sábado, 1 de septiembre de 2018

Un pizzico di follia: vivere con un disturbo psichiatrico - 7

Rodin Il pensatore (fine '800), dettaglio (immagine da Wikipedia)

Vademecum per la cura della persona
di Fabio Viganò
7-PERFORMANCE COGNITIVE 

Ogni persona presenta “performance cognitive” nella vita quotidiana, che possono essere riepilogate come:

-Memoria secondaria: consiste, per esempio, nella capacità di ricordare un numero di telefono, la lista della spesa o di eseguire compiti preassegnati.

-Attenzione sostenuta: permette di mantenere la concentrazione durante il lavoro, studiare, guardare un film. 

-Attenzione selettiva: consente di trovare il prodotto che ci interessa al supermercato o un libro in libreria, di riconoscere in mezzo a più persone chi stiamo cercando, di scegliere. 

-Velocità e coordinazione psicomotoria: eseguire compiti e lavori manuali o interagire con l’ambiente in modo adeguato. 

-Funzioni esecutive: includono eseguire compiti di problem solving, adattarsi al feedback dell’ambiente (flessibilità), fare inferenze di ordine superiore, essere in grado di operare una pianificazione. 

-Fluenza verbale e semantica: includono ragionare in modo sequenziale, generare una strategia di ricerca verbale adeguata e appropriata, comunicare con gli altri.

-Working memory: ciò che permette di memorizzare e comporre un numero di telefono, eseguire calcoli a mente, ragionare tenendo presenti contemporaneamente più parti di un problema.

Nell’individuo colpito da schizofrenia queste capacità risulterebbero essere compromesse. Per tale motivo è importante programmare una strategia farmacologica individualizzata ottimale. 
Ciò significa effettuare la scelta, attraverso strategie sequenziali, del miglior farmaco per il paziente. O meglio, il medicamento dovrebbe determinare: 
-Gestione dei sintomi psicotici produttivi e mantenimento del compenso 
-Prevenzione delle riesacerbazioni 
-Efficacia sui sintomi negativi 
-Rallentamento dell’evoluzione deficitaria 
-Limitazione degli effetti collaterali 
-Buona compliance 
Un'effettiva risposta farmacologica permette di lavorare sul recupero delle abilità perse e migliorare la qualità di vita attraverso la riabilitazione, indispensabile per gli obbiettivi a lungo termine. 

Affrontiamo ora il problema degli obiettivi da raggiungersi durante il trattamento farmacologico della schizofrenia, nel caso di una esacerbazione acuta. Quali risultati dovremmo attenderci? 
-Risoluzione della sintomatologia produttiva (deliri, allucinazioni, disturbo formale del pensiero, disorganizzazione comportamentale ). 
-Riduzione della sintomatologia negativa secondaria aspecifica, collegata alla presenza dei sintomi positivi (ritiro sociale) 
-Creazione delle premesse per l’intervento riabilitativo e di reinserimento ambientale, centrali per la cura della sintomatologia “negativo-deficitaria” (anedonia, apatia, anergia, ritiro sociale) 
Un corretto trattamento a dosi adeguate permette una risoluzione dei sintomi produttivi o comunque una riduzione significativa in un periodo di 4/6 settimane circa. 

Per quanto concerne la terapia a lungo termine della schizofrenia, premetto e ribadisco un concetto già esposto in precedenza, in quanto rappresenta il modus vivendi della persona schizofrenica cronica. La condizione cronica della malattia occupa la maggior parte del tempo della malattia stessa, caratterizzata da deficitarietà, e cioè la perdita progressiva del funzionamento sociale, personale e lavorativo. In questa fase l’intervento terapeutico ha due scopi principali 
-Prevenire le riesacerbazioni: richiede il trattamento continuativo con il farmaco specifico che ha indotto la remissione della patologia 
-Arginare la processualità deficitaria e possibilmente invertirne la rotta verso il recupero funzionale: richiede un trattamento specifico delle disfunzioni comportamentali (autonomia, lavoro, relazioni) e dei sottostanti correlati neurocognitivi attraverso la riabilitazione. 

Riguardo la schizofrenia si è detto della sua familiarità. Gli studi meglio controllati suggeriscono una concordanza per la schizofrenia in gemelli monozigoti che oscilla tra il 30-40%, mentre la concordanza in gemelli dizigoti è grosso modo la stessa di quella rilevata tra i fratelli (Kety, 1996; Plomin et al., 2001). 
Tuttavia, come accade per tutti i disturbi psichiatrici, non si tratta di una chiara modalità di trasmissione di tipo mendeliano. Nessuna delle scoperte della ricerca biologica attenua però l’impatto di un fatto irriducibile: la schizofrenia è una malattia che colpisce una persona con una particolare configurazione psicologica. Anche se i fattori genetici fossero responsabili del 100% dell’eziologia della schizofrenia, ci si troverebbe davanti sempre a un individuo dinamicamente complesso, che reagisce a una malattia profondamente disturbante. 

Probabilmente non più del 10% dei pazienti schizofrenici è in grado di rispondere adeguatamente a un approccio terapeutico che consista solamente di farmaci antipsicotici e di un breve ricovero (Mc Glashan, Keats,1989). Il rimanente 90% necessita di approcci terapeutici dinamicamente orientati, che includono una farmacoterapia psicodinamica, una terapia individuale, una terapia di gruppo, approcci anche familiari. Non esiste una cosa come “il trattamento della schizofrenia”. Tutti gli interventi terapeutici devono essere “confezionati su misura” per i bisogni specifici di ciascun paziente. È necessario improntare un Programma Terapeutico individualizzato di tipo riabilitativo, che deve tener conto di una scelta in base alle esigenze cliniche e alle opportunità. La scelta deve essere: 
-Mirata al recupero funzionale 
-Disegnata attraverso programmi e obiettivi progressivi, specifici per il paziente 
-Effettuata in luoghi di cura (per esempio, Centro diurno, CRT), ma anche a casa, con la collaborazione dei familiari 
-Centrata sulla creazione di un’ambiente terapeutico esteso per il paziente, dove tutti gli atti sono volti al supporto del programma per perseguire gli obiettivi. Esso richiede anche contatto e interventi psicoeducativi con la famiglia 
-Effettuata con tecniche diverse ma a prevalente impronta cognitivo/-comportamentale su deficit specifici (autonomia personale, attività relazionale, attività di ruolo e/o lavorativa) 
-Condotta con la consapevolezza che un comportamento deficitario dipende, oltre che dai sintomi positivi e negativi, dalla perdita delle funzioni cognitive fondamentali per tutti i giorni, detti infatti fattori limitanti cognitivi. Pertanto deve intervenire anche su di essi affinché la persona stia meglio, ovvero abbia una risposta migliore alla riabilitazione.




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