domingo, 8 de noviembre de 2020

Due detective e un Fantasma


Dietro le quinte di un giallo, di Andrea Carlo Cappi

Uscito in edicola il 3 novembre 2020 come numero 15 della collana I Gialli di Crimen e disponibile anche in ebook (epub e kindle), il volume Partita a scacchi per Sherlock Holmes porta in copertina i nomi dei due autori, Rino Casazza e Andrea Carlo Cappi. I lettori del primo non se ne sorprendono: da tempo incontrano nelle sue pagine eroi del giallo classico restituiti alla loro antica gloria. I lettori del secondo potrebbero pensare invece che io abbia deciso di dedicarmi a un apocrifo del leggendario personaggio di sir Arthur Conan Doyle. Chissà che non lo faccia davvero, un giorno. Ma il mio contributo a questo libro, pur essendo stato determinante per la sua esistenza... ha a che fare con Holmes solo in maniera molto trasversale.

Tutti conoscono Sherlock Holmes e il suo biografo-assistente dottor John Watson, creati da sir Arthur Conan Doyle intorno al 1887. Pochi sanno che prima di loro, nel 1841, era apparsa un'altra coppia investigativa: quella costituita dal cavalier Auguste Dupin, consulente della polizia di Parigi, e da un suo anonimo assistente-biografo che potrebbe coincidere, chissà, con l'autore stesso: Edgar Allan Poe. Ebbene sì: lo scritttore maudit ricordato per le sue storie tra gotico, incubo e irrazionale è anche, soprattutto con i suoi tre racconti dedicati a Dupin, il fondatore della letteratura mystery o, per usare il termine italiano, della narrativa gialla. Mai prima della trilogia di Dupin (I delitti della rue Morgue, Il mistero di Marie Roget, La lettera rubata) era apparso un personaggio che di mestiere facesse il detective.

Le analogie tra la notissima coppia Holmes-Watson e la meno famosa Dupin-anonimo sono inequivocabili. Il ruolo del biografo/co-protagonista è innanzitutto quello di intermediario tra l'eroe - un investigatore geniale i cui processi mentali sono di livello molto superiore alla media - e il lettore, che non capirebbe i ragionamenti del detective se questi non fosse costretto a spiegarli al suo accompagnatore che, come noi, non li ha capiti. L'abbinamento detective-assistente ideato da Poe e ripreso da Doyle si ritroverà in molte versioni diverse nella letteratura gialla successiva: Agatha Christie metterà a fianco di Hercule Poirot il capitano Hastings, alternato a molte altre spalle tra cui la scrittrice Ariadne Oliver, alter ego dell'autrice; Rex Stout attribuirà al sedentario investigatore Nero Wolfe il fido braccio destro Archie Goodwin, che è di fatto un detective hardboiled. Oltretutto (come notava Carlo Oliva nella sua Storia sociale del giallo) i protagonisti più geniali in questa lunga stagione letteraria sono sempre dipinti come individui solitari, eccentrici e pieni di manie, cui l'assistente fa da contraltare con la propria normalità. 

Un altro aspetto significativo è che tanto Dupin quanto Holmes sono consulenti esterni delle forze dell'ordine, rispettivamente della Sûrété e di Scotland Yard. I poliziotti sono dipinti come burocrati o come sbirri buoni solo a inseguire e acciuffare ladruncoli in flagranza di reato, ma del tutto impreparati a risolvere un mistero. Quando si verifica un caso del genere, devono trovare qualcuno che ne capisca ben di più. Come ho scritto altrove, forse questo pregiudizio nasce dal fatto che la prima forza di polizia moderna, appunto la Sûrété, si è formata impiegando criminali usciti dalle patrie galere, bravissimi dunque a ragionare come i loro ex-colleghi, ma inadeguati di fronte a enigmi insolubili. Bisognerà aspettare l'era del commissario Maigret per assistere alla rivalutazione del poliziotto professionista.

Altro elemento in comune tra Dupin e Holmes è il metodo: l'attenta osservazione dei dettagli li porta a ricostruire un quadro completo della situazione. Ma c'è un aspetto fondamentale in cui i due investigatori sono diversi. Holmes distingue elementi chiave dove gli altri guardano senza vedere. Dai suoi rilievi sulla scena giunge per induzione a determinare l'accaduto, celebrando il trionfo del moderno metodo scientifico. Se nella letteratura britannica all'inizio dell'Ottocento la scienza era ancora ai confini con l'alchimia o addirittura con la magia (si pensi a Frankenstein), alla fine del secolo tenta il processo inverso, esplorando in modo nuovo persino i territori della superstizione: Holmes smitizza il Mastino dei Baskerville, mentre il Van Helsing di Bram Stoker affronta Dracula usando con rigore scientifico persino gli esorcismi della tradizione.

Dupin, pur essendo il predecessore di Holmes, è già un passo avanti rispetto a lui, potremmo quasi dire che è già un detective postmoderno nonostante sia anche il  primo detective moderno. Il suo metodo scientifico si basa infatti sul riconoscimento dell'errore. Quando lui viene chiamato a indagare, la polizia ci ha già provato, ma ha fallito. Dupin interviene, in un certo senso, con un'indagine sull'indagine, in modo quasi parassitario. Identificando i pregiudizi mentali o le sviste che non hanno permesso ai poliziotti di arrivare alla soluzione del caso, va a guardare dove gli altri non hanno proprio pensato di cercare. E, come insegna la magistrale conclusione de La lettera rubata, è proprio lì che si chiarisce il mistero.

Nondimeno, checché ne dica Conan Doyle, che al suo personaggio fa prendere dichiaratamente le distanze da Dupin, le somiglianze tra i due personaggi sono notevoli. Lo sa bene Rino Casazza, scrittore e cultore del giallo classico, tanto da dedicare una parte della sua produzione a eleganti pastiche, producendo anche curiosi e inediti incontri tra creature di autori diversi. Ho conosciuto Rino nel 1995, quando lavoravo come editor per Il Giallo Mondadori. Non a caso in quel periodo aveva dato vita a un personaggio di nome don Patrizio Bruni, un sacerdote detective che si rifaceva, in tempi moderni, al Padre Brown di G. K. Chesterton. Di recente è uscito per I Gialli di Crimen il suo Sherlock Holmes, Charlie Chan e il salvataggio del Titanic: tre miti in un solo titolo.

Ma l'origine di Partita a scacchi per Sherlock Holmes risale agli anni Duemila e il suo nucleo è una mia responsabilità. Mi era stato chiesto di partecipare a un'antologia (poi, come tanti bei progetti, non realizzata) contenente racconti i cui protagonisti fossero celebri cattivi della letteratura. Come autore dei romanzi di Diabolik, decisi di occuparmi del predecessore letterario del personaggio delle sorelle Giussani: Fantômas di Allain & Souvestre, ladro e assassino in grado di assumere mille identità. I due romanzieri francesi non avevano mai raccontato il primo scontro tra il criminale e il suo avversario, l'ispettore Juve, presentandoli entrambi quando la sfida tra loro era già in atto. Era uno spunto interessante da cui partire.

Immaginai dunque che Juve fosse ancora un giovane viceispettore, vessato da un superiore incompetente, e che per risolvere un caso inspiegabile in cui sospettava che fosse coinvolto un criminale inafferrabile si rivolgesse al più grande consulente della polizia parigina, ormai molto anziano e a riposo: nientemeno che Auguste Dupin. Era l'occasione per narrare uno scontro titanico tra un genio dell'indagine al tramonto e il genio del delitto in ascesa. Ne venne fuori una storia che potrebbe essere definita racconto lungo o, per la sua complessità, romanzo breve. In base a quanto Edgar Allan Poe aveva scritto in merito al gioco preferito di Dupin, intitolai la storia Il gioco della dama, anche perché la trama ruotava intorno a una belle dame coinvolta nel piano criminale.

L'antologia non fu realizzata, il racconto rimase inedito e me ne dimenticai. Dopo qualche anno mi ricapitò sotto gli occhi: non mi ricordavo quasi più la trama e rileggendolo ebbi qualche sorpresa; così lo pubblicai online a puntate e in seguito lo raccolsi in un ebook presso Dbooks, mentre scrivevo altre due storie su Fantômas, ribattezzato cautamente Phantômas per non inciampare in questioni di copyright e poi, per maggior sicurezza, rinominato "il Fantasma", il nome scelto anche da Stefano Di Marino per lo stesso personaggio nella sua serie sulle Brigate del Tigre. Una delle mie storie fu il brevissimo prequel Fuori di Senna, per un'antologia i cui racconti dovevano essere ambientati in varie edizioni delle Olimpiadi (scelsi quella di Parigi del 1900) ed essere lunghi esattamente 2012 battute. L'altra storia, per la rivista digitale Action diretta da Stefano Di Marino presso Dbooks, fu il sequel La rosa e il serpente, cronologicamente posteriore alla fine del primo ciclo del Fantômas originale di Allain & Souvestre; qui il criminale, che a questo punto della sua saga si sta facendo credere morto, si trova a Milano nel 1914 e vendica a modo suo l'assassinio della Rosetta della Vetra, celebre caso di cronaca dell'epoca celebrato da una famosa canzone della mala.

Ma nel frattempo Rino Casazza aveva letto Il gioco della dama e preso due decisioni: primo, da appassionato di scacchi doveva smentire le affermazioni di Dupin sulla superiorità, appunto, del gioco della dama; secondo, non poteva permettere che il primo detective della storia del giallo, tornato in attività, scomparisse di nuovo nell'oblio. Perciò mi chiese il permesso di continuare il ciclo, raccontando di scontri successivi tra il detective e il Fantasma, oltre a un precedente incontro tra Holmes e Dupin. Ecco come nacquero il prequel Sherlock Holmes, Auguste Dupin e il match del secolo, che ora apre il nuovo volume, e Il miglior gioco, che lo chiude; dopodiché Rino continuò la serie con altri romanzi.

Da questo percorso nasce Partita a scacchi per Sherlock Holmes, in cui la parte centrale, intitolata Il Fantasma, riunisce le mie tre storie sul criminale: Fuori di Senna, Il gioco della dama, La rosa e il serpente. Quindi non ho scritto - per ora - neppure una riga con il personaggio di sir Arthur Conan Doyle, ma ho contribuito a restituire a quello di Edgar Allan Poe il ruolo di pioniere che gli spetta nella storia del giallo, mettendolo di fronte a un nemico che avrebbe dato filo da torcere ai migliori investigatori letterari di ogni tempo. Compreso Sherlock Holmes.


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