sábado, 20 de marzo de 2021

Il punto di vista del misantropo


Nel marzo 2020 la gente cominciò a notare qualcosa di strano. Essendo del tutto priva di memoria storica, ignorava che giusto un secolo prima era successa la stessa cosa: una pandemia globale chiamata Spagnola (dal nome del paese in cui il virus fu identificato per la prima volta, anche se era già diffuso altrove) che totalizzò sul pianeta un numero imprecisato di morti - tra i 17 e i 100 milioni - su 500 milioni di contagiati. Non c'era nemmeno il mondo globalizzato di oggi, eppure la Spagnola era arrivata dappertutto. No, non era un complotto, non c'era un virus sfuggito a un laboratorio. All'epoca si lavorava perlopiù sulle armi chimiche, non c'era il 5G e la medicina era indietro, appunto, di un secolo.
Per dare un'idea, ecco qualche informazione che di solito non si studia a scuola, perché i programmi di Storia arrivano se va bene al XIX secolo. La Prima guerra mondiale causò circa 25 milioni di morti (escludendo dalla cifra la prima ondata della pandemia); la Seconda guerra mondiale arrivò a 70-85 milioni di morti (includendo i vari genocidi). Una pandemia può provocare un numero di vittime pari a una guerra mondiale.
Con il Covid-19, le misure approssimative, tardive e improvvisate, ma in qualche modo efficaci, sono riuscite a contenere il numero di morti: al marzo 2021 "solo" 2,7 milioni su circa 780 milioni di contagiati. Cifra che non considera i sopravvissuti (chi ha rischiato la vita o chi tuttora soffre della sindrome nota come Long Covid, che oltre a interminabili sofferenze fisiche comporta anche seri problemi alla memoria, con grandi difficoltà nella vita e sul lavoro) né le famiglie che non hanno più visto i loro cari, né chi ha perso o sta perdendo i mezzi di sostentamento.
Forse non si tratta di "una normale influenza"; sacrifici e cautele servono a limitare i danni e a ripristinare al più presto una situazione più vivibile. D'altra parte non dimenticate quello che hanno passato i vostri padri, nonni o bisnonni tra il 1940 e il 1945, quando per dare ascolto a un influencer che parlava alle folle esultanti da un balcone e via radio, l'Italia ebbe circa mezzo milione di morti (non se se nel conteggio siano inclusi i deportati nei campi di sterminio, vittime delle leggi razziali) e si ridusse a un cumulo di macerie.
Nel marzo 2020, tra le varie iniziative per mantenere viva la cultura in tempo di lockdown, ci fu anche quella del Caffè letterario Busto Arsizio, cui partecipai con un breve scritto che parafrasava il titolo di un racconto di Andrea G. Pinketts e che vi ripropongo qui.

IL PUNTO DI VISTA DEL MISANTROPO
di Andrea Carlo Cappi

Il misantropo non esce nelle notti di luna piena. Anzi, se può, non esce mai la sera. Se gli dicono di restare a casa anche di giorno, non si sente affatto a disagio. Si sente a casa, appunto.
Le sue quattro mura sono anche il suo ufficio, da vent’anni. Ma prima che lo diventassero, ha letto e visto abbastanza storie di fantascienza da saper affrontare il virus Andromeda, il T-virus e il Lato Oscuro della Forza. Si rammarica solo che gli alieni non abbiano scelto proprio questo momento per invadere la Terra, perché – come insegna H. G. Wells – non durerebbero due settimane.
Per tutti gli altri, invece, l’alieno è lui. Viene guardato con sospetto perché non si adegua alle consuetudini. Oltre che misantropo – Oh, Lord – è pure misunderstood. Non è classificabile, quindi rientra nella categoria dell’ignoto. Gli altri umani hanno paura dell’ignoto, quindi sperano che si estingua. Perlomeno quando non sono preoccupati per la propria estinzione. Ma lui è abituato a sopravvivere.
Il misantropo è resiliente.
Sta per i fatti suoi. Non ulula sui social network. Quindi, a suo modo, è in perfetta armonia con l’universo. Non ama particolarmente gli animali, a parte The Animals. Ma non abbaia e non morde. È civile, solidale ed ecocompatibile. Gira a piedi e non inquina; fuma solo sigari, totalmente biodegradabili; quando esce di casa – giusto il tempo di andare in edicola, al tabaccaio o al supermercato, anche in tempi non sospetti – mantiene una distanza di due metri dagli altri, perché l’aroma del toscano non infastidisca i passanti. Se deve prendere il tram, dove non si può fumare, resiste alla tentazione di uccidere il vegliardo che nella carrozza vuota si piazza a cinquanta centimetri da lui per tossirgli addosso.
Il misantropo è resistente.
Crede nella riproducibilità dell’opera d’arte, ma non si ritiene tale, pertanto non si riproduce. Ora però si rende conto di dover preservare se stesso per salvaguardare la civiltà, nel caso un giorno interessasse ancora a qualcuno. Forse non molto, da come andavano le cose anche prima. Intanto lavora e fuma sul terrazzino, benché non sia ancora primavera: a qualcosa serve il riscaldamento globale. E, se anche gli altri restano a casa, l’aria di Milano è un po’ più respirabile.
Il misantropo non è ottimista. È un pessimista preventivo. Aspetta e spera che un giorno il mondo capisca di avere bisogno di lui. D’accordo, forse vive di speranze. Ma nel frattempo vive.

13 marzo 2020

Immagine: autoscatto di A. C. Cappi

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