domingo, 2 de septiembre de 2018

Un pizzico di follia: vivere con un disturbo psichiatrico - 9

William Hogarth Il manicomio, 1773

Vademecum per la cura della persona
di Fabio Viganò


9-DEPRESSIONE 

La depressione è anch’essa un disturbo affettivo grave che può portare a morte l’individuo tramite il suicidio, conseguenza ultima della fenomenologia depressiva. È un disturbo biologico del cervello determinato da abbassamento di un neurotrasmettitore: la serotonina.
La patologia depressiva influenza il modo di pensare, i sentimenti, i comportamenti e tutta la salute. È caratterizzata da deflessione del tono dell’umore, perdita degli interessi e della capacità di provare piacere, riduzione dell’energia con affaticabilità e stanchezza. Si possono inoltre riscontrare riduzione dell’attenzione e della concentrazione, riduzione dell’autostima e della fiducia in sé, idee di colpa e di inutilità, una marcata visione pessimistica del futuro, disturbi del sonno e dell’appetito, nonché idee o atti di auto- aggressività e suicidio. Vi è tutto un corollario di sintomatologia biologica caratterizzato da: 
-Perdita di interesse e di piacere nelle attività che normalmente ne sono fonte (anedonia) 
-Mancanza di reattività emotiva nei confronti delle circostanze e degli eventi normalmente piacevoli 
-Risveglio mattutino due o tre ore prima del solito 
-Peggioramento mattutino della depressione 
-Rallentamento psicomotorio 
-Perdita di appetito 
-Perdita di peso (più del 5% del peso corporeo nell’ultimo mese) 
-Mancanza o riduzione del desiderio sessuale. 

L’episodio depressivo viene distinto in: 
- di gravità lieve o senza sintomi biologici 
- di gravità media o senza sintomi biologici 
- grave, senza sintomi psicotici o con sintomi psicotici. 

La depressione melanconica è un sottotipo di depressione con possibili basi neurobiologiche. 
La sindrome depressiva ricorrente è un disturbo caratterizzato da episodi ripetuti di depressione senza altri episodi di mania o ipomania. Il soggetto potrà presentare manifestazioni di distimia o di ciclotimia. Vi sono poi delle condizioni che “imitano” il disturbo depressivo ma che non devono essere confuse e mal interpretate 
La distimia è una depressione cronica dell’umore che dura da un minimo di due anni, non sufficientemente grave anche se mai da sottovalutare, in cui i singoli episodi non sono sufficientemente prolungati da giustificare una diagnosi di disturbo depressivo. 
La ciclotimia, invece, per definizione è una persistente instabilità dell’umore (più di due anni) in cui vi sono numerosi periodi di depressione e lieve esaltazione del tono dell’umore, nessuno dei quali è sufficientemente grave da giustificare una diagnosi di sindrome bipolare o sindrome depressiva ricorrente. 

Possiamo senza ombra di dubbio affermare che la depressione è una grave patologia che affligge ogni anno moltissime persone di ogni età, compresi i soggetti anziani. Vediamo ora quanto questo “disagio del vivere” sia diffuso nelle persone di età avanzata. 
La depressione nelle sue molteplici manifestazioni colpirebbe circa il 20% delle persone di età superiore a 65 anni (dati provenienti dagli USA). La maggior parte delle persone anziane depresse ha sofferto di episodi depressivi durante lunghi periodi della propria vita. Per altri la depressione si manifesta anche a 80 o 90 anni. La depressione negli anziani è strettamente associata alla mancanza di autonomia e all’invalidità e causa grandi sofferenze alle persone e ai loro familiari. 

Numerosi studi hanno dimostrato che la depressione è una malattia tipica del cervello; le cure risulterebbero essere efficaci solo quando la funzionalità cerebrale risulti essere integra e non deteriorata. Vediamo quindi di focalizzare le alterazioni biochimiche cerebrali che si possono osservare nella depressione. Sono svariate e sono: 
-disregolazione di certi mediatori chimici (neurotrasmettitori), quali la serotonina, la noradrenalina, la dopamina, l’acetilcolina e il sistema dell’acido gamma-aminobutirrico 
-alterazioni di diversi neuropeptidi, come l’ormone che regola il rilascio della corticotropina 
-alterazioni ormonali che comprendono l’aumentata secrezione di glucocorticoidi (con elevati livelli urinari di cortisolo libero e mancata soppressione del cortisolo plasmatico da parte del desametazone) e una risposta attenuata a vari test di stimolo dell’ormone della crescita (Grow-up Hormone), dell’ormone tireo stimolante (Thyroid-stimulating Hormone) e della prolattina 
-alterazioni del flusso ematico e del metabolismo cerebrale, evidenziabili con tecniche di visualizzazione cerebrale funzionale e rappresentate da aumento di sangue a livello della regione limbica e paralimbica e dalla sua riduzione nella corteccia prefrontale laterale. È importante sottolineare che nessuno di questi cambiamenti risulti essere presente in tutti i soggetti affetti da depressione maggiore, né alcuna alterazione risulta essere specifica per la depressione. 

L’elemento che meglio conosciamo, in ogni modo, è quello legato ai neurotrasmettitori che rappresentano il “bersaglio” dell’azione dei farmaci antidepressivi. Possiamo quindi identificare la depressione come una “malattia del cervello”, in riferimento alle alterazioni biochimiche che possono essere considerate come il risultato finale di un processo inesorabile, le cui conseguenze possono essere letali, indotto da condizioni eterogenee che comprendono problemi psicologici, sociali e fisici. 
Riguardo l’anziano, possiamo dire che nella vita può aver vissuto, come tutti, momenti di tristezza transitoria. Purtuttavia alcuni eventi (anche se non riferibili solamente all’individuo anziano), possono incidere, scalfire, “ferire” l’animo in modo profondo. Alcuni avvenimenti – principalmente di lutto, di perdita, di separazione affettiva, o quando il soggetto non vede una soluzione o una via d’uscita – possono rappresentare il punto di partenza di una reazione depressiva che può anche protrarsi nel tempo, determinando la depressione e, purtroppo, in certi casi, il suicidio. 

Analizzando la tematica con ampio respiro si deve ammettere che talvolta la depressione possa insorgere senza che si manifestino eventi tali. La depressione infatti può essere una conseguenza a pregressi stati patologici quali: 
-Malattie del sistema nervoso centrale, come il morbo di Parkinson, i tumori cerebrali, la sclerosi multipla, etc. 
-Patologie endocrine, come l’ipotiroidismo, il morbo di Cushing, etc. 
-Malattie infettivo/infiammatorie, come l’AIDS, la mononucleosi, l’artrite reumatoide, il lupus sistemico, etc. 
-Alcune malattie sistemiche, come le anemie e alcune ipovitaminosi. 
Altre cause scatenanti sono rappresentate dagli abusi di farmaci, di sostanze come l’alcool, l’assunzione/sospensione di psicostimolanti quali la cocaina. Il fenomeno depressivo si manifesta solitamente durante la sospensione o l’abbassamento del quantitativo introdotto della sostanza. 

Riguardo l’individuo anziano c’è da dire che molti soggetti , come i loro familiari, non sono in grado di capire che si tratti di depressione. Non sanno come si manifesti e non comprendono quindi quanto la malattia sia grave. In altri casi, invece, i sintomi depressivi sarebbero travisati e considerati come corollario sintomatologico di demenza. 
Molti non si fanno curare in quanto le terapie sono troppo costose, oppure perché si vergognano, per timore di venir “bollati” dalle altre persone, ed evitano di chiedere aiuto. Alla fin fine, imboccata la via del “disagio del vivere”, se non supportato terapeuticamente l’individuo giunge a “dover vivere”. Ovvero il vivere non è ormai che una situazione di estrema sofferenza. Il centro vitale è il disagio. La vita non ha più nessun senso. È una condizione penosa, una condizione di dolore quotidiano cui non si vede l'ora di porre fine. Non si pensa certo alle conseguenze. Non si riesce a “vedere” oltre al proprio star male. Il “farla finita” sembra proprio essere l’unica “soluzione di benessere”. 
Se la speranza è l’ultima a morire, ecco che in questo frangente la morte assume invece un significato totalmente liberatorio dalle catene della sofferenza. Non esiste niente o nessuno, solo il proprio insopportabile disagio, fardello troppo pesante da portare in un'esistenza che non ha più alcun apparente motivo di continuare. “Perchè soffrire", pensa il soggetto, "quando nell’altra vita si potrà certamente star meglio?”
Per questo hanno enorme importanza le terapie.

Continua...



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