Il mio racconto del venerdì - a volte un inedito, altre un recupero - è stato un appuntamento fisso con i miei lettori per parecchi anni, mentre ormai è un evento occasionale. Ma oggi è l'opportunità di recuperare un testo di cui ho parlato in un articolo della serie Vita da pulp, che trovate a questo link. Nel 1990 scrissi un racconto che avrebbe innescato una complessa serie di eventi, anche se sarebbe stato pubblicato solo dieci anni più tardi, nel 2000, sulla rivista Addictions. Immaginate una storia raccontata cinque volte, ognuna in modo leggermente diverso - come in certi quadri di Andy Warhol - il cui senso emerge gradualmente a ogni variazione. E immaginate (non credo ci vorrà uno sforzo) uno sbirro americano bianco, razzista e omofobo. Trent'anni dopo, malgrado tempo fa si sia verificato lo scenario politico ipotizzato nella Variazione 4, certe cose sono rimaste drammaticamente uguali, come abbiamo visto nel corso del 2020. Buona lettura e buon weekend.PENTADRAMMA
Cinque
variazioni in nero di Andrea Carlo Cappi
VARIAZIONE
1
Erano
le undici del mattino quando il tenente White della squadra omicidi
di New York entrò con passo sicuro nella stanza da letto al
piano superiore della villa Johnson di Long Island. La donna giaceva
nuda sopra le lenzuola, lo sguardo fisso nel vuoto.
White
cancello dal viso l'espressione di disgusto procuratagli dalla
visione della non più giovane signora Johnson, colpita
ripetutamente al capo con una chiave inglese, e rivolse il suo
sguardo indagatore verso le due persone che il suo assistente di
colore, il sergente Black, stava conducendo nella stanza.
«Il
signor Johnson è attualmente in Europa per lavoro, mentre la
figlia ha trascorso qui la scorsa settimana, prima di tornare
all'università», spiegò Black. «In casa con
la signora ieri c'erano solo due persone: la cameriera May, che è
a servizio qui da molti anni, e Nero, l'autista di famiglia.»
«Un
negro», bofonchiò tra sé White, scrutando
sospettoso il giovane alto e muscoloso dalla pelle scura che gli
stava davanti. Il tenente coprì con il lenzuolo il corpo della
vittima. Poi, rivolgendosi alla decrepita cameriera, disse ad alta
voce: «È lei che ha scoperto il cadavere, vero? Mi dica,
c'era forse qualcuno che avesse un motivo per uccidere la signora
Johnson?»
«Certo
che sì», ringhiò la vecchia, stizzita. «Proprio
l'altro giorno l'ho sentita litigare con sua figlia. La signorina
Janette le diceva di essere innamorata pazzamente di un uomo, ma la
signora insisteva che non avrebbe mai potuto accettare una situazione
del genere. Fu a quel punto che la signorina Janette uscì
dalla stanza da letto sbattendo la porta e corse nella sua camera, a
fare le valigie per tornare all'università.»
«Janette
Johnson non si è allontanata dal campus e ci sono testimoni
che l'hanno vista là ieri sera», intervenne Black.
«Abbiamo controllato.»
«Molto
interessante», riprese White. «Lei sa dirmi qualcosa in
proposito, Nero?»
«No,
non ho niente da dirle, tenente. Io stesso ho accompagnato la
signorina alla stazione. Le ho domandato se ci fosse qualcosa che la
contrariasse, ma lei è stata molto vaga in proposito. Janette
non mi ha voluto dire niente sul suo litigio con la madre.»
«Dunque
Janette non le ha detto niente», concluse White. «Janette
Johnson litigò con la madre, ma al momento del delitto era
lontana parecchi chilometri. Quindi nella villa restava solo una
persona che avesse un movente per uccidere: l'uomo che la signora
Johnson non voleva che frequentasse la figlia, un uomo che era
evidentemente in intimi rapporti con la ragazza... visto che si è
lasciato sfuggire che la chiamava con il nome di battesimo invece che
con un deferente signorina Janette. Un assassino spietato che
ha scelto per uccidere l'arma più ovvia, dato il suo mestiere
di autista: una chiave inglese.»
Spaventato,
Nero tentò di fuggire, ma due poliziotti gli sbarrarono
tempestivamente la strada.
White
si avvicinò all'indiziato avvertendo improvvisamente
un'intensa fastidiosa sensazione olfattiva.
«Cos'è
questo odore? Lozione dopobarba al pino? È disgustoso. Avanti,
bastardo, sbrigati a confessare e levati di torno.»
«E
va bene», confessò allora l'autista, in preda alla
disperazione. «Mentre la portavo in automobile alla stazione,
Janette mi rivelò i suoi sentimenti per me. Disse che eravamo
uguali, entrambi due oggetti di proprietà di sua madre, e
aggiunse che avremmo dovuto approfittare dell'assenza del padre,
questa settimana, per levarcela di torno una volta per tutte. Capii
che avrei dovuto farlo e sapevo anche quando: la signora Johnson non
poteva stare... troppo a lungo senza di me. Ieri sera, ancora una
volta, mi fece salire nella sua stanza. La trovai così come la
vedete. Le dissi che ero stufo di lei, che non avevo più
intenzione di soddisfare... i suoi indecenti desideri nei miei
confronti. Lei mi insultò e quando non ne potei più
seppi che la chiave inglese che mi ero portato dietro mi sarebbe
servita a qualcosa. La colpii tante volte, finché dalla sua
bocca infame non uscì più neppure un lamento!»
***
«Benissimo!»
esclamò White, mentre l'uomo veniva condotto via. «Piena
confessione. E sicuramente ci saranno le sue impronte digitali
sull'arma del delitto. Il caso è risolto.»
Con
calma White si accese una sigaretta e brontolò: «Questi
luridi negri.»
E
si incamminò sotto la pioggia scrosciante.
VARIAZIONE
2
Erano
le sette del mattino quando il tenente White della squadra omicidi di
New York entrò con passo sicuro nella stanza da letto al piano
superiore del sordido alberghetto. La donna giaceva nuda sopra le
lenzuola, lo sguardo fisso nel vuoto.
White
cancellò dal viso l'espressione di dolore procuratagli dalla
visione della ancora giovane signorina Maria, la cui gola era stata
tagliata con un frammento di vetro di bottiglia, e rivolse il suo
sguardo indagatore verso le due persone che il suo assistente di
colore, il sergente Black, stava conducendo nella stanza.
«Il
fratello di Maria è morto un mese fa per overdose, mentre la
madre è in galera per furto d'auto», spiegò
Black. «Ieri sera oltre alla ragazza, c'erano solo due persone
in albergo: il portiere Luis, che lavora qui da molti anni, e Toni
Moros, il barista.»
«Un
n-negro», bofonchiò tra sé White, scrutando
sospettoso il giovane di colore, magro, sciupato e ancora in stato
confusionale, che gli stava davanti. Il tenente coprì con un
lenzuolo il corpo della vittima, poi, rivolgendosi al decrepito
portiere, gli disse ad alta voce: «È lei che ha scoperto
il cadavere, vero? Mi dica: c'era forse qualcuno che avesse un motivo
per uccidere la signorina Maria?»
«Credo
di sì», disse il vecchio tra un colpo di tosse e
l'altro. «Proprio ieri pomeriggio l'ho sentita litigare con
Toni, il barista. La signorina Maria gli stava dicendo che era
innamorata pazzamente di lui, ma che non poteva lasciare il mestiere
tanto facilmente. Il suo protettore, un bianco di nome John Smith,
non le avrebbe mai permesso di cambiare vita. Allora lui uscì
dalla stanza sbattendo la porta e corse giù a ubriacarsi.»
«Abbiamo
trovato Moros qui dietro, nel vicolo, addormentato, coi vestiti
impregnati di whisky», intervenne Black.
«Molto
interessante», riprese White. "Lei sa dirmi qualcosa in
proposito, Moros?"
«Non
ho niente da dirle, tenente. Io stesso non ricordo più nulla
di quanto è successo ieri pomeriggio. So solo che sono sceso
al pianterreno e che ho detto a Luis di non rompere i coglioni quando
mi sono attaccato alla bottiglia. Poi tutto è avvolto nel
buio.»
«Dunque,
non ricorda più niente», concluse White. «Toni
Moros, lei ebbe una discussione con la donna e al momento del delitto
non era cosciente di quello che faceva. Ma in albergo, solo lei aveva
un movente, l'uomo che non voleva che Maria frequentasse più i
suoi clienti. Un assassino spietato che ha scelto per uccidere l'arma
più ovvia, dato il suo mestiere di barista: il vetro rotto di
una bottiglia di whisky che aveva precedentemente svuotato.»
Spaventato,
Moros tentò di fuggire, ma due poliziotti gli sbarrarono la
strada.
White
si avvicinò all'indiziato, avvertendo improvvisamente
un'intensa, fastidiosa sensazione olfattiva.
«Cos'è
quest'odore? Whisky di infima categoria? È disgustoso. Avanti,
bastardo, sbrigati a confessare e levati di torno.»
«E
va bene», confessò allora il barista, in preda alla
disperazione. «Più tardi, sono tornato da Maria, che mi
parlò ancora di ciò che provava per me. Disse che
eravamo uguali, entrambi due rifiuti della società, e aggiunse
che avremmo dovuto fare fuori il suo protettore, quel lercio maiale
bianco di John Smith, prima che lui ammazzasse noi. Forse per effetto
dell'alcool, dopo un po' mi sono addormentato. Quando mi sono
svegliato, l'ho trovata così come la vedete. Resomi conto che
era morta, sono fuggito. Una volta in strada, devo essere svenuto:
non ricordo niente fino a quando sono tornato in me e mi sono
ritrovato circondato da sbirri che mi prendevano a calci. Ma non
posso essere stato io a uccidere Maria. Io la amavo. Perché
avrei dovuto ucciderla?»
***
«Benissimo»,
esclamò White, mentre l'uomo veniva condotto via.
«Praticamente una confessione. E sicuramente ci saranno le sue
impronte digitali sull'arma del delitto. Il caso è risolto.»
Con
calma, White si accese una sigaretta e brontolò: «Questi
puzzolentissimi negri.»
E
si incamminò sotto la pioggia scrosciante.
VARIAZIONE
3
Erano
le nove del mattino quando il tenente White della squadra omicidi di
New York entrò con passo sicuro nella stanza da letto del
piccolo appartamento di Rosie Adams, la sua ex-amante. La donna
giaceva nuda sopra le lenzuola, lo sguardo fisso nel vuoto.
White
cancellò dal viso l'espressione di soddisfazione procuratagli
dalla visione della giovane donna da lui assassinata la sera
precedente con un preciso colpo di pistola e rivolse il suo sguardo
indagatore verso le persone che il suo assistente di colore, il
sergente Black, stava conducendo nella stanza.
«Il
fratello di Rosie Adams è partito due anni fa per Hollywood,
dove sta girando una serie di pornofilm», spiegò Black.
In casa venivano soltanto due persone: la vicina di casa, la vedova
Flanagan, e un misterioso individuo che doveva essere l'amante della
vittima.»
«N-negro»,
bofonchiò tra sé White, scrutando sospettoso il giovane
assistente di colore, che lo guardò senza capire. Il tenente
coprì con un lenzuolo il corpo della vittima, poi,
rivolgendosi alla decrepita vicina, disse ad alta voce: «È
lei che ha scoperto il cadavere, vero? Mi dica: c'era forse qualcuno
che avesse un motivo per uccidere la signorina Rosie?»
«Credo
di sì», grugnì la vecchia. «Proprio ieri
pomeriggio l'ho sentita litigare con un uomo, il suo amante. Gli
diceva che non ne era affatto innamorata e che esitava a lasciarlo
solo perché aveva paura di lui. Quell'uomo ha un caratteraccio
e per giunta gira armato: Rosie mi aveva confidato che fa il
poliziotto. Dopo la discussione, lo sentii uscire dall'appartamento
sbattendo la porta. Io vi conosco, voi poliziotti: il mio defunto
marito era uno di voi.»
«Purtroppo
nessuno nei dintorni è mai riuscito a vedere in faccia questo
misterioso individuo», intervenne Black.
«Molto
interessante», riprese White. «Lei che cosa mi può
dire in proposito, sergente Black?»
«Nient'altro,
tenente, Le ho già riferito tutte le informazioni che sono
riuscito a raccogliere.»
«Non
sto parlando del suo lavoro, Black. Sto parlando della sua vita
privata.»
«Non
capisco, tenente.»
«Dove
si trovava, ieri sera?»
«Sta
scherzando, tenente? Ero a casa mia, da solo, cercando di recuperare
il sonno arretrato. Come tutte le sere in cui non sono in servizio.»
«Era
solo, naturalmente. E non ha nemmeno l'ombra di un alibi. Vuole dirmi
dove tiene la sua pistola di ordinanza?»
«Nel
cassetto della mia scrivania in ufficio, tenente. Sa bene che non amo
girare armato.»
«Capisco.
Allora saprà anche spiegarmi per quale ragione l'abbiamo
ritrovata qui», disse severo il tenente White, raccogliendo
l'arma da sotto il letto, ben attento a non alterare le impronte
digitali.
«La
mia pistola? Oh, mio Dio.»
«Avevo
notato il suo curioso comportamento negli ultimi giorni»,
sentenziò White, a beneficio dei presenti, «ma non avrei
mai immaginato che lei arrivasse a compiere un'azione del genere:
trasformarsi in un assassino spietato che ha scelto per uccidere
l'arma più ovvia, dato il suo mestiere: la sua pistola di
ordinanza.»
Spaventato,
il sergente Black tentò di fuggire, ma due poliziotti gli
sbarrarono tempestivamente la strada.
White
si avvicinò all'indiziato, avvertendo improvvisamente
un'intensa, fastidiosa sensazione olfattiva.
«Cos'è
quest'odore? Sudorazione ascellare incontrollata? È
disgustoso. Avanti, bastardo, sbrigati a confessare e levati di
torno.»
«E
va bene», confessò allora il sergente, in preda alla
disperazione. «Lascio sempre la mia pistola nella scrivania,
dove qualsiasi altro poliziotto potrebbe prenderla senza che io me ne
accorga. Chiunque sia stato a uccidere quella donna, deve avere
rubato la mia pistola e averla lasciata qui per incastrarmi. Certo,
io non ho un maledetto alibi per ieri notte, ma chi ce l'ha? Lei ce
l'avrebbe? Non sono mai venuto in questa casa prima di oggi e quando
sono arrivato ho trovato la donna così come la vedete. Ma
perché dovrei essere stato io a ucciderla? Io nemmeno la
conoscevo!»
***
«Benissimo»,
esclamò White, mentre l'uomo veniva condotto via. «Prove
schiaccianti. E sicuramente ci saranno le sue impronte digitali
sull'arma del delitto. Il caso è risolto.»
Con
calma, White si accese una sigaretta e ridacchiò. «Questi
stupidissimi negri!»
E
si incamminò sotto la pioggia scrosciante.
VARIAZIONE
4
Erano
le due del mattino quando il tenente White della squadra omicidi di
New York entrò con passo sicuro nella stanza da letto
all'interno degli studi televisivi. La donna giaceva nuda sopra le
lenzuola, lo sguardo fisso nel vuoto.
White
cancellò dal viso l'espressione di pietà che gli
procurava la visione della giovane donna strangolata con il filo di
un microfono, e rivolse il suo sguardo indagatore verso la persona
che stava entrando nello studio.
«Sono
Thomas Dark», si presentò l'uomo.
«N-n-negro!»
White soffocò un conato di vomito, scrutando sospettoso il
giovane e famoso presentatore televisivo di colore. Il tenente coprì
con il lenzuolo il corpo della vittima, poi disse ad alta voce:
«Certo, la conosco. Lei è il conduttore del Tommy
Dark Show, il programma televisivo di maggior successo delle
ultime due stagioni. È lei che ha scoperto il cadavere, vero?
Mi dica: c'era forse qualcuno che avesse un motivo per uccidere la
signorina Annette Silberman, in arte Annie Silver?»
«Credo
di no», rispose il conduttore. «Era arrivata qui da poco,
per girare alcuni episodi di una situation-comedy di cui sono
coautore. Sono brevi episodi che mandiamo in onda all'interno dello
show. Annie faceva una parte secondaria.»
«A
che ora ritiene che sia avvenuto il fatto? Immagino che in questo
studio entrerà qualcuno, almeno in certi orari.»
«Penso
di poterle dire con esattezza quando è stato commesso il
delitto», garantì il conduttore, dirigendosi verso un
videoregistratore sistemato in un angolo dello studio e collegato a
un monitor. Dark inserì nell'apparato una videocassetta.
Mentre aspettava che sullo schermo apparissero le immagini, spiegò
al tenente di che cosa si trattasse. «Questa è la
registrazione della trasmissione di questa sera, durante la quale ho
intervistato il nuovo candidato del Partito Democratico alla
Presidenza degli Stati Uniti. Come lei saprà, con altri
intellettuali di colore sto sostenendo la campagna elettorale per
avere il primo presidente afro-americano.»
«Sì»,
disse White, soffocando un conato di vomito. «Ho sentito il
vostro slogan: Un uomo nero alla Casa Bianca.»
Sul
monitor apparve la scritta The Tommy Dark Show accompagnata dalla
sigla musicale, I can't turn you loose di Otis Redding. Thomas
Dark, premendo il pulsante dell'avanti rapido, accelerò le
immagini per alcuni secondi, tenendo d'occhio un punto al centro
dello schermo. Poi tornò a far scorrere il nastro a velocità
normale.
«Ecco:
qui mi si vede intervistare il candidato. Segua con attenzione il
grande orologio al centro dello studio: segna l'ora esatta di New
York.»
Nella
registrazione, si sentiva parte del dialogo tra l'intervistatore e il
suo illustre ospite. «...e qual è la sua opinione sulla
politica estera americana?»
«Io
penso», diceva il candidato, un distinto uomo di colore sulla
cinquantina, «che dovremmo applicare anche al resto del mondo i
valori che vorremmo rispettati nel nostro paese: quelli
dell'integrazione razziale, della tolleranza...»
«N-n-negro!»
bofonchiò nuovamente White, trattenendo un nuovo conato di
vomito.
«Come
dice?» fece Dark, senza capire.
«N-n-niente.
Continui.»
«A
un certo punto si sono sentiti alcuni rumori provenienti dallo studio
accanto, cioè da qui. Sembrano dei tonfi, seguiti da una
specie di gemito... Ci siamo anche voltati, vede? Ma nessuno di noi
si è potuto muovere fino alla successiva interruzione
pubblicitaria. Quando siamo venuti a controllare, abbiamo trovato il
corpo.» Il presentatore spense il monitor. «Come avrà
notato, l'orologio segnava esattamente la mezzanotte e
quarantacinque.»
«Molto
interessante», commentò White. Poi il tenente si chinò
e da sotto il letto estrasse un miniregistratore, ben attento a non
alterarne le impronte digitali.
«Com'è
finito lì il mio registratore?» proruppe Dark.
«Evidentemente
lei non ha avuto modo di asportarlo dal luogo del delitto, signor
Dark», concluse White. «Lei è in arresto per
l'omicidio di Annie Silver.»
«Ma
sta scherzando? Che cosa c'entra il registratore? E poi, ci sono
milioni di telespettatori che mi hanno visto in diretta, proprio
mentre l'omicidio aveva luogo.»
«Infatti
lei ha commesso il crimine prima di cominciare la
trasmissione, quando ancora non c'era nessuno in giro per gli studi e
lei poteva dare sfogo ai suoi più brutali istinti. Resosi
conto di ciò che aveva fatto, ha deciso di fabbricare una
falsa pista: ha registrato su nastro degli opportuni effetti sonori,
facili da trovare in uno studio attrezzato per girare una
situation-comedy. Più tardi, durante la prima interruzione
pubblicitaria, è venuto qui e ha azionato il registratore, che
diversi minuti dopo ha prodotto quei rumori che ora lei cerca di
usare come alibi. Lei avrà milioni di telespettatori, signor
Dark, ma non è che un assassino spietato che ha scelto per
uccidere l'arma più ovvia, dato il suo mestiere: il filo di un
microfono.»
Spaventato,
Dark tentò di fuggire, ma due poliziotti gli sbarrarono
tempestivamente la strada.
White
si avvicinò all'indiziato, avvertendo improvvisamente
un'intensa, fastidiosa sensazione olfattiva. «Che cos'è
quest'odore? Dopobarba francese? È disgustoso. Avanti,
bastardo: sbrigati a confessare e levati di torno.»
«Un
accidente», protestò allora il conduttore, in preda alla
disperazione. «Qualcuno ha ucciso la ragazza in questo studio e
ha sistemato il registratore al solo scopo di incastrarmi. È
chiaro che si tratta di una manovra politica per screditare il
candidato che io appoggio. Ed è altrettanto chiaro che lei fa
parte del complotto!»
«Ho
dei testimoni pronti a giurare che la ragazza ha ottenuto quella
parte solo cedendo alle sue... molestie sessuali.»
«Impossibile»,
smentì Dark.
«Perché?»
«Sono
un omosessuale dichiarato.»
«N-non
cerchi di cambiare argomento!» disse White, reprimendo
l'ennesimo conato di vomito.
***
«Benissimo»,
sentenziò White, mentre l'uomo veniva condotto via. «Prove
schiaccianti. E sicuramente ci saranno le sue impronte digitali sul
registratore. Il caso è risolto.»
Con
calma, White si accese una sigaretta e imprecò. «Questi
noiosissimi negri!»
E
si incamminò sotto la pioggia scrosciante.
VARIAZIONE
5
Erano
le tre del mattino quando il tenente White della squadra omicidi di
New York entrò barcollando nella stanza da letto del più
lussuoso hotel di Manhattan. La donna giaceva nuda sopra le lenzuola,
lo sguardo fisso nel vuoto.
White
cancellò dal viso l'espressione di noia procuratagli dalla
visione dell'ennesima giovane donna morta e rivolse il suo sguardo
indagatore verso l'apparecchio televisivo ancora acceso. Mentre i
soliti due poliziotti entravano nella stanza, il tenente White cercò
di coprire la vittima con il lenzuolo e urtò accidentalmente
il comodino, facendo cadere a terra la bottiglia di vodka e il
barattolo di barbiturici, entrambi vuoti. Si chinò a
raccoglierli, scorgendo sul pavimento un foglietto di carta coperto
da una grafia nervosa. White lo raccolse, riservando al testo
un'occhiata distratta.
“Non posso
più vivere come desidero. Ma posso morire
come desidero. Questa settimana mi è scaduto l'abbonamento
della tv via cavo. Mia figlia è fuggita a Detroit con un
venditore di macchine usate. E stamattina, dopo che ho saputo di
avere perso il mio posto di lavoro, sono tornata a casa e ho sorpreso
mio marito a letto col suo capufficio. La mia vita non merita più
di continuare. Ma se devo andarmene, almeno lo farò con
eleganza.”
«Siete
voi», disse White, rivolto ai due poliziotti, «che avete
scoperto il cadavere, vero? Ditemi, c'era forse qualcuno che avesse
dei motivi per uccidere la signora?»
«Ma
non l'ha uccisa nessuno, tenente», ribatté il primo
poliziotto.
«Si
è suicidata», aggiunse il secondo poliziotto.
«E
poi, era da sola nella stanza, con la porta chiusa dall'interno»,
aggiunse il primo poliziotto.
«Ah»,
giudicò White «un tipico caso di delitto nella camera
chiusa!»
I
due poliziotti ignorarono la frase e proseguirono nell'esposizione
dei fatti. «Sembra che i vicini di camera si siano lamentati
con la reception per il volume del televisore», disse uno di
loro. «Il portiere di notte ha telefonato in camera, ma nessuno
ha risposto. Allora ha chiamato noi e ci ha fatti salire.»
«Siamo
entrati con un passe-partout che ci ha dato il portiere»,
aggiunse l'altro, «e l'abbiamo trovata così come la
vede. Con il televisore a tutto volume che trasmetteva il concerto di
James Brown.»
«Sa,
il famoso cantante», si sentì in dovere di spiegare il
primo poliziotto. Credo che la replica del concerto sia in onda
proprio adesso.» L'agente premette un pulsante del telecomando
e sintonizzò il televisore sulla trasmissione.
White
represse una serie di conati di vomito. «N-n-negro»,
bofonchiò tra sé, scrutando sospettoso le immagini
sullo schermo: un curioso individuo dalla pelle scura, con indosso
uno strano vestito, che ripeteva freneticamente: «Like a sex
machine...»
«Ora
tutto è chiaro!» proruppe White. «È stato
il negro. Sì, sì, è stato proprio lui!»
I
due poliziotti si scambiarono un'occhiata perplessa.
«Ma...
tenente...»
«Sta
scherzando?»
«È
tutto chiaro, non capite? Solo quel cantante era in grado di entrare
in questa stanza con la porta chiusa dall'interno. Lui è
entrato qui attraverso la televisione e ha indotto nella
vittima un tale stato di depressione mentale da condurre la donna a
compiere l'insano gesto. Non è che un brutale assassino che ha
usato per uccidere l'arma più ovvia, dato il suo mestiere di
cantante: la sua musica!»
«Tenente
White...»
«Tenente,
forse nelle ultime settimane ha lavorato troppo...»
Esasperato,
il tenente cercò di correre verso il televisore per
ammanettare il cantante, ma i due poliziotti gli sbarrarono
tempestivamente la strada.
Quando
gli si avvicinarono, avvertirono improvvisamente una fastidiosa
sensazione olfattiva.
«Cos'è
quest'odore, tenente?»
«Tenente,
ma il suo alito puzza di bourbon!»
«È
disgustoso!»
«Ma
non capite?" insistette White, gridando in preda alla
disperazione. "La signora Johnson, Maria, Rosie Adams, Annie
Silver... Tutte quelle donne... Sono sempre loro, sono i negri.
Arrestate quel negro, arrestatelo!»
***
«Benissimo»,
esclamò White, mentre veniva condotto via. «Piena
confessione. E sicuramente ci saranno le sue impronte digitali
sull'arma del delitto. Il caso è risolto.»
Con
calma, White si accese una sigaretta e brontolò: «Questi
sporchi n-n-negri!»
E
vomitò addosso ai due infermieri di colore, sotto la pioggia
scrosciante.
©Andrea Carlo Cappi