jueves, 16 de marzo de 2023

Vita da pulp - Spy story: scrivi e lascia morire


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Concludo la mia serie di interventi sulla spy story ritagliando e aggornando un mio articolo dallo stesso titolo risalente all'uscita de Le grandi spie nel 2010, per sottolineare non solo la stretta connessione tra la narrativa spionistica e la realtà dei servizi di intelligence, ma anche che le spie esistono e che molti eventi della storia e della cronaca ne sono la conseguenza.
Nessuno può negare, per esempio, che James Bond 007 sia l’agente segreto (immaginario) più famoso del mondo. E molti sono i personaggi reali che sono stati indicati nel corso degli anni come “il modello” a cui il suo creatore Ian Fleming si sarebbe ispirato. Fra i tanti ce ne sono due più attendibili di altri. Il primo è lo stesso Fleming, che durante la Seconda guerra mondiale lavorava per la Naval Intelligence Division, il servizio segreto della Royal Navy collegato al XX Committee, organismo che in quel periodo coordinava varie sezioni dell’intelligence britannico. Inoltre Fleming diede vita a un’unità speciale denominata Red Indians, un gruppo di “bastardi senza gloria” ante litteram che colpivano qua e là per l’Europa e il Nordafrica.
Nel 1952 creò 007 - pubblicato dall'anno successivo - perché non aveva potuto fare lui stesso l'agente sul campo, solo inventare strategie - in pratica scrivere spy story dal vero - e mandare altri a rischiare la vita. Ma non tutte le imprese letterarie di James Bond sono di pura fantasia: benché condite con una buona dose di avventura, si ispirano pur sempre alle pratiche reali dello spionaggio. E la realtà, come ho raccontato altrove, a proposito dell'Operazione Mincemeat, a volte rasenta l'incredibile.

Durante la guerra il succitato XX Committee organizzava la disinformazione a danno del Terzo Reich e gestiva doppiogiochisti che nominalmente lavoravano per Berlino ma in verità erano al servizio di Londra. Uno di questi si chiamava Duško Popov, nome in codice Trycicle; nato in Jugoslavia ed entrato nello spionaggio tedesco con il preciso scopo di fornirgli informazioni adulterate, fabbricate ad hoc dai servizi britannici. Per molti è lui - amante della bella vita, della compagnia femminile e delle case da gioco - il vero modello per James Bond.
Fleming e Popov si incontrarono probabilmente a Londra e al casinò dell’Estoril in Portogallo quando, pare, al primo toccò tenere d’occhio il comportamento del secondo al tavolo del baccarat: mai fidarsi di un doppiogiochista con i soldi per finanziare un'operazione nella tasca interna dello smoking... Poco tempo dopo, in America, Trycicle riuscì a farsi finanziare dai servizi segreti tedeschi, “per motivi di copertura”, un appartamento a Manhattan, una macchina di lusso e serate nei migliori locali al fianco della star del momento: l'attrice francese Simone Simon, che si apprestava a girare il suo film più famoso, Il bacio della pantera.
Non che Popov trascurasse il lavoro. Mentre ingannava attivamente i tedeschi, cercava di convincere quella testa dura di J. Edgar Hoover, capo supremo dell’FBI, che i giapponesi sarebbero entrati presto in guerra al fianco di Hitler e avrebbero bombardato senza preavviso una base americana, per esempio quella di Pearl Harbor... Ma non venne ascoltato.

Negli anni Cinquanta-Sessanta il nuovo ruolo di autore di bestseller portò Fleming a fare amicizia con Allen W. Dulles (direttore della CIA, che cercò invano di copiare i trucchi dell'Aston Martin di 007) e con John Fitzgerald Kennedy, che divenne il suo lettore-VIP più famoso nel mondo. A entrambi lo scrittore - che nel racconto Quantum of Solace dichiarò la propria simpatia per i rivoluzionari di Fidel Castro - diede consigli pacifisti riguardo a Cuba, che vennero ignorati e innescarono una serie di eventi cominciata con la fallita invasione alla Baia dei Porci e conclusa con l'assassinio di Kennedy.
Ma anche in questa drammatica vicenda pare che ci sia di mezzo un altro scrittore: si chiama E. Howard Hunt, noto negli anni Sessanta con lo pseudonimo di David St. John (dai nomi dei due figli: David e St. John Hunt) per una serie di romanzi su un agente della CIA di nome Peter Ward. Ma Hunt alla CIA aveva lavorato sul serio, coinvolto in alcune delle pagine più oscure e sanguinose della "Compagnia". Ci rimase fino a quando Dulles e lui non vennero costretti da Kennedy alle dimissioni, proprio dopo la mancata invasione di Cuba. Qualcuno ha riconosciuto Hunt in una fotografia scattata a Dallas il 22 novembre 1963 nei pressi della Dealey Plaza, il giorno e il luogo in cui Kennedy fu ucciso.
In ogni caso, Hunt fu uno dei responsabili del caso Watergate, per il quale fu arrestato e condannato. Ho parlato di lui nel mio romanzo Protocollo Hunt, ripubblicato di recente nella mia collezione presso Oakmond Publishing.

Questi sono solo un paio di esempi di scrittori di spy story che hanno avuto esperienza diretta dello spionaggio. Ma potrei citare William Somerset Maugham, che basò sulle proprie esperienze il romanzo a racconti Ashenden, o Graham Greene, che scrisse anche Il nostro agente all'Avana e Il fattore umano, oltre al più volte menzionato John Le Carré.
Per quanto riguarda la Francia, negli articoli precedenti ho nominato Jean Brochet in arte Jean Bruce, creatore di OSS117, anche lui impegnato nell'intelligence durante la Seconda guerra mondiale; e Gerard De Villiers, ideatore di S.A.S., che negli anni Settanta fu nominato "corrispondente d'onore" della SDECE e della DST, rispettivamente i servizi segreti francesi estero e interno. Questo non implica che, se volete scrivere storie di spionaggio dovete per forza avere un piede nei servizi segreti di qualche paese: come ho spiegato la volta scorsa, vi potete documentare anche "da fuori" (vedi nota in fondo.)
Lavorare sulla spy story non vuol dire fare complottismo gratuito: di quello ce n'è già a sufficienza sui social network. Non vuol dire nemmeno fare propaganda, anche se ciò è avvenuto in passato, né scrivere scempiaggini per un pubblico ignorante: ricordo un pessimo libro di un autore americano che qualcuno poi ha cercato di lanciare anche in Italia, in cui un dialogo tra due improbabili superagenti nemici era più o meno in questi termini: "Siamo cubani e quindi siamo proprio malvagi, ah ah ah!" Del resto l'ignoranza è uno dei più grandi pericoli, nella narrativa come nello spionaggio.

Nota: il mio libro Le grandi spie edito da Vallardi, in cui racconto un secolo di vicende di spionaggio reali, è disponibile ormai da anni soltanto in ebook (che trovate per esempio su IBS e su Amazon) ma di recente ho recuperato alcune copie ancora nuove del volume rilegato di oltre 320 pagine. La disponibilità è limitata ma, se siete interessati ad acquistarlo al prezzo di 20,00 euro (incluse spese di spedizione postale), mi potete contattare all'indirizzo email borderfictionzone@gmail.com indicando come oggetto "Le grandi spie".

(immagine: Selene Feltrin è Nightshade in una foto di A. C. Cappi)

Leggi anche gli articoli precedenti:

Guarda su YouTube il videocorso gratuito di spy story di Andrea Carlo Cappi





Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Per Delos Digital cura la collana in ebook Spy Game.

miércoles, 8 de marzo de 2023

Vita da pulp - Imparare a scrivere spy story


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Tra chi vuole scrivere thriller o mystery, un'alta percentuale pensa che sia tutto facile: «Cosa ci vuole? Basta scopiazzare ricette già note e ignorare bellamente consecutio temporum e impiego dei punti di vista, per pubblicare un immediato bestseller e diventare ricchi e famosi!» Del resto, se molti editori italiani sono convinti che il “giallo” e il “noir” non vadano oltre qualche bravo/a poliziotto/a, un paio di serial killer e una badilata di stereotipi, perché non dovrebbero pensarlo anche aspiranti autrici o autori?
Poi c’è chi, scoperto che esistono collane serie e persino premi per romanzi e racconti di spionaggio inediti, pensa di avventurarsi in quel territorio del thriller, oggi molto meno sovraffollato, di cui sto parlando in questi ultimi articoli: la spy story. Ma nella narrativa di spionaggio occorre di più che imitare formule. Non basta copiare qualcosa che si è visto al cinema o su una piattaforma televisiva per ottenere una buona storia di spie, così come per scrivere un buon giallo non è sufficiente infilarci qualche cadavere, un commissario e qualche specialità della cucina regionale.
Nella spy-story, come e più che altrove, occorre una conoscenza approfondita del genere, ma soprattutto un’idea di come funzionino le cose nel mondo reale, prima di applicarvi la nostra fantasia. Insomma, bisogna studiare. Non lo sapevate? What a shock! vi direbbe Alan D. Altieri.

Ho sempre amato i film di 007, ma anche parecchi di quegli spy-movies, a volte un po' cialtroneschi, cui gli amici di Bloodbuster hanno dedicato il volume Segretissimi. Tuttavia non si scrive una vera spy-story inventando un superagente segreto donnaiolo con gadget assortiti e un cocktail preferito, anche se ogni tanto qualcuno lo pensa ancora oggi.
Ai vecchi tempi, quando la collana Segretissimo di Mondadori aveva il formato di una rivista, in appendice al romanzo si trovavano articoli su casi reali di spionaggio, storici o contemporanei. Forse fu questo a indurmi ad approfondire l’argomento: documentarmi e cominciare a confrontare la fiction con la non-fiction. Nell'arco di decenni raccolsi un vasto archivio di articoli e di libri, da cui poi ho ricavato anche il saggio Le grandi spie pubblicato da Vallardi nel 2010. (Se siete interessati, leggete la nota in fondo all'articolo).
L'ultima volta citavo Stefano Di Marino, che raccomandava la necessità di conoscere lo spycraft, ossia le tecniche usate realmente nel mondo dei servizi segreti. I tempi cambiano, per esempio oggi si usano le comunicazioni elettroniche, non più gli obsoleti one-time-pad o i messaggi delle numbers stations (se volete sapere di che si tratta, potete guardare un mio piccolo documentario in proposito). Ma molte tecniche, soprattutto quelle relative allo humint (human intelligence) rimangono immutate e occorre conoscerle. Non è un caso se tra le figure più importanti della spy story parecchie ebbero esperienza diretta dello spionaggio. Ci dev’essere una base di realtà, prima di aggiungere la creatività e, se proprio necessario, anche qualche vecchio stereotipo.

Quindi che cosa occorre studiare?
    -In primo luogo, la narrativa: vi consiglio la lettura dei fondamentali romanzi Dalla Russia con amore di Ian Fleming e La spia che venne dal freddo di John Le Carré, ovvero i capolavori, rispettivamente, della spy story avventurosa e della spy story più realistica; ma anche, se avete la fortuna di trovarli a un prezzo onesto, qualche vagonata di titoli pubblicati su Segretissimo negli anni Sessanta e Settanta. Non tutti quei vecchi romanzi saranno opere immortali e qualcuno potrà avere pennellate di stagionata propaganda della Guerra Fredda, ma li troverete di certo istruttivi. Vale in particolare per quelli di Gerard De Villiers, ristampati anche di recente nella collana Segretissimo SAS tuttora pubblicata mensilmente in edicola; non avete l'obbligo di condividere al cento per cento le idee dell'autore, ma vi assicuro che buona parte delle informazioni sono illuminanti.
    Tra la produzione più vicina a noi in Segretissimo, i romanzi di Stefano Di Marino firmati Stephen Gunn vi daranno l'idea di come si scriva lo spionaggio avventuroso nel XXI secolo. Non è per farmi pubblicità, ma possono esservi utili anche i miei romanzi della serie Agente Nightshade e Sickrose pubblicati nella stessa collana sotto lo pseudonimo François Torrent (i titoli più vecchi di Nightshade sono ora disponibili in cartaceo e ebook su Amazon in una collezione di Oakmond Publishing sotto il mio vero nome); io sono orientato su una spy story d'azione fortemente basata su riferimenti reali. Ho già citato di recente la collana in ebook Spy Game in cui vari autori italiani si cimentano su storie della Guerra Fredda. Dovete ricordare, beninteso che il vostro obiettivo non è copiare formule, schemi e stili narrativi, bensì capire come si scriva spy story aldilà della singola individualità di autori e autrici.
    -In secondo luogo, la saggistica, utile per comprendere l'operato dei servizi segreti nel corso del tempo, nel bene come nel male. In Italia non si trova moltissimo, rispetto ad altri paesi, motivo per cui ho scritto il compendio Le grandi spie che citavo poco fa. Se sapete l'inglese, potete invece attingere a un repertorio enorme di saggi e biografie reperibili sulle librerie online italiane o straniere, oltre ad articoli di ogni genere, ai quali talvolta andrà applicato lo stesso criterio che spiego al punto successivo. Non occorre leggere tutto, perché già così può darvi l'impressione di un'esame universitario molto impegnativo, ma almeno riuscirete a farvi un'idea da confrontare con la narrativa.
    -In terzo luogo, la cronaca, recente e attuale, per avere il polso della situazione geopolitica a cui volete ricollegarvi, tenendo presente che potete ambientare la vostra storia anche in un luogo diverso da quello in cui è in corso una situazione critica, perché le informazioni vengono scambiate ovunque e anche l'Italia è un crocevia di spie. Potrete trovare molte fonti su Internet, ma qui dovete imparare a valutare con attenzione la provenienza di ciò che leggete: su un quotidiano online di un determinato paese potreste trovare elementi di propaganda miscelati con informazioni vere e dovete distinguere gli uni dalle altre; in altri media, anche se in apparenza non legati a un determinato paese o a una specifica ideologia, ci sarà invece pura e semplice disinformazione fabbricata da servizi segreti ma presentata come se si trattasse di notizie vere, che buona parte del pubblico scambia per tali. Ma anche questo può essere utile: per esempio, è proprio da alcuni siti di disinformazione che si possono scoprire quali operazioni stia conducendo all'estero il servizio segreto che li ha allestiti.
    Quindi, se non volete limitarvi a scrivere trame ambientate in un periodo storico già ben documentato, dovete diventare qualcosa di simile all'analista di un vero servizio segreto e scoprire cosa bolla in pentola in varie parti del mondo. In questo modo potrete applicare ciò che avete appreso sullo spycraft alla realtà che vi circonda, valutando l'attendibilità delle notizie proposte dai media riguardo alle situazioni di tensione internazionale e riempiendo gli spazi vuoti con una trama verosimile costruita da voi. Verosimile, ma non necessariamente realistica fino in fondo: il vostro non è un obiettivo documentaristico, bensì narrativo. La spy story vi offre in ogni caso l'opportunità di dedicarvi a una forma di narrativa popolare intelligente.

L’ultimo equivoco in cui mi sono imbattuto deriva dall'opera dei due maestri italiani del genere che ho già nominato, Altieri e Di Marino, cui oggi sono dedicati rispettivamente i due prestigiosi premi istituiti dalla collana Segretissimo di Mondadori, rispettivamente per il romanzo e il racconto di spionaggio inediti. Nei romanzi di Alan D. Altieri – autore anche di storie di fantapolitica militare – e di Stefano Di Marino - che spesso racconta di operazioni clandestine - ricorrono elementi di combat thriller. Questo però non implica che per scrivere di una vicenda spionistica occorra competenza in campo militare, così da poter raccontare una storia di sole azioni da commando che sfora nella narrativa "di guerra". Quella è solo una delle componenti possibili del romanzo di spionaggio. Non ci si dove dimenticare della questione di base: spy-story significa storia di spie.
Per citare di nuovo Sun-Tzu, lo spionaggio è una fase anteriore a quella bellica. Implica indagini, raccolta di informazioni e analisi: se si pensa a Le Carré, si trovano molti dialoghi e ben pochi proiettili. Questo non significa che il vostro romanzo debba consistere solo in tre o quattro persone che discutono per trecento pagine chiuse in una sala riunioni: chi legge Segretissimo o la spy-story in generale, di solito si aspetta anche l’azione. Quindi non è escluso che, a un certo punto di un romanzo o nell’ambito di un intero racconto, possiate raccontare anche un’operazione delle forze speciali. Più che legittimo. Purché abbiate un’idea del tipo di armi impiegate: come ho già spiegato, non potete scrivere solo “la cosa che fa bang bang”; ma vi assicuro che ci sono testi che permettono di trattarne con un minimo di competrnza senza bisogno di essere un ex mercenario, pilotare elicotteri o andare tutti i giorni al poligono di tiro.
Tuttavia le spie devono fare le spie e chi ne scrive deve avere nozioni di base sui servizi segreti, in particolare quelli operanti nello scenario prescelto per la vicenda. In questo vi può aiutare persino Wikipedia, nelle sue edizioni in varie lingue, dove sono riportate sigle e storia delle principali agenzie di intelligence del mondo. Quindi anche su questo versante occorrono ricerca e documentazione. Non è facile né immediato scrivere un romanzo di spionaggio dalla trama plausibile e dallo svolgimento interessante, perché stiamo sempre parlando di letteratura di genere a scopo di intrattenimento. D’altra parte non potete nemmeno diventare food creators, come si dice oggi, senza conoscere gli ingredienti e sapere come combinarli.

Continua...

Nota: il libro Le grandi spie edito da Vallardi è disponibile ormai da anni soltanto in ebook (che trovate per esempio su IBS e su Amazon) ma di recente ho recuperato alcune copie ancora nuove del volume rilegato di oltre 320 pagine. La disponibilità è limitata ma, se siete interessati ad acquistarlo al prezzo di 20,00 euro (incluse spese di spedizione postale), mi potete contattare all'indirizzo email borderfictionzone@gmail.com indicando come oggetto "Le grandi spie".

(immagine: Selene Feltrin è Nightshade in una foto di A. C. Cappi)

Leggi anche gli articoli precedenti:

Guarda il video esplicativo "La spy story perfetta"

Guarda "Le grandi spie" con Corrado Augias e Andrea Carlo Cappi





Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Per Delos Digital cura la collana in ebook Spy Game.

jueves, 2 de marzo de 2023

Amore al limite


Poesia di Fabio Viganò

Se ho vinto, se ho perso
l’ho fatto per te.
L’amore non ha limite.

Tutti i percorsi affrontati,
le salite a denti stretti,
non sono stati mai facili.

Se ho vinto, se ho perso
è solo un futile particolare.
L’amore non ha limite.

Né il sudore stillato, né il sangue versato
nemmeno le lacrime piante vaniranno.
L’amore non ha limite.

(Nella foto: Fabio Viganò)


miércoles, 1 de marzo de 2023

Vita da pulp - Spy story: azione o non azione?


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Ho dedicato gli articoli precedenti, Scuola di spie e Questione di intelligence, all’importanza della spy story, alle sue origini e ai suoi legami con la realtà, notando l'attuale scarsa percezione del pubblico italiano sull’argomento. Eppure da noi meglio che altrove si dovrebbe sapere che un certo tipo di letteratura avventurosa, diciamo pure "di azione", a volte spiega persino i retroscena di situazioni reali.
Per almeno tre generazioni di lettrici e lettori i romanzi di Emilio Salgari rappresentarono il primo incontro con la narrativa... e tengo a precisare anche "lettrici", perché un certo tipo di letteratura non era ancora considerata "roba da maschi". Molti suoi libri di avventura esotica di ambientazione a lui contemporanea, benché nati a puro scopo di intrattenimento, erano un riflesso della realtà internazionale del periodo, dalla Malesia al Sudan. Noto anche al di fuori dei confini italiani, con la componente di denuncia che talvolta lo caratterizzava influì su parecchia letteratura in lingua spagnola e persino sulle gesta rivoluzionarie di un celebre argentino di cui non posso fare il nome, perché su alcune reti sociali fa scattare una censura immediata.
Ebbene, Salgari fu un antesignano della moderna spy-story d'azione, in cui come nei suoi libri si uniscono avventura ed esotismo. Non a caso il maggior autore italiano di narrativa popolare (e di spionaggio in particolare) a cavallo del XX e del XXI secolo, cioè  Stefano Di Marino. gli fu paragonato più volte.

Ma, partendo dalla tradizione del feuilleton e miscelandola con suggestioni dal poliziesco americano degli anni Trenta-Quaranta, fu soprattutto la scuola spionistica francese a definire la formula più efficace per una serie di romanzi di spionaggio: identificare situazioni di tensione nella cronaca internazionale e ambientarvi una storia più o meno avventurosa. Una metodologia che, seguendo il flusso della realtà, fornisce un’infinità di spunti a un autore seriale. Il creatore del filone è Jean Bruce con OSS 117, misteriosamente divenuto "OS 117" nella versione italiana con cui nel 1960 venne lanciata la collana Segretissimo. Il personaggio  apparve nel dopoguerra, anticipando di qualche anno l'agente 007, e avrebbe avuto svariati adattamenti cinematografici, tra cui le recenti versioni parodistiche con Jean Dujardin. Bruce traeva ispirazione dall'hardboiled, ossia quel filone del pulp che da noi sarebbe stato chiamato "giallo d'azione", ma a suo modo anche dai moschettieri di Dumas
Il James Bond 007 letterario di Ian Fleming (cui, dopo Roald Dahl, tocca in questi giorni il revisionismo "politicamente corretto") ebbe di sicuro grande importanza, anche per il valore intrinseco di alcuni suoi romanzi. Come notava Umberto Eco, nei libri di Fleming le pagine di azione erano improvvise, di breve durata e per questo molto efficaci. Lo scrittore ebbe solo una dozzina di anni di pubblicazioni spionistiche: dal 1953 con l'uscita del primo libro al 1965 con la pubblicazione dell'ultimo romanzo, uscito postumo mentre scoppiava la Bondmania cinematografica. Ma bastò a generare sia una legione di epigoni avventurosi su entrambi i lati dell’oceano (alcuni memorabili. anche se oggi dimenticati), sia per contrasto una corrente di spy-story più realistica, con Len Deighton e John Le Carré. Da notare che Bruce, Fleming e Le Carré, come del resto William Somerset Maugham e Graham Greene, avevano realmente lavorato nello spionaggio prima di scriverne. Ne parlerò in un articolo successivo.
Ma l’autore di spy-story dal maggior successo commerciale nel mondo intero fu e rimane l'ex giornalista Gerard De Villiers, con i duecento romanzi della serie S.A.S. (nessun legame con i corpi speciali britannici SAS) tuttora in ristampa da Segretissimo in una collana cronologica. I suoi libri contenegono una quota di azione e una forte componente erotica, inserita per un chiaro intento commerciale e divenuta ancora più esplicita dagli anni Ottanta, ma non estranea al vero mondo delle spie, come spiegavo nell'articolo precedente. L'aspetto più significativo è che De Villiers seguì con lucide analisi mezzo secolo di storia contemporanea. Perciò veniva letto con attenzione non solo dal pubblico di massa in cerca di thriller, ma anche da persone di cultura media o alta senza alcuna distinzione politica o sessuale (anche in questo caso, non si trattava di "roba da maschi").

La narrativa spionistica quindi non consiste solo in un collage di scene d’azione ricalcate dai film di James Bond 007 o Mission: Impossible. Lo 007 dello schermo ha aggiunto glamour, azione e fantatecnologia alle storie originali di Fleming, a volte trasformandole, a volte stravolgendole. Mission: Impossible nacque in tv negli anni Sessanta sull’onda del successo dei film di 007, applicando elementi fantasiosi e fantatecnologici a contesti di spionaggio e criminalità internazionale pressoché realistici; nella sua ripresa cinematografica si caratterizza invece con l’innesto di sequenze acrobatiche “impossibili”. Nulla da dire sull’intrattenimento (dico la verità: non me ne perdo uno!) Ma fino a trent’anni fa le cronache della Guerra Fredda permettevano al grande pubblico di comprendere che quel tipo di spy story era solo una versione fantasiosa e spettacolarizzata dell’argomento.
Lo spionaggio vero, lo sappiamo, assomiglia perlopiù ai romanzi di Le Carré o Deighton, tra i pochi in grado di mantenere desto l’interesse del pubblico pur raccontando di indagini sottili e sfumature impercettibili... ma questo non esclude che possano verificarsi anche nella realtà situazioni che somigliano davvero a scene da action movieQuindi è più che legittimo che la variante più diffusa della letteratura spionistica, alta o bassa che sia, tenga agganciati alla pagina anche con un senso di avventura.
Dunque, azione o non azione? Autore anche di preziosi testi di scrittura creativa, uno dei quali dedicato proprio alla narrativa di spionaggio, Stefano Di Marino amava sottolineare l'importanza di una miscela equilibrata tra action e spycraft, ovvero le tecniche di chi opera realmente nel mondo dei servizi segreti. Non a caso è stato per oltre venticinque anni, al pari di De Villiers, una delle due colonne della collana Segretissimo, dalla quale il pubblico si aspetta senz'altro romanzi di azione. Ma nel 2019 Di Marino diede vita per Delos alla collana in ebook Spy Game - Storie della Guerra Fredda, in cui come curatore privilegiava una linea più vicina a quella dei classici di Le Carré e Deighton. Come ci si prepari dunque per scrivere storie di spionaggio – e perché non sia così facile come si crede – sarà l’oggetto del prossimo articolo.

Continua...

(immagine: A. C. Cappi in una foto di Vittoria Maggio, 1997)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Per Delos Digital cura la collana in ebook Spy Game.

viernes, 24 de febrero de 2023

Il racconto breve più politicamente corretto della storia della letteratura


di Andrea Carlo Cappi

La recente polemica riguardante la "riscrittura" in chiave politicamente corretta delle opere di narrativa per l'infanzia del grande Roald Dahl da parte di un suo editore, che pare si sia conclusa con la decisione di non far sparire i testi come sono stati scritti, bensì di far convivere le due diverse edizioni, quella originale e quella censurata, mi ha riportato alla mente che avevo affrontato il tema il 25 febbraio del 2011, quando su Facebook tenevo la mia rubrica "Il racconto del venerdì".
Com'è noto, oggi l'unico modo per risolvere questioni di razzismo, maschilismo e via dicendo non è combattere sul serio discriminazione e sopraffazione, per esempio insegnando alle nuove generazioni a non praticare l'una e l'altra. No, bisogna prendersela con la letteratura, i fumetti, la televisione o il cinema, vale a dire tutto ciò che, quantomeno a gente come me, ha insegnato a non essere razzista, maschilista e via dicendo. Il problema è che è impossibile rispettare la sensibilità di tutti, specie quella di fanatici intolleranti.
Per esempio, anni fa su questo blog pubblicai un racconto imperniato su una donna realmente vissuta un secolo prima (e vittima di un celebre caso di femminicidio ante litteram), illustrandolo con un'immagine ricavata dal "Corriere della Sera", l'unica esistente della protagonista della vicenda: una foto artistica in cui costei appare a seno parzialmente scoperto. Quando misi su Facebook il link alla pagina, il post fu bloccato dal noto social network e il blog messo in punizione per alcune settimane, perché vi si scorgeva un capezzolo femminile: una cosa che chiunque può vedere su una spiaggia, ma disturba la sensibilità dei talebani che vogliono le donne in burka (e per i quali sospetto che il femminicidio non sia nemmeno un reato).
In ogni caso già dodici anni fa avevo indicato la via da percorrere: scrissi un racconto "politicamente corretto al di là di ogni ragionevole dubbio o sospetto", prendendo "ogni possibile accorgimento per riuscirci. Questa volta nessuno, davvero nessuno si potrà offendere o trarre motivo alcuno di risentimento dalle parole di questa breve storia".
E quindi preparatevi a leggere...

Il racconto breve più politicamente corretto della storia della letteratura

"                    ?"          .
"                             '                 '   ?" .
"                                  ! ..."
                ,                    ,                 .
"                         ...?"
"                         ",            .
"                      ,                        ?"
"                                    ."


FINE

jueves, 23 de febrero de 2023

Vita da pulp - Questione di intelligence

Chistine Keeler, photo by Lewis Morley, 1963

Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Riprendiamo l’argomento della spy story come riflesso dello spionaggio nel mondo reale, ossia la rappresentazione più o meno realistica (stiamo parlando di narrativa, soprattutto a scopo di intrattenimento) di una componente invisibile ma determinante della cronaca internazionale.
Oggi esistono computer, satelliti e droni, ma alla fine dei conti l’essenza dell’azione segreta rimane la stessa dei tempi di Sun-Tzu e del suo L’arte della guerra: un Paese deve spiare i propri nemici per sapere il più possibile sul loro conto, evitare che gli altri lo spiino a loro volta e infine inondare gli avversari di fake news fino a confonderli. Si vedano a questo proposito i miei documentari (artigianali) dedicati a incredibili ma veri episodi della Seconda guerra mondiale: quelli del maggiore inesistente e del falso generale, due inganni che salvarono il mondo e che furono poi raccontati in libri e film.
Un aspetto da non trascurare nell’attività di spionaggio, tuttavia, è la corretta analisi del materiale raccolto: puoi avere l'intelligence (inteso come l’insieme delle informazioni raccolte) migliore del mondo ma, se non sai interpretarlo, ciò che fornisci a chi deve farne uso non è altro che inutile o fuorviante bad intel, come si dice in gergo. Pensate a un’azienda il cui manager, circondato da yes-men, arriva a illudersi di avere un potenziale superiore a quello di un rivale e di conseguenza incorre in imbarazzanti sconfitte sul mercato. Lo stesso può capitare a un leader narcisista cui i servizi segreti forniscono solo rapporti compiacenti nel timore di deluderlo, infastidirlo e subire punizioni; con la differenza che il leader, una volta disconnesso dalla realtà, provoca un'inutile ecatombe; ne abbiamo un drammatico esempio da un anno a questa parte. Sun-Tzu scuoterebbe il capo.

Ma, prima che i soliti haters decidano di far censurare anche questo articolo, torniamo alla letteratura. Poiché la parte strettamente "umana" dello spionaggio e della politica internazionale non è sostanzialmente cambiata nei secoli, nella sua trasposizione letteraria certi elementi persistono con il mutare di luoghi, situazioni e scenari, da I tre moschettieri di Dumas a Dalla Russia con amore di Fleming. Quindi c'è molto da imparare tanto dai classici del genere quanto da storie scritte ora ma ambientate in altre epoche.
La narrativa spionistica come la intendiamo oggi nacque nei primi decenni del Novecento in Gran Bretagna, già patria del primo intelligence service moderno. Rispecchiando la realtà, mutuò caratteristiche dalla detective story, ma anche dal romanzo esotico-avventuroso e persino da quello erotico: il sesso è del resto un fattore inscindibile dallo spionaggio, se pensiamo a Mata Hari, al Salon Kitty di Berlino, a Christine Keeler (la protagonista dello Scandalo Profumo, in alto nella celebre foto di Lewis Morley) o ai seduttori professionisti della Stasi negli anni Ottanta. Il fenomeno letterario dello spionaggio, complice talvolta una componente propagandistica, esplose in Occidente tra la Seconda guerra mondiale e la Guerra Fredda. Esisteva peraltro anche una spy story sovietica e tra i fan che indusse a diventare eroici agenti del KGB (o, più spesso, biechi burocrati della repressione) ci sarebbe stato anche l'attuale leader del Cremlino.
Come dicevo la volta scorsa, è nel 1960 che appare nelle edicole italiane Segretissimo, collana di Arnoldo Mondadori Editore realizzata sul modello de Il Giallo Mondadori ma dedicata esclusivamente alla narrativa di spionaggio. La sua importanza è tale che viene pubblicata tuttora con successo, con una presenza crescente di romanzi italiani arrivata oggi a mettere in netta minoranza i contributi stranieri alla collana.

Come in ogni sottogenere della narrativa popolare, la spy-story può avere moltissime declinazioni e ibridazioni, la più clamorosa delle quali è quella fantatecnologica, da oltre sessant’anni familiare al grande pubblico attraverso alcune versioni cinematografiche di James Bond 007. Pertanto due film diversissimi come La spia che venne dal freddo (1963, tratto da un capolavoro di John Le Carré) o La spia che mi amava (1977, pellicola fantascientifica che conserva solo il titolo di un romanzo, curiosamente non spionistico, di Ian Fleming) possono rientrare entrambi nella categoria dello spionaggio.
La spy fiction si è mescolata anche con la fantapolitica (l’elaborazione di scenari possibili nel prossimo futuro, sulla base di situazioni attuali), il technothriller (basato su aspetti scientifico-tecnologici attuali, imminenti o ipotetici, in ambito bellico) e il combat thriller (incentrato su operazioni militari più o meno clandestine). E ormai una vicenda di spionaggio ambientata durante le guerre mondiali o la Guerra Fredda può considerarsi narrativa "storica". In tutto questo, s'intende si sono creati stereotipi e schemi ripetitivi, soprattutto a imitazione dei film di 007 di metà anni Sessanta. Ma, pur mantenendo le caratteristiche di base, il filone continua a evolversi: l'Undici Settembre, oltre alle Torri Gemelle, ha spazzato via buona parte dei cliché, insieme all'assurdo slogan secondo cui la spy story sarebbe finita insieme alla Guerra Fredda. Invece, come dichiarò proprio nel 2001 John Le Carré, c'è ancora molto da raccontare.
Nel frattempo, dicevo, si è finalmente consolidata una vera e propria scuola italiana della spy story, il che sarebbe di per sé una notizia se i media nazionali si fossero degnati di accorgersene in questi decenni. Quindi lo dico e lo ripeto. Oltre ai numerosi titoli made in Italy in edicola e ebook da Segretissimo, con e senza pseudonimo straniero in copertina, è appena rinata la collana in ebook di Delos Spy Game - Storie della Guerra Fredda, firmata esclusivamente da autrici italiane e da autori italiani. Eppure, proprio oggi, ci sono parecchi dubbi su cosa sia e come si scriva questo sottogenere fondamentale del mystery e del thriller. Una questione di intelligence, insomma. Vedremo di fare chiarezza nei prossimi articoli.

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Per Delos Digital cura la collana in ebook Spy Game.

jueves, 16 de febrero de 2023

Vita da pulp - Scuola di spie


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Per le persone nate e cresciuta in piena Guerra Fredda, alimentandosi di notizie, narrativa e cinema sulle tematiche di quel periodo, la letteratura di spionaggio è un concetto così familiare da non avere bisogno di spiegazioni. Oltre a essere un sottogenere importantissimo del thriller, spesso è uno strumento di estrema utilità per scoprire aspetti poco noti della storia recente o della cronaca contemporanea in fieri. Per questo non è facile scriverla, quantomeno se non si vuole realizzare un banale prodotto imitativo.
Mi accorgo però che, a oltre trent’anni dalla fine della Guerra Fredda, l’argomento “spionaggio” è ormai sconosciuto ai più, pur essendo tuttora di estrema attualità. Il pubblico "generalista" legge sempre meno spy-story, perché non sa cosa sia. Oppure la ritiene astrusa, poco interessante, troppo fantasiosa o "di azione"... e persino politicamente scorretta.
“Figurati se esistono davvero gli agenti segreti!” si sente dire. Il che conduce a un paradosso colossale: si ignora l’operato dei servizi di intelligence in un’epoca in cui questi influiscono persino su ciò che siamo indotti a pensare. Insomma, quando si parla di spionaggio, non solo nella narrativa ma anche nella realtà, la maggior parte delle persone non capisce o non ascolta. Più che alle spie, è molto più facile credere alle scie (chimiche).

La confusione generale contamina persino chi sa dell’esistenza della spy-story e vorrebbe addirittura dedicarcisi: come ho constatato da domande che mi sono state poste negli ultimi anni, non è più ben chiaro di cosa si tratti.
Urge un corso rapido di aggiornamento, che occuperà questa e altre puntate della rubrica Vita da pulp. Ripeterò alcuni concetti di cui ho parlato in precedenza, ma sarà inevitabile per fare un discorso unitario e, spero, illuminante. Quindi... benvenute e benvenuti alla mia "Scuola di spie" (letterarie, beninteso).
E, sì, non è un caso se affronto questo argomento proprio ora che riprende, sotto la mia direzione, una collana in ebook di Delos Digital creata nel 2019 da Stefano Di Marino, Spy Game - Storie della Guerra Fredda, alla quale partecipano autrici e autori della narrativa spionistica made in Italy

In primo luogo, lo spionaggio non è una finzione letteraria: esiste da tempo immemorabile. Ne parlava duemilasettecento anni fa il generale cinese Sun-Tzu (raffigurato nell'immagine qui sopra), quando ne L'arte della guerra teorizzava la possibilità di usare le spie per vincere senza nemmeno combattere. Si trattava, già allora, di raccogliere informazioni su quanto succede in patria e fuori, occultare i propri segreti e ingannare gli avversari. Nel corso del XX secolo la maggior parte dei paesi trovò necessario dotarsi di servizi segreti, i cui obiettivi sono appunto:
-lo spionaggio all’estero, quindi scoprire i segreti degli avversari, ma a volte anche quelli dei propri alleati, non sempre tutti davvero "alleati" sino in fondo; ciò avveniva anticamente mediante human intelligence (humint, ovvero notizie scoperte da spie o rivelate da infiltrati e doppiogiochisti in territorio nemico) e in tempi più tecnologici anche con il signal intelligence (sigint, ovvero intercettazione e decrittazione di messaggi segreti degli avversari), per poi arrivare ai tempi moderni in cui si aggiungono satelliti, droni e palloni meteorologici "spinti fuori rotta dal vento" 
-il controspionaggio in patria, che in certi regimi però implica anche la spietata repressione del dissenso e delle più basilari libertà individuali
-la disinformazione, che può consistere sia nell'illudere gli avversari di conoscere segreti altrui (che in realtà sono informazioni false fabbricate ad arte), sia nel diffondere notizie adulterate per orientare in modo conveniente l'opinione pubblica dei paesi rivali; questa tecnica, realizzata nel XX secolo pilotando organi di informazione all'estero e diffondendo trasmissioni radio di propaganda in diverse lingue, oggi si mette in pratica attraverso l'introduzione di fake news nelle reti sociali e procurandosi l'ignara collaborazione di chi le prende per vere e le propaga a sua volta, in preda all'indignazione.
La letteratura di spionaggio, intesa sia come opere ad alto livello, sia come narrativa popolare di intrattenimento, racconta tutto ciò. Sotto certi aspetti è molto simile alla letteratura mystery e thriller: non a caso, prima che l’editore Mondadori constatasse nel 1960 la necessità di creare una pubblicazione dedicata esclusivamente alla spy-story, cioè Segretissimo, i romanzi di spionaggio uscivano ne Il Giallo Mondadori, risorta nel 1946 dopo la chiusura per ordine del regime; lo stesso valeva per la collana Gialli Garzanti tra gli anni Cinquanta e Settanta. Come giallo e noir si ispirano alla cronaca nera per trarne vicende poliziesche e criminali più o meno realistiche, così la spy-story è un riflesso della cronaca internazionale presente o passata. È questo uno dei riferimenti da tenere sempre in considerazione, come vedremo nelle prossime puntate.

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Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Per Delos Digital cura la collana in ebook Spy Game.