nel giugno 2010 nella raccolta giallo-fantascientifica mondadoriana Sul filo del rasoio a cura di Gianfranco De Turris, tirava le somme in merito a una questione su cui riflettevo da almeno vent'anni.
Anche se nel 1989 non ero ancora ufficialmente qualificato come "autore", fin dall'infanzia inventavo storie e dalle elementari cercavo di scriverle: conseguenza del fatto che sono sempre stato un avido consumatore di narrazioni sotto forma di libri, fumetti, cinema, radio e televisione. Come dico spesso, nel momento in cui si scopre che dietro a tutte quelle storie c'è chi le scrive, può venire la tentazione di passare dall'altra parte e cominciare a crearne di proprie. Ogni racconto o romanzo è lo sguardo su una piccola porzione di un universo più vasto: non a caso si parla di "universo" quando una o più persone lavorano a una saga fatta di molte storie con molti personaggi.
A differenza della vita reale in cui, come dice Epitteto, non siamo noi a decidere i nostri ruoli, nell'universo della storia che scriviamo possiamo "interpretarne" parecchi, perché tutti i personaggi - protagonisti, antagonisti, comprimari e comparse - sono in fondo nostre proiezioni, a nostra immagine e somiglianza. E non solo: possiamo decidere noi le regole di quell'universo, che a nostra discrezione sarà più o meno simile a quello in cui abitiamo. Siamo padroni della vita e della morte dei nostri personaggi, anche se, frequentandoli a sufficienza, potremmo notare che la coerenza dei loro caratteri impedisce loro di compiere certe azioni; potremmo persino scoprire, come insegna Pirandello in Sei personaggi in cerca d'autore, che dispongono di libero arbitrio e vogliono imporre la propria visione del mondo a chi li ha messi in scena. A volte nemmeno il loro creatore può obbligarli a fare qualcosa che si rifiutano di fare... compreso sparire nel nulla dopo la parola fine.

Nelle mie lezioni di scrittura creativa, comincio quasi sempre disegnando sulla lavagna la classica figura con l'occhio nel triangolo, come per dire che chi scrive una storia ne è il Creatore, il Motore Immobile, insomma Dio. Ma questa presa di coscienza ci riporta al nostro ruolo nella vita reale, che Epitteto paragona a un dramma, come del resto fa William Shakespeare nel 1600 in Come vi piace: "Tutto il mondo è un palcoscenico e tutti gli uomini e donne ne sono solo interpreti". Francis Marion Crawford entra ancor più nei dettagli in A cigarette-maker romance (1894).
"Veniamo al mondo e, prima ancora di sapere dove siamo, ci troviamo su una delle strade da percorrere nelle nostre poche dozzine d’anni tra la nascita e la morte. Oltretutto, il sentiero di ciascuno da un lato sale sul palcoscenico, dall’altro ne discende. Il Fato, impresario inesorabile, esige che ognuno arrivi in fondo alla propria commedia o tragedia, se giudicato degno del ruolo da protagonista; o alla sua scena o al suo atto nella pièce di un altro, se adatto solo come caratterista nella parte del gentiluomo o del servo sciocco, o come figurante addestrato meccanicamente, che appare di volta in volta quale soldato, marinaio, cortigiano, contadino, cospiratore o patriota dal berretto rosso. Pochi recitano bene, molti male, ma tutti vanno in scena e i più prendono applausi stentati e sonori fischi. Si considera grande chi è accolto con un clamoroso battimani e grida di approvazione tali da coprire la voce degli insoddisfatti; si dice fortunato chi, entrato in ritardo e farfugliata una battuta, esce di scena trionfante in coda al primo attore, su cui sono puntati gli occhi di tutti; si giudica felice chi, senza aver offeso nessuno, ha il permesso di andarsene in pace dietro le quinte."
Nella vita reale saremmo dunque i personaggi di una trama scritta da qualcun altro. Ma, rispetto ai tempi di Epitteto, Shakespeare e Crawford, sono nate altre forma di espressione, oltre al libro e al dramma: il cinema, la radio, la televisione e, con essi, la serialità. Esistono soap-operas che hanno seguito le vite dei propri personaggi per sessant'anni senza interruzione; una di esse, cominciata alla radio per poi passare alla tv, superò i settanta. Alla luce di tutto questo si potrebbe dire, citando Woody Allen in Mariti e mogli (1992), che "la vita non imita l'arte, imta la cattiva televisione". Siamo quindi i personaggi non di un grande drammaturgo, bensì di un "grande sceneggiatore"?

Ebbene, avete mai notato qualcosa di strano nelle vostre vite? Potrebbe esservi capitato di sentirvi come se d'un tratto tutto quello che vi accadeva, almeno per alcuni giorni, fosse parte di un grande piano, come ne L'uomo che volle farsi re di Rudyard Kipling (1888) e il relativo film di John Houston (1975). Avete mai fatto caso a improbabili coincidenze che vi conducevano a nuove scoperte, nuove sfide, nuove esperienze nella vita, come se qualcuno dall'alto le avesse messe intenzionalmente sulla vostra strada? E vi siete mai sentiti, invece, come se una potenza superiore si stesse dedicando con particolare cura a crearvi nuovi problemi o delusioni inattese, qualcosa che sembrava preso pari pari da Kafka o Dostojevskij... ma stava accadendo realmente a voi?
Pensate alla storia della fiction in generale. La maggior parte delle vicende che leggiamo e guardiamo non parlano di vite normali e noiose. Di solito trattano di:
1-coniugi, conviventi o amanti che tradiscono i rispettivi coniugi, conviventi o amanti
2-persone uccise in modi misteriosi e investigatori/trici che cercano di capire perché e da chi (variante: serial killer che uccidono in serie e investigatori/trici che tentano di identificarli)
3-guerrieri in guerra
4-agenti segreti che agiscono segretamente
5-pazienti che si ammalano e medici che cercano di salvarli
6-individui che inseguono successo e potere a ogni costo, almeno finché non ne sono inseguiti a loro volta
7-supercriminali che cercano di conquistare/distruggere il mondo e supereroi che fanno del loro meglio per impedirlo
8-e, d'accordo, gente che si innamora e ha un sacco di problemi, prima di riuscire felicemente a coronare il proprio sogno (ma cosa succede dopo? Si veda il punto 1)

Se avete fortuna, la vostra storia personale assomiglierà a un dramma borghese, altrimenti rientrerà in una delle molte altre categorie possibili, compresa quella del tipo che attraversa una strada di Tokyo proprio nel momento in cui Godzilla fa due passi. E se dunque le nostre vite fossero l'opera di un "grande sceneggiatore" che cerca semplicemente di rendere le cose più interessanti rispetto alla solita routine quotidiana, che finirebbe per annoiare il pubblico? Dopotutto ci vuole sempre qualcuno che finisca ammazzato da Freddy o Jason, o calpestato da Godzilla.
Ma in realtà di rado lo sceneggiatore di un serial lavora da solo: c'è un intero gruppo creativo che deve conciliare le storie dei singoli personaggi con un progetto comune. C'è la produzione che deve rientrare dei costi, il network che controlla preoccupato l'audience, l'ufficio marketing che decide che questo o quello non va più bene. Il che spiegherebbe perché, nelle nostre esistenze, vediamo di continuo premesse e promesse di sviluppi favorevoli ed esaltanti che, improvvisamente, vanno in fumo. Per quale motivo? Perché l'ufficio marketing ha deciso che quella sottotrama non era interessante e va cancellata, in modo da dare spazio al successo di altri personaggi? Ma a questo punto dobbiamo allargare il nostro pantheon: chi sono produttori, network e marketing manager? E, soprattutto... chi è il pubblico?
Una cosa è certa: una volta mi venne commissionato un testo teatrale e proposi un soggetto che avevo in mente da tempo: i personaggi di alcuni serial scoprono di essere, appunto, i personaggi di alcuni serial e cercano di comunicare con chi li sceneggia perché modifichi il loro destino. Il mecenate di turno - fervente cattolico - scoprì che ero l'autore de Il Grande Sceneggiatore e bloccò il progetto, temendo che potessi diffondere la pericolosa eresia contenuta in quel racconto. Ma il Grande Sceneggiatore fu clemente con me: mi venne pagato il lavoro che avevo fatto fino a quel momento.

Continua...

(Immagine generata con AI)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

viernes, 7 de junio de 2024

Vita da pulp - Il sorriso dell'estremo pregiudizio


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Non è facile strappare le etichette, una volta che sono state appiccicate. Me ne rendevo conto una volta di più qualche giorno fa, mentre lavoravo alla nuova edizione del "romanzo di racconti" Il dente del pregiudizio di Andrea G. Pinketts, che uscirà a fine agosto nella nuova edizione Harper Collins Italia con materiale supplementare in appendice, come sempre a cura dell'Associazione Culturale che porta il nome dell'autore scomparso nel 2018.
Appena Pinketts, giornalista investigativo, raggiunse la notorietà come scrittore, venne subito "etichettato". Avendo inaugurato la sua attività narrativa su "Il Giallo Mondadori", fu classificato come "autore di gialli", il che - a chi non lo avesse letto - può far pensare che abbia scritto romanzetti sulla dieta dei poliziotti... vale a dire l'attuale pregiudizio del pubblico sul giallo italiano. ("Scrivi gialli? Qual è il piatto preferito del tuo commissario?" mi sono sentito dire tempo fa.)
Con la (ri)nascita dell'etichetta "pulp", che Quentin Tarantino aveva ripreso dalla narrativa popolare negli USA degli anni Venti-Trenta-Quaranta, Pinketts venne reinscatolato tra gli "scrittori pulp", anche se i cosidetti "cannibali" (dal titolo di una celebre antologia) avevano in realtà stili molto personali e diversi tra loro: mi basta pensare alla bravissima Alda Teodorani. In realtà Pinketts aveva letto gialli, noir, pulp (vecchi e nuovi) e molto altro, rielaborando però tutto in romanzi originali che partivano dal mistero per aggiungervi un tocco postmoderno, oppure in racconti surrealisti che sfuggono a qualsiasi definizione di genere.

L'ansia di etichettare era un tempo giustificata dalla necessità di stabilire in quale scaffale collocare un'autrice o un autore. Oggi vale sempre meno, dato che la maggior parte dei titoli pubblicati non arriva nelle librerie fisiche e si trova solo in quelle online, senza contare i volumi proposti solo nelle edicole in collane tematiche. Ma l'eccesso di etichette può arrivare a "cancellare" l'identità di chi scrive. E qui devo menzionare un altro amico, scomparso nel 2021, dei cui libri sto cercando di occuparmi a dispetto della complessa successione nella proprietà delle sue opere.
Come ho scritto altrove in queste pagine, il "problema di identità" ha gravemente afflitto Stefano Di Marino, noto soprattutto in edicola come l'autore di spionaggio "Stephen Gunn" di Segretissimo Mondadori. Stefano fu costretto a cambiare più volte nome e cognome per esigenze editoriali, al punto che talvolta persino il suo fedelissimo pubblico ignorava che fosse uscito un suo nuovo romanzo in libreria. E chiunque altro era del tutto all'oscuro dell'esistenza di un autore che, raccolte le eredità di Salgari e Scerbanenco, del feuilleton e del pulp (originale), ha coperto tutte le sfumature della narrativa popolare, diventando lo scrittore "di genere" più venduto in Italia: un successo senza eguali che tuttavia, rimanendo nascosto, non portava alcun riconoscimento o garanzia al suo artefice.
Oltretutto un autore italiano di Segretissimo è vittima di altre etichette apposte a tradimento: si ritiene che scriva storie in cui i "buoni" sono quelli che molta gente per motivi politici considera "cattivi" (e, dato che tali persone questi libri non li leggono, non possono certo coglierne le sfumature e le analisi); si pensa che scriva storiacce a base di sesso e violenza gratuiti, in un'ottica maschilista (dimenticando che in Segretissimo c'è una presenza crescente di autrici italiane, che ben poco hanno di maschilista). E tutto questo mentre ancora si deve combattere il pregiudizio principale del pubblico: la convinzione che in Italia nessuno sappia scrivere storie di spionaggio e di intrighi internazionali, da cui la necessità di nascondersi dietro pseudonimi stranieri in copertina.

Insomma, il "dente del pregiudizio" è difficile da estirpare. Del resto nel pubblico italiano la nostra presunta incapacità di scrivere gialli è stata smentita con fatica solo trent'anni fa, mentre sulla fantascienza tale percezione infondata persiste tuttora, a dispetto di firme illustri pubblicate anche all'estero. E pensare che negli anni Settanta in tv fu un giallo italiano, Dov'è Anna? scritto da Biagio Proietti e Diana Crispo, a raggiungere il record tuttora imbattuto di ventotto milioni di telespettatori; e che negli anni Sessanta-Settanta il nostro cinema di genere (di tutti i generi) non solo sbancò i botteghini nazionali, ma fece il giro del mondo, influenzando pure quello americano, dai registi del western a Tarantino. Se qualcuno era in grado già allora di scrivere quegli sceneggiati e quei film, perché il discorso non poteva valere per la narrativa?
E consideriamo anche il successo, a volte internazionale, dei fumetti italiani, a partire da Tex nel 1948, per arrivare a Martin MystèreDylan Dog e Nathan Never, passando per Diabolik; personaggio quest'ultimo del quale parliamo sabato 8 giugno 2024 alle 18.30 a "Best Movie Comics and Games", Superstudio Più, Milano, via Tortona 27... (In questa particolare occasione sono stato etichettato "fumettista", per me un grosso complimento, visto che - a parte innumerevoli contributi come narratore o saggista - come vero e proprio sceneggiatore di fumetti ho collaborato sinora solo a quattro albi di Martin Mystère.)
In realtà è almeno dai tempi di Salgari, che scrisse persino western e fantascienza oltre alle note avventure di pirati e di corsari, che noi italiani abbiamo dimostrato di saper affrontare la narrativa popolare in ogni forma, esattamente come ha fatto Stefano Di Marino in tutta la sua vita. E anche di saper creare nuovi generi, come Sergio "Alan" D. Altieri, per il quale si è dovuta coniare la definizione "thriller apocalittico"; o come Andrea G. Pinketts, autore di un genere tutto suo che si può definire solo "Pinketts". Forse in parte è colpa del pubblico che, convinto di saper riconoscere il prodotto dalle confezioni, tende a dimenticarsi dei contenuti. Forse in parte è colpa dell'editoria (insieme a chi produce televisione e cinema) che non sa esattamente cosa proporre e come impacchettarlo. Come diceva una vecchia pubblicità, "l'unica cosa storta è l'etichetta".


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(Immagine di apertura generata con AI; il poster di BOOM24 è di Leo Ortolani)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

jueves, 30 de mayo de 2024

Vita da pulp - Ricorda con sabbia


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

La sabbia non ricorda, scriveva Scerbanenco a Lignano Sabbiadoro. Per forza: scorre così veloce che hai appena il tempo di girare la clessidra per farle fare un'altra corsa. E poi un'altra. E poi un'altra... Nel frattempo ti scordi cosa se n'è appena andato via, perché c'è già qualcos'altro di urgente da gettarci dentro. Non è un forellino, quello tra le due ampolle: è un affamato buco nero che sfugge alla comprensione di Stephen Hawking e farebbe paura a Stephen King. Tutto passa rapidamente: ti dimentichi di ogni cosa o ti ci abitui o smette di interessarti. Suppongo che molti, oggi, vivano con questa sensazione.
Mai un momento di quiete, scriveva Peter Cheyney in riva al Tamigi. Ma, per chi fa il mestiere di Scerbanenco, di Cheyney o semplicemente il mio, la sabbia è una marea incessante di libri e di storie, da scrivere o tradurre o di cui fare editing, presentazioni, recensioni, prefazioni... Un'odissea continua da un universo all'altro, ognuno popolato da miriadi di personaggi. Il che è faticoso quando ti costringe a lavorare per mesi giorno e notte, ma appassionante quando ti lascia almeno guardare il panorama e "conoscere" la gente che ci abita.
Nella fretta, però, si rischia di perdere la memoria, Se cerchi di fotografare un momento - anche solo con il cellulare - per poterne conservare un ricordo, la clessidra insaziabile non ti lascia nemmeno il tempo di riguardare gli scatti.

Cito spesso L'ultimo nastro di Krapp di Samuel Beckett, atto unico del 1958 il cui l'anziano protagonista riascolta e registra commenti su proprie vecchie registrazioni, nelle quali riascoltava e commentava proprie vecchie registrazioni precedenti... L'intuizione di Beckett mi torna in mente ogni volta che occhieggio la pagina dei "ricordi" su Facebook che - per chi non lo sapesse - riepiloga quotidianamente i post fatti in passato dall'utente nella stessa data, anno dopo anno.
Il social network, così innovativo quindici anni fa, adesso pare che sia "vecchio" e popolato da "boomer", categoria cui appartengo anagraficamente e che è diventata sinonimo di "povero scemo, ah ah". Insomma, Facebook non è più "in", ma del resto anche il termine "in" non è più "in" da un bel pezzo. Per fortuna funziona ancora la pagina dei ricordi e, dato che dal 2009 lo uso spesso per annunciare libri in uscita ed eventi in programma, mi basta una rapida scorsa per notare che quello stesso giorno, in passato e in anni diversi, stavo promuovendo un romanzo oppure invitando il pubblico a una serata rimasta più o meno memorabile.
Ritrovo indizi di momenti lieti e di periodi difficili (Ricorda con rabbia, direbbe John Osborne) e di mesi in cui sono stato rinchiuso ininterrottamente davanti al computer per superare i periodi difficili (Ricorda con gabbia, direi io).

Il risultato complessivo, tuttavia, è di stupore. Se a livello razionale ho presente che per un paio di decenni ho partecipato in media a oltre cinquanta incontri letterari l'anno, mi sorprende riscoprire quanti libri - non solo miei - abbia presentato. Inoltre, anche se aggiorno ogni qualche mese la pagina della mia bibliografia, fa tutto un altro effetto quando invece di una lunghissima e anonima lista vedo snocciolate le nuove pubblicazioni man mano che uscivano, o i racconti settimanali che per un bel po' ero solito proporre gratis di venerdì. Se avessi necessità di corroborare la mia autostima, potrei anche soffermarmi a rileggere i commenti dal pubblico.
Peraltro, in termini di tempo Facebook testimonia meno di metà della mia carriera di narratore; prima per un paio d'anni c'è stato MySpace (autodistruttosi nel tentativo di diventare una brutta copia di Facebook, complimenti all'ufficio marketing); e prima ancora... be', a quei tempi (parrà incredibile) erano le case editrici a preoccuparsi di far sapere quando qualcosa veniva pubblicato e presentato.
Ma i conti tornano: scrivere tutte quelle pagine ha richiesto tempo, così come ne hanno richiesto tutti gli altri lavori non necessariamente creativi svolti in parallelo a scopo alimentare. In totale fanno trentatré anni di questo mestiere. Non mi sono arricchito in termini di denaro, ma la quantità (e, mi dicono, la qualità) della mia produzione è di per sé una ricchezza invidiabile, per quanto simbolica. Il che mi sprona a rendere nuovamente disponibili vecchi titoli che i tempi frenetici dell'editoria hanno fatto scordare a me e al pubblico, cercando di farne dimenticare (invano) l'autore. Anche se la sabbia non ricorda, qualche granello ficcato nel punto giusto rallenta gli ingranaggi dell'oblio.

Continua...

(Immagine generata con AI)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

miércoles, 22 de mayo de 2024

Vita da pulp - La storia in diretta

Locandina di Wishiré per l'evento del 25 maggio 2024

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Raccontavo nel post precedente dei trent'anni del "Kverse", l'universo che raccoglie molte mie serie thriller, soprattutto le spy story "di attualità". Il che significa che, letti a distanza di vent'anni e più dalla loro prima pubblicazione, certi miei libri diventano quasi "romanzi storici", anche se si riferiscono a una Storia molto recente. In effetti, come ho constatato collaborando con Paolo Brera al nostro Il Visconte/La spia del Risorgimento e, più di recente, scrivendo il romanzo Il ponte sospeso, contenuto nel volume C'era una volta un ponte, quando ci si occupa di intrighi nella Storia il lavoro non è molto diverso da quando si trattano intrighi di epoche più vicine (come con la mia serie Dark Duet nella collana in ebook Spy Game-Storie della Guerra Fredda di Delos Digital) o del presente: in tutti i casi occorre documentarsi a fondo, in modo da poter formulare ipotesi plausibili su retroscena poco chiari e inserire una narrazione all'interno di fatti documentati.
La differenza si nota però quando si indaga su situazioni in atto. Mi capita molto spesso con i miei romanzi per Segretissimo Mondadori, in cui da anni racconto storie che si svolgono nel momento esatto in cui le scrivo e vedo crearsi curiose interazioni tra la realtà e la fantasia: quando lavoravo al romanzo Effetto Brexit, partivo dall'ipotesi di una rinascita in quel periodo del terrorismo irlandese... che si verificò proprio mentre scrivevo il libro, sicché inglobai nella vicenda i fatti della cronaca.
In qualche caso, sapendo che il libro sarebbe stato pubblicato di lì a qualche mese, mi sono spinto ad ambientare l'ultimo capitolo qualche giorno dopo la data della consegna, sperando che nella stessa data non avvenisse qualcosa che mi potesse smentire: mi capitò con Sicaria, consegnato nel novembre 2020, in cui anticipavo scenari di tentata guerra civile negli USA... che infatti si verificarono nel gennaio 2021, poco più di un mese dopo avere finito il libro e due mesi prima che fosse pubblicato. Solo una volta, nel 2015, arrivato alla fase delle bozze - quindi circa un mese prima dell'uscita - aggiunsi al finale un breve capitolo per prendere atto di un episodio legato al background "reale" del romanzo - le vicende dello Stato Islamico - avvenuto dopo che avevo consegnato il testo alla redazione. Ma in tutti questi anni nulla ha mai smentito quanto avevo scritto, semmai lo ha confermato.

Chi ha letto un po' di miei libri sa che amo muovermi tra passato e presente, inserendo flashback su eventi (veri o immaginari) che hanno influenza su ciò che accade ai miei personaggi in epoca contemporanea: è un elemento che ho assorbito dai fumetti di Martin Mystère, personaggio creato dal recentemente scomparso Alfredo Castelli (e non a caso i flashback ricorrono nella serie di romanzi che ho dedicato al "detective dell'impossibile"), ma anche se vogliamo dalla serie tv Kung Fu degli anni Settanta e da certi romanzi di neoaventura di autori latino-americani. Lo faccio anche nei romanzi di spionaggio del Kverse, dove il record di distanza temporale è in Matadora, scritto e ambientato nel 2022, in cui appaiono flashback nel 1922.
A luglio in Segretissimo sarà pubblicato - sempre sotto il mio abituale pseudonimo François Torrent - il romanzo Legione Ombra, scritto tra marzo e aprile 2024. La storia ha inizio alla fine di febbraio di quest'anno, con una scena d'azione legata a fatti di quel momento (guarda caso, avevo deciso di menzionare l'attuale situazione dello Stato Islamico ed ecco che, drammaticamente, questo è tornato alla ribalta).
Ma il romanzo appartiene alla serie Agente Nightshade, di cui per una volta avevo lasciato i personaggi "indietro nel tempo": il romanzo precedente, benché scritto e pubblicato nel 2023, si concludeva nell'aprile 2022. Pertanto, dopo il prologo, riparto da quando li avevo lasciati due anni prima, per riportarli al momento del prologo, superarlo e proseguire con la vicenda fino all'epilogo datato 14 aprile 2024, lo stesso giorno in cui ho consegnato il romanzo alla redazione, che ringrazio per la pazienza e la fiducia.

La narrazione si snoda quindi nell'arco di due anni, ma viene intervallata da una serie di brevi flashback che ha inizio nel 1936 e si conclude nel 2019, riguardante un fatto incredibilmente dimenticato dalle nostre parti: proprio nel 1936 l'Italia conquistò una colonia che in seguito avrebbe restituito, seppure con la ferma intenzione di riprendersela a breve e con gli interessi. Può anche darsi che alcuni di voi ci siano stati in vacanza, senza avere mai saputo che per un triennio quel luogo è stato de facto territorio italiano. Credo che uno dei motivi di questa damnatio memoriae sia dovuto al fatto che solo nei primi tre mesi della "nostra" occupazione abbiamo totalizzato circa tremila fucilazioni sommarie, una media di mille morti al mese, sepolti in fosse comuni. Forse è per questo che certe cose non si studiano a scuola...
Dunque più che mai in questo romanzo ho fuso elementi storici, alcuni dei quali emersi in una ricerca pubblicata nel 2022 di cui ho parlato in un altro post recente, alla cronaca internazionale dei nostri tempi e a un intrigo immaginario ma non improbabile che anima la vicenda. Qualcuno tempo fa ha commentato che dai miei romanzi di spionaggio si apprendono i retroscena di vicende reali di cui altrimenti si rimarrebbe all'oscuro. In questo caso, parlo di fatti che sono avvenuti (e altri che potrebbero ipoteticamente avvenire) sotto il nostro naso. Forse i romanzi pubblicati da Segretissimo dovrebbero essere letti con più attenzione anche da chi si occupa di informazione... e di "servizi di informazione".
E di Segretissimo si parla sabato 25 maggio 2024 a mezzogiorno a Villa Floridiana al Vomero, in occasione del Festival del Giallo Città di Napoli, nell'ambito di un incontro condotto da Denise Jane (autrice vincitrice del Premio Altieri 2023), in cui saremo "interrogati" Franco Forte, direttore delle storiche collane periodiche di Mondadori, e io. Forse non tutti se ne sono accorti, ma la spy story è sempre più di attualità.

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

martes, 14 de mayo de 2024

Vita da pulp - Nascita di un universo

Immagine di copertina per "Nightshade-Programma Firebird", Oakmond (foto: A.C.Cappi)


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Si comincia da un racconto noir e ci si ritrova con un universo thriller. Dal bang bang al big bang, direbbe Andrea G. Pinketts. Vale in realtà quanto affermo da anni a proposito di qualsiasi narrazione, ovvero che le storie esistono, aspettano solo di essere raccontate. Allo stesso modo, l'universo in cui si svolgono è sempre stato lì: dapprima si comincia a intravederlo attraverso qualche spiraglio, poi se ne distingue l'immagine (quasi) completa. E dico "quasi" perché più lo si visita, più se ne scoprono aree ancora inesplorate.
Per chi non avesse familiarità con i termini tecnici, nel campo della narrativa si parla di "universo" quando diversi personaggi, di norma seriali, agiscono e interagiscono tra loro in uno stesso mondo, più o meno simile a quello in cui viviamo. Quindi gli eventi avvenuti in una storia con il personaggio A si danno per avvenuti anche in una storia con il personaggio B, anche se ambientate in luoghi ed epoche diversi. Un esempio nella narrativa di avventure è l'universo creato da Clive Cussler, introdotto nei romanzi con protagonista Dirk Pitt e allargatosi con altre serie parallele e vari spin off (sempre per chi abbia poca familiarità con la terminologia, spin off sono una o più storie imperniate su personaggi apparsi in origine come secondari in una serie principale).
Forse uno dei casi più titanici è l'universo fantascientifico creato da Isaac Asimov, che nel corso della sua vasta produzione ha riunito il suo ciclo della Robotica e quello delle Fondazioni, generando una saga che si snoda nell'arco di secoli e secoli. Tra gli autori italiani, Stefano DI Marino ha collegato fra loro lunghe serie e singoli romanzi ambientati tra l'Ottocento e i giorni nostri, mentre Alan D. Altieri si è esteso dalla Guerra dei Trent'Anni a un prossimo futuro apocalittico.


Nella mia attività di narratore, ho creato qualche universo pure io. Il principale, per il numero di storie e personaggi che raccoglie, si chiama "Kverse", nome coniato dall'amico e collega Claudio Bovino. Termine perfetto, dal momento che la mia prima "serie noir" con personaggi fissi si intitolava Agenzia K: erano gli anni Settanta e scrivevo a penna su un quaderno, ma in quel caso gli eroi (o meglio, antieroi) erano gli stessi che in futuro sarebbero diventati Carlo Medina e Toni "Black" Porcell. Nulla di quanto ho scritto fino al 1990 è mai stato pubblicato così com'era, tranne qualche racconto umoristico apparso online. Ma dal 1991 - l'anno in cui per la prima volta fui riconosciuto come "scrittore" - cominciai a recuperare dal mio archivio ciò che meritava di essere riaggiustato, sviluppando nel contempo un nuovo progetto che avrebbe visto la luce... nel 2019.
Come si vede, tra quando nasce un'idea e quando viene realizzata possono trascorrere decenni. Per quanto mi riguarda, di idee ne ho sempre avute fin troppe, più del tempo necessario per scriverle. Ma, se si sopravvive abbastanza a lungo nel mondo dell'editoria, non è un male che alcune storie rimangano a fermentare per un po', specie se nel frattempo si maturano esperienza e autocritica. Tuttavia, quando si scrive per anni a livello professionale, spesso con personaggi seriali che ottengono un buon riscontro di pubblico, è inevitabile cominciare a ragionare in termini di "universo". Così, tolti i miei vari racconti nati per essere del tutto autonomi, tolte le mie serie che includono elementi fantastici o fantascientifici, ed escluse ovviamente le storie in franchise, tutto il resto prima o poi trova un collegamento con il Kverse.
Come accennavo nel post precedente, il Kverse ebbe inizio trent'anni fa, nell'estate del 1994, quando scrissi un racconto con il milanese Carlo Medina per lo speciale invernale de Il Giallo Mondadori del novembre successivo. Dopo un altro paio di racconti, nel 1997 Medina fu protagonista del romanzo noto come Ladykill, una rilettura del caso Diana Spencer in cui il marketing thriller (la definizione che avevo coniato alla prima apparizione di Medina) sfocia nella spy story di attualità, binomio di sottogeneri che avrebbe fatto da sfondo a tutta la serie.


Nel 2001 Segretissimo Mondadori approvò il mio progetto per la serie Nightshade (avevo già in mente a grandi linee la prima fase delle avventure della spagnola Mercy Contreras) con cui intendevo proseguire il discorso della spy story di attualità, introducendo la prima donna protagonista di un ciclo di thriller spionistici del XXI secolo. Le storie con Carlo Medina - riapparso varie volte su Il Giallo Mondadori e Segretissimo - continuavano a essere firmate "Andrea Carlo Cappi", mentre quelle con Nightshade uscivano ed escono tuttora da Segretissimo sotto il nome "François Torrent", a causa della diffidenza del pubblico italiano verso le spy story scritte da connazionali (soprattutto più di vent'anni fa... solo nel 2009 fu svelato il nome dietro lo pseudonimo). Nella collezione in corso da Oakmond Publishing il mio vero nome appare invece sulle riedizioni di tutti i volumi; quindi, per intenderci, a volte si ritrovano gli stessi personaggi o gli stessi libri sotto due nomi diversi, ma l'autore sono sempre io.
L'esistenza di un universo divenne visibile al pubblico nel 2003, dal secondo romanzo con Nightshade, in cui comparvero elementi non solo di Medina, ma anche di Dark Duet, il mio progetto del 1991 che a quei tempi era ancora solo nel mio archivio di soggetti; da questo punto di vista, il volume Dossier Contreras avrebbe messo in evidenza parecchi incroci tra serie diverse. Anche Toni Black, per ora protagonista di tre libri e qualche racconto sparso, appare come personaggio secondario nelle storie di Nightshade. Mentre la boliviana Rosa "Sickrose" Kerr quest'anno compie vent'anni dalla sua prima apparizione come rivale di Mercy in Obiettivo Sickrose e quattro come protagonista della propria serie spin off.
Insomma, quella del Kverse è un'unica grande famiglia e a volte l'azione di un personaggio nel 1938 può avere conseguenze su ciò che accade ad altri nel 2024, come si vedrà in Agente Nightshade-Legione Ombra, in edicola e ebook per Segretissimo Mondadori dal prossimo luglio (firmato François Torrent). La serie di Mercedes "Nightshade" Contreras è ormai la portabandiera, in cui entrano ed escono i personaggi di tutte le altre componenti del Kverse. Se sabato 18 maggio 2024 alle 17.30 vi trovate dalle parti di Valdobbiadene (TV), ne parliamo insieme presso Al Canevon - Wine & Shop di via Piva 27, evento curato e organizzato da Eireen World. Questo è un trentennale, quindi è ora di dare inizio ai brindisi, non vi pare?

Continua...




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

domingo, 5 de mayo de 2024

Vita da pulp - Cento per cento di vita


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

A dispetto della scarsa regolarità con cui scrivo questa rubrica, sono arrivato al post numero 100. Per chi fosse capitato in Vita da pulp per la prima volta, qui la parola pulp è intesa nel senso originario di "letteratura popolare". Su questa pagina ho proposto consigli di scrittura creativa, retroscena del mondo dell'editoria ed esperienze mie o altrui nella narrativa, soprattutto di genere. Di recente ho dovuto anche raccontare vicende personali, per mettervi in guardia da certi pericoli.
Intanto però si avvicina una serie di anniversari importanti che mi riguardano. Uno è il mio compleanno: cifra tonda, il prossimo settembre. Ma nello stesso mese compio venticinque anni di lotta pressoché ininterrotta con certa gentaglia che popola, soprattutto, la città in cui sono nato. Milano è sempre più "da morire", come la definii in un titolo coniato all'inizio dell'estate 1994. Uscito nel novembre di quell'anno su uno speciale de Il Giallo Mondadori, il racconto Milano da morire (poi incluso nella raccolta omonima) fu un piccolo tassello significativo del noir italiano dell'epoca, ma anche la prima storia pubblicata del mio cosiddetto "Kverse", l'universo che riunisce in un'unica continuity buona parte delle mie serie originali di narrativa noir e spionistica. Dopo trent'anni, il corpus ammonta a venticinque volumi tra romanzi e raccolte di racconti, una dozzina di brevi novelettes e altre storie sparse.
Per celebrare il trentennale del Kverse, oltre alle novità in ebook di Dark Duet nella collana Spy Game (Delos Digital) sono previsti da Segretissimo Mondadori due romanzi inediti firmati con lo pseudonimo François Torrent (Agente Nightshade - Legione Ombra in luglio e Sickrose - Compañera in novembre, due storie indipendenti ma collegate l'una all'altra); mentre su Amazon continuano a uscire da Oakmond Publishing, con il mio vero nome, le riedizioni dei titoli pubblicati in passato; l'anno scorso sono stati completati l'intero ciclo di Medina e la prima serie di Nightshade; quest'anno, dopo Nightshade - Programma Firebird uscito in marzo, arriveranno in luglio Black and Blue e in novembre Nightshade - Bersaglio ISIS

Vorrei però approfittare di questo post numero 100 per ribadire alcuni concetti di cui ho già parlato in Vita da pulp, ma che vedo tuttora scarsamente recepiti dalla maggior parte delle persone.
Sono reduce da un periodo, durato parecchi mesi, in cui mi sono dedicato al lavoro per almeno quindici ore al giorno, con punte di diciotto, sette giorni su sette (domeniche e festivi compresi). Fa almeno 110 ore alla settimana. Non è una novità: per anni sono stato costretto a mantenere le 135-140 ore lavorative settimanali (se quaranta vi sembrano tante, fate un po' i conti). Speravo di non dover tornare a superare la novanta, ma a volte impegni e scadenze si accavallano. In questo caso - oltre a un romanzo, due editing e una traduzione da consegnare con puntualità, insieme ad altri piccoli impegni - la vera causa è il tempo perso a seguito della vicenda che ho raccontato di recente.
Le persone impegnate cinque o sei giorni a settimana per otto-dieci ore al giorno non si rendono conto che chi ha orari ben diversi non può avere una vita sociale ("Non ti fai mai sentire"), non può dedicarsi a passatempi di alcun genere ("Non hai visto quella serie tv? Ma come? Devi vederla!"), non può nemmeno sistemare gli scatoloni del trasloco di sei anni prima ("Ti decidi a mettere a posto casa tua?") Riguardo a quest'ultimo punto, uno psicologo cercava sofisticate spiegazioni inconsce, del tipo "Non vuoi abitare davvero in quella casa, ecco perché non disfi gli scatoloni". No, è che non ho tempo, ma questa è solo una delle tante cose che la gente non riesce proprio a capire. Se ti svegli alle cinque del mattino e vai avanti a lavorare finché ne hai le forze, non ti rimane tempo libero.

E qui veniamo al titolo di questo post, che si ispira a quello di un romanzo di Hiber Conteris - Dieci per cento di vita - ricavato da una frase di Raymond Chandler sulla percentuale incassata dagli agenti letterari. Io ho avuto a che fare con alcuni agenti per progetti specifici, ma ho sempre preferito farne a meno: nel tipo di editoria che frequento, nessuno mi avrebbe pagato di più se fossi stato rappresentato da un'agenzia letteraria, ma nel contempo avrei dovuto cederle una percentuale dei miei già scarsi guadagni. Purtroppo però altre categorie di persone capitate sulla mia strada nell'ultimo quarto di secolo mi hanno sottratto il cento per cento di vita, in termini di denaro e tempo necessario per guadagnarlo... solo perché finisse nelle loro tasche.
Vi chiederete come faccio a lavorare da tanti anni con orari impossibili. Semplice: con l'adrenalina e l'odio. L'adrenalina mi serve per arrivare sempre puntuale alle scadenze senza mai, spero, sacrificare la qualità; l'odio a non farmi schiacciare da coloro che cercano di distruggermi, per motivi personali o semplicemente perché è quello che fanno a tutti quelli che incontrano. Certo, sono riusciti a derubarmi, perché di rado la sopraffazione viene punita dalla legge, ma non ce l'hanno fatta ad annientarmi: sono ancora qui a scrivere e pubblicare libri, alla faccia loro.
Ma c'è un'altra cosa che nessuno capisce: quanto è fortunata certa gente che io scriva storie in cui è presente la violenza, ma non la pratichi nel mondo reale. Tutti gli individui che mi hanno derubato e danneggiato sono diventati personaggi dei miei libri, dove hanno incontrato la giusta punizione. Accecati dalla loro avidità, non si sono nemmeno resi conto che al mio posto chiunque sarebbe passato dalle parole ai fatti e avrebbe voluto vederli in ginocchio, tremanti e piagnucolanti, a supplicare per le loro misere, vacue, indegne esistenze da parassiti. Visto che la legge non li punisce, ho usato al suo posto la narrativa: almeno in un universo di fantasia, hanno ciò che si meritano.

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.