martes, 27 de octubre de 2015

SPECTRE, SPECTRE delle mie brame...



Recensione di Andrea Carlo Cappi


Un vecchio amico è tornato sullo schermo, con un titolo che evoca gli anni Sessanta e quel modo completamente diverso di vivere i film, la narrativa e molte altre cose. Un'epoca in cui un personaggio di successo come James Bond poteva scatenare entusiasmi da squadra di calcio... o da Beatles. Difficile affrontare un mito del genere e il compito che il regista e gli sceneggiatori si sono assunti è una bella sfida. Anzi, una sfida epica.
Perché un film che comincia in Messico con un lungo e acrobatico piano-sequenza (che impone all'interprete principale di camminare su un cornicione senza controfigura) dichiara in modo esplicito di volersi confrontare non soltanto con oltre cinquant'anni di film dedicati all'agente 007 di Ian Fleming, ma anche con la stessa storia del cinema... in particolare con la memorabile scena iniziale de L'infernale Quinlan di Orson Welles.
E con questo il regista Sam Mendes pone dei traguardi molto elevati a tutto il resto della pellicola. Che si rivela il film più lungo dedicato al personaggio, con uno sviluppo romanzesco adeguato al titolo e una serie tale di sorprese, ritorni in scena di vari personaggi, collegamenti a tutti i film del nuovo ciclo con Daniel Craig cominciato nel 2006... che l'invito della Sony Pictures rivolto prima della proiezione ai giornalisti perché non brucino le sorprese è di fatto un invito a non raccontare nulla, per non guastare agli spettatori il piacere di scoprire tutto quanto sullo schermo, man mano che avviene.
Non arrivo a dire che si tratti del miglior film di James Bond di tutti i tempi: quello è un primato che, a mio avviso, si contendono Dalla Russia con amore di Terence Young e Casinò Royale di Martin Campbell. Ma mi sento di affermare che il confronto con i vecchi film funzioni. A patto che lo spettatore non voglia rivedere un film anni Sessanta con scienziati pazzi e nascondigli nei vulcani, un gioco narrativo che spesso tradiva i romanzi di Ian Fleming e poteva funzionare giusto a quell'epoca. Qui invece, come sempre da quando Craig ha assunto il ruolo, il personaggio in scena è molto vicino al James Bond come lo ha creato Ian Fleming e come lo ha fatto rivivere Raymond Benson in tempi piu recenti. Più serio, più duro, più noir, come deve essere. Anche le piccole concessioni all'umorismo, qui un po' più numerose del solito, non arrivano all'eccesso. Così come l'impiego di gadget tecnologici, presenti in omaggio ai vecchi tempi, non è esagerato.
Non siamo più alla fine degli anni Cinquanta, quando Fleming pubblicò il primo libro in cui appariva l'organizzazione chiamata SPECTRE, ma la versione hi-tech che vediamo in questa pellicola è molto più vicina a com'era in Operazione Tuono (romanzo e film) rispetto alla gang fantatecnologica vista in altre occasioni. Un centro di potere occulto che cerca di muovere i fili del mondo - un attentato qui, una persona giusta là - perseguendo i propri interessi. Un idealismo "visionario" che, guarda caso, assegna il controllo totale a una sola persona. Non manca del resto una citazione di George Orwell e del suo 1984.
Ma non mancano neppure le strizzate d'occhio ai vecchi film, le suggestioni che richiamano Dalla Russia con amore e Al servizio segreto di Sua Maestà, ma che non si rifanno solo alla vita cinematografica di James Bond. Di tanto in tanto spunta anche Fleming, in qualche allusione ma soprattutto nei momenti in cui l'azione si spegne e restano i personaggi, faccia a faccia con i loro drammi. Insomma, vecchi amici e vecchi nemici riadattati ai tempi, ma con emozioni familiari, che sanno di bel cinema di intrattenimento e, a volte, anche un po' di feuilleton.

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