Riflessioni di un celebre scrittore ignoto, di Andrea Carlo Cappi
Great minds think alike, dice un proverbio britannico. Ossia, le grandi menti pensano allo stessa maniera. E hanno le stesse grandi idee. Potrebbe essere vero. Qualcuno mi troverà immodesto, ma varie volte è capitato che inventassi qualcosa che veniva ideato nel medesimo periodo da altri e reso pubblico prima da loro. Pertanto, se il mondo riconosce la loro trovata come una grande idea, ne consegue che forse lo è anche la mia.
Qualche lettore si è sorpreso quando in una puntata precedente ho citato il mio curioso "legame" con Twin Peaks. Nella prima stagione della celebre serie, il protagonista Dale Cooper non solo conduce la sua indagine sulla base di un sogno - tale e quale a un personaggio di un mio soggetto cinematografico che aveva partecipato a un concorso un paio di anni prima - ma ha lo stesso look che adottavo io in quegli anni; e questo ovviamente non stava scritto da nessuna parte. Sarà per questa curiosa somiglianza che in una scena il cattivo Jean Renault lo chiama Cappy? D'accordo, può essere un vezzeggiativo di cap, che sta per captain. Ma perché allora più avanti nella serie compare un personaggio minore di nome Cappy? A tutt'oggi non esiste una spiegazione che non sfiori il soprannaturale.
Ma non è l'unico caso di coincidenza creativa della mia carriera. Ce n'è un'altra che segue un percorso ben riconoscibile. Nel febbraio 1992 alla Libreria del Giallo incrocio strane figure di individui che vagano per la città alla ricerca di libri introvabili su commissione; rendendomi conto che potrebbe essere un lavoro interessante, invento la definizione "cacciatore di libri", che non mi risulta sia stata usata prima. Non so se sia per questo che su Il Giallo Mondadori - il cui direttore di quegli anni, Gian Franco Orsi è anche fondatore e frequentatore della Libreria - nel romanzo di John Dunning La morte sa leggere uscito nell’agosto 1993, il termine bookscout venga tradotto "cacciatore di libri", anziché semplicemente "cercatore di libri". Forse avrei dovuto depositare il copyright della definizione.
Ma certe cose devono essere proprio nell’aria. Nel maggio 1993 Arturo Pérez-Reverte dà alle stampe in Spagna il romanzo Il Club Dumas, con protagonista il cazador de libros Lucas Corso (poi interpretato da Johnny Depp nel film La nona porta di Roman Polanski). Me ne accorgerò forse a fine anno, ma nel frattempo, ancora ignaro di tutto ciò, nell’autunno di quell’anno divento ufficialmente il Cacciatore di Libri della Libreria del Giallo e mi metto a girare per Milano con giaccone scuro, Borsalino nero in testa e borsa a tracolla, in cerca di libri. E già che ci sono, oltre al personaggio che interpreto nella realtà, invento una serie di racconti pulp - sempre nel significato originario di "pulp" che ho già spiegato - ambientati a Milano, con protagonista il mio alter ego. Propongo subito la prima storia, intitolata appunto Cacciatore di libri, a Il Giallo Mondadori, che la pubblicherà nella primavera 1994. Ne usciranno altre tre, finché dureranno i racconti in appendice al Giallo, poi altre ancora su riviste e antologie, e due brevi romanzi prequel. Le prime storie sono raccolte nel 2000 in un volume che diverrà a sua volta materiale per cacciatori di libri (ma, se vi interessa, ne è prevista la ripubblicazione).
Non sono mai stato – sia ben chiaro – un raffinato professionista all’altezza del personaggio ideato dal mio illustre collega spagnolo, che incontrai per la prima volta nel 1997 proprio alla Libreria del Giallo, e a cui raccontai della coincidenza a margine di un'intervista; né avrei potuto fare concorrenza a Simone Berni, vero maestro nella caccia al libro, per il quale avrei scritto l’introduzione al suo celebre Manuale del cacciatore di libri introvabili. Mi limitavo a fare per i clienti della Libreria del Giallo, dietro modesto compenso, ciò che già facevo per uso personale, dato che gli interessi erano simili. Posso vantarmi però di avere recuperato per la redazione de Il Giallo Mondadori un paio di titoli, tra cui un numero rarissimo del 1947, di cui non erano rimaste copie in archivio: servivano per poterne recuperare il testo e ripubblicarlo nella collana I Classici del Giallo. Ma intanto siamo già a due coincidenze creative e la storia non è ancora finita.
Nel 1994, oltre ad andare a caccia di volumi su commissione, riprendo a lavorare quotidianamente con Tecla Dozio alla Libreria del Giallo, dove ero stato in servizio solo per un mese, nel febbraio 1992; comincio la mia attività clandestina di traduttrice di romanzi rosa; e infine divento editor e revisore di traduzioni per la redazione de Il Giallo Mondadori. In estate, inoltre, il caporedattore Lia Volpatti mi affida la revisione dello "speciale natalizio" della collana (il tradizionale Inverno Giallo, ora costituito da una selezione di racconti dall'Ellery Queen's Mystery Magazine cui se ne aggiungono alcuni di autrici e autori italiani della collana) e mi chiede di prendervi parte come scrittore: sarò l'unico a parteciparvi senza avere pubblicato un romanzo nei periodici Mondadori, ma ormai sono diventato un affidabile autore di racconti. Ho giusto in repertorio una storia ambientata intorno a Natale, datata circa 1980 e dissepolta ai tempi di RadioDetective. La rielaboro adattandola ai tempi e per la prima volta mi trovo nel curioso duplice ruolo di scrittore e di editor di me stesso. Questo racconto è la prima storia pubblicata (e la seconda nella cronologia) di Carlo Medina, personaggio noir milanese che tornerà nei due speciali successivi de Il Giallo Mondadori ed entrerà a far parte della più ampia saga thriller che oggi viene chiamata "Kverse".
Medina si ispira al protagonista di un film con Charles Bronson che vidi al cinema intorno ai nove anni, Professione assassino. Da allora, quando mi veniva chiesto cosa volessi fare da grande, rispondevo "Il killer professionista", così ero sicuro che non mi fossero rivolte altre domande stupide. Quando inventai il personaggio, intorno al 1979, la mia idea come aspirante scrittore era: "In un giallo classico un detective deve scoprire chi sia l'assassino e come abbia commesso il delitto; perché invece non scrivere una storia in cui è l'assassino che deve scoprire come commettere un delitto e coprirne le tracce?"
Circa quindici anni dopo, nel novembre del 1994, Medina vede la luce sotto il titolo Milano da morire, che strizza l'occhio a Scerbanenco, ai poliziotteschi anni Settanta e alla Scuola dei Duri di Milano ideata da Andrea G. Pinketts dopo la fine della cosiddetta "Milano da bere". Diventerà anche il titolo della raccolta delle prime storie di Medina quando saranno riunite in volume nel 2003. La definizione Milano da morire piace così tanto che mi verrà cortesemente chiesta in prestito per un saggio del 2007 sulla Milano post-Tangentopoli. Ma altri se ne approprieranno senza chiedere il permesso per un romanzo del 2016, pensando forse di averlo inventato loro. Le grandi menti hanno le stesse idee simultaneamente, le altre ci arrivano un po' più tardi e non controllano neppure se ci sono già ben due libri con lo stesso titolo sul mercato.
Ma veniamo al punto. Nel 1995 il nuovo direttore de Il Giallo Mondadori è un’altra mia vecchia conoscenza, Stefano Magagnoli. Quando gli consegno il materiale revisionato per lo speciale estivo Estate Gialla in uscita a breve, gli segnalo che sarebbe il momento di realizzare un volume senza precedenti nei sessantasei anni di storia della collana: la prima antologia di soli autori italiani. Con l’intuito che lo ha sempre contraddistinto, Magagnoli mi risponde: «Vuoi curarla tu?» Ricevo così, a pochi secondi dalla mia proposta, l’incarico ufficiale di preparare come successivo speciale natalizio la raccolta di racconti che attesterà la raggiunta maturità del giallo made in Italy, certificata dalla collana che ha dato il nome al genere.
Per festeggiare, decido di prendermi il resto del pomeriggio libero e ne approfitto per andare finalmente a vedere un film di cui sento parlare da quando ha vinto a Cannes l’anno prima: sono un autore pulp ma per mancanza di tempo ancora non ho visto Pulp Fiction. Quando entra in scena Harvey Keitel, constato che davvero great minds think alike: il signor Wolf altri non è che la versione di Carlo Medina secondo Quentin Tarantino. Come a sua volta la protagonista di Kill Bill sarà la sua versione della mia Mercy Nightshade Contreras, ma almeno in quel caso sarò arrivato prima io.
Per la cronaca, la mia antologia di soli autori italiani de Il Giallo Mondadori, pubblicata nel novembre 1995 sotto il titolo Inverno Giallo 1996, è un bestseller epocale. Non sto affatto scherzanzo. Se ne parla sui giornali ed è l'unico caso a me noto in cui la casa editrice debba farne una seconda distribuzione in tutte le edicole d'Italia, per soddisfare le pressanti richieste dei lettori. E sono stato io il primo a pensarci. Naturalmente qualche invidioso ne è infastidito e commenta con disprezzo: «Un’antologia a cura del commesso della Libreria del Giallo». Sì, è vero, in negozio do consigli ai clienti, ordino libri in uscita, spolvero gli scaffali e spazzo pure i pavimenti, per un modesto compenso che spendo in buona parte in libri. D’altra parte i veri scrittori pulp non nascono necessariamente ricchi di famiglia e devono lavorare per vivere. Inoltre quel particolare lavoro, come vi spiegherò la prossima volta, mi permetterà di avere una visione più completa di come funzionino i meccanismi dell’editoria.
Continua...
Immagine: A. C. Cappi in una foto di Vittoria Maggio
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker.
7-Se sapeste cosa c'è dietro...
8-Al buio gli scrittori sono neri
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