viernes, 21 de septiembre de 2018

Neurofisiologia della comunicazione

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Un saggio di Fabio Viganò

L’emisfero cerebrale di sinistra è un sistema conservativo e difensivo di tutti i dati, di tutte le informazioni che incameriamo nel corso della nostra esistenza. È facilmente condizionabile e all’occorrenza duttile. Tenta di analizzare la realtà, ma non è in grado di fornire un’analisi obiettiva in quanto essa risulta essere fondamentalmente istintuale. Infatti il più delle volte ci propina informazioni falsate, alterate, sotto un certo punto di vista mendaci e del tutto errate.
Tale fenomenologia trova la propria spiegazione nel fatto che l’emisfero cerebrale sinistro è “dominato” dal rapporto stimolo-risposta immediata. Per questo motivo possiamo definirlo, a buona ragione, come una sorta di “giudice non veritiero”. Vediamo e cerchiamo di capire il perché.
È un potente programmatore che contiene in sé molte memorie diversificate di parecchi files di programmi che dovrebbero favorirci in procedure particolari, quali l’accumulo dei dati, il nozionismo, l’apprendimento e quindi un’acquisizione ragionata delle informazioni che servono per produrre una competenza specifica.
Tuttavia l’emisfero cerebrale sinistro fornisce informazioni chiuse, che servono in ogni caso al processo cognitivo, ma risultano stereotipate e insindacabili, almeno nell’eloquio di primo acchito e nella risposta immediata, istintuale a volte. Non potrà essere, data la sua peculiare natura, disponibile al dialogo e perciò favorirci in una comunicazione efficace. Ciò accade in quanto l’emisfero cerebrale sinistro è generalizzatore e quindi non in grado di analizzare i dati fornitici durante una comunicazione con l’interlocutore.

Il fatto poi che esso sia in stretta correlazione con la funzione temporale, nonché contenga in sé l’area del linguaggio o area del Broca - localizzata a livello frontale, data dall’unione delle aree 44 e 45 del Brodmann, in stretta relazione con l’area del Wernicke, area 22 del Brodmann,sita nel lobo temporale, tramite il fascicolo arcuato - potenzierebbe ulteriormente l’ipotesi di una risposta pensata; cioè, anche se istintuale, non “compulsiva”, soprattutto in situazioni patologiche o impossibilitate, creando quindi una sorta di circuito chiuso di cui si è parlato precedentemente.
L’area del Broca - così detta dal nome dello studioso che nel 1861 descrisse il primo caso (paziente Tan) di perdita della facoltà del linguaggio articolato, detta afasia del Broca (se interessa quest’area), conseguente a una lesione cerebrale - è localizzata anteriormente all’area motoria corrispondente alla rappresentazione dei muscoli fono-articolari e ubicata nella circonvoluzione frontale inferiore sinistra, proprio dove sono depositati i programmi motori necessari per l’articolazione delle parole.
Di conseguenza un suo deficit funzionale (per causa vascolare, come un ictus, o causa traumatica o di altro genere) porterà a un disturbo di produzione del linguaggio parlato e scritto, mentre la comprensione linguistica sarà clinicamente nella norma. È in questo caso che parleremo di afasia di Broca.
L’area del Broca è costituita dalla pars triangularis e dalla pars opercularis. Secondo certe teoria, la pars triangularis, se interessata da eventi patologici determinerebbe l’afasia non fluente (o appunto afasia del Broca), come una sorta di limitata incapacità di interpretazione di stimoli e “programmazione dei condotti verbali”. La pars opercularis, posteriore alla pars triangularis, sarebbe la localizzazione principe deputata alla coordinazione degli organi coinvolti alla parola, quali le corde vocali, la faringe e il cavo orale.
Nell’area di associazione acustica, situata nella parte posteriore della circonvoluzione superiore temporale sinistra, in stretta connessione con l’area acustica primaria, avviene invece il processo di decodificazione del linguaggio, per cui gli stimoli uditivi sono trasformati in unità linguistiche, i fonemi. Una lesione a livello di tale zona si evidenzierà con un deficit selettivo della comprensione del linguaggio, sia parlato sia scritto, detto afasia sensoriale del Wernicke (Gianfranco Denes, Neuropsicologia del linguaggio, 2010).
Le due aree, del Broca e del Wernicke, risultano essere in relazione tra loro tramite il fascicolo arcuato. Inoltre sarebbero importanti le strette correlazioni esistenti di aree come l’area uditiva, somatosensitiva, con l’area visiva primaria (area 17 del Brodmann), area visiva secondaria e terziaria (aree 18 e 19 del Brodmann), come documentato da diversi trattati di neuroanatomia (Carpenter, 1972; Delmas, 1986; Bergamini, 1983; etc).
Se è vero che l’uomo si differenzia dall’animale per la capacità nel raziocinare, è altresì vero che questi sia l’unico tra gli animali a tradurre in parola idee ed emozioni, quindi gli stati d’animo. Esiste una associazione tra pensiero, idea, emozione e capacità del linguaggio. Consisterebbe nella teoria associativa, basata sulle relazione strutturale anatomica. Nella teoria neoetica o globalista, il linguaggio sarebbe il risultato di attività d’insieme del parenchima cerebrale. L’afasia sarebbe così legata ad una lesione cerebrale delimitata, ma le sue manifestazioni cliniche sarebbero soprattutto il riflesso dell’adattamento della massa cerebrale di fronte alla lesione.
Il linguaggio consta dunque di due “versanti”: uno espressivo e uno recettivo. Il primo corrisponde alla capacità di esprimersi con parole, il secondo alla capacità di intendere,cioè di comprendere il significato delle parole udite. Avremo quindi,come detto precedentemente, due tipi di afasia: l’afasia motoria del Broca è interessato il versante espressivo, e l’afasia sensoriale o di comprensione o del Wernicke, in cui è interessato prevalentemente il versante recettivo (Manuale di Neurologia Clinica di Ludovico Bergamini, Ed. Cortina).
Potrebbero però esistere fattori scatenanti di natura polipeptidico-ormonale, come nel caso di un accesso d’ira, capaci di riportare un soggetto affetto da grave quadro clinico come il Morbo di Alzheimer,al terzo stadio della patologia - da tempo afasico - a uno stadio di regressione temporanea della malattia.
È stato descritto il caso di un soggetto anziano di sesso femminile, da tempo apparentemente afasico, che a seguito di una pratica notturna assistenziale, è caduto vittima dell’accesso d’ira conseguente al cambiamento doveroso della postura e alla fase di risveglio. Oltre all’aggressione verbale e fisica agli operatori, la paziente riprese a parlare in modo coerente e articolato, sempre alterato, come da tempo non aveva fatto. La manifestazione sorprese entrambi gli operatori in modo positivo.

A differenza dell’emisfero cerebrale di sinistra, l’emisfero cerebrale destro risulta essere un ottimo rilevatore emozionale, specializzato nella gestione delle informazioni non-verbali che rappresentano la componente preponderante della comunicazione. Le informazioni non verbali vengono mediate dalle emozioni che, tramite il sistema nervoso neurovegetativo, tradiscono la razionalità intellettiva del parenchima cerebrale proprio perché spontaneamente e sinceramente incontrollabili.
Le emozioni,ben differenti dalle risposte istintuali,risultano essere veicolate ed elaborate da entrambi gli emisferi. È doverosa una precisazione. Bisogna tener presente che soltanto le emozioni che risultano essere sotto il dominio completo dell’emisfero destro possono definirsi spontanee e sincere. Soprattutto,  sanno essere informazioni uniche e irripetibili in quanto frutto di un momento determinato e unico che si sta vivendo. Sono sotto il controllo del sistema nervoso neurovegetativo quindi, come già detto, incontrollabili.
Un classico esempio di reazione neurovegetativa incontrollabile risulta essere rappresentato dalla causa-effetto del sentimento di gioia che determina dilatazione pupillare secondaria a stimolo emozionale esogeno (processo di midriasi). L’osservazione di un fatto gratificante determina una neurotrasmissione dai coni e bastoncelli della retina al ganglio ciliare, tramite fibre pregangliari. Da esso si dipartono quindi fibre postgangliari che fanno dapprima capo al chiasma ottico, ove una parte di esse diviene controlaterale, mentre la restante parte continua omolateralmente. Entrambe raggiungeranno le aree del Brodmann 17,18,19 (area occipitale primaria, area occipitale secondaria o paraoccipitale, area occipitale terziaria o perioccipitale), dopo essere passate di fianco alla sella turcica. In particolare,dapprima passeranno a lato del corpo genicolato anteriore, per poi passare a lato del corpo genicolato posteriore omolaterale, destro o sinistro che sia, sino a giungere nelle aree occipitali del Brodmann. Lì,la proiezione a livello di radiazione ottica con coinvolgimento delle aree corticali.
In questa dimensione analitica di estensione armoniosa di informazioni a livello del parenchima cerebrale, ben riusciamo adintuire le vere e serie potenzialità che il nostro cervello ci offre. Soprattutto, ci rendiamo conto di quanto poco si sappia al riguardo e di quanto poco, quindi, vengano sfruttate le nostre potenzialità.
Tornando all’emisfero cerebrale di destra,certamente vi è da aggiungere che esso non possiede il senso temporale. Mi spiego. Qualsiasi dato provenga dall’interno o dall’esterno del nostro organismo, sia esso esogeno o endogeno, dopo essere stato incamerato a livello dell’emisfero cerebrale sinistro viene rielaborato mediante un processo di analisi a livello dell’emisfero cerebrale destro. Tale analisi viene effettuata in tempo reale, ma con una procedura peculiare e abbastanza caratteristica, differente in tutti i sensi da quella espletata nel nostro emisfero cerebrale sinistro, luogo si potrebbe definire del processo istintuale discriminativo.
Il nostro cervello vive e opera grazie a leggi fisiche e a continui scambi energetici di materiale chimico, proveniente sia dall’esterno, sotto forma di alimenti e bevande, sia dall’interno, che si trasforma quindi in energia elettrica, generando il lavoro elettrochimico, secondo la nota legge,a partire dalla relazione: L=F•S, sino a giungere alla equazione di Nernst e all’equazione dell’equilibrio di Donnan.

L=F •∆x

L=P • A

L=P•∆V

L=∏•∆V

Lchim=∫da V1 a V2 • ∏ • ∆V

PV=nRT• V=nRT ovvero

∏=n • RT / V

Introducendo questo valore otterremo il valore chimico espresso a livello molare, per singola mole. Considerando una singola mole, cioè n=1 potremo scrivere:

∏=RT/V

Lchim/mole=∫ V1 a V2 • RT/ V •∆V

RT è K (costante) che può ergo essere tolta dall’integrale; ne discende quindi:

Lchim/mole=RT per ∫ da V1 a V2 • ∆V/V

Quindi otterremo:

L chim/mole=RT •1n •V2/V1

E poiché n/V=C,

V1/V2=C2/C1 e quindi

Lchim/mole=RT •1n C1/C2

Considerando il sistema di Donnan, C1 è la concentrazione della sostanza in α e C2 è la concentrazione della sostanza in β. 
Tale formula esprime il lavoro chimico compiuto per spostare una mole di una certa sostanza dalla fase α a concentrazione C1 alla fase β della concentrazione C2.Tale lavoro è uguale a una costante moltiplicata per il logaritmo naturale del rapporto tra le concentrazioni.
Consideriamo ancora il sistema di Donnan e sostituiamo il lavoro chimico per il sodio (Na) che diverrà quindi:

LNa=RT •1nNa α/Na β. Per il cloro (Cl) avremo:

LCl=RT •Cl α/ Cl β.

E il lavoro elettrico sarà quindi definibile dalla relazione:

Le=q(V1- V2)

In cui V1-V2 rappresenta la differenza di potenziale ∆E ai due lati della membrana, mentre q è la carica di un grammo ione monovalente.

q è eguale ad 1 Faraday, cioè a e•N, dove e è la carica unitaria dell’elettrone ed N il Numero di Avogadro (6,02x10 alla 23ma).

Per cui otterremo:

q=F=e•N=1,602x10 alla 19ma •6,02x10 alla 23ma pari a 96.500 Coulomb.

Se la carica dello ione non è monovalente, si avrà:

Le=zF• ∆E,dove z è la valenza.

Nel sistema di Donnan per ioni monovalenti come il Na+, appunto positivo, il lavoro elettrico sarà dato dalla relazione:

LNa+=zF•∆E Na+

Mentre per il cloro che risulta essere negativo avremo:

LCl=-F •∆ECl.

Analizzando il lavoro elettrochimico, detto anche potenziale elettrochimico, avremo che per un determinato ione, questo risulterà uguale alla somma del lavoro elettrico e del lavoro chimico per unità molare. Ne discenderà pertanto:

μNa+ =RT 1n (Na+)α/(Na+)β+F• ∆ENa+

In condizioni di equilibrio, essendo il flusso degli ioni uguale a zero, anche il lavoro elettrochimico sarà uguale a zero. Dunque otterremo:

μNa+= RT 1n(Na+)α/(Na+)β+F•∆ENa+=0

da cui discende:

RT •1n(Na+)α/(Na+)β=F• ∆ENa+ da cui

∆ENa+=RT/F • 1n (Na+)β/(Na+)α.

Questa è la cosiddetta equazione di Nernst per il sodio, che è analoga a quella degli altri cationi monovalenti.

Calcolando il lavoro elettrochimico per un anione monovalente quale il Cl:

∆ECl=RT/F•1n (Cl)α/(Cl)β.

Questa è la equazione di Nernst per il cloro. Essa descrive come il potenziale di equilibrio di uno ione dipenda dal rapporto fra le concentrazioni, per quello ione, fra due fasi di una soluzione. Nel sistema di Donnan considerato in precedenza, all’equilibrio (∆μNa+= 0 e ∆μCl=0) la differenza di potenziale elettrico che si è generata agirà allo stesso modo sui due ioni e quindi ∆ENa+=∆ECl, da cui, ricordando le equazioni precedenti otterremo:

RT/F•1n(Na+)β/(Na+)α=RT/F •1n (Cl)α/(Cl)β

Da qui, semplificando, avremo:

(Na+)β/(Na+)α=(Cl)α/(Cl)β.

Questa espressione costituisce la “condizione di equilibrio” secondo Donnan. In questa condizione il rapporto tra le concentrazioni in α e in β di cationi monovalenti risulta essere costante ed è inverso al rapporto tra le concentrazioni di anioni monovalenti. È il cosiddetto “rapporto di accumulo”. Dalla precedente equazione si osserva anche che in equilibrio il prodotto delle concentrazioni degli ioni diffusibili ai due lati della membrana risulta essere uguale, ovvero:

(Na+)β•(Cl)β=(Cl)α•(Na+)α

Esistono quindi variazioni di energia, che vengono descritte e definite dalla seguente relazione:

∆V=∆Ec=∆μ

come risulta intuibile la relazione ∆Ec=∆T, vera sia in condizione fisiologica che patologica.

Queste variazioni di energia sono rappresentate dagli input e dagli output continui, molteplici, che si verificano a livello neuronale, tramite le varie tipologie sinaptiche cerebrali presenti nel nostro parenchima cerebrale.
In conclusione possiamo quindi affermare che sussiste, in virtù del continuo plasticismo cerebrale, una sorta di variazione energetica continua, determinata anche dall’interscambio di informazioni presente a livello di emisfero cerebrale sinistro ed emisfero cerebrale destro.
Tornando ad analizzare l’attività dell’emisfero cerebrale destro, si è precedentemente accennato alla sua capacità ad integrare tutti i dati provenienti dall’interno. Sarebbe riduttivo. Infatti,all’elaborazione dei dati fa seguito la capacità di formulazione di informazioni aperte.
Interessanti sarebbero inoltre da sottolineare ed evidenziare le modalità di percezione del mondo che lo circonda, partendo dall’unicità soggettiva recettoriale di ogni singolo individuo. L’emisfero di destra possiede una maggiore capacità di percezione dello spazio in senso globale. Cioè, è in grado di effettuare l’analisi globale di una persona, evidenziandone sia la mimica che la gestualità o addirittura la capacità di comprendere in modo anticipato le reali intenzioni della persona con cui si stia interloquendo. Questo ci è possibile anche e soprattutto perché il nostro emisfero cerebrale destro è in grado di analizzare la modulazione del linguaggio utilizzata, nonché l’intonazione di esso.
In tale modo l’emisfero cerebrale destro garantisce un quadro complessivo della situazione che risulta essere sempre vincolato strettamente all’empirismo, all’esperienza emotiva dell’incontro e quindi, in seconda battuta, della razionalità.
Questa sua capacità integrativa continua di flusso di dati permette di giungere alla conoscenza, proprio grazie all’analisi delle informazioni pervenutegli e quindi un’obiettiva capacità reale, senza dover essere legato ad inutili e pericolosi paragoni di giudizio peculiari dell’emisfero cerebrale sinistro, che abbiamo visto essere sede principe dell’istintività.
Bisogna inoltre tener presente un aspetto ulteriore. Cosa accadrebbe se pervenissero “nuove informazioni” riguardo dati già presenti a livello cerebrale? Verrebbero escluse in quanto riconosciute aprioristicamente inutili, perché preesistenti? La risposta non può che essere negativa. Infatti,qualora ci pervenissero nuovi dati e fossero contrastanti con quelli precedentemente acquisiti, questi verrebbero vagliati, valutati, confrontati e analizzati riguardo la loro veridicità. Quindi, in seconda battuta, integrati come migliorie delle informazioni preesistenti o come dati sostituti “ex novo”.
Ma è da sottolineare il fatto che, a differenza dell’emisfero cerebrale sinistro, il nostro emisfero cerebrale destro non va incontro a conflitti tra un’informazione e l’altra, in quanto per il nostro emisfero cerebrale destro ogni dato risulta avere una propria specifica individualità e quindi non paragonabile a nessun altro. Tutte queste sue peculiarità gli permettono di rimanere sempre in contatto con la realtà delle cose, in quanto è l’emisfero deputato e depositario sia di libertà sia di verità.
Bisogna sempre sottolineare che questo emisfero cerebrale non è e non assurgerà mai a ruolo di giudice, bensì risulterà essere un valido e serio valutatore. La capacità mnestica umana, localizzabile a livello talamico, farà sempre parte di un vissuto che - dotato per sua natura di divenire plastico - può essere generatore di piacere, quindi di sostanze oppioidi naturali prodotte dall’essere umano, quali le endorfine. Così la capacità mnestica verrà evocata consciamente o inconsciamente, oppure in caso contrario rimossa a livello inconscio.
Non ritengo sia possibile cancellare dal substrato empirico-culturale esperienze negative con il solo desiderio di “non voler soffrire”. L’effetto che si può sortire, casomai, sarà dato da un temporaneo allontanamento del brutto ricordo, che ritornerà alla mente quando meno l’individuo se lo aspetti. A volte un’idea con potere associativo ha anche potere evocativo. Grazie a queste funzioni l’essere umano, ogni essere umano, riesce a esprimere le più alte caratteristiche quali la conoscenza, i sentimenti più nobili e profondi, l’interesse altruistico per l’altro non mediato da secondi fini.

Nel caso di conflittualità il nostro cervello, a livello dell’emisfero cerebrale destro,non riconosce né vincitori né vinti, ma è in grado di recepire soltanto le ragioni dell’una e dell’altra parte. Solo in un secondo momento tali ragioni verrebbero ponderate affinché si possa giungere alla verità.
Emisfero destro ed emisfero sinistro comunicano tra loro principalmente attraverso un ponte di fibre nervose che prende il nome di corpo calloso. Esso consta di circa duecentomilioni di fibre di collegamento. Nella donna il numero delle fibre presenti nel corpo calloso risulterebbe essere superiore del venticinque per cento rispetto all’uomo.
Questa possibilità funzionale permette lo sviluppo e lo svolgersi delle nostre funzioni superiori, grazie al potere associativo di tipo corticale che possiamo descrivere con il termine di sinergismo interemisferico. In particolare i nostri lobi frontali realizzano la consapevolezza del nostro agito e agire quotidiano, incrementando i livelli di conoscenza durante l’intero arco della nostra vita, grazie al meccanismo di controllo descritto in precedenza.
Tenendo conto delle differenze esistenti tra i due sessi, non dobbiamo mai dimenticare che spesso nel dialogo emergono o possono emergere caratteristiche che rischiano di essere confuse o interpretate erroneamente come difetti caratteriali o carenze comunicative. L’uomo è più portato all’analisi di un evento a differenza della donna che esprimerà un concetto sintetico e intuitivo legato anche all’emozione del momento. Quindi,se le due parti non vorranno raggiungere entrambe la verità, nel processo di comunicazione si instaurerà inevitabilmente un processo di tipo conflittuale tendente a creare sempre più risposte chiuse, ermetiche, barriere difensive sempre più impenetrabili.
Nella donna sia il tempo di latenza che di trasmissione risultano essere inferiori rispetto all’uomo. Di contro,nel soggetto femminile, in genere, possiamo constatare una maggior capacità emotiva e maggiori difese. Infatti se per la donna il tempo di risposta risulta essere di 300 msec, nell’uomo il tempo di risposta è superiore o pari a 700 msec.
Ogni parola che noi recepiamo viene impressa nella memoria a lungo termine in modo diretto. Questo meccanismo si verifica a prescindere dalla natura del vocabolo, ovvero negativa o positiva, verrà comunque ricordato. Ne discende che una sola parola può essere sufficiente a produrre pensieri e stati d’animo differenti da quelli originari. In base alla prevalenza emisferica sarà importante la scelta del linguaggio da utilizzarsi e quindi la comunicazione all’esigenza dell’interlocutore,  per poter disinnescare il potenziale rischio di conflittualità. 

Bibliografia:
Mauro Mancia Fisiologia del sistema nervoso, Cortina Editore, Milano
Gianfranco Denes Neuropsicologia del linguaggio, 2010


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