Do molta importanza al mio pubblico, senza il quale non potrei esistere come scrittore. Sicché cerco sempre di rispondere ai messaggi che mi giungono da lettrici e lettori, riguardo a ciò che scrivo o a ciò che traduco.
Anche se, lo confesso, ho un problema quando su Messenger o Whatsapp me ne arriva uno con scritto solamente: "Ciao".
E basta.Forse si presume che io risponda a mia volta "Ciao" e dia inizio a un'amabile conversazione, nel corso della quale mi verrà spiegato il senso del messaggio. Ma non è detto che - sempre che me ne accorga in tempo reale - possa rispondere subito. In quel momento sto di certo facendo qualcosa: scrivendo, mangiando, prenotando la prossima dose di vaccino, dormendo, rispondendo a un messaggio urgente di posta elettronica da cui dipende un bonifico in arretrato da due anni, correndo per prendere al volo il bus 42 alla fermata di Niguarda Nord...
Un po' come per le telefonate: non è detto che si possa sempre rispondere subito. Ricordo una volta che mi suonava ossessivamente il cellulare nella tasca ma non potevo rispondere, perché stavo attraversando di corsa da un capo all'altro l'aeroporto di Madrid, portando a tracolla il contenitore cilindrico dell'urna con le ceneri di mia madre; ho richiamato solo dopo l'atterraggio a Malpensa.
Quando mi arriva un "Ciao", la mia politica è aspettare di avere altre informazioni. In particolare, che mi venga esposta la questione del momento, dimodoché io possa rispondere in modo coerente.
"Ciao, perché hai scritto la tal frase..."
"Ciao, dove appare il tal personaggio..."
"Ciao, si trova ancora il tal libro in commercio..."
Una volta, mentre ero in metropolitana, mi arrivò un messaggio che richiedeva una risposta immediata, perché il mittente era in una libreria e voleva sapere se un tal romanzo da me tradotto fosse bello o una boiata (Ho risposto che era una boiata, ma c'era un'ambientazione interessante per cui l'ha comprato lo stesso.)
Facile dare una risposta, quando si sa quale sia la domanda.
"Ciao" è un graditissimo segno di cortesia ma, se la comunicazione si limita a questo, non è un indizio sufficiente a capire quale sia l'argomento. Tuttavia il mittente del "Ciao", vedendo che non rispondo, si arrende in preda alla delusione e non svela l'essenza di ciò che desiderava sapere da me. Dopodiché il "Ciao" svanisce nella marea di messaggi successivi e viene dimenticato. Rimane il dubbio che il testo completo fosse: "Ciao, come si disinnesca un ordigno nucleare quando il timer segna meno trenta secondi?" e che ormai il mittente si sia dissolto in una nube di radionuclidi.
Un'altra categoria di messaggi criptici è quella in cui buona parte del testo rimane nella testa del mittente. Per quanto possa essere una persona di cui si conoscono gli interessi, a volte da una singola frase è difficile immaginare di cosa diavolo stia parlando. Se ti arriva di punto in bianco il messaggio "Meglio stendere un velo pietoso" ma, a meno di possedere doti telepatiche, non sai quale sia l'oggetto dell'osservazione, è arduo replicare in maniera sensata.
Il mio modesto consiglio: lo so che le chat sono un mezzo di comunicazione rapida, ma a volte le 5W (what, who, where, when, why) possono essere utili anche nelle comunicazioni interpersonali.
Ah, dimenticavo: "Ciao".
Continua...
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.
(Immagine: A. C. Cappi in una foto di Daniela Basilico)