miércoles, 28 de agosto de 2024

Per le strade con Julian Opie


Reportage e fotografie di Andrea Carlo Cappi

Ho incontrato i suoi personaggi quattro mesi fa per le strade del centro storico di Palma de Mallorca, ma non ho fatto in tempo ad approfondire l'argomento e a scriverne se non ora, a solo un fine-settimana dalla fine della sua esposizione pubblica e gratuita in una città sempre più vivace anche sul piano dell'arte contemporanea condivisa.
L'artista visivo e scultore Julian Opie, nato a Londra nel 1958 e attivo dal 1982, si ispira alla segnaletica stradale e alla sintesi del logo per esprimere ritratti ridotti all'essenziale, architetture condensate in profili e figure che richiamano quelle dei geroglifici egizi riadattate ai nostri tempi. La sede principale di questa sua mostra è La Lonja (o "Sa Llotja" nella lingua locale, il balearico-maiorchino), ovvero la loggia dei mercanti, costruzione gotica del XV secolo.



Nella piazza all'esterno torreggiano "Julia" e "Joshua" (2024), figure in acciaio galvanizzato su base di cemento (foto in apertura e sopra).





All'interno di Sa Llotja si incontrano sul lato destro i "ritratti" in cemento di Nethaneel, Jiwon, Charles ed Helena (2023, foto sopra).




Sulla sinistra si allineano le figure in alluminio, dipinte con vernice automobilistica, "Black Cap", "Blue Jeans", ""White Hat" e "Purple Bottle" (2023).




Al centro di Sa Llotja vediamo le torri "Universidade", "Estrela", "Se de Averio" e "Ildefonso" (2020, foto sopra), che ritroviamo sotto forma di vessilli in poliestere oscillanti al vento nella collezione "Portuguese Towers" esposta invece poco lontano, nel cortile di Casal Solleric sul Passeig d'Es Born (video sotto).


All'esterno, nella vetrina di Casal Solleric, vediamo invece animarsi le figure di "Daytime" (2021), cui si aggiungono le immagini double face di "Coffee" (2021) vicino alle Sfingi del Passeig d'Es Born, nei pressi di Plaça Reina, e di "Trotting Horse" (2023) lungo il Passeig de Segrera, a un passo da Sa Llotja.




L'esposizione - patrocinata dal Govern de les Illes Baleara e dall'Ajuntament de Palma, con la collaborazione della Galeria Mario Sequeira, che rappresenta l'artista in Portogallo - ribadisce non solo quanto Sa Llotja sia preziosa anche come spazio per mostre oltre che come opera architettonica in sé, ma anche il ruolo persistente di Casal Solleric come referente dell'arte e della cultura contemporanea. La mostra, inaugurata il 26 aprile, si conclude il 31 agosto 2024








martes, 16 de julio de 2024

Vita da pulp - Libri introvabili e dove non acquistarli


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Ho intravisto sulle reti sociali alcune osservazioni, presumo, di librai giustamente risentiti: giorni fa un articolo della versione online di un famoso quotidiano riportava la classifica di un noto premio letterario, con le schede dei libri relativi e un "pulsante" che rimandava alle pagine corrispondenti su Amazon. A infastidire i librai è il fatto che il titolo dell'articolo sia formulato nei termini "Dove acquistare il libro vincitore e gli altri finalisti", che suona come se, stando alla prestigiosa testata, questi si trovasserno solo ai link proposti.
Non sono in Italia in questo momento, ma suppongo che i titoli finalisti e quello vincitore del Premio Strega siano ben esposti nella maggior parte delle librerie della Repubblica. D'altra parte sono pubblicati da editori che hanno ottime possibilità di essere ben distribuiti. Quindi non dovrebbe essere un problema localizzarli e acquistarli nel modo più semplice: entrando in una libreria. Il problema sorge quando entrare in una libreria è invece il modo più sicuro per non trovare un libro. Ne ho spiegato il meccanismo in un post di quattro anni fa, riportando scene cui ho assistito di persona e altre di cui ho ricevuto testimonianze dettagliate.
Si dà il caso che per diversi anni anch'io sia stato un libraio, quindi conosco un po' il mestiere. Lavoravo alla Libreria del Giallo di Milano (nota anche come La Sherlockiana), che non si occupava solo di gialli, ma anche di altra narrativa di genere e di saggistica. La regola era che quando ci veniva chiesto un libro - anche se non presente in negozio, anche se estraneo ai "nostri" argomenti, anche se fuori commercio da tempo - facevamo tutto il possibile per recuperarlo. Nella maggior parte dei casi, se il titolo era in commercio, bastava richiederlo al distributore della casa editrice corrispondente. Ma non ci limitavamo a questo: in quegli anni assunsi l'identità del "Cacciatore di Libri", poi trasfigurato nel protagonista di molte mie storie, e girai Milano sulle tracce di volumi fuori commercio... trovandone un bel po'.

Si intuisce dunque che il mio concetto di libreria, "Se esiste un modo di reperire il libro che una persona desidera acquistare, glielo procuro quanto prima", sia molto diverso da "Se una persona entra a chiedermi qualcosa che non ho, col cavolo che glielo ordino: stia zitta e compri invece Il bruciore e la lagnanza, ché ce n'ho una pila avanzata dal Natale scorso e non ho ancora fatto il reso". Eppure constato che spesso la clientela viene trattata proprio in questo secondo modo, per cui case editrici interessanti, benché distribuite, sono bellamente ignorate in molti luoghi preposti a venderne i libri.
Un esempio recente. Da qualche anno mi sono appassionato ai gialli di Albina Olivati, che frequenta il sottogenere oggi chiamato cozy crime, anche se nel suo caso preferisco parlare di "commedia umana". Realizzo per lei i booktrailer e le relative inserzioni pubblicitarie online; una delle prime rimandava a una pagina web preparata da me, in cui non scrissi "Lo trovate in tutte le librerie". Sapevo bene che non sarebbe stato vero, dato che i primi due romanzi di Albina Olivati, Termine corsa e Il bagno di Apollo, sono editi da DrawUp, casa editrice per cui anch'io ho pubblicato due titoli, distribuita in libreria, ma vale quanto ho scritto sopra. Quindi saltai un inutile passaggio, indicando "dove acquistarli" con i link al sito dell'editore e a quattro diverse rivendite online.
Tuttavia la scena straziante è avvenuta lo stesso: "Sono andata alla Libreria Mondadori", ci scrisse una lettrice rattristata, "ma mi hanno detto che non c'era, che peccato." Non so in quale Libreria Mondadori fosse andata la signora, ma è evidente che chi se ne occupava omise volutamente di dirle che il libro poteva essere ordinato e arrivare in capo a una settimana. La libreria ha perso una vendita (o ha costretto la signora a comprare Il bruciore e la lagnanza), la cliente non ha trovato il libro che cercava e l'autrice ha perso una lettrice; moltiplicate per tutte le librerie che si comportano in questo modo e capirete come questo sistema permetta che solo certi libri diventino "bestseller", mentre altri non vengano neppure venduti, anzi, siano strozzati nella culla. Per la cronaca, il primo giallo della nuova serie di Albina Olivati, Brindisi per un delitto, è uscito da Oakmond Publishing, il cui distribuitore è Amazon: lo trovate in ebook o in edizione cartacea a questo link.

Del resto, non crediate che a tutti i libri pubblicati da grosse case editrici sia riservata una distribuzione equa. Quando una ventina di anni fa scrivevo, traducevo e curavo libri per Sonzogno Editore (Gruppo RCS), entrai in una grande Libreria Rizzoli (Gruppo RCS) a Genova; trovai in vendita giusto uno dei numerosi bestseller che avevo tradotto da poco e nessuno dei miei titoli recenti, nemmeno quello che aveva già superato le 20.000 copie; però vidi in scaffale un mio titolo di saggistica, con all'epoca 22.000 copie vendute, uscito da Mondadori (Gruppo Mondadori), che forse non avrei trovato in una Libreria Mondadori (Gruppo Mondadori). Dubito che ora le cose siano cambiate in meglio e di sicuro bastano molte meno copie per avere "un bestseller".
Ho già spiegato in un altro post di quattro anni fa i motivi per cui, dopo che molte piccole case editrici sono state costrette alla chiusura per come sono state trattate da promotori, distributori e (non ultime) certe librerie, siano nati marchi editoriali che usano Amazon come tipografo-distributore. In libreria non le trovate, ma non le avreste trovate lo stesso. In questo modo però abbattono gli ormai proibitivi costi di stampa per le tirature richieste dal sistema promozione-distribuzione, evitano le spese di magazzino per ciò che non viene promosso né distribuito, non hanno copie da mandare al macero e ogni tanto possono pagare qualcosa a chi il libro l'ha scritto. Per chi scrive vuol dire evitare l'estinzione forzata, anche di autrici e autori di successo che per oscure ragioni sono stati allontanati dal mercato. Per il pubblico vuol dire che diventano finalmente accessibili libri che resterebbero altrimenti inediti o introvabili: basta un click per scaricare l'ebook per Kindle o per ordinare un volume che, stampato dalla stessa Amazon, vi arriva a casa in due giorni. Certo, vi hanno raccontato che Amazon è amerikana e kattiva: ve lo ha detto anche un politico con una T-shirt discutibile, un mojito in una mano e un rosario nell'altra, che non ha esitato a reclutare nel suo partito l'autore di un libro autopubblicato su Amazon con enorme successo (e qualche accusa di razzismo e discriminazione). Se la pensate diversamente da loro, potrebbe piacervi il mio Black and Blue, appena ripubblicato da Oakmond su Amazon.
Ma come lettore di libri cartacei, ex libraio ed ex Cacciatore di Libri, continuo ad amare l'editoria tradizionale e la possibilità di entrare in una libreria per guardarmi intorno, scoprire nuovi titoli e sfogliare volumi, sapendo che inevitabilmente qualcuno di questi verrà a casa con me. Tra le mie ultime pubblicazioni (a parte quelle in edicola) ce n'è appunto una esclusivamente su carta, nel volume C'era una volta un ponte (290 pagine, 20 euro) pubblicato da una casa editrice distribuita in libreria, Palombi Editore. Oltre a un saggio serissimo e numerose immagini in bianco e nero e a colori, contiene un mio romanzo storico di 220 pagine intitolato Il ponte sospeso, che qualcuno dice essere tra le cose migliori che io abbia mai scritto. Non vi metto il link ad Amazon e a nessun altro: andatelo a cercare in libreria. Nel caso vi dicano che non ce l'hanno e si rifiutino di ordinarvelo, se mentre uscite fate cadere accidentalmente la pila di copie de Il bruciore e la lagnanza, non sono stato io a dirvi di farlo.

Continua...

(In apertura: immagine generata con AI)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

domingo, 7 de julio de 2024

Vita da pulp - Sotto gli occhi di tutti


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Mi fa sempre piacere quando qualcuno nota che nei miei libri di spionaggio si scoprono informazioni e persino chiarimenti su fatti reali di cronaca o di Storia... anche se poi aggiunge che non se l'aspetterebbe da un "semplice" romanzo di intrattenimento. A dire il vero, come ho già spiegato in una serie di post sull'argomento, scrivere spy story non è così semplice e implica anche trattare argomenti "seri". I romanzi pubblicati da Segretissimo Mondadori hanno una lunga tradizione in proposito: l'approccio alla materia poteva essere più o meno fantasioso, ma da quella collana ho imparato parecchio di geopolitica e di intelligence, prima di diventarne a mia volta autore (sotto lo pseudonimo di François Torrent, identità ormai pubblicamente rivelata, tanto che nelle riedizioni da Oakmond Publishing in copertina figura il mio vero nome.)
Chi ha letto i miei libri osserva inoltre che non ho pregiudizi ideologici. In trent'anni ho criticato apertamente scelte politiche e belliche in patria e fuori, a ovest e a est; e, se oggi qualche "cattivo" di un certo tipo è più presente di altri, è solo colpa sua.
C'è poi una domanda che mi viene rivolta spesso: se io abbia "fonti segrete" che mi passano informazioni per i miei romanzi. La risposta è no: le mie fonti sono sotto gli occhi di tutti, grazie all'accesso via Internet a giornali online di tutto il mondo. Interpretando correttamente le notizie e conoscendo il modus operandi di certi servizi segreti, non è difficile fare due più due e arrivare a quattro prima di chiunque altro. In questo modo ho potuto denunciare complotti fasulli e ipotizzarne invece di plausibili... che in qualche caso si sono rivelati reali: per esempio la presenza russa in Catalogna nel 2017, di cui ho scritto in Agente Nightshade-Territorio Narcos prima che diventasse di dominio pubblico, e di cui riparlo nel romanzo appena uscito, Agente Nightshade - Legione Ombra.


"L'ignoranza è forza", affermava il Grande Fratello del 1984 di Geoege Orwell. E l'ignoranza si può alimentare con il silenzio su certi fatti, che nel tempo finiscono per essere rimossi dalla memoria collettiva. Uno di questi è un episodio del secolo scorso che riguarda l'Italia. Forse lo ignorerei anch'io, se da oltre mezzo secolo non passassi parte della mia vita in Spagna e non mi fosse capitato di sentirne parlare da gente con esperienza diretta. Cerco di riassumere il contesto in poche parole.
Dopo la caduta nel 1931 di un binomio monarchia-dittatura simile a quello italiano, la Spagna era una Repubblica e un paese democratico. Nel luglio 1936 tuttavia un golpe militare, che ebbe come figura principale il generale Francisco Franco, divise il Paese in due e scatenò una guerra civile tra le aree rimaste fedeli alla Repubblica e quelle finite sotto l'immediato controllo degli insorti. Franco non ce l'avrebbe fatta da solo e chiese sostegno ai due leader stranieri che gli erano ideologicamente più vicini, Mussolini e Hitler, i quali intervennero con uomini e mezzi al suo fianco. Grazie a loro, dopo quasi tre anni di sangue, nell'aprile del 1939 Franco ebbe il sopravvento. Rimase però fuori dalla Seconda guerra mondiale e questo, a differenza di quanto capitò ai suoi camerati in Germania e Italia, gli permise di restare dittatore fino alla morte nel 1975. Dopodiché tornò la monarchia e iniziò il processo di democratizzazione della Spagna.
Quando approdai a Maiorca negli anni Settanta, ero curioso di sapere come fosse andata la Guerra Civile da quelle parti: mi fu risposto che lì i combattimenti erano durati pochissimo. In effetti era vero: nel luglio '36 i franchisti avevano preso il controllo dell'isola; in agosto erano sbarcate le forze repubblicane, ma Franco aveva chiesto aiuto a Mussolini e il rapido intervento dei Legionari italiani (al comando di uno squadrista di nome Arconovaldo Bonacorsi) aveva fatto piazza pulita. La Storia ricorda che, da quel momento e sino alla fine della Guerra Civile, l'isola ospitò basi militari italiane da cui venivano condotti attacchi ai territori repubblicani peninsulari. Scoprii poi che i piloti italiani di stanza a Maiorca avevano fatto strage di cuori tra le ragazze del luogo: sicché nel romanzo Black and Blue accenno a quel periodo e rivelo che la bisnonna del protagonista (apparsa come personaggio in altre mie storie ambientate negli anni Trenta-Quaranta, nel volume Dossier Contreras e in un paio di episodi di "Spy Game") era la vedova maiorchina di un ufficiale dell'aviazione legionaria.

Arconovaldo Bonacorsi alias "Conte Rossi"

Nella primavera del 1939, costretto da promesse internazionali fatte dal Ministro degli Esteri italiano (Galeazzo Ciano, che poi avrebbe fatto una brutta fine) Mussolini restituì Maiorca a Franco. Ci sono però una terribile storia "dimenticata" - o meglio, ricordata in Spagna ma non in Italia - e una sconcertante storia "segreta", portata da poco alla luce da un giornalista di nome Manuel Aguilera Povedano. La storia dimenticata: dal settembre 1936 Maiorca fu, de facto, una colonia italiana e in autunno il succitato "proconsole" Arconovaldo Bonacorsi scatenò una sanguinosa repressione, con centinaia, forse migliaia di vittime civili, inclusi veri e propri desaparecidos fucilati e sepolti in fosse comuni, i cui cadaveri ancora oggi sono in corso di identificazione. Il magazzino di Can Mir fu trasformato in un carcere disumano (ne ho raccontato la storia in un ebook della collana "Spy Game", Nome in codice: Ombra). Intanto Bonacorsi, che sull'isola si spacciava per nobile e si faceva chiamare "Conte Rossi", cavalcava trionfante sulla Rambla locale, per suo volere poi ribattezzata Via Roma. Circolavano immaginette laiche in cui il Conte Rossi era definito "il Salvatore di Maiorca" (v. foto sopra), ma la sua mancanza di pietá fu tale che, a seguito di proteste internazionali, nel dicembre 1936 fu rimosso dall'incarico e spedito prima sul fronte spagnolo e poi nell'Africa Orientale Italiana; catturato dai britannici, dopo la II guerra mondiale tornò in patria, dove fondò un partito più a destra dell'MSI. Dato il numero di vittime, si può intuire perchè in Italia si preferisca non parlare della "nostra" occupazione di Maiorca. Per quanto riguarda la "storia segreta", vi rimando invece al saggio di Manuel Aguilera Povedano Un'occasione d'oro per Mussolini, pubblicato in Italia giusto un anno fa da LoGisma, e al mio romanzo Agente Nightshade - Legione Ombra, ora in edicola e ebook da Segretissimo Mondadori, in cui elaboro possibili intrighi sulla base delle scoperte del ricercatore spagnolo. E a volte due più due fa cinque.
Il libro di Manuel Aguilera Povedano svela che nel 1938, mentre l'Italia promette al mondo di restituire alla Spagna l'isola di Maiorca (irrinunciabile come base aeronavale per il controllo del Mediterraneo) Mussolini attua un piano a lungo termine che gli permetterà di colonizzare le Baleari e la Catalogna se la Spagna entrerà nella II guerra mondiale, cosa che però non avviene. Nel mio romanzo recupero questa storia e faccio un balzo in avanti di quasi ottant'anni: nel 2017 il governo autonomo in Catalogna, oltre a dichiarare la secessione dalla Spagna, ha il progetto di occupare i territori vicini, incluse le Baleari; a quel punto si presenta a Barcellona un emissario del Cremlino, che si offre di inviare militari russi per "garantire" l'indipendenza catalana (lo stesso metodo usato nel 2014 con gli "omini verdi" in Crimea), ben sapendo che l'area separatista Catalogna-Baleari - proprio il territorio strategico cui ambiva a suo tempo Mussolini - uscendo dalla Spagna si troverebbe di colpo fuori dall'Unione Europea e dalla NATO, e potrebbe quindi essere trasformata in una vasta Kaliningrad del Mediterraneo; per fortuna i catalanisti non accettano "l'aiuto fraterno" del Cremlino, consci che finirebbero, appunto, come la Crimea. Ma, se a Mosca l'idea avesse messo radici e qualcuno le offrisse una seconda possibilità...
Nota per chi non lo sapesse: Kaliningrad (un tempo la tedesca Koenigsberg, la città di Immanuel Kant) fu conquistata dai sovietici durante la II guerra mondiale ed è tuttora sotto il controllo russo: situata tra Polonia e Lituania, due paesi membri della NATO, oggi è una potente base aeronavale russa sul Mar Baltico munita di armi nucleari: i missili SS-26, pronti a distruggere l'Europa dall'interno. Quindi si può immaginare l'interesse del Cremlino a disporre di un'area strategica simile, stavolta però nel cuore del Mediterraneo. Certe informazioni, come dicevo, sono sotto gli occhi di tutti... e di nessuno. Ma, se ve le siete perse altrove, potete leggerle nei miei libri.




Continua...

(In apertura: il porto di Palma di Maiorca, in passato base navale italiana; foto A. C. Cappi)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.


viernes, 28 de junio de 2024

Vita da pulp - Ma che posto è questo?


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Ogni tanto, a chi scrive romanzi, qualcuno dal pubblico domanda: "Ma lei è stato in tutti i luoghi di cui parla nei libri?" L'ho sentito chiedere a John Le Carré, che non solo "c'era stato", ma in alcuni di essi aveva anche svolto lo stesso lavoro dei suoi personaggi. Una volta l'ho sentito chiedere anche a uno scrittore italiano che ambientava i suoi noir nella propria città - quindi c'era stato per forza - ma forse lo spettatore non ne aveva letto neppure le quarte di copertina.
La domanda ha senso, appunto, se rivolta a chi fabbrica storie che richiedono molteplici ambientazioni internazionali. Come raccontavo tempo fa a proposito di Ian Fleming, nel suo caso la risposta è sì: il creatore di 007 scrisse anche reportage dei propri viaggi, benché i due luoghi ricorrenti nei suoi libri siano Londra (per ovvie ragioni) e la Giamaica, dove ogni inverno si ritirava per dedicarsi alla nuova avventura del suo personaggio. Quando l'americano Raymond Benson ereditò l'incarico ufficiale di scrivere le missioni di James Bond, prese il suo ruolo molto sul serio: contattò corrispondenti in varie città, fece le valigie e girò mezzo pianeta per visitare i paesi in cui avrebbe fatto muovere il celebre agente segreto... riuscendo però a menzionare il suo vecchio quartiere a New York, il suo ristorante preferito nel Texas e la zona vicino a casa sua, fuori Chicago.
Tra i nostri connazionali, Giancarlo Narciso (noto anche come Jack Morisco) ha addirittura vissuto a lungo in molti dei luoghi di cui parla nei suoi romanzi, dall'America Latina all'Estremo Oriente; il che non gli ha impedito di scrivere anche vicende italiane, milanesi o trentine che fossero. Quanto al prolificissimo Stefano Di Marino (altrimenti detto Stephen Gunn) visitò moltissimi territori delle avventure del Professionista e di altri suoi personaggi, sviluppando legami particolari con l'Asia e soprattutto con Hong Kong, cui dedicò anche il saggio E nel cielo nuvole come draghi; ma fu per lui una grande soddisfazione - da autore noir milanese della prim'ora - poter ambientare alcune storie di Chance Renard proprio a Milano, dove, secondo certi editori poco informati, non sarebbero state "credibili" le storie dai risvolti internazionali.

In qualche occasione tornano utili luoghi visitati per altre ragioni. Per esempio, dopo essere stato ospite al Noir in Festival di Courmayeur, Donald E. Westlake (alias Richard Stark) scelse quella località per ambientarvi un insolito capitolo fuori dagli USA di un suo noir con protagonista Parker. Dopotutto i festival sono un'occasione per conoscere nuove località insieme a gente del posto. Addirittura, a GialloLatino, che si svolgeva tra Latina e provincia, scrittrici e scrittori ospiti erano invitati a trascorrere qualche giorno "sul territorio" per ambientarvi un racconto. Ci sono tornato per varie edizioni, sicché Latina ricorre in parecchie mie storie, dallo spionaggio alla fantascienza.
Fleming viaggiava a spese del giornale per cui scriveva i reportage e poi riutilizzava le proprie esperienze nella narrativa. Narciso (come lo fu Di Marino) è un globetrotter per natura e per stile di vita, che in veste di romanziere impiega ambientazioni e situazioni conosciute in modo diretto. Ma in generale è difficile per chi scrive "thriller internazionali" - e in particolare romanzi di spionaggio - visitare personalmente tutti i luoghi in cui ambienta una storia. Oltretutto i guadagni di chi lo fa per professione in lingua italiana non sono sufficienti a finanziare trasferte in quattro o cinque paesi diversi per ogni romanzo.
Io, per esempio, non ho viaggiato moltissimo. Cerco sempre di sfruttare luoghi che conosco, il che spiega perché nei miei libri si vedano spesso Italia e Spagna. Ma, per una questione improvvisa di geopolitica, può capitare che un capitolo si debba svolgere in qualche parte del mondo in cui non ho mai messo piede, per esempio un quartiere "caldo" di Beirut. A parte i rischi e i costi, non potrei partire dall'oggi al domani: in genere ho a disposizione un mese o poco più per scrivere un romanzo. Quindi devo risolvere il problema alla vecchia maniera: documentandomi.

All'inizio, come Emilio Salgari, potevo basarmi solo su libri, mappe e cartine, e racconti di chi in quei luoghi c'era stato o ci aveva vissuto. Poi con Internet, in particolare Google Maps e la sua funzione Streetview (ma anche, più di una volta, con video trovati su YouTube) si è estesa la possibilità di raccogliere informazioni e visitare virtualmente altre città. In ogni caso, non sempre Internet è sufficiente, specie se l'ambientazione è in un'altra epoca: a questo scopo, vecchie riviste e guide turistiche ormai datate possono ancora rivelarsi preziose.
Ma parlare di luoghi conosciuti di persona è sempre meglio. In passato ho ambientato parte di un romanzo a Lisbona perché c'ero stato da poco; ho scritto molto di Praga, che forse ha risvegliato in me qualche filamento di DNA di antenati boemi. A volte tengo persino da parte per anni qualche ambientazione, così da non bruciarmela troppo in fretta. In questi giorni però mi sono tolto la soddisfazione di un breve giro di location scouting: in una città che ho già "usato" di recente, ma intendo impiegare ancora; in un'altra che so essere necessaria per il prossimo libro; e in una terza che si è imposta da sola come ulteriore scenario.
L'importante è evitare quanto capita a volte anche in certi bestseller internazionali: può darsi che chi li ha scritti abbia visitato sul serio quei posti ma, se non ne ha colto l'atmosfera, cade in stereotipi che poteva benissimo riprodurre anche senza muoversi da casa propria.

Continua...

(In apertura: A. C. Cappi sulla riva del Mare del Nord)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

jueves, 20 de junio de 2024

Vita da pulp - A volte si scordano...


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

A volte, correndo sempre dietro a nuovi progetti, mi scordo di quanti ne ho realizzati nei decenni precedenti. Ogni tanto cito qualcuna delle mie "imprese" su queste pagine, più che altro per non dimenticarmene io stesso. A una di queste, oggettivamente tra le più clamorose, ho dedicato un post in occasione del ventennale, alcuni mesi fa. Sono piccole medaglie che forse vedo solo io.
Un paio di giorni fa i "Ricordi" di Facebook - di cui parlavo in un post recente - hanno fatto riaffiorare un mio breve racconto umoristico, scritto al volo nel 2008 per animare con una lettura a due voci un evento a Napoli: l'ho riletto come se fosse stato scritto da un'altra persona (e, confesso, ho pure riso a un paio di mie battute che non mi aspettavo). Ma, sempre in questi giorni, mi sono accorto di avere scordato un progetto di cui sono stato il principale artefice e di cui ho riscoperto l'importanza durante una ricerca bibliografica. L'oblio collettivo dominante è arrivato a contagiare pure me. Ma ecco com'è nata questa particolare reminiscenza...
Da qualche tempo è in atto una bella iniziativa della casa editrice Astorina in collaborazione con Corriere della Sera e La Gazzetta dello Sport: la collana Anastatika che, ripartita dal numero 1, ripropone settimanalmente e cronologicamente in edicola un albo a fumetti di Diabolik, accompagnato da un fascicolo con dettagli, retroscena e persino poster della copertina. La collezione ha avuto grande successo ed è stata da poco prolungata con altre uscite, sicché il direttore di Diabolik Mario Gomboli me ne ha passato di recente l'incarico, dopo aver scritto lui stesso gli articoli per oltre 180 uscite. Lui recupera tempo da dedicare alle sceneggiature, io guadagno un'occasione in più di collaborare con la sempre gentile, capace e competente redazione di Astorina.

Ebbene, in un pezzo relativo a un albo di Diabolik del 1971, Colpo all'ippodromo, ho fatto riferimento al romanzo di Lionel White Rapina a mano armata e al celebre film che ne fu tratto da Stanley Kubrick, su sceneggiatura di questi e Jim Thompson. Mi è venuta la curiosità di sbirciare su Internet le edizioni italiane del libro e mi sono reso conto che l'ultima l'ho curata io, giusto vent'anni fa, per una collana di Sonzogno Editore.
Alla fine degli anni '90 avevo cominciato a collaborare con la suddetta casa editrice del gruppo RCS come traduttore da spagnolo e inglese, consulente per la narrativa thriller e dintorni, e occasionalmente autore. Fu nell'autunno del 2002, mentre stavo presentando con Mario Gomboli la prima edizione del mio romanzo Diabolik - La lunga notte, pubblicato da Sonzogno in occasione del quarantennale della serie a fumetti, che ci venne un'idea.
Gomboli e io condividiamo la passione per i libri di Donald E. Westlake alias Richard Stark, il quale dopo il successo del film Payback con Mel Gibson (tratto dal suo Anonima carogne e remake di Senza un attimo di tregua con Lee Marvin) aveva da poco ripreso a scrivere romanzi su Parker, personaggio fondamentale nel filone "colpi e rapine" (in lingua inglese, caper). Pensammo di suggerire a Sonzogno una collana che proponesse i romanzi inediti di Stark insieme a vari classici del caper, il sottogenere a cui appartengono anche i fumetti di Diabolik. Nacque così la collana Diabolik presenta i Bestseller del Crimine, che fui incaricato di curare e che arrivò in libreria nel 2003. Ogni volume era accompagnato da una prefazione d'autore: Mario Gomboli ne scrisse una per Stark, ma raccolsi anche introduzioni di Andrea G. Pinketts, Raymond Benson, Alan D. Altieri, Petros Markaris, Stefano Di Marino e, se non erro, lo stesso Donald E. Westlake.

Io tradussi i nuovi romanzi di Stark: dal secondo di questi, Flashfire, sarebbe stato tratto poco tempo dopo Parker, con Jason Statham e Jennifer Lopez, segno che la mia collana era al passo con i tempi. Molti titoli, del resto, non erano solo classici del noir letterario, ma anche capisaldi della storia del cinema. Ripubblicai, in traduzioni rivedute e corrette interamente da me (tenendo a portata di mano una guida di Parigi dell'epoca), Rififi di Le Breton e Grisbi di Simonin nel cinquantesimo anniversario della loro uscita. Oltre al già citato Rapina a mano armata di White, riapparvero Rapina record a New York di Sanders (ispiratore dell'omonimo film di Sidney Lumet con Sean Connery, già pubblicato in Italia come La polizia vi ascolta), Nulla è eterno di Thorpe (l'origine della serie di film Die Hard) e Il colpo della metropolitana di Godey, già noto per una versione cinematografica con Walter Matthau e nel 2009 di nuovo sullo schermo con Denzel Washington e John Travolta. Tra parentesi, il romanzo fu tradotto dallo scrittore Giancarlo Narciso, che oltre a conoscere bene la New York del periodo di ambientazione, per documentarsi sugli aspetti tecnici si rivolse direttamente alla Metropolitana Milanese, viaggiando sui treni con i manovratori; all'uscita del nuovo film, il gruppo editoriale RCS ripubblicò il romanzo e - non sapendo di averlo mandato da poco in libreria con una traduzione perfetta di cui deteneva i diritti per vent'anni, quindi non gli costava nulla riutilizzarla - lo fece ritradurre ex novo, aumentando inutilmente i costi. Sì, è così che "funziona" l'editoria.
Sorsero subito problemi: dopo Rififi gli eredi di Auguste Le Breton pensarono di potersi ri-arricchire e chiesero cifre esagerate e insostenibili per i libri successivi, quindi non potemmo acquisirne i diritti (e loro non guadagnarono un centesimo). Nondimeno avevo parecchi altri titoli in programma, ma purtroppo non ero capitato in un buon momento per la casa editrice: di lì a poco Sonzogno dovette passare le proprie competenze in fatto di giallo, noir e thriller al marchio principale dello stesso gruppo editoriale, cioè Rizzoli, quindi la collana fu chiusa nel 2004 e anche la mia collaborazione come traduttore ebbe termine non molto più tardi. Avrei pubblicato altrove i rimanenti inediti di Richard Stark, con il quale nel frattempo avevo fatto amicizia; allo stesso modo, sarebbero usciti da un altro editore i miei successivi romanzi del ciclo di Diabolik & Eva Kant; mentre come traduttore sarei stato subito arruolato dal gruppo GEMS (Longanesi, Salani, etc.), per lavorare su Janet Evanovich. Clive Cussler, James Patterson e altri.
Ma, per un paio d'anni, ero riuscito a riportare alla luce alcuni testi fondamentali della narrativa noir, che ancora oggi si possono ripescare qua e là, quantomeno nelle librerie online. Un'altra piccola medaglia della mia collezione, che io stesso avevo dimenticato di lucidare.

Continua...

(in apertura: poster originale del film Rapina a mano armata)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

viernes, 14 de junio de 2024

Vita da pulp - I segreti del Grande Sceneggiatore


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

"Rammenta che qui tu non sei altro che l'attore di un dramma, che sarà breve o lungo secondo il volere del drammaturgo. E se a costui piace che tu rappresenti la parte di un mendico, vedi di interpretarlo come si deve. Lo stesso se ti è assegnato il ruolo di uno zoppo, di un magistrato, di un uomo comune. Poiché a te spetta solo di interpretare bene il personaggio che ti è destinato. Scegliere quale è il privilegio di un altro."
Epitteto, Manuale, I sec. d.C.

Questa citazione mi capitò non so come sotto gli occhi una quindicina di anni fa, mentre scrivevo un racconto di padre Stanislawsky (il mio ciclo di storie sparse di fantascienza) intitolato Il Grande Sceneggiatore. Guarda caso, me la ritrovo sotto il naso in questi giorni, intanto che lavoro a un altro tassello dell'avventurosa biografia del mio prete-peccatore del futuro, che si chiamerà La mossa del vescovo e uscirà in settembre come "racconto ospite" in Mea culpa, l'antologia del Premio Torre Ctawford 2024. Il Grande Sceneggiatore, scritto nel 2009 e pubblicato nel giugno 2010 nella raccolta giallo-fantascientifica mondadoriana Sul filo del rasoio a cura di Gianfranco De Turris, tirava le somme in merito a una questione su cui riflettevo da almeno vent'anni.
Anche se nel 1989 non ero ancora ufficialmente qualificato come "autore", fin dall'infanzia inventavo storie e dalle elementari cercavo di scriverle: conseguenza del fatto che sono sempre stato un avido consumatore di narrazioni sotto forma di libri, fumetti, cinema, radio e televisione. Come dico spesso, nel momento in cui si scopre che dietro a tutte quelle storie c'è chi le scrive, può venire la tentazione di passare dall'altra parte e cominciare a crearne di proprie. Ogni racconto o romanzo è lo sguardo su una piccola porzione di un universo più vasto: non a caso si parla di "universo" quando una o più persone lavorano a una saga fatta di molte storie con molti personaggi.
A differenza della vita reale in cui, come dice Epitteto, non siamo noi a decidere i nostri ruoli, nell'universo della storia che scriviamo possiamo "interpretarne" parecchi, perché tutti i personaggi - protagonisti, antagonisti, comprimari e comparse - sono in fondo nostre proiezioni, a nostra immagine e somiglianza. E non solo: possiamo decidere noi le regole di quell'universo, che a nostra discrezione sarà più o meno simile a quello in cui abitiamo. Siamo padroni della vita e della morte dei nostri personaggi, anche se, frequentandoli a sufficienza, potremmo notare che la coerenza dei loro caratteri impedisce loro di compiere certe azioni; potremmo persino scoprire, come insegna Pirandello in Sei personaggi in cerca d'autore, che dispongono di libero arbitrio e vogliono imporre la propria visione del mondo a chi li ha messi in scena. A volte nemmeno il loro creatore può obbligarli a fare qualcosa che si rifiutano di fare... compreso sparire nel nulla dopo la parola fine.

Nelle mie lezioni di scrittura creativa, comincio quasi sempre disegnando sulla lavagna la classica figura con l'occhio nel triangolo, come per dire che chi scrive una storia ne è il Creatore, il Motore Immobile, insomma Dio. Ma questa presa di coscienza ci riporta al nostro ruolo nella vita reale, che Epitteto paragona a un dramma, come del resto fa William Shakespeare nel 1600 in Come vi piace: "Tutto il mondo è un palcoscenico e tutti gli uomini e donne ne sono solo interpreti". Francis Marion Crawford entra ancor più nei dettagli in A cigarette-maker romance (1894).
"Veniamo al mondo e, prima ancora di sapere dove siamo, ci troviamo su una delle strade da percorrere nelle nostre poche dozzine d’anni tra la nascita e la morte. Oltretutto, il sentiero di ciascuno da un lato sale sul palcoscenico, dall’altro ne discende. Il Fato, impresario inesorabile, esige che ognuno arrivi in fondo alla propria commedia o tragedia, se giudicato degno del ruolo da protagonista; o alla sua scena o al suo atto nella pièce di un altro, se adatto solo come caratterista nella parte del gentiluomo o del servo sciocco, o come figurante addestrato meccanicamente, che appare di volta in volta quale soldato, marinaio, cortigiano, contadino, cospiratore o patriota dal berretto rosso. Pochi recitano bene, molti male, ma tutti vanno in scena e i più prendono applausi stentati e sonori fischi. Si considera grande chi è accolto con un clamoroso battimani e grida di approvazione tali da coprire la voce degli insoddisfatti; si dice fortunato chi, entrato in ritardo e farfugliata una battuta, esce di scena trionfante in coda al primo attore, su cui sono puntati gli occhi di tutti; si giudica felice chi, senza aver offeso nessuno, ha il permesso di andarsene in pace dietro le quinte."
Nella vita reale saremmo dunque i personaggi di una trama scritta da qualcun altro. Ma, rispetto ai tempi di Epitteto, Shakespeare e Crawford, sono nate altre forma di espressione, oltre al libro e al dramma: il cinema, la radio, la televisione e, con essi, la serialità. Esistono soap-operas che hanno seguito le vite dei propri personaggi per sessant'anni senza interruzione; una di esse, cominciata alla radio per poi passare alla tv, superò i settanta. Alla luce di tutto questo si potrebbe dire, citando Woody Allen in Mariti e mogli (1992), che "la vita non imita l'arte, imta la cattiva televisione". Siamo quindi i personaggi non di un grande drammaturgo, bensì di un "grande sceneggiatore"?

Ebbene, avete mai notato qualcosa di strano nelle vostre vite? Potrebbe esservi capitato di sentirvi come se d'un tratto tutto quello che vi accadeva, almeno per alcuni giorni, fosse parte di un grande piano, come ne L'uomo che volle farsi re di Rudyard Kipling (1888) e il relativo film di John Houston (1975). Avete mai fatto caso a improbabili coincidenze che vi conducevano a nuove scoperte, nuove sfide, nuove esperienze nella vita, come se qualcuno dall'alto le avesse messe intenzionalmente sulla vostra strada? E vi siete mai sentiti, invece, come se una potenza superiore si stesse dedicando con particolare cura a crearvi nuovi problemi o delusioni inattese, qualcosa che sembrava preso pari pari da Kafka o Dostojevskij... ma stava accadendo realmente a voi?
Pensate alla storia della fiction in generale. La maggior parte delle vicende che leggiamo e guardiamo non parlano di vite normali e noiose. Di solito trattano di:
1-coniugi, conviventi o amanti che tradiscono i rispettivi coniugi, conviventi o amanti
2-persone uccise in modi misteriosi e investigatori/trici che cercano di capire perché e da chi (variante: serial killer che uccidono in serie e investigatori/trici che tentano di identificarli)
3-guerrieri in guerra
4-agenti segreti che agiscono segretamente
5-pazienti che si ammalano e medici che cercano di salvarli
6-individui che inseguono successo e potere a ogni costo, almeno finché non ne sono inseguiti a loro volta
7-supercriminali che cercano di conquistare/distruggere il mondo e supereroi che fanno del loro meglio per impedirlo
8-e, d'accordo, gente che si innamora e ha un sacco di problemi, prima di riuscire felicemente a coronare il proprio sogno (ma cosa succede dopo? Si veda il punto 1)

Se avete fortuna, la vostra storia personale assomiglierà a un dramma borghese, altrimenti rientrerà in una delle molte altre categorie possibili, compresa quella del tipo che attraversa una strada di Tokyo proprio nel momento in cui Godzilla fa due passi. E se dunque le nostre vite fossero l'opera di un "grande sceneggiatore" che cerca semplicemente di rendere le cose più interessanti rispetto alla solita routine quotidiana, che finirebbe per annoiare il pubblico? Dopotutto ci vuole sempre qualcuno che finisca ammazzato da Freddy o Jason, o calpestato da Godzilla.
Ma in realtà di rado lo sceneggiatore di un serial lavora da solo: c'è un intero gruppo creativo che deve conciliare le storie dei singoli personaggi con un progetto comune. C'è la produzione che deve rientrare dei costi, il network che controlla preoccupato l'audience, l'ufficio marketing che decide che questo o quello non va più bene. Il che spiegherebbe perché, nelle nostre esistenze, vediamo di continuo premesse e promesse di sviluppi favorevoli ed esaltanti che, improvvisamente, vanno in fumo. Per quale motivo? Perché l'ufficio marketing ha deciso che quella sottotrama non era interessante e va cancellata, in modo da dare spazio al successo di altri personaggi? Ma a questo punto dobbiamo allargare il nostro pantheon: chi sono produttori, network e marketing manager? E, soprattutto... chi è il pubblico?
Una cosa è certa: una volta mi venne commissionato un testo teatrale e proposi un soggetto che avevo in mente da tempo: i personaggi di alcuni serial scoprono di essere, appunto, i personaggi di alcuni serial e cercano di comunicare con chi li sceneggia perché modifichi il loro destino. Il mecenate di turno - fervente cattolico - scoprì che ero l'autore de Il Grande Sceneggiatore e bloccò il progetto, temendo che potessi diffondere la pericolosa eresia contenuta in quel racconto. Ma il Grande Sceneggiatore fu clemente con me: mi venne pagato il lavoro che avevo fatto fino a quel momento.

Continua...

(Immagine generata con AI)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.

viernes, 7 de junio de 2024

Vita da pulp - Il sorriso dell'estremo pregiudizio


Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi 

Non è facile strappare le etichette, una volta che sono state appiccicate. Me ne rendevo conto una volta di più qualche giorno fa, mentre lavoravo alla nuova edizione del "romanzo di racconti" Il dente del pregiudizio di Andrea G. Pinketts, che uscirà a fine agosto nella nuova edizione Harper Collins Italia con materiale supplementare in appendice, come sempre a cura dell'Associazione Culturale che porta il nome dell'autore scomparso nel 2018.
Appena Pinketts, giornalista investigativo, raggiunse la notorietà come scrittore, venne subito "etichettato". Avendo inaugurato la sua attività narrativa su "Il Giallo Mondadori", fu classificato come "autore di gialli", il che - a chi non lo avesse letto - può far pensare che abbia scritto romanzetti sulla dieta dei poliziotti... vale a dire l'attuale pregiudizio del pubblico sul giallo italiano. ("Scrivi gialli? Qual è il piatto preferito del tuo commissario?" mi sono sentito dire tempo fa.)
Con la (ri)nascita dell'etichetta "pulp", che Quentin Tarantino aveva ripreso dalla narrativa popolare negli USA degli anni Venti-Trenta-Quaranta, Pinketts venne reinscatolato tra gli "scrittori pulp", anche se i cosidetti "cannibali" (dal titolo di una celebre antologia) avevano in realtà stili molto personali e diversi tra loro: mi basta pensare alla bravissima Alda Teodorani. In realtà Pinketts aveva letto gialli, noir, pulp (vecchi e nuovi) e molto altro, rielaborando però tutto in romanzi originali che partivano dal mistero per aggiungervi un tocco postmoderno, oppure in racconti surrealisti che sfuggono a qualsiasi definizione di genere.

L'ansia di etichettare era un tempo giustificata dalla necessità di stabilire in quale scaffale collocare un'autrice o un autore. Oggi vale sempre meno, dato che la maggior parte dei titoli pubblicati non arriva nelle librerie fisiche e si trova solo in quelle online, senza contare i volumi proposti solo nelle edicole in collane tematiche. Ma l'eccesso di etichette può arrivare a "cancellare" l'identità di chi scrive. E qui devo menzionare un altro amico, scomparso nel 2021, dei cui libri sto cercando di occuparmi a dispetto della complessa successione nella proprietà delle sue opere.
Come ho scritto altrove in queste pagine, il "problema di identità" ha gravemente afflitto Stefano Di Marino, noto soprattutto in edicola come l'autore di spionaggio "Stephen Gunn" di Segretissimo Mondadori. Stefano fu costretto a cambiare più volte nome e cognome per esigenze editoriali, al punto che talvolta persino il suo fedelissimo pubblico ignorava che fosse uscito un suo nuovo romanzo in libreria. E chiunque altro era del tutto all'oscuro dell'esistenza di un autore che, raccolte le eredità di Salgari e Scerbanenco, del feuilleton e del pulp (originale), ha coperto tutte le sfumature della narrativa popolare, diventando lo scrittore "di genere" più venduto in Italia: un successo senza eguali che tuttavia, rimanendo nascosto, non portava alcun riconoscimento o garanzia al suo artefice.
Oltretutto un autore italiano di Segretissimo è vittima di altre etichette apposte a tradimento: si ritiene che scriva storie in cui i "buoni" sono quelli che molta gente per motivi politici considera "cattivi" (e, dato che tali persone questi libri non li leggono, non possono certo coglierne le sfumature e le analisi); si pensa che scriva storiacce a base di sesso e violenza gratuiti, in un'ottica maschilista (dimenticando che in Segretissimo c'è una presenza crescente di autrici italiane, che ben poco hanno di maschilista). E tutto questo mentre ancora si deve combattere il pregiudizio principale del pubblico: la convinzione che in Italia nessuno sappia scrivere storie di spionaggio e di intrighi internazionali, da cui la necessità di nascondersi dietro pseudonimi stranieri in copertina.

Insomma, il "dente del pregiudizio" è difficile da estirpare. Del resto nel pubblico italiano la nostra presunta incapacità di scrivere gialli è stata smentita con fatica solo trent'anni fa, mentre sulla fantascienza tale percezione infondata persiste tuttora, a dispetto di firme illustri pubblicate anche all'estero. E pensare che negli anni Settanta in tv fu un giallo italiano, Dov'è Anna? scritto da Biagio Proietti e Diana Crispo, a raggiungere il record tuttora imbattuto di ventotto milioni di telespettatori; e che negli anni Sessanta-Settanta il nostro cinema di genere (di tutti i generi) non solo sbancò i botteghini nazionali, ma fece il giro del mondo, influenzando pure quello americano, dai registi del western a Tarantino. Se qualcuno era in grado già allora di scrivere quegli sceneggiati e quei film, perché il discorso non poteva valere per la narrativa?
E consideriamo anche il successo, a volte internazionale, dei fumetti italiani, a partire da Tex nel 1948, per arrivare a Martin MystèreDylan Dog e Nathan Never, passando per Diabolik; personaggio quest'ultimo del quale parliamo sabato 8 giugno 2024 alle 18.30 a "Best Movie Comics and Games", Superstudio Più, Milano, via Tortona 27... (In questa particolare occasione sono stato etichettato "fumettista", per me un grosso complimento, visto che - a parte innumerevoli contributi come narratore o saggista - come vero e proprio sceneggiatore di fumetti ho collaborato sinora solo a quattro albi di Martin Mystère.)
In realtà è almeno dai tempi di Salgari, che scrisse persino western e fantascienza oltre alle note avventure di pirati e di corsari, che noi italiani abbiamo dimostrato di saper affrontare la narrativa popolare in ogni forma, esattamente come ha fatto Stefano Di Marino in tutta la sua vita. E anche di saper creare nuovi generi, come Sergio "Alan" D. Altieri, per il quale si è dovuta coniare la definizione "thriller apocalittico"; o come Andrea G. Pinketts, autore di un genere tutto suo che si può definire solo "Pinketts". Forse in parte è colpa del pubblico che, convinto di saper riconoscere il prodotto dalle confezioni, tende a dimenticarsi dei contenuti. Forse in parte è colpa dell'editoria (insieme a chi produce televisione e cinema) che non sa esattamente cosa proporre e come impacchettarlo. Come diceva una vecchia pubblicità, "l'unica cosa storta è l'etichetta".


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(Immagine di apertura generata con AI; il poster di BOOM24 è di Leo Ortolani)




Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato oltre una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Membro di IAMTW e World SF Italia, vincitore del Premio Italia 2018 (miglior romanzo fantasy), cura le riedizioni di Andrea G. Pinketts con l'associazione omonima e per Delos Digital la collana in ebook Spy Game.