Riflessioni di un celebre scrittore ignoto di Andrea Carlo Cappi
Come abbiamo visto ultimamente, per non diventare invisibile (o per diventarlo più lentamente) chi scrive un certo tipo di narrativa deve dedicare molto tempo alla propria autopromozione.
Parte di questo è la normale interazione con chi sta "dall'altra parte": mi capita spesso di scambiare messaggi con chi mi legge e mi segue. In questo le "nuove tecnologie" sono di grande aiuto: non avrei tempo di rispondere al telefono e scrivere lettere come ai vecchi tempi sarebbe impegnativo... soprattutto per quanto riguarda la ricerca dei francobolli: dalle mie parti, nelle tabaccherie, sono diventati merce rarissima! Ma prima o poi riesco a rispondere a chi mi contatta su Messenger, anche se talvolta con qualche giorno di ritardo.
Sì, il paradosso è essere poco visibili ma ricevere posta da lettrici e lettori: un paradosso, perché da una parte significa che riesco ad appassionarli e a creare aspettative e curiosità per i prossimi libri, dall'altra sottolinea che, con una maggiore visibilità, altri si unirebbero a loro, garantendo la condizione necessaria e sufficiente per cui una casa editrice mi può pubblicare. Ovvero, che ci sia "mercato".
Qualsiasi casa editrice però non si può permettere di "lanciare" tutti i libri che pubblica, né spesso di distribuirli in maniera proporzionata in tutti i possibili punti vendita, cosa che vale per le librerie come per le edicole. Ovvero, molte rimangono sguarnite. Dal canto loro, come ho già detto in varie occasioni, anche molti librai ed edicolanti diventano un ostacolo, se pur avendone la possibilità si rifiutano di ordinare un libro che hanno esaurito o non hanno mai ricevuto. Se diventa sempre più difficile restare visibili e raggiungibili per chi già ci segue e ci legge, lo è ancora di più assicurarsi nuovi lettori. Più passa il tempo, più si svanisce, Risuona nell'aria il solito invito: "Cessa di esistere..."
Da qui la lotta per la visibilità di cui sto parlando in questa rubrica da varie settimane, che impone a chi scrive narrativa popolare, soprattuto a livello professionale, di farsi in proprio la promozione, in modo da motivare lettrici e lettori a intraprendere la ricerca della copia introvabile, di cui altrimenti ignorebbero l'esistenza. Quindi occorre diventare il proprio ufficio comunicazione, la propria agenzia pubblicitaria in cui bisogna ricoprire tutti i ruoli: copywriter, art director, persino videomaker se si realizzano anche i booktrailer. Ciò comporta aguzzare l'ingegno e imparare nuove tecniche, nuove regole di comunicazione. Insomma, un bel daffare.
Chi scrive può avere un impiego "normale" e dedicarsi alla narrativa solo nel tempo libero; oppure - come nel mio caso - può occuparsi a tempo pieno di editoria e dintorni. In entrambe le situazioni, deve svolgere lavori che garantiscano entrate, visto che dalla letteratura, ancorché commerciale, ce ne sono sempre meno. Scrivi oggi, promuovi domani, gli impegni si moltiplicano a dismisura. Si torna dunque al discorso con cui ho dato inizio a questa rubrica poco meno di due anni fa. Non rimane tempo per molto altro.
Le persone che non appartengono a questo mondo stentano a capirlo. Per loro il lavoro è qualcosa che in genere ha un orario più o meno preciso, quindi si aspettano che anche tu abbia tempo libero. Quando ti chiedono perché nella tua vita non hai ancora fatto questo o quello, non capiscono che non è stato possibile perché il tuo orario di lavoro è di quindici ore al giorno o più (in passato anche venti) senza sabati, domeniche o festivi.
Mentre altri guardano serie tv, il festival di San Remo o le partite, mentre altri si lamentano, si annoiano o fanno i capricci sui social network, noi stiamo lavorando. Lavorando per voi, se siete tra chi ancora legge e ci legge. Questa è la vita che ci siamo scelti, qualcuno in un'epoca in cui (pensate un po') ancora si veniva equamente retribuiti per scrivere a livello professionale, ma in ogni caso non ci possiamo lamentare.
Oltretutto chi scrive non si limita a farlo quando è davanti al computer con una narrazione in corso. Ricordo una volta i ragionamenti "tecnici" che scambiai con Alan D. Altieri osservando una funivia in lontananza mentre (bei tempi) andavamo a un evento del Noir in Festival di Courmayeur: distanza, direzione del vento, angolo di deviazione del proiettile... Si scrive mentalmente anche mentre si fanno mille altre cose: si elaborano dati e informazioni, si soppesano alternative e sviluppi della vicenda, si assorbono stimoli e suggestioni. Al punto che, quando si dorme, talvolta ci si sveglia con nuove idee fermentate durante il sonno. Potete considerarla una sorta di follia tenuta, almeno fino a un certo punto, sotto controllo. Ma, se non si fa parte di questo mondo, non si può giudicare il nostro tempo con parametri convenzionali.
(Immagine: A. C. Cappi)
Continua...
Andrea Carlo Cappi (Milano, 1964) ha esordito sulle pagine de Il Giallo Mondadori nel 1993. Da allora ha pubblicato una sessantina di titoli tra romanzi, raccolte di racconti e saggi, presso alcune delle maggiori case editrici italiane e qualcuna delle peggiori. Editor, traduttore, consulente editoriale, all'occorrenza è anche sceneggiatore, fotografo, illustratore, copywriter (di se stesso) e videomaker. È direttore artistico del Premio Torre Crawford. Su Radio Number One tiene la rubrica "La Boutique del Mistero" la domenica pomeriggio alle 16.20.
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