A. C. Cappi in una foto di Stefano Di Marino |
Nota dell'autore: Salve a tutti e benvenuti al racconto del venerdì. Sto finendo di scrivere un racconto della mia serie dedicata al Cacciatore di Libri che uscirà prossimamente e mi sono reso conto che sono passati ben dieci anni dall'ultima volta che ho raccontato una storia di quel personaggio. Per la precisione da quando scrissi il racconto che segue, per l'antologia di Todaro Editore Delitti & Canzoni, a cura di Fabrizio Canciani (prematuralmente scomparso) e Stefano Covri. Se è vero che negli anni 2000 aveva abbandonato il suo lavoro di Cacciatore di Libri per l'attività poco più sicura di consulente editoriale, è anche vero che gli ultimi due racconti aprivano nuovi potenziali sviluppi per la serie. Prima o poi dovrò tornarci. Intanto qui facciamo un balzo indietro all'estate del 2008, quando ancora il social network di maggior successo era MySpace, con tutte le caratteristiche dei suoi profili. Buona lettura e buon weekend dal vostro K
CACCIATORE
DI CANZONI
Racconto
di Andrea Carlo Cappi
L'ultima
canzone che avevo sentito in lontananza quella notte d'estate, quando
mi ero addormentato, era la stessa che udii al momento di riprendere
conoscenza la mattina dopo. Ebbi vagamente la sensazione che il
disco, al piano di sotto, si fosse incantato e stesse ripetendo lo
stesso ritornello da ore. Ma non avevo tempo di preoccuparmene: quel
giorno avevo parecchio da fare e uscii di corsa. Rientrai dopo le
sei, quando la portineria era già chiusa. Alle sei e trenta
qualcuno parve voler buttare giù la mia porta a forza di
bussare. “Polizia!” gridava.
Ero sicuro
di non aver fatto niente di male. O niente di peggio del solito.
Quando aprii la porta, mi trovai davanti un individuo che sembrava un
boy scout vittima di un incantesimo: camicia sahariana, pantaloncini
corti della stessa sfumatura, altezza media, fisico grassoccio,
occhiali e folti capelli ricci. Il viso paffuto e giovanile, su un
corpo che doveva avere almeno quarant'anni e un tasso di colesterolo
persino superiore al mio, creava l'effetto di un bambino da cartone
animato improvvisamente ingigantito da un colpo di bacchetta magica.
“Ispettore
Biondi”, si presentò. “Perché il suo campanello non
funziona?”
“Non
ha mai funzionato. Mi piace mantenere vive le tradizioni.”
“Perché
non c'è il suo nome sulla porta?”
“Le
consegne le fanno in portineria. E chi mi conosce sa dove trovarmi.”
“Perché
non mi fa entrare?”
Mi
venivano in mente parecchie risposte, ma nessuna che sarebbe stata
gradita a un poliziotto. Lo feci entrare. Biondi si muoveva come se
fosse già stato in casa mia, conosceva la disposizione delle
stanze. In realtà, mi spiegò, aveva passato l'intera
giornata in un appartamento identico, quello del piano di sotto, dove
la notte precedente era stato commesso un delitto. Il mio vicino
Martino Cornati era stato assassinato, colpito alla testa con un
grosso posacenere.
“Mio
Dio. A che ora?” domandai.
“Tra
le dieci e mezzanotte. Perché me lo chiede?”
Perché...
perché...
“Stanotte
ho avuto la sensazione che al piano di sotto si fosse incantato un
disco”, risposi. “Si sentiva di continuo lo stesso ritornello.
Cornati è un collezionista di dischi in vinile. Non credo che
ne lascerebbe uno a girare a vuoto per tutta la notte senza togliere
la puntina. A meno che non gli sia successo qualcosa.”
“Lo
conosceva bene?” Mi suonava strano l'uso del passato nei confronti
del mio vicino del piano di sotto. Maledizione, mi era pure
simpatico.
“Non
molto. Due chiacchiere in ascensore ogni tanto. Una volta mi ha visto
con indosso la maglietta di un concerto di Bruce Springsteen e mi ha
raccontato della sua collezione. Era tutta la sua vita. Per il resto
era un solitario, non vedeva molta gente e le uniche ragazze che
frequentava erano conoscenze occasionali su MySpace.”
“Su
cosa?” fece Biondi.
“Internet.
Si apre una pagina e si fa amicizia con le pagine degli altri.”
“Ieri
sera c'era una donna con lui, c'erano tracce di rossetto su un
bicchiere. Ma nessuno l'ha vita entrare o uscire. Ha idea di chi
potesse essere?”
“No,
ma forse possiamo scoprirlo. Venga.” Lo portai nel mio studio. “Non
faccia caso al disordine”, gli dissi, scavalcando una pila di
Diabolik sul pavimento. La mia casa sembra sempre in preda a
un interminabile trasloco.
“Cornati
era più ordinato”, commentò il poliziotto, scuotendo
il capo.
Accesi
il computer, mi collegai a Internet e cercai il profilo di “Marty,
the 7th Beatle”, come si faceva chiamare su MySpace.
Faceva una strana impressione visitare la pagina web di un morto,
rimasta esattamente come lui l'aveva lasciata l'ultima volta che
l'aveva aggiornata.
Intanto
l'ispettore guardava con sospetto la mia collezione di action
figures, che comprendeva
personaggi come Elvis Presley e il Dottor Octopus.
Nel
giro di qualche secondo si caricò il brano musicale che
Cornati aveva scelto come propria colonna sonora: Nowhere Man.
“I Beatles erano i suoi preferiti”, dissi. “Aveva tutto,
compresi album e 45 giri incisi dopo lo scioglimento.” Indicai lo
schermo: “Ecco, qui si vedono tutti i suoi 'amici' di MySpace. Per
la maggior parte sono gruppi musicali emergenti che cercano
pubblicità, pagine ufficiali di band e cantanti, e, uhmmm, un
altro collezionista di vinili...” Dei trecento e passa amici, le
uniche donne erano tre. “Ho idea che, dopo avere passato una serata
con lui a sentir parlare di gruppi rock degli anni Sessanta, le
ragazze lo cancellassero dalle loro amicizie.” Controllai i
commenti più recenti alla pagina di Cornati: si intuivano
tentativi di corteggiamento nei confronti delle tre donne: Glenda,
Padme e Mary (o almeno così si facevano chiamare su MySpace).
“Intanto vediamo le loro pagine”, dissi all'ispettore, che mi
guardava come se fossi un alieno.
Aprii la
pagina di Glenda e gli spiegai: “In questa sezione si vedono i loro
interessi, compresi i gusti musicali e i loro 'eroi'. Si può
capire la loro personalità.”
Biondi
prese di tasca un block-notes ciancicato e si mise a prendere
appunti. Nel giro di mezz'ora ricostruimmo il profilo delle ragazze,
tutte e tre di Milano.
Glenda,
trent'anni, un tipo dark. Canzone preferita: Where the Wild
Roses Grow di Nick Cave e Kylie
Minogue, Interessi: letteratura e cinema horror, musicalmente
piuttosto raffinata. Alcool: sì. Fumo: sì. Religione:
non precisata. Eroe: H. P. Lovecraft.
“Potrebbe
essere lei”, commentò Biondi.
Padme,
trentadue anni, era un tipo dai gusti rétro, la foto che usava
come avatar era virata al seppia e la canzone preferita era Uomo
mio bambino mio cantata da
Ornella Vanoni. Interessi: fantascienza. Alcool: sì. Fumo: no.
Religione: buddista. Eroe: il Dalai Lama.
La scelta
della Vanoni doveva aver fatto scattare qualcosa nel cuore del
poliziotto, che fu immediatamente propenso a escludere Padme dalla
lista degli indiziati.
Mary,
ventitré anni, era la più colta delle tre. Tra gli
autori preferiti indicava Alessandro Manzoni. Come brano musicale
aveva Gesù mia gioia eseguito
all'organo da Virgil Fox (e non sembrava conoscere nessun musicista
posteriore al XIX secolo.) Interessi: la chiesa cattolica (sic).
Alcool: no. Fumo: no. Religione: cattolica (repetita
juvant). Eroe: papa Benedetto
XVI, e padre Amorth, esorcista.
“Questa
non può essere stata”, fu l'opinione di Biondi. “È
una specie di santa.”
“Ha
detto che c'era un bicchiere macchiato di rossetto. Che cosa
conteneva?”
“Vino
bianco. Vede: non può essere stata lei: c'è scritto che
non beve.”
“O
almeno non beveva fino a ieri sera. Piuttosto, guardi i titoli del
suo blog: cita un discorso di Papa Woytila sulla presenza del
maligno, parla di esorcismo, di demoni e del numero della Bestia.”
“666”,
disse l'ispettore Biondi, e indicò la mia collezione di Dylan
Dog. “Quelli li ho letti
anch'io.”
“Provi
a immaginare: una ragazza cattolica, fermamente convinta
dell'esistenza del diavolo, si lascia invitare a casa di un nerd
conosciuto su MySpace, che probabilmente ritiene innocuo. Accetta un
bicchiere di vino bianco, che le va subito alla testa perché
non è abituata a bere. Stanno ascoltando una canzone che la
ragazza è troppo giovane per avere già sentito. E
improvvisamente, mentre lei è in preda ai fumi dell'alcool...
il disco si incanta su quella che lei può scambiare per una
frase satanica. Teme una trappola del demonio. Afferra un posacenere,
colpisce alla cieca e scappa.”
“Una
frase satanica?” Qualcuno doveva avere spento il giradischi prima
dell'arrivo di Biondi, altrimenti, forse, ci sarebbe arrivato da
solo.
“La
canzone che stavano sentendo era un successo di Paul McCartney e
Michael Jackson. Il disco si è incantato sul ritornello e ha
ripetuto per tutta la notte Say say say... say say say...”
“Oh,
porca vacca”, disse l'ispettore.
Be', il
resto lo avrete letto sui giornali. Maria Assunta Queirolo, “Mary”
su MySpace, ha confessato l'omicidio. E adesso vi saluto: ho
appuntamento con Glenda. Mi fido dei miei giudizi come... cacciatore
di canzoni.
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